Colombia: i giovani scrivono alle Farc

Le lettere, inviate agli ex guerriglieri, rappresentano un piccolo aiuto nel percorso di reinserimento nella società

di David Lifodi

In Colombia il processo di pace tra le Farc e lo Stato sta vivendo un lungo momento di stallo. Da parte di Palacio Nariño, aldilà dei clamori per il premio Nobel per la pace attribuito in maniera del tutto immeritata al presidente Juan Manuel Santos, non sempre alle parole sono seguiti i fatti, mentre i crimini compiuti ai danni degli attivisti sociali proseguono come e più di prima. La guerriglia sembra essere la più interessata alla fine delle ostilità, ma è innegabile come l’accordo di pace, che presenta ancora molti aspetti da risolvere, rischi di rimanere in una zona di grigia di limbo permanente.

Tuttavia, la società colombiana spera ancora nella pace, come dimostrano le tante lettere inviate agli ex guerriglieri delle Farc per aiutarli nel percorso di reinserimento nella società, uno dei punti degli accordi rimasto ancora controverso sotto molto aspetti. A scrivere ai militanti della più antica organizzazione armata latinoamericana sono stati semplici cittadini, in gran parte giovani, che hanno approvato l’idea di Leonardo Párraga (BogotArt Foundation) e Cristian Palacios (Young Youth Foundation). Le loro cartas por la reconciliación hanno spinto molte persone a prendere carta e penna per indirizzare messaggi agli ex guerriglieri. L’iniziativa, attivata lo scorso febbraio, ha preso piede nelle principali città colombiane con l’adesione di numerosi studenti universitari. Nonostante alla base dell’iniziativa ci sia, sotto certi aspetti, l’idea che la guerriglia sia stata l’unica responsabile di un conflitto che invece ha insanguinato il paese soprattutto per via di uno Stato fortemente repressivo, escludente, responsabile delle enormi disuguaglianze sociali del paese (causa che ha portato alla nascita delle Farc) e traditore (si pensi allo sterminio dei militanti di Unión Patriótica negli anni ’80, anche allora quando la pace sembrava a portata di mano), las cartas por la reconciliación sono state accolte con favore dai guerriglieri. Le lettere rappresentano un piccolo ma significativo segnale della società colombiana verso uomini che hanno trascorso gran parte della loro vita a combattere lo Stato e il dibattito tra alcuni leader della guerriglia e gli studenti cresciuti durante la guerra è servito ai primi per illustrare ai giovani cosa pensano del processo di pace in corso e le motivazioni che li hanno spinti ad entrare nella lotta armata.

Non solo molti ex combattenti hanno risposto alle lettere sottolineando come le Farc intendano proseguire il loro percorso politico in Parlamento e non più armi in pugno, ma i giovani hanno scoperto che quegli uomini per anni in clandestinità sono tutt’altro che mostri. L’idea che la società civile colombiana e gli ex guerriglieri possano superare insieme i tanti ostacoli ancora presenti sulla strada che porta ad una pace duratura viene dalle parole semplici rivolte ai militanti delle Farc come quelle scritte in questa lettera: Te estoy esperando, quiero encontrarme contigo en el supermercado… serà nuestra forma de darles las bienvenida a su nueva vida. È in questa circostanza che Edilberto Castro, combattente del 55° fronte delle Farc, ha proposto ad uno dei leader dell’organizzazione, Timoleón Jiménez, di sostituire l’attuale denominazione delle Farc-Ep (Forze armate rivoluzionarie della Colombia – Esercito del popolo) in Frente Amplio para la Reconstrucción de Colombia Esperanza de Paz.

Attualmente sono già circa 3.000 i guerriglieri desmovilizados. La città che dovrebbe accogliere il maggior numero di ex combattenti, una volta abbandonate definitivamente le armi, sarà la capitale Bogotá, ma c’è attesa soprattutto per capire come si muoverà l’Agencia para la Reincorporación y la Normalización, entità statale sorta per supportare il ritorno dei guerriglieri alla vita civile e che esprime preoccupazione per un immaginario sociale secondo il quale i combattenti che hanno smobilitato sono necessariamente violenti. Negli ultimi sondaggi realizzati tra la popolazione sul periodo post conflitto, realizzata da Bogotá Cómo Vamos, il 51% degli intervistati sarebbe disponibile ad avere come collega di lavoro un ex combattente e il 46% non avrebbe problemi a mantenerlo come vicino. In generale, dal sondaggio è emerso che i più favorevoli al reintegro degli esponenti della Farc sono i giovani tra i 18 e i 25 anni (il 61% di loro accetterebbe come collega di lavoro un ex guerrigliero), mentre tra gli strati sociali più alti solo il 36% vede di buon occhio il ritorno alla vita civile dei membri della lotta armata. Ne emerge un quadro in cui la maggior parte della popolazione non nutre odio verso le Farc, ma le teme e non sa se sarà in grado accogliere i guerriglieri, pur senza appoggiare necessariamente la loro visione politica una volta che si trasformeranno da guerriglia in partito. Come è possibile, ad esempio, si chiedono i colombiani, che un’organizzazione armata non riconosca la sua sconfitta militare (in effetti mai avvenuta) e, al tempo stesso, abbia deciso di farsi portatrice di istanze di pace?

Il timore maggiore, per i colombiani, è che il loro paese faccia la fine di El Salvador o del Guatemala, dove addirittura sono morte più persone dopo la fine di lunghi conflitti armati tra le organizzazioni guerrigliere e lo Stato, soprattutto per la trasformazione dei gruppi paramilitari creati in funzione anti insurgencia in bande criminali al soldo delle multinazionali o delle maras. Oppure si teme che la Colombia debba affrontare una situazione molto simile a quella del Brasile o del Messico, dove le potenti mafie locali seminano il terrore per imporre progetti legati all’estrazione mineraria o alla costruzione di centrali idroelettriche. Le lettere per la riconciliazione scritte ai guerriglieri hanno quindi l’intento di gettare le basi per una Colombia all’insegna della convivenza, ma senza risolvere il problema dell’ingiustizia e delle disuguaglianze sociali difficilmente si raggiungeranno risultati concreti.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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