Brasile: la sconfitta della democrazia – I parte

Prima delle tre puntate dedicate ad analizzare il sorprendente, ma non troppo, trionfo di Jair Bolsonaro, che dal 1 gennaio è divenuto il nuovo presidente del Brasile. Al Planalto siede un uomo di ultradestra, razzista e pericoloso.

di Luigi Eusebi

Nel 1933 Adolf Hitler raggiunse il potere in Germania con un voto democratico. A fine 2018 l’ex capitano dell’esercito Jair Bolsonaro è stato eletto presidente del Brasile, ottenendo 57,4 milioni di voti, su 147 milioni di elettori. L’avversario nel secondo turno, rappresentante del PT (Partito dei Lavoratori), ex-ministro dell’educazione, ex-sindaco di San Paolo, nonchè professore universitario, Fernando Haddad, ha ricevuto 47 milioni di voti. Se si conteggiano 31,3 milioni di astenuti, 8,6 milioni di voti annullati e 2,4 milioni di voti in bianco, quasi 90 milioni di brasiliani non hanno votato per Bolsonaro. Molti si sono chiesti come sia stato possibile che dopo oltre 30 anni di teorica democrazia sia stato eletto presidente un oscuro, grezzo, mediocre deputato federale, palesemente non preparato, favorevole alla tortura e all’uccisione di prigionieri e oppositori, difensore della dittatura militare che ha soggiogato il paese per 21 anni. Nulla avviene per caso! Vari fattori si sommano nell’ascensione di Bolsonaro, sconosciuto fino a pochi mesi prima delle elezioni.

La democrazia brasiliana è ed è sempre stata fragile. Dalla colonizzazione portoghese dal 1500 hanno prevalso governi violenti, corrotti ed autocratici, con la dominazione dell’impero e monarchia lusitana fino al 1889, quando fu decretata la Repubblica. Venne mantenuto in Brasile il più lungo e resistente regime di schiavitù del continente, durato 350 anni ed i cui effetti sociali e culturali si notano ancora oggi. Dall’avvento della Repubblica nei primi decenni i governi furono diretti da militari, prima Deodoro da Fonseca poi Floriano Peixoto, così come fino agli anni venti del novecento i programmi politici erano di fatto dittatoriali. Subentrò nel 1930 Getulio Vargas, un civile che rapidamente si trasformò in dittatore, con alcuni periodi successivi di interruzione e un secondo ritorno al potere culminato con il suicidio nel 1954. Nel 1960 il presidente Janio Quadros venne deposto sette mesi dopo da “forze occulte”. Il potere venne occupato provvisoriamente da una Giunta Militare e dopo alterne vicende nel 1964 il vice di Quadros, Joao Goulart, venne deposto dal golpe militare che impose una feroce dittatura fino al 1985.

In questi ultimi 33 anni di “democrazia” il primo presidente morì senza poter iniziare il proprio mandato (Tancredo Neves). Il vice, Josè Sarney, portò in cinque anni il paese alla bancarotta economica. Il successivo, una sorta di “avatar” della politica, giovane rampollo della borghesia dello stato di Alagoas, Fernando Collor de Melo, durò due anni e mezzo e fu cacciato con un impeachment per corruzione nel 1992, cedendo la presidenza all’oscuro vice, Itamar Franco. Vi furono poi due mandati presidenziali di un sociologo inizialmente progressista ma convertitosi rapidamente a politiche economiche ultraliberiste, Fernando Henrique Cardoso (1995-2003), seguirono i due mandati di Luis Inacio Lula da Silva (2003-2011), ex tornitore meccanico figlio di emigrati del Nordeste povero, carismatico fondatore e leader del PT, un mandato e mezzo di Dilma Rousseff, ex guerrigliera durante la dittatura e ministra dei governi Lula, da lui indicata come erede politica, fino all’impeachment del 2016 per… maquillage del bilancio statale, reato di minore entità praticato ovunque nel mondo e mai chiarito (una sorta di golpe bianco di tipo amministrativo). Fino agli ultimi due anni e mezzo di Michel Temer, il vice di Dilma, altra figura inquietante dello scenario politico, reazionario e mediocre (lui stesso si era auto-definito un vicepresidente “decorativo”), che il 1° gennaio 2019 ha passato la fascia presidenziale al 63enne Jair Messias Bolsonaro, di lontane origini venete e così chiamato dai genitori in omaggio a un calciatore (Jair, che transitò anche in Italia) e per sottolineare le ispirazioni religiose della famiglia (Messias)

Una famiglia Addams governativa…

Il governo da poco insediato in Brasile sembra, osservando la griglia di partenza, superare in impresentabilità ogni esempio attuale e del recente passato, nonostante – sic – non manchino esempi un po’ a tutte le latitudini. Nel governo Bolsonaro, su 22 ministri (una riduzione significativa rispetto agli oltre trenta precedenti) otto sono militari, una specie di record per un governo “civile”. Tra gli altri, da notare che tre ministri sono pastori evangelici reazionari, un prezzo politico dovuto al sostegno ricevuto da diverse sette in campagna elettorale. Come avviene in tutti i governi, i ministeri non si contano, ma si… pesano. Vi sono, per motivi politici o di marketing, due ministri chiave: Sérgio Moro alla Giustizia e Paul Guedes, ultraliberista ortodosso all’economia, che accorpa i poteri di tre ministeri, con un esercito di 65.000 dipendenti. In particolare però va evidenziata la traiettoria di Sérgio Moro, il grande accusatore ed esecutore giudiziario di Lula, coordinatore dell’operazione “Lava Jato”. Moro per alcuni settori della società rappresenta una sorta di eroe, nonostante sia comprovato l’uso politico dello strumento giudiziario, con procedure, tempi e modalità di esecuzione ai limiti, se non oltre, della legge. Moro afferma di essersi ispirato all’operazione Mani Pulite italiana, ma la sua immediata nomina al super ministero della Giustizia, comunque la si pensi, conferma la scarsa autonomia tra i tre poteri dello Stato, principio base di qualunque democrazia.

A seguire alcune “chicche” di questa corte dei miracoli, attraverso affermazioni pubbliche o… curriculum professionali di alcuni ministri. Ma attenzione, nella politica moderna non sempre si tratta di provocazioni, per alcuni ruoli chiave vi sono strategie politiche o di marketing tutt’altro che amatoriali:

§ Tereza Cristina, ad esempio, nominata Ministra dell’Agricoltura, già presidente del fronte parlamentare agropecuario, detta “Musa del veleno”, per aver presentato il progetto di legge n. 6.299, per la totale liberalizzazione dei prodotti agrotossici in Brasile

§ Bolsonaro si è candidato alla Camera con il numero simbolico 30.06, che indica una particolare e nota munizione per fucili (“Da usare contro la sinistra”, ha detto in campagna elettorale)

§ “La dittatura doveva uccidere molta più gente, sono favorevole alla tortura”. “Per quello che dipende da me un agricoltore presenterà in futuro come biglietto da visita ai Senza Terra una cartuccia calibro 7.62. Bisogna uccidere questi vagabondi, la proprietà privata in una democrazia è sacra. Con noi il paese si libererà di questa “razza” (ndr: esponenti di sinistra e dei movimenti) per i prossimi 30 anni” (Bolsonaro, campagna elettorale)

§ “I lavoratori devono scegliere, o il lavoro o i diritti, entrambe le cose non sono possibili” (Bolsonaro, il giorno prima dell’insediamento)

§ “E’ un peccato che la cavalleria brasiliana non sia stata altrettanto efficace di quella americana nello sterminare gli indiani. Gli indios puzzano, sono ignoranti e non parlano la nostra lingua. Da Presidente garantisco che non verrà demarcato un cm. in più di terra indigena” (Bolsonaro, campagna elettorale)

§ “Sei così racchia che non meriti nemmeno di essere stuprata” (Bolsonaro, rivolto ad una collega dell’opposizione)

§ Uno dei figli di Bolsonaro, Flàvio, consulente del governo, ha dichiarato durante il periodo di transizione: “Le donne di destra sono più belle di quelle di sinistra, non cagano per le strade e non mostrano le tette

§ “Le donne vivono troppo fuori casa, io vorrei stare tutto il pomeriggio su un’amaca, mentre mio marito lavora molto, molto, molto, per riempirmi di gioielli e regali. Questo dovrebbe essere il modello ideale di società e famiglia in Brasile” (Damares Alves, segretaria del sotto-ministero dei diritti umani e della donna, in sede di presentazione delle attività governative)

§ 47 organizzazioni della società civile USA hanno denunciato a inizio gennaio’19 i rischi irreparabili per il pianeta e la democrazia derivanti dai programmi del nuovo governo brasiliano

§ Alla cerimonia di “posse” del 1° gennaio si è notata la presenza in pompa magna di Netanyahu, primo ministro uscente del governo di Israele, sfiduciato nel dicembre’18, ricevuto come fratello ed esempio da imitare, con la volontà di stringere alleanze economico-politiche ad ogni livello tra i due paesi (dopo gli ultimi governi del PT vicini al mondo arabo ed alla causa palestinese), a cominciare dallo spostamento dell’ambasciata brasiliana in Israele a Gerusalemme. “Se noi siamo il popolo della terra promessa – ha dichiarato all’arrivo Netanyahu – il Brasile è il popolo della promessa futura”. Alla cerimonia erano assenti tutti i principali leader occidentali, ma si è segnalata la presenza di Viktor Orban, omologo ungherese di Bolsonaro in fatto di diritti umani e di curriculum…, i presidenti di estrema destra di Cile e Paraguay, il Segretario di Stato USA ultra-reazionario Mike Pompeo, mentre per l’Italia era presente Gianmarco Centinato, emblematico ministro dell’agricoltura, pavese ultra-leghista

§ Dario, amico di vecchia data che vive da decenni a Belo Horizonte, avendo lavorato a lungo per l’indotto Fiat, osservatore documentato della realtà, non condivide le denunce, non per i fatti ma per l’interpretazione: “In Europa avete una visione distorta e un’immagine caricaturale di Bolsonaro, finora non ha fatto nulla che vada contro la legge”.

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