Ancora su Oppenheimer… e su Sabin, Socrate, noi

di Mariano Rampini

Mai come adesso. La vicenda di Oppenheimer rappresenta un “nodo caldo” di questo dibattito sulla scienza come lo rappresenta lo sversamento nell’Oceano delle acque di Fukujima. Questo ultimo è un fatto assai più complesso di un semplice titolo giornalistico. Dimostra ancora una volta quanto sia necessario – se si parla di scienza e dei suoi rapporti con l’etica – non fermarsi al clamore ma entrare per quanto possibile nello specifico, cercando di capire cosa accada realmente. Il limite del dibattito sulla scienza forse (così lo ritengo nel mio pochissimo sapere) è proprio questo. La difficoltà dell’uomo comune dinanzi a processi che non nascono per miracolo ma richiedono a volte decenni prima di incidere sulle nostre vite. Certo, c’è quello che gli anglofoni chiamano «serendipità» , la scoperta casuale. Un esempio? La penicillina. Se non fossero esistite le capsule di Petri nelle quali far nascere e sviluppare un campione di qualcosa, chi si sarebbe accorto di quella strana e inattesa muffa? Fin qui il processo scientifico: che nasce da un qualsiasi fenomeno naturale (fosse anche la morte) e spinge l’essere umano a interrogarsi sul come e sul perché avvenga. Un processo millenario, sviluppatosi praticamente insieme alla nostra specie e connesso ad aree specifiche del cervello.

Per l’appunto: come e perché nel nostro cervello ci sono zone che spingono a curiosare anche su cose (i fulmini? Le stelle? Il fondo dell’Oceano?) che normalmente atterriscono? Io non possiedo una risposta o almeno ne ho di raffazzonate, più simili a quelle proposte da La settimana Enigmistica nella rubrica «Il piacere di saperlo». Ma il dibattito sulla scienza che va di pari passo con lo sviluppo di ogni civiltà (anche la costruzione delle mura di Ur richiese calcoli: non si costruiva a caso…) finisce inevitabilmente con l’intrecciarsi a interessi che vanno ben al di là del semplice amore della conoscenza. E si torna a Robert Oppenheimer. Ma anche a Sabin: uno dei pochissimi a compiere studi e ricerche determinanti per tutti e poi donarne i risultati gratis all’universo mondo. Non furono certo felici del suo gesto le case farmaceutiche  o coloro per i quali aveva lavorato. Viene da nominare il Diavolo la cui coda spunta sempre se si parla di denaro o di potere. Infatti la conoscenza, riservata a pochi (coloro che studiano ma anche chi fa studiare altri per suo conto) diventa merce di scambio. La scienza si trasforma in denaro corrente. Chi non acquisterebbe la pozione di Dulcamara per far innamorare di sé la bella del momento? Oppure chi non berrebbe l’olio di serpente acquistato a dieci cents per liberarsi da un terribile mal di denti? Siamo nel campo della salute che però – con il beneplacito di Ippocrate – imponeva a chi esercitasse arti o mestieri a essa inerenti, un giuramento che si apre con il «primum non nocere» cioè “Primo, non nuocere”.

Ma la matematica e tutto ciò che ne discende? La fisica, la chimica e via dicendo sono state quasi sempre utilizzate per conservare forme di potere (in fondo anche la cicuta somministrata a Socrate poteva essere un farmacon) o per conquistarlo. Gli specchi ustori attribuiti dalla leggenda ad Archimede, il terribile “fuoco greco” con il quale si appiccavano incendi inestinguibili, cosa hanno da invidiare a una moderna arma nucleare o – chessò – a un raggio laser? Erano certamente meno distruttivi. Chi ne subiva le conseguenze comunque moriva. Di qualcosa di simile dovette servirsi anche Geova quando spazzò in un istante Sodoma e Gomorra: un modo per indurre il timor di Dio nel popolo eletto e in quelli che da esso venivano conquistati (tralascio la dietrologia che concerne l’Arca dell’Alleanza e/o le Trombe di Gerico). Insomma la scienza è in qualche modo inarrestabile. Ci sarà sempre chi si chiede “perché”? “come”? Al tempo stesso se a essa non si accompagnano forti princìpi etici (ancora Oppenheimer e con lui, a partire dal nostro Fermi, tutti gli uomini del Progetto Manhattan) come sarà possibile impedire a un sistema che si nutre di se stesso – il capitalismo? fate voi – di sfruttare ogni possibile scoperta a proprio vantaggio? O meglio: a vantaggio di pochi, cioè di coloro che innescano i processi scientifici con lo scopo ultimo di servirsene ai danni di altri. Comprendo che la domanda possa apparire retorica. Ma se davvero si vuole che la scienza – tutta la scienza, in ogni sua forma – vada a vantaggio dell’umanità intera, non la si può abbandonare al suo destino. Quello di essere strumento di un potere che attraverso essa si conserva e si tramanda. Come?

Non attendetevi da me una risposta: non ne ho. Un processo rivoluzionario? Ma poi chi assicura che i custodi della scienza non si trasformino nei suoi padroni? Occorrono paradigmi nuovi e diversi che partano da presupposti nuovi e diversi: ci sono voci – fra tutte quelle di economisti di fama come Daron Acemoglu e Simon Johnson del Mit – che sostengono l’inutilità di cercare il progresso soltanto attraverso l’innovazione tecnologica se a questa non si accompagna un’inversione totale del pensiero dominante. Non il profitto, quindi ma la condivisione. Non il lavoro nobilitante che poi si trasforma in strumento di oppressione e di sfruttamento (arrivano le Intelligenze artificiali: chi lavorerà più?). Piuttosto un lavoro che produca cultura, sapere.

Sapere. Perché è forse in questa piccola parola che si nasconde il vero mistero: la conoscenza può liberare l’essere umano? Può la cultura del dubbio aprire a tutti una nuova strada? È forse il caso di tornare ad ascoltare un piccolo uomo, in una piccola città della Grecia, in una piccola piazza: «l’unica cosa che so è di non sapere».   

(*) in “bottega” cfr Ancora su «Oppenheimer» e in precedenza: H come Hiroshima: Oppenheimer e lingue biforcute e Diverso parere su Oppenheimer e la bomba degli USA

L’IMMAGINE, rubata a Mauro Biani, è stata scelta dalla “bottega”. Da sola varrebbe un dibattito… se ancora ci fosse quella strana abitudine (ragionare per poi discutere).

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *