Guatemala: comunità in resistenza contro la privatizzazione dell’energia elettrica

di David Lifodi

Comunità di Cayuga, dipartimento di Izabal, oltre 260 chilometri da Città del Guatemala: è il 10 marzo quando un gruppo di uomini armati assalta i contadini in lotta contro Energuate, filiale della multinazionale inglese Actis, che impone loro tariffe elettriche insostenibili e punisce le comunità in resistenza con improvvisi e prolungati tagli del servizio elettrico.

La denuncia è stata diffusa da Rebelión: la comunidad en resistencia di Cayuga, come altre centinaia in tutto il territorio guatemalteco, stava cercando di creare un allacciamento abusivo alla rete elettrica di Energuate, che teneva i contadini senza luce da oltre tre settimane per punirli a causa della loro mobilitazione contro la privatizzazione dell’energia, una battaglia che in Guatemala dura almeno fin dal 2008, quando il Comité de Desarrollo Campesino (Codeca) si fece carico della richiesta di statalizzazione del servizio elettrico proveniente dalla base. Le comunità indigene e contadine esigono la nazionalizzazione dell’energia elettrica di fronte a tariffe esorbitanti, soprattutto nelle aree rurali del paese, dove le bollette variano tra i 200 e i 700 quetzales. Non è la prima volta che uomini armati si presentano nelle comunità per conto di Energuate picchiando le persone, rubando loro i documenti d’identità e minacciandole di morte: “Se proseguite con gli allacciamenti abusivi e la richiesta di nazionalizzazione dell’energia elettrica vi uccideremo”, hanno detto anche stavolta i pistoleros assoldati dall’impresa. Pare che ci sia una certa contiguità tra le squadracce che terrorizzano le comunità e la polizia. I campesinos hanno denunciato che i pistoleros hanno fatto il loro ingresso nella comunità di Cayuga insieme a pattuglie della polizia per ripristinare l’allacciamento elettrico a norma, mentre i dirigenti delle forze del (dis)ordine erano riuniti con i capi di Energuate. I vertici dell’impresa sottolineano come ogni giorno arrivino segnalazioni in merito a comunità che si allacciano abusivamente all’energia elettrica, ma negano i legami con i paramilitari inviati a ridurre a più miti consigli le comunità in lotta. In compenso, il governo ci va giù pesante e definisce la crescente resistenza alle bollette astronomiche imposte da Energuate come “un cancro”. La electricidad es un derecho, no una mercancía, ripetono le comunità, nonostante il governo nazionale e quelli municipali siano a fianco di Energuate. Nell’estate 2012 il fondo inglese di investimenti Actis, dopo aver acquisito la maggioranza delle azioni dell’allora Deocsa y Deorsa, forse per dare una ripulita d’immagine, aveva imposto il cambio di nome in Energuate. Deocsa y Deorsa era di proprietà di Unión Fenosa, che già in passato si era distinta per aver perseguitato le comunità indigene e contadine, tra l’altro lasciandole senza luce spesso durante il periodo delle festività natalizie. Il cambio di nome da Deocsa y Deorsa in Energuate, celebrato in un albergo di Città del Guatemala, aveva ufficialmente l’intento di “migliorare la qualità del servizio e contribuire allo sviluppo del paese”. Così parlò Jaime Tupper, dirigente dell’impresa, che magnificava l’attenzione di Energuate per l’ambiente e il rispetto dei diritti umani. Di certo Energuate non si aspettava che nell’agosto 2013 oltre sessantamila indigeni e contadini guatemaltechi invadessero simultaneamente le principali città del paese per protestare contro le politiche neoliberiste in atto in Guatemala, denunciare il lucro che si nascondeva dietro alla distribuzione dell’energia elettrica e rivendicare quanto sancito anche dalle Nazioni Unite, e cioè che l’accesso all’energia elettrica è un diritto umano fondamentale. Fino al 1950 la gestione e l’erogazione dell’energia elettrica guatemalteca era monopolizzato dalle imprese bananiere che, di fatto, amministravano il paese, almeno fin quando il presidente Jacobo Árbenz effettuò un primo tentativo di nazionalizzazione, ma nel 1954 fu spodestato da uno dei tanti colpi di stato promossi dalla Cia e dagli Stati Uniti in Centroamerica e non solo. Nel 1959 nacque l’Instituto Nacional de Electricidad (Inde), ma nel 1996, sotto la presidenza di Álvaro Arzú, il Fondo Monetario Internazionale impose la privatizzazione del servizio di energia elettrica, caldeggiata dallo stesso mandatario guatemalteco. Da allora lo stato ha perso il controllo sulla distribuzione dell’energia elettrica che, durante la gestione di Deocsa y Deorsa (leggi Unión Fenosa), ha avuto anche una parte consistente di fondi amministrati nientemeno che da Enron. Le comunità in resistenza chiedono che la distribuzione dell’energia elettrica torni all’Inde, convinte che la nazionalizzazione rappresenti un dovere per lo stato guatemalteco. Di certo, di fronte alle crescenti pressioni sociali, Actis gioca sporco e utilizza Energuate per i suoi traffici illeciti. Alcune fonti sostengono che Energuate abbia contattato una squadra di avvocati per perseguire legalmente e diffamare indigeni e campesinos in resistenza, approfittando del fatto che la maggior parte di loro non sa né leggere né scrivere. Inoltre, sempre Energuate organizzerebbe corsi per giornalisti in alcune città del paese allo scopo di indottrinarli ed utilizzarli alla bisogna per screditare a mezzo stampa la lotta delle comunità e creare intorno all’impresa consenso e un’opinione pubblica favorevole. Infine, un altro aspetto che ha creato forte indignazione tra i movimenti in lotta, riguarda l’appoggio ricevuto da Energuate da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche e dei governi municipali.

Indigeni e contadini hanno capito che sono soli a combattere una battaglia per il diritto all’energia elettrica universale e accessibile a tutti che, per forza di cose, è diseguale per la sproporzione di mezzi e risorse, ma nel corso degli anni, è divenuta una priorità per tutti i movimenti sociali guatemaltechi impegnati a difendersi dalle politiche neoliberiste.

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