Un popolo contro Dole

di Kate Wilson (*)

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Foto tratta da aljazeera.com

Nel 1977, gli Stati uniti hanno messo al bando i pesticidi contenenti Pcb (policlorobifenili). La scienza era stata categorica: sterilità, cancro, malattie congenite. Ma, nonostante il bando e nonostante fosse al corrente delle conseguenze, la Dole Food Company ha continuato a irrorare i veleni chimici nelle piantagioni del Sud America.

Il film maker svedese Frederik Gertten è sceso in campo contro la Dole. Il suo lungometraggio Bananas!* ha ripreso il caso giudiziario tra la multinazionale e alcuni lavoratori del Nicaragua. Il film mette a nudo i dettagli degli abusi ambientali e umanitari perpetrati dalla Dole.

La Dole è andata all’attacco. Nel tentativo di mettere il bavaglio al documentario, la compagnia ha assoldato un team di avvocati per fare causa a Gertten e bloccare la distribuzione del film. Ma, come se ne è avuta notizia, gli svedesi si sono subito mobilitati a difesa della libertà di parola del regista. A difesa della diritto costituzionale di libertà di espressione, i cittadini svedesi hanno apertamente difeso il diritto di Gertten per una informazione libera. La protesta ha attirato l’attenzione del governo nazionale, muovendo addirittura un’audizione parlamentare: il caso di Gertten ha unito tutte le forze di destra e di sinistra e gli svedesi hanno iniziato a boicottare i prodotti della Dole.

“Ti racconto una storia buffa” ha detto Gertten ad Adbusters dal suo albergo americano. “Dopo che il film è uscito, mi trovavo in un albergo a Stoccolma – la più grande catena nordica di hotel – e per colazione servivano banane della Dole. Allora decisi di fotografarle con il mio cellulare e mettere la foto su Twitter e Facebook. Dopo circa tre ore, la gente iniziò a twittare e a chiamare l’azienda che immediatamente ritirò tutte le banane Dole in tutto il paese, in ciascun albergo. Se vedi che qualcuno vende o distribuisce banane non etiche, puoi postarlo e la gente così è immediatamente informata”.

Queste iniziative non erano parte di una campagna coordinata, ma hanno avuto comunque degli effetti ad ampio raggio. Queste potenti sfide locali, hanno costretto le principali catene di supermercati svedesi a rivalutare la loro fiducia nei prodotti della Dole.

“Le principali aziende di grande distribuzione hanno delle persone incaricate di analizzare cosa accade nel mondo – ci ha raccontato il film maker – Sanno che la politica può distruggere il loro business. Se inizia a circolare il dubbio che alcuni ingredienti possano causare il cancro o, ad esempio, qualcosa di nuovo accade nella West Bank in Palestina, sono pronti ad agire. È esattamente ciò che è accaduto con la mobilitazione contro la Dole”.

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Protesta dei contadini in NIcaragua contro Dole (foto fonte cbsnews.com)

Le banane rappresentano l’1 per cento del totale delle vendite di un supermercato. L’1 per cento, come dice Gertten, “è un’enormità. È un business molto lucrativo”. Quando i clienti hanno iniziato a boicottare i prodotti della Dole, i supermercati svedesi hanno visto calare le loro entrate. Le principali catene minacciarono di sospendere i rapporti commerciali se la Dole non avesse ripulito la propria immagine compromessa. Alcuni negozi, come la catena svedese di hamburger Max, ha direttamente rescisso ogni rapporto con la Dole. Ed era ora!

Per più di un secolo, il modus operandi della Dole è stato basato su sfruttamento, rapine, devastazioni ambientali e omicidi. Nonostante il suo brand internazionale fosse basato sullo slogan “L’alba di una nuova era dell’alimentazione”, la Dole è un’azienda la cui famiglia fondatrice ha aiutato a rovesciare il regno delle Hawaii a favore degli interessi delle imprese americane di zucchero. È un’impresa che, per più di cento anni, ha sistematicamente pagato i propri dipendenti stranieri a livello di servitù debitoria. È un’impresa che ha assoldato gruppi paramilitari colombiani per sequestrare e uccidere un leader sindacalista che si riteneva operasse contro gli interessi della compagnia.

La Dole in Svezia ha perso una partita, ma continua comunque a monopolizzare il mercato globale. Dobbiamo pertanto rendere globale il tipo di risposta che si è avuta in Svezia: dobbiamo lanciare un boicottaggio mondiale!

L’iniziativa dal basso ha costretto la multinazionale a cambiare in un paese. Possiamo ottenere gli stessi risultati anche a livello internazionale.

(*) tratto da http://comune-info.net/

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