David Lane: Terre profanate

 di Gian Marco Martignoni

Terre Profanate” (340 pagine, 18 euri, Laterza), il viaggio-inchiesta nelle regioni del Sud d’Italia dominate dalle mafie di David Lane, è un libro esemplare sul piano giornalistico, anche se il corrispondete per “Economist”, realisticamente impressionato “dall’anormalità della vita quotidiana”, non concede speranza o illusione a coloro che abitano in quelle terre, pur segnate dai fasti delle storie antiche .

Non che a David Lane sfugga la crescita di intensità in quest’ultimo decennio delle lotte e delle battaglie per la legalità, culminate nella generosa protesta dei giovani di Locri nell’ottobre del 2005, al grido “ammazzateci tutti”, dopo l’omicidio del medico Giuseppe Fortugno in occasione delle primarie del Partito Democratico.

Ma “Terre Profanate” si compone di tredici capitoli che narrano la visita dell’autore in dodici città simbolo del sud d’Italia, prima tappa Gela (ovvero della Tirannia moderna) dal sindaco Crocetta, ultima tappa Casal di Principe (cioè il sistema mafioso per antonomasia ), con un capitolo conclusivo nella capitale Roma, ove le cronache e i fatti dimostrano che la Chiesa e lo Stato, retorica a parte, sono purtroppo in perfetta simbiosi con il sistema delle mafie.

D’altronde, in quale altro paese d’Europa il Presidente del Consiglio si azzarderebbe a non rispondere alle domande poste dai giudici in occasione del processo a Dell’Utri, o definirebbe i magistrati “matti”, mentre l’onorevole Giulio Andreotti, accusato di associazione a delinquere e di rapporti amichevoli con la mafia, è stato insignito dal Vaticano di una laurea honoris causa in diritto civile e canonico.

Al contempo, un magistrato impeccabile come Gian Carlo Caselli, forte di un’esperienza sul campo a Palermo dal ’93 al’99 che con il suo team di investigatori indagò novemila persone, incriminandone più di tremila per reati di mafia, è stato estromesso con una legge speciale dalla direzione della Procura nazionale Antimafia, intanto che centro-destra e centro-sinistra si palleggiavano le responsabilità per la precaria situazione della giustizia penale, avendo “promulgato leggi che invece di agevolare il sistema, lo hanno penalizzato”.

E gli incontri sul campo con decine di testimoni privilegiati, tra cui alcuni segretari della Cgil in prima linea nei territori mafiosi, da cui sono scaturiti “millecinquecento pagine di taccuino e centinaia di foto scattate” , hanno tracciato una situazione più che sconfortante, poiché le quattro mafie non danno tregua e fanno affari, grazie all’intermediazione dei cosiddetti “colletti bianchi”, nella sanità, negli appalti pubblici, sui traffici di rifiuti e di droga d’ogni sorta, inquinando il clima di una università come quella di Messina, dominando il contrabbando di sigarette con l’Albania e il Montenegro, nonché appropriandosi, attraverso svariate complicità politiche, dei fondi pubblici europei.

Pertanto, non solo il condizionamento mafioso è tentacolare, grazie al ricorso a violenze quotidiane di ogni tipo, ma lo stesso fronte delle imprese, stante che quelle che non si piegano ai loro ricatti, vivono le pene d’inferno, o non godono di una seria protezione, sceglie preferibilmente la strada più accomodante della tacita complicità.

Inoltre, per il controllo o la spartizione del territorio e degli affari si determinano faide cruente ed interminabili, che oltre a lasciare sul terreno centinaia di morti, rendono insopportabile il clima delle città dilaniate da queste brutali contese.

Siamo perciò in presenza, come da tempo hanno segnalato intellettuali quali Umberto Santino e Tonino Perna, di una vera e propria anomalia che contraddistingue il nostro paese nel mondo , fondata sull’affermazione di una borghesia criminale e finanziaria che detiene enormi livelli di potere, in stretta compenetrazione con quelli statuali.

Un’anomalia che David Lane ha saputo restituirci con indubitabile maestria, con uno sguardo per nulla rassegnato, ma consapevole delle difficoltà che incombono su quanti intendono contrastare la criminalità mafiosa.

Perché, essendo le mafie un fenomeno storico, purtroppo è eloquente la laconica opinione espressa dal capo della squadra mobile di Bari : “Il male è nella società civile . Tutto il Sud è infettato, la mafia è come l’erba. Tu continui a tagliarla, ma lei ricresce sempre”.

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