C’eravamo tanto armati/6

LEONARDO: BOOM DI PROFITTI, SOLO SPICCIOLI” PER LO STATO, POSTI DI LAVORO IN CALO
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Per l’ottavo anno consecutivo, Fondazione Finanza Etica e Rete Pace e Disarmo partecipano all’assemblea di Leonardo come azionisti critici. Le risposte alle domande scritte confermano che contribuisce in misura molto limitata all’economia italiana mentre moltiplica i profitti per gli azionisti privati.
di Rete Pace e Disarmo (*)

Per l’ottavo anno consecutivo Fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica) e Rete italiana Pace e Disarmo partecipano come azionisti critici all’assemblea di Leonardo spa. L’assemblea del produttore italiano di armi, controllato con il 30,2% dal Ministero del Tesoro, si svolge ancora una volta a porte chiuse.
Agli azionisti rimane come unica possibilità l’invio di domande scritte.

«Abbiamo inviato circa quaranta domande a Leonardo Finmeccanica (qui il dossier), in particolare per capire quanto sia rilevante la produzione per l’economia nazionale, anche in termini di occupazione», spiega Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica.
«Le risposte sul coinvolgimento di Leonardo nella produzione di armi nucleari sono sconfortanti: Leonardo partecipa a un programma francese per la produzione di un missile con testata nucleare. Tuttavia, poiché si tratta di un progetto classificato come “Special France”, Leonardo afferma di non poter accedere ad alcuna informazione in merito a causa delle rigide normative francesi sulla sicurezza strategica.
Leonardo partecipa dunque al 25% in un consorzio (MBDA) con Airbus (Francia) e BAE Systems (Regno Unito) per la produzione di un vettore che trasporterà testate nucleari, ma non può accedere ad informazioni né tantomeno divulgarle. Comunque la si guardi, il quadro rimane di estrema opacità e forse i cittadini italiani hanno motivo di inquietudine se una azienda considerata strategica in larga parte di proprietà pubblica è tenuta all’oscuro su come le sue risorse vengono impiegate in un programma militare».

«Leonardo non ha aumentato per nulla la trasparenza. Continuano a non darci informazioni sulla suddivisione del fatturato e sugli occupati per singolo stabilimento. I dati sull’export militare sono esposti in maniera poco chiara», dichiara Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete italiana Pace e Disarmo.
«Anche se parziali, i dati forniti dimostrano però che l’export militare di Leonardo ha una rilevanza ridotta: vale infatti intorno a 1,2 miliardi di euro nel 2023, su 15,3 miliardi di euro di ricavi totali della compagnia. Ben distanti dai livelli dichiarati da Aiad (Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza), a dimostrazione di quanto l’industria delle armi sia poco strategica per l’interesse nazionale in termini di ritorni economici e occupazione».

Il settore militare d’altra parte è fra quelli a minore intensità di lavoro. Basti osservare l’evoluzione di Leonardo spa che da sola controlla oltre il 70% della produzione e il 75% delle esportazioni italiane: la componente produttiva militare è passata negli ultimi 15 anni dal 56% all’83%. Ma mentre compiva questa trasformazione da impresa mista civile-militare a impresa prevalentemente militare, Leonardo ha ridotto i suoi occupati in Italia del 24%. Nonostante le molte acquisizioni di commesse nel settore militare (come la partecipazione alla produzione dei nuovi caccia F-35 per la quale in Parlamento il governo aveva promesso 10.000 nuovi posti di lavoro) e le svariate acquisizioni d’impresa, il numero complessivo degli occupati di Leonardo SpA si è ridotto.

In termini di dividendi, lo Stato italiano, come azionista di Leonardo,  incasserà per l’anno 2023 appena 49 milioni di euro.  Mentre sono stati molto significativi i vantaggi degli altri azionisti che – a differenza del Ministero del Tesoro, azionista di lungo periodo – comprano e vendono azioni di Leonardo liberamente sui mercati azionari.
Chi ha acquistato azioni di Leonardo nel gennaio del 2023 e le ha rivendute a fine dicembre, ha guadagnato circa il 70%. Il corso del titolo in borsa è stato aiutato dalla guerra in Ucraina e dal conflitto in Israele, con la corsa al riarmo di Europa e Nato.

«Ci sembra sproporzionato l’impegno dello Stato in un’impresa che produce armi impiegate in conflitti internazionali, con il rischio di violazione dei diritti umani fondamentali, rispetto agli effettivi, minimi vantaggi economici per il Paese», conclude Vignarca.
Infine, Fondazione Finanza Etica, dopo aver presentato una denuncia al Collegio Sindacale, ha espresso nuovamente dubbi sulla nomina dell’ex ministro Roberto Cingolani come amministratore delegato di Leonardo.
«A nostro parere non è stato rispettato il periodo di sospensione di un anno dalla cessazione della carica governativa di Cingolani, ai sensi della legge 60 del 1953», spiega Simone Siliani.
Leonardo ha risposto che la legge non può essere considerata applicabile alla società, senza però spiegarne i motivi. L’impegno della Fondazione continuerà dopo l’assemblea.

(*) Tratto da Sbilanciamoci.
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IL BUNKER DI BRIONE

di Tonio Dell’Olio (*)***
Con l’Ucraina e il Medioriente in fiamme, la guerra è ritornata ad essere una possibilità, una strada percorribile, un’eventualità. Ci sono molti segnali in questa direzione, ma quello che mi sembra più eclatante di tutti è “il bunker di Brione”.
Con tanto di fotografia del plastico in sezione, un’azienda edile bresciana realizzerà ben otto bunker sotterranei da quaranta metri quadrati che saranno venduti di base a 180.000 euro [la vendita è affidata a Tecnocasa !!! NdR].
Le pareti in cemento armato di ogni rifugio avranno uno spessore di sessanta centimetri e le porte blindate anti-esplosione in acciaio e cemento armato peseranno mille chilogrammi e saranno rafforzate con valvole antiscoppio collocate vicino all’impianto di filtrazione dell’aria” viene spiegato nel progetto. E probabilmente si tratta di una vendita pilota per verificare se l’operazione incontra il gradimento della clientela e poter ampliare l’offerta.
Ma solo averla pensata una cosa del genere è sintomo preoccupante del fiuto che fa leva (e soldi) sulla paura e su una mancanza di apertura di credito verso il futuro. Ci stiamo preparando alla guerra e non alla pace.
Il virus della guerra è scappato dal laboratorio” – ammoniva Tonino Bello – e ora rischia di infettare il nostro modo di pensare e di progettare il futuro. Dobbiamo sottrarci a questo rischio.

(*) Tratto da Mosaico di Pace.
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IA MILITARE: LE BIG TECH E START-UP CHE SI ALLEANO CON L’INDUSTRIA BELLICA

Si moltiplicano i progetti di intelligenza artificiale nel settore militare. I principali attori di questo business sono i soliti noti.

di Andrea Barolini (*)

Nel febbraio del 2022, soltanto due settimane dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, un uomo d’affari statunitense scriveva una lettera aperta ai dirigenti europei.
Nel testo, sottolineava come la guerra fosse ormai alle loro porte. E spiegava che, per questa ragione, le nazioni del Vecchio Continente avrebbero dovuto affrettarsi a modernizzare i loro arsenali. Ma per farlo, oggi, non è necessario rivolgersi alle industrie tradizionali. O almeno non soltanto.
Occorre piuttosto puntare sulla Silicon Valley americana. Perché, secondo la lettera, il futuro del settore militare dipenderà strettamente dall’intelligenza artificiale.

Dal boom della tedesca Palantir al programma americano NGAD

Quell’uomo d’affari si chiama Alexander Karp, e non è un manager del settore della Difesa: è il fondatore e amministratore delegato di Palantir Technologies.
Una società nata nel 2003, specializzata nell’analisi di grandi moli di dati (Big data) e diventata vent’anni dopo un colosso con una capitalizzazione da oltre 22 miliardi di dollari (dato del 2020), ricavi da 2,23 miliardi (2023) e più di 3.700 dipendenti. L’azienda e il suo numero uno hanno fiutato da tempo l’affare legato allo sviluppo di tecnologie ad uso militare.

La risposta della Nato, in quel 2022, fu d’altra parte pronta. Il 30 giugno, l’Alleanza atlantica annunciava la creazione di un fondo per l’innovazione nel settore militare. Dotato di ben un miliardo di dollari. Investimenti che sarebbero andati a vantaggio di start-up e fondi di venture capital mirati allo sviluppo di tecnologie considerate “strategiche”. Ovvero, appunto, intelligenza artificiale, big data e automazione.

D’altra parte, dall’inizio della guerra in Ucraina, il Regno Unito ha sviluppato una nuova strategia d’IA specificatamente dedicata alla Difesa. E la Germania ha stanziato mezzo miliardo di dollari per la ricerca in tale settore. Mentre gli Stati Uniti hanno già da tempo avviato numerosi programmi, come nel caso del “Replicator”, che punta a sviluppare uno stormo di duemila caccia pilotati da macchine. Un misto di droni, algoritmi, materiali innovativi che dovranno dare corpo al programma Next Generation Air Dominance (NGAD). Quest’ultimo punta a sviluppare velivoli che dovranno rimpiazzare nel 2030 gli F-22 Raptor.

BAE System, Lockheed Martin, Boeing, Thales: nel business dell’intelligenza artificiale militare i soliti noti

Di fronte a tale “effervescenza” (e allettati dagli ingenti fondi stanziati) sono numerose le imprese che si stanno lanciando nello sviluppo di intelligenza artificiale militare. Secondo un rapporto della società di consulenza Exactitude Consultancy, pubblicato nel mese di maggio del 2023, i principali attori del crescente mercato dell’intelligenza artificiale militare sono in gran parte nomi noti. Come BAE Systems, Northrop Grumman, Raytheon Technologies, Lockheed Martin, Thales. E ancora L3Harris Technologies, Rafael Advanced Defense Systems, IBM, Charles River Analytics e Boeing.

Exactitude Consultancy sottolinea come molti di loro stiano stringendo accordi con aziende specializzate. EDGE, uno dei principali attori del mercato dell’IA, ad esempio, ha firmato un protocollo con BAE Systems nel febbraio del 2023. Lockheed Martin e Sintavia (primo produttore mondiale di componenti interamente digitali per l’aerospace) hanno annunciato una collaborazione tre mesi prima.

(*) Tratto da Valori.

Le immagini:

CPX624, di Alec BHX/KKC. Licenza CC BY-SA 2.0.
Plastico in sezione del bunker di Brione.
Immagine realizzata dalla redazione di Valori.it utilizzando Midjourney.

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alexik

2 commenti

  • Marco Piras-Keller

    Mi sembra sia da precisare qualcosa, quanto alla crescita azionaria di Leonardo. Nel periodo gennaio dicembre 2023, l’azione ha raddoppiato il proprio valore, dunque, 100% di guadagno. Ma mi sembra più significativo che dalla data dell’inizio della guerra d’Ucraina (24. febbraio 2022) l’azione ha avuto una crescita del 250% circa.

  • Marco Piras-Keller

    Aggiungo al commento precedente (che non vedo ncora pubblicato) cjhe il ministro della Difesa, Crosetto, ha avuto un qualche ruolo di consulenza o non so che fosse, da lui confermato e giudicato noncomportare conflitto di interessi con la sua carica, circa due milioni.
    Gli elementi sono: un ministro della difesa di un Paese il cui governo sostiene l’invio di armi in Ucraina e che si trova a prestare un qualche servizio retribuito a una Società che produce e fornisce armi all’Ucraina.

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