Un’altra dell’officina Cajina del Nicaragua

«non c’è che parlare di qualcosa per farlo esistere»

(Umberto Eco)

di Bái Qiú’ēn

Fin dall’epoca somozista l’officina di un tal José Manuel Cajina si è specializzata nella costruzione delle strutture laterali in legno sul ripiano dei camion. Come slogan pubblicitario, sopra ogni nuova realizzazione scriveva (e continua a scrivere) su una fiancata o sulla parte posteriore: «Una más del taller Cajina», un’altra dell’officina Cajina. Tuttora in attività, questa impresa familiare ha oggi la propria sede al km 5 della Carretera Norte di Managua (Barrio San Luis). Con il passare del tempo, questa frase si è trasformata in un’espressione d’uso popolare, come un proverbio, per commentare l’ennesimo annuncio di qualcosa di nuovo ma di qualità identica a tante altre già viste o sentite (Carlos Mántica, Refranero nicaragüense, 1997). Quando si tratta di quelle promesse che noi italiani definiamo «di Pulcinella», la frase muta leggermente: «Un cuento más del taller Cajina».

All’inizio di ottobre del 2021, nel sito web ufficiale El 19 Digital era comparsa la notizia relativa a uno dei tanti progetti in stile faraonico propagandati dal governo nicaraguense, «otro más»: la realizzazione già all’85% della centrale a gas liquefatto naturale (GNL) in corso di esecuzione a Puerto Sandino (León) da parte dell’impresa New Fortness Energy LLC, con un investimento stimato di almeno 700 milioni di dollari. Il gas naturale è previsto che arrivi a bordo di navi a un terminal di ricezione, stoccaggio e rigassificazione nel Pacifico, a poca distanza dalla costa. La l’importo presunto del progetto era stato comunicato dal governo nicaraguense, ma mai confermato dall’impresa. Per dirla tutta, alcuni dirigenti dell’impresa hanno avanzato dubbi su questa cifra e in un documento dell’impresa stessa si afferma che «il progetto sarà finanziato con liquidità disponibile e fondi provenienti da operazioni esistenti». Ovvero, se e quando ci saranno.

I primi contatti tra i dirigenti di questa impresa e i funzionari governativi nicaraguensi erano iniziati nell’agosto del 2019 e l’annuncio di questo progetto era stato dato dopo che almeno cinque megaprogetti, propagandati uno dopo l’altro con un ritmo sempre più incalzante, sono stati interrotti o nemmeno iniziati (il Canale interoceanico, la raffineria «Supremo sueño de Bolívar», l’impianto idroelettrico di Tumarín, il porto a Monkey Point sull’Atlantico e il lancio di un satellite per le telecomunicazioni): «Uno más del taller Cajina».

Come direbbe Umberto Eco che, pure quando vestiva gli abiti del romanziere non scordava di essere uno dei massimi teorici della comunicazione: «non c’è che parlare di qualcosa per farlo esistere» (Il cimitero di Praga).

«Otro cuento más»: dopo vari annunci a partire dal 2010, di recente è stato aggiudicato l’appalto per la realizzazione di un tratto della cosiddetta «Costanera» (o Ruta Turística del Pacífico), la strada litoranea che dovrebbe collegare una cinquantina di spiagge lungo tutta la costa del Pacifico. Era un’idea dell’ex presidente Enrique Bolaños Geyer (2004) e il preventivo complessivo ammonta a oltre 400 milioni di dollari (meno di 19 a carico del governo). Alla fine dell’ottobre 2011 fu comunicato che doveva essere realizzata dall’impresa italiana Brebemi (che in realtà è l’acrostico dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano) e che sarebbe stata terminata entro il primo semestre dell’anno successivo. In seguito, la realizzazione fu affidata alla SPIN (sempre italiana). A quanto pare, però, non ci sono i fondi necessari che dovevano arrivare tramite un prestito della BCIE (329 milioni di dollari) per cui pure questo megaprogetto, «Uno más del taller Cajina», pare destinato a «pasarse a otro plano de vida».

Tornando alla centrale GNL di Puerto Sandino, con la «Ley Especial para el Desarrollo del Proyecto Central Puerto Sandino para la Generación de Energía Eléctrica a base de Gas Natural» n. 1043, proposta con urgenza da Daniel e approvata dall’Asamblea Nacional il 29 ottobre del 2020, la New Fortness Energy è stata esonerata dal pagamento di numerose imposte, comprese quelle sui guadagni e sui dividendi (art. 6 Incentivos fiscales; art. 7 Otros incentivos).

Sottolineiamo la definizione «Especial», se a qualche lettore fosse passata inosservata. La qualifica “speciale” non è tanto da ricercare nel tipo e nell’importanza del progetto, quanto nell’esonerazione dal pagamento di un bel po’ di imposte.

Il gestore del progetto, il portoricano Winnie Irizarry, aveva dichiarato che «si prevede di trattare un milione di galloni di gas naturale al giorno [un gallone = 3,78 litri] con l’obiettivo di produrre 300 MW [di corrente elettrica] interconnessi alla rete del Nicaragua e del Centro America». Il ministro delle Finanze Iván Acosta, dal canto suo, ha sottolineato che non solo produrrà energia per il consumo nazionale ma pure per l’esportazione. La fornitura, in base al contratto di compravendita, è prevista per 25 anni ma a tutt’oggi le turbine sono ferme.

Naturalmente questo gas sarà importato dagli Stati Uniti, legandosi in tal modo al “nemico storico” per la produzione di una parte dell’energia elettrica lungo un quarto di secolo. Alla faccia della sovranità e dell’indipendenza tanto sbandierate da Daniel e dal suo antimperialismo parolaio (nell’attualità, pure il 68% del petrolio è fornito dagli USA). In altre occasioni abbiamo rilevato come «tra il dire e il fare» del Buon Governo del Comandante y la compañera ci sia di mezzo il mare. Oltre a questo piccolo particolare, vi è la non secondaria questione ambientale, ultima delle preoccupazioni del Buon Governo (avete presente la faccenda dei rigassificatori?).

Nel febbraio del 2021 il governo nicaraguense comunica la data per l’entrata in funzione dell’impianto: «Prima di giugno il Nicaragua avrà un nuovo e moderno impianto di gas naturale». In giugno nulla accade, così pure in luglio, in agosto… per cui si posticipa l’inaugurazione. Sine die.

Secondo successive dichiarazioni, alla fine di ottobre o al massimo all’inizio di novembre 2022, la centrale di Puerto Sandino, il secondo porto per importanza del Paese (a km 50 da Managua), avrebbe dovuto essere funzionante. A quanto pare, però, così non è stato. Anche a causa di problemi “tecnici” non valutati anteriormente all’inizio dei lavori: primo tra tutti il fenomeno geologico della subsidenza. Pare infatti che il suolo del porto stia lentamente sprofondando e non regga il peso dei giganteschi contenitori installati nell’aprile del 2021 (soprattutto quando sono carichi di gas naturale liquido). Per quanto si fosse perfettamente a conoscenza di questa problematica un minimo di analisi geologica attualizzata avrebbe evidenziato questa situazione fin dall’inizio, ma avrebbe ritardato l’inizio del progetto, da realizzare in un lasso di tempo assolutamente breve. Oltretutto è notorio fin dal 2006 che questo fenomeno si estende lungo tutta la costa del Pacifico, da Puerto Sandino a Casares (km 120). Come sempre in Nicaragua, la gatta frettolosa che abita a El Carmen ha partorito un altro gattino cieco e l’importante è fare annunci a ripetizione: «un cuento más del taller Cajina».

A parte l’ennesimo progetto di stile faraonico venduto come «Rivoluzione verde» (peccato che il gas naturale liquido sia composto da una miscela di idrocarburi, con il metano dal 90 al 99%, uno dei principali responsabili del riscaldamento globale), ai problemi tecnici occorre aggiungere un più che prevedibile “imprevisto” di non secondaria importanza.

La realizzazione è stata affidata a un’impresa del “nemico” statunitense: la New Fortness Energy LLC è infatti quotata alla borsa di New York, dove ha la propria sede. Dopo incontri e colloqui iniziati nell’agosto del 2019, gli accordi contrattuali per la realizzazione furono sottoscritti dal ministro dell’Energia Salvador Mansell Castrillo e il direttore generale della New Fortness Energy, il miliardario Wesley R. Edens detto Wes, il 17 febbraio 2020.

Proprio nel novembre 2021, una settimana dopo le elezioni presidenziali ritenute fraudolente da Washington e proprio quando la centrale doveva entrare in funzione, sia il ministro Mansell sia altri due alti dirigenti del ministero furono sanzionati dal ministero del Tesoro del governo Biden, impedendo loro di sottoscrivere accordi con imprese statunitensi: la normativa USA prevede infatti la proibizione sia per singole persone sia per imprese statunitensi di poter entrare in affari con i sanzionati (Magnitsky Act, 2012).

Che si tratti di una palese ingerenza è innegabile, però, fin dall’inizio era stata messa nel conto dalla New Fortness Energy, ben cosciente della realtà politico-sociale che il Nicaragua sta vivendo dall’aprile 2018. Questa impresa non poteva ignorare che fin dal 27 luglio di quell’anno il periodico finanziario messicano El Economista aveva pubblicato l’articolo «Estados Unidos tiene en la mira a 39 nicaragüenses», fornendo un elenco dei personaggi che il governo di Trump avrebbe potuto sanzionare. Nella lista figurava pure Salvador Mansell, con tanto di indicazione del passaporto n. A08293.

Sull’altro piatto della bilancia c’erano però gli alettanti vantaggi della Ley Especial.

Due giorni dopo, comunque, l’Asamblea Nacional è corsa immediatamente ai ripari, togliendo alcune funzioni amministrative ai tre sanzionati e distribuendole ad altri dirigenti del ministero (non sanzionati). Guarda caso, nel sito ufficiale El 19 Digital l’ultima informazione relativa al progetto risale al 4 ottobre 2021. Dopo questa data, ha regnato il silenzio più assoluto a livello ufficiale e oggi siamo ben oltre la metà del 2023. La New Fortness Energy, a quanto pare, ha continuato a lavorare all’impianto, essendo stati annullati gli effetti delle sanzioni con il classico gioco delle tre carte: spostando gli stessi omini nei posti giusti, si possono fare ancora 3.792 combinazioni.

Nella relazione del secondo semestre 2021 per gli azionisti (presentata nel marzo 2022), la dirigenza della New Fortness Energy ha comunicato che «se una qualsiasi delle nostre controparti è soggetta a sanzioni a seguito di queste leggi e regolamenti, potremmo dover affrontare problemi che includono, tra gli altri: dover sospendere temporaneamente o permanentemente il nostro sviluppo o le nostre operazioni». Qualcuno sospetta che le sanzioni ai tre funzionari governativi del ministero dell’Energia siano un segnale diretto all’impresa statunitense fondata nel 1998, pur restando gli USA il principale partner commerciale del Nicaragua stando ai dati forniti dal Banco Central.

Nonostante questa situazione apparentemente complicata, all’inizio del dicembre 2021, Winnie Irizary ha comunque dichiarato che «da settembre sono iniziati i test in preparazione dell’inaugurazione ufficiale il mese prossimo». L’impresa statunitense ha spostato più volte la data di inaugurazione del proprio stabilimento, fatto sta che a tutt’oggi per la cerimonia ufficiale non è ancora stata comunicata una data definitiva, ma è stato annunciato che entrerà in funzione a pieno regime entro il 2023 (o il 2024). Si Dios quiere. Che Dio lo voglia o meno, pare trattarsi dell’ennesimo progetto del taller Cajina: uno más.

In compenso, secondo i dati del Banco Central, tra il 2018 e il marzo 2023 il Nicaragua ha acquistato energia elettrica da altri Paesi centroamericani (soprattutto dal Costa Rica) per un valore complessivo di 328,9 milioni di dollari. Stando però alla propaganda, tra il 2007 e il 2022 la capacità di produrre internamente l’energia elettrica è aumentata del 115,3% (anche con il solare, l’eolico e altre fonti rinnovabili), raggiungendo in tal modo l’«indipendenza energetica» (non è il primo caso in cui i dati ufficiali smentiscono la facile propaganda dell’orwelliano ministero della Verità). Tra le fonti rinnovabili scarsamente utilizzate, senza dubbio quella con maggior potenziale è la geotermia, stante la quantità di vulcani attivi presenti sul territorio (una ventina). Eppure è utilizzata solamente per produrre il 16% del totale, fornita da solo due impianti realizzati sul Momotombo e sul Telica (entrambi nell’area di León).

Secondo i dati forniti del ministero dell’Energia, la domanda massima nel 2022 è stata di 727,37 MW e la capacità di produzione (teorica) è di ben 1.615,44 MW, oltre il doppio di quella necessaria per l’intero Paese. Il problema è che questa capacità non è disponibile in modo costante lungo tutte le 8.760 ore dell’anno (essendo insufficienti e malfunzionanti i sistemi di stoccaggio dell’eolico e del solare), il che genera ripetuti apagones più o meno diffusi e più o meno lunghi (oltre alle interruzioni programmate nella fornitura, ma il più delle volte non comunicate alla popolazione). L’utilizzazione dell’energia geotermica non presenta questa problematica, ma si pensa sempre più seriamente al nucleare in un Paese dove terremoti, eruzioni vulcaniche e uragani sono all’ordine del giorno. Per non parlare dell’assoluta mancanza di personale con un’adeguata formazione tecnica e scientifica per gestire un simile impianto.

Prima del nucleare, comunque, stando alle dichiarazioni di Mansell, questa centrale a gas liquefatto in mani statunitensi «consentirà una maggiore stabilità al sistema interconnesso nazionale», evitando o limitando sia gli apagones sia le interruzioni programmate. Pur ammettendo che ciò possa essere vero a livello teorico, resta sempre il problema della svendita di un pezzetto di sovranità e di indipendenza.

A parte l’ottimo risultato di aver superato il 99% di copertura dell’intero Paese con l’energia elettrica prodotta da impianti ormai obsoleti, senza parti di ricambio disponibili, e interamente gestiti da ENATREL (Empresa Nacional de Transmisión Eléctrica), resta pur sempre il grave e annoso problema delle perdite tecniche (fughe di energia) che nel 2021 avevano raggiunto il 23,3%, quasi un quarto della capacità di produzione (pure per quanto riguarda la fornitura dall’acqua la situazione non è migliore: alcune aree di Managua e non solo restano senza tutti i giorni per 12 ore).

Nel frattempo, mettendo come sempre il carro davanti ai buoi, dall’ottobre 2022 si è deciso di “incentivare” l’uso di veicoli elettrici con l’installazione di impianti con colonnine per la ricarica delle batterie. A tutt’oggi, a quanto ci risulta, sono circa una settantina in tutto il Paese, eccezion fatta per la Costa Atlantica (per circa 350mila veicoli tuttora a benzina o a nafta, concentrati soprattutto a Managua), alimentati con energia solare, gestiti da ENATREL e realizzati con il finanziamento della Cina Popolare (50 milioni di dollari), interessata economicamente alla vendita dei veicoli elettrici della statale SAIC Motor e consociate (decisamente più a buon mercato rispetto a quelle prodotte dalle case automobilistiche occidentali).

Plaudiamo alla scelta ambientalista ma con il forte dubbio che i nicaraguensi siano interessati davvero all’acquisto di veicoli elettrici sapendo perfettamente di non poter sempre ricaricare le batterie. Anche perché il tempo necessario varia dalle 4 alle 6 ore a seconda del modello di auto. Questo piccolo problema tecnico non è bilanciato dall’esonerazione dal pagamento delle imposte (sia doganali sia di altro tipo, come l’IVA per veicoli di costo inferiore ai 30mila dollari). A quanto ci risulta, per il momento sono stati acquistati pochissimi veicoli elettrici da destinare al settore pubblico e statale: due in tutto, color verdemare e modello Volkswagen ID.3 (27mila dollari l’uno), in uso propagandistico a ENITREL dall’ottobre 2021. Due soli veicoli che non sono stati seguiti da altri sulle strade del Nicaragua: Triste, solitario y final, per ricordare il romanzo di Osvaldo Soriano.

Ciliegina sulla torta: in tutto il Nicaragua non risulta esservi un importatore di veicoli elettrici e, per il momento, sono previsti ma non ancora realizzati punti di ricarica ogni 40-60 km lungo le strade a lunga percorrenza.

Abbiamo il sospetto che pure questo progetto sarà rimandato alle calende greche e, come direbbe il solito Umberto Eco: «quando fallisci in qualche cosa cerchi sempre qualcuno da accusare della tua incapacità» (idem).

Ormai una vita fa, negli anni di Arnoldo Alemán, una sera eravamo in aeroporto in attesa dell’imbarco per rientrare in Italia. In quei giorni v’era un contenzioso marittimo con l’Honduras e una pagina intera dei quotidiani era pagata dal governo che riprendeva parzialmente una frase ben nota di Sandino: «La soberanía de un pueblo no se discute, se defiende». Un improvviso e prolungato apagón lasciò completamente al buio l’intero edificio, compresa la torre di controllo, e costrinse l’aereo a non atterrare. Solo al mattino dopo ci imbarcammo ma fummo costretti a restare una giornata intera a Miami, con tanto di visita alle attrattive “turistiche”, in attesa della coincidenza con Iberia per Madrid: «lì c’era il casinò della mafia… quella è la villa di Sylvester Stallone… lì è dove hanno sparato a Versace…».

Ci si accappona la pelle pensando a un’ambulanza che non può muoversi con urgenza a causa delle batterie al litio scariche mentre è in corso un prolungato apagón. «Un cuento más del taller Cajina».

Redazione
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