#Firenze25/11: cronaca da una manifestazione No-Nato

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di Boris Norman

I negozi del centro si sono già preparati al Natale e sono tutti aperti. Le loro luci barocche, nel più prestigioso Mall made in Italy, fanno però i conti col freddo, il rigore classicista fiorentino e soprattutto l’austerità contemporanea. Pochi turisti in giro. Tiratori scelti sopra i tetti e unità cinofile con agenti in borghese presidiano discretamente. Oggi Firenze doveva rilanciarsi internazionalmente. Il 26- 27 novembre 2015, presso Palazzo Vecchio, si tiene il seminario del Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio Oriente (GSM) dell’Assemblea della NATO. Una folta manifestazione di contestatori aumenta l’imbarazzo.

Più di 120 parlamentari e ministri di difesa ed esteri discutono sul finanziamento delle organizzazioni jihadiste, la Libia, le prospettive energetiche e i riflessi economici nei rapporti di interscambio. Doveva celebrare l’unione della “democratica” forza atlantica, con i paesi alleati (poco democratici) della regione mediterranea, per intenderci il fronte anti-Assad: Israele, Arabia Saudita, Giordania, Egitto ed altri. Programmata con mesi di anticipo, come grande evento politico, capace di compensare, se non addirittura consolare, i vecchi alleati arabi, in contrapposizione ai Colloqui di Vienna e G20 in Turchia. Mentre questi ultimi incontri, hanno tentato effettivamente, vie diplomatiche alla crisi mediorientale, a Firenze si riunisce solo un fronte e non ci sono, oltre al Governo Siriano, Iran, Yemen, Iraq, Libano, ne tanto meno Russia e Cina. Sembra quasi che Renzi, mesi fa alzasse i toni bellici, alimentasse la strategia Trident, se non addirittura prefigurasse un intervento militare, mentre ora che la tribuna soldatesca è pronta, tutto si complica. L’Italia frena la Francia di Holland – che si lancia però fuori dalla cornice Nato e in esplicita intesa con Putin – e Renzi piroletta a giocare da pompiere (coincidenze da Giubileo, forse) in una cerimonia imbarazzante.

Dopo Parigi, la guerra non si vende più come un videogioco. Infatti le agenzie rimarcano che dopo gli attentati nell’incontro Nato a Firenze “è stato stravolto il programma originario. Il tema del terrorismo e della sicurezza saranno al centro dell’agenda”. Seguiremo con attenzione la copertura mediatica, ma facile prevedere un mezzo flop, tensioni ed imbarazzi tra i partecipanti. Certo è che il vecchio “balletto delle diplomazie” si fa sempre più Rockrolla e la cerimonia di sodalizio tra vecchi buoni alleati, pare più un matrimonio da celebrare, all’indomani di un lutto scoppiato per una faida tra invitati. A rovinare la festa a Matteo, non mancavano neppure pacifisti e no-global. Sembravano scomparsi e invece ancora lì, di nuovo. Un movimento plurale rinato proprio dentro casa sua. Mille cittadini in corteo dentro un centro commerciale di lusso, fanno sempre una certa impressione.

Il tam tam dell’assemblea fiorentina contro il vertice Nato (una trentina di sigle) si era mosso a livello regionale, con due mesi di anticipo. Dal CPA Firenze-sud, ai centri sociali, dalla Comunità delle Piagge al gruppo Perunaltracittà, da ARCI, Sel a Rifondazione Comunista, i No Tav, fin a partire dalle vecchie “rocce” del movimento pacifista, il “Comitato fermiamo la guerra”, gli Anarchici Toscani, USI-AIT. Insomma la galassia della sinistra radicale, ringiovanita dall’interesse dei collettivi universitari, hanno animato il corteo. Un lavoro di rete che è riuscito attraverso la condivisione di un messaggio molto chiaro: no alla riunione di chi è «complice»: «Il terrorismo dell’Isil non nasce dal nulla, Usa e Ue stessi e i loro alleati sono i promotori dell’Isil e della guerra che sta insanguinando il Medio Oriente». Qualcuno nel corteo commenta che “c’è più gente che a Napoli un mese fa”. Copertura mediatica quasi assente. Un corteo allegro. Nessuno cerca incidenti. Forze dell’ordine quasi invisibili. Le connivenze della NATO con chi ha aggredito la Siria, gli alleati che si ritrovano a Firenze per una classica foto di famiglia a Ponte Vecchio, era tutto molto coreografico, ma ormai inattuale. Quell’alleanza, che certo non comincia nel 2003, ma risale quasi immutata da mezzo secolo, sembra essere entrata in crisi già prima degli attacchi di Parigi. Dal colpo di Stato in Egitto contro i Fratelli Mussulmani, sostenuti apertamente dalla Turchia, fino ai recenti accordi con Iran, la politica americana tira il freno. Anche perché le diplomazie occidentali, sanno bene, che dopo la duplice sconfitta militare in Afganistan e Iraq, ancora nessun Paese europeo è pronto veramente alla guerra, con relativa occupazione di terra permanente… non ancora. Insomma, da tempo dentro l’alleanza volano stracci e veleni. Le cancellerie si spaccano tra falchi e colombe, tra nemici di Putin e dell’Isis, mentre Obama il saggio, pensa solo ai giorni che gli rimangono, per non fare più “cazzate”, come aveva promesso di fare. Siamo da tempo, ripete Alex Zanotelli “ad un passo dall’abisso”, ma forse per puri motivi tecnici – l’elezione americane a dicembre 2016 – ci rimane qualche tempo per agire.

 

Boris Norman
Boris Norman è cresciuto ad Aarhus sul Baltico, di madre polacca e padre separato, un marinaio con passaporto olandese e simpatie comuniste. Arrivato a Bologna sulla fine dello scorso secolo, con un Erasmus, fa attualmente il mediatore interculturale, apprezzando il clima mediterraneo e la sua cucina raffinata. Parla molte lingue, e come molti italiani e quasi tutti i migranti, fa fatica a guadagnare abbastanza per vivere. Fino a quando Shengel non sarà saltata del tutto, non è ancora tecnicamente un extra-comunitario.

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