Brasile: razzismo di stato contro la popolazione nera

Secondo l’”Atlante della violenza”, su 100 persone assassinate in Brasile, 71 sono nere

di David Lifodi

In Brasile è in atto “un vero e proprio genocidio della popolazione nera”. Purtroppo non si tratta di una novità , ma i dati divulgati dal rapporto “Atlante della violenza”, curato dall’Instituto de Pesquisa Econômica Aplicada, non fanno altro che confermare la dichiarazione allarmata della ricercatrice Dina Alves. “Non è per caso”, prosegue, “che la maggioranza dei morti e dei carcerati sia nera. Quando la polizia uccide, lo fa per conto dello Stato”.

Difficile, in effetti, darle torto. Secondo l’”Atlante della violenza”, su 100 persone assassinate in Brasile, 71 sono nere. Di recente, al Senato, è sorta una Commissione parlamentare d’inchiesta per denunciare la violenza di Stato che si ripercuote contro la popolazione nera, povera e che vive nelle sterminate periferie delle megalopoli brasiliane. Gli omicidi compiuti ai danni dei neri vengono derubricati a semplici scontri tra polizia e presunti criminali, ma al tempo stesso, se lo Stato sceglie di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, significa che si sente responsabile per il genocidio in corso. Per Uneafro, l’Unione dei nuclei di istruzione popolare per la popolazione nera e la classe lavoratrice, lo Stato sarà responsabile fin quando utilizzerà la polizia per reprimere i favelados, garantire la sicurezza dei quartieri benestanti e incarcerare quella parte di popolazione associata, secondo i peggiori stereotipi, ai criminali soltanto perché povera. Il Forum permanente per l’uguaglianza razziale sottolinea che nemmeno una denuncia del genocidio nero in sede Onu (ad agosto 2017) è servita per mettere lo Stato di fronte alle proprie responsabilità, nonostante sia stata la stessa Commissione parlamentare d’inchiesta a denunciare come in Brasile, ogni 23 minuti, venga ucciso un giovane con la pelle nera.

Se da un lato il termine “genocidio” è stato utilizzato anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, che ammette inoltre le responsabilità dello Stato, dirette o indirette, nell’uccisione dei neri, in maggioranza giovani, è altrettanto vero che proprio lo Stato non è in grado di tutelarli o non vuole farlo, basta ascoltare le dichiarazioni di diversi deputati della destra razzista brasiliana per rendersene conto.  Del resto, se un giornalista della rete di O’ Globo, la principale catena dell’oligopolio mediatico brasiliano che non ha mai nascosto la propria simpatia per la dittatura al potere dal 1964 al 1985, si è permesso di offendere in diretta gli afrodiscendenti, non c’è da stupirsi per il razzismo dilagante che va dall’esclusione sociale dei neri ai sempre più frequenti casi di omicidio. Commentando le presidenziali statunitensi, William Waack, che pure è un giornalista esperto, sostenne che si trattava di “una cosa da negri”. Fortunatamente, O’ Globo in questo caso ha deciso di licenziarlo (fatto non scontato per  un mezzo di comunicazione che definisce i Sem terra “terroristi”), ma quanto accaduto rappresenta comunque un comune sentire condiviso nel paese.

In Brasile, ultimo paese del continente latinoamericano ad abolire la schiavitù, nel 1888, i neri che sono riusciti ad avere accesso all’istruzione guadagnano comunque il 29% in meno dei bianchi, nonostante la Costituzione garantisca che tutti sono uguali di fronte alla legge.  Per tre anni Amnesty International si è fatta promotrice della campagna Joven Negro Vivo, ma l’ondata di violenza contro la popolazione dalla pelle nera non si è arrestata. Il contesto brasiliano, molto simile a quello di paesi in guerra o sotto dittatura a proposito della violenza e dei morti che colpiscono i neri, non ha spinto finora lo Stato ad adottare  una serie di politiche volte ad arrestare la deriva razzista, anzi, sono i mezzi di comunicazione mainstream, nel quotidiano, a soffiare sul fuoco dell’intolleranza e a cavalcarla a scopi propagandistici. In un’intervista rilasciata al quotidiano argentino Página 12, Josuma Werneck, direttrice di Amnesty International Brasile che ha lavorato a lungo nelle favelas di Río de Janeiro, ha dichiarato che il presidente Michel Temer vi ha ordinato l’invio di altri ottomila militari per ristabilire “la legge e l’ordine”.

Attualmente è allo studio un piano di emergenza di politiche da destinare alla gioventù nera, ma fin quando i neri saranno percepiti soltanto come un problema di ordine pubblico difficilmente la questione razziale sarà risolta e, finora, la crescente militarizzazione non è servita ad arrestare il genocidio in corso.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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