I topi, il bimbo, le gabbie e la legge 62-2011

Pediatria carceraria? Le istituzioni stanno “cercando” alternative! Ma la norma che delegittima la detenzione diciamo “neonatale” è la legge 62/2011, sono passati 6 anni…

di Vito Totire (*)

Da Messina a Bologna: basta bambini in carcere, subito!

Nel carcere Gazzi di Messina sarebbe ora di fare una derattizzazione senza rischi per gli “ospiti”…mentre si cercano soluzioni alternative al carcere. Una terrificante notizia è stata diffusa ieri sera da Radio carcere: una bambina detenuta assieme alla madre e al fratellino nel carcere Gazzi di Messina ha ingerito una sostanza topicida, pare da un agente penitenziario; la bambina sta bene, sembra…

Risulta che nella guerra tra popolazione murina (costituita da esemplari di rattus rattus e di rattus norvegicus) e lavoratori penitenziari la amministrazione tenga una posizione neutrale. Gli agenti si devono arrangiare da soli. La valutazione del rischio occupazionale? Quella non è sottoposta alla vigilanza della Ausl ma del Visag (che fa riferimento al ministero detto di Grazi e Giustizia, il quale evidentemente si auto-controlla: con ottimi risultati, per i ratti).

L’evento di Messina fa venire in mente le più crude immagini della letteratura ottocentesca (“I miserabili” di Victor Hugo ecc.); veniamo al punto: AUSPICHIAMO UNA ONDATA DI SDEGNO CONTRO UNO STATO DI FATTO CHE CONDANNA ALLA RECLUSIONE DI BAMBINI ALLA MERCE’ DI TOPI E TOPICIDI…

Quali particolari esigenze cautelari tengono questa mamma nigeriana in carcere? Gravi reati? Secondo Radio carcere sarebbero reati legati alla legge sulla immigrazione! Per quale motivo questa mamma non è collocata in una casa-famiglia o in un ICAM ovvero Istituto a custodia attenuata per detenute madri.

VOGLIAMO E SPERIAMO CHE QUESTA VICENDA GRAVISSIMA ABBIA L’EFFETTO DEL SASSO (SPERIAMO DEL MACIGNO) NELLO STAGNO.

Venendo a Bologna: abbiamo dato mandato a un avvocato di verificare la fattibilità di un esposto alla Procura per l’individuazione di eventuali responsabilità penali nei “ritardi” (per usare un temine eufemistico). A giugno 2017 (**) risultavano detenuti nel carcere della Dozza 4 bambini; uno addirittura sistemato in un lettino da campeggio (vedi resoconto di un seminario con la partecipazione dell’arcivescovo Zuppi). Il primo quesito è: quali particolari esigenze cautelari e restrittive nei confronti delle madri hanno impedito la scarcerazione?

Il report semestrale della Ausl – che è in data 2 agosto 2017 ma si riferisce a una visita in carcere del 23 giugno – parla di 4 bambini di età inferiore a 4 anni. Poi è stata pubblicata la notizia (26 agosto 2017) che “erano quattro a giugno” ma sarebbero rimasti due; gli altri sarebbero stati “sistemati” in ICAM nel resto di Italia. Il trasferimento deve essersi verificato dopo il 23 giugno senza essere riportato dal report concluso in data 2 agosto.

Secondo il DAP – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, struttura del ministero detto di Grazia e Giustizia – la potenzialità ricettiva degli ICAM è per 73 mamme; 35 di questi posti sarebbero a Lauro, in Campania, il che è tutto dire sul rischio di emarginazione e di nuove realtà concentrazionarie.

Non è chiaro dunque, visto che i bambini detenuti risultano in Italia 60, come mai – stante una ricettività per 73 nei soli Icam (tralasciamo un attimo le case famiglia) . ci siano ancora bambini in carcere.

Poi: la territorializzazione della pena. Niente niente che i due bambini della Dozza per andare in un ICAM sono stati allontanati ancora di più , con le loro madri, dai rapporti e dalle relazioni sociali e familiari?

Basta bambini in carcere !

L’alternativa deve essere, per tutti, una casa-famiglia nella sede della restrizione della libertà imposta alla madre (o al padre) e la sede deve tenere conto del criterio della territorializzazione della pena (non si era, su questo, tutti d’accordo già da 40 anni?). In altri termini: dobbiamo evitare che l’alternativa al carcere sia un ICAM a centinaia di kilometri da “casa”.

O rischiamo di inventare una nuova branca della “scienza” : la pediatria penitenziaria. La pena detentiva per bambine e bambini è indegna di un Paese civile.

(*) Vito Totire a nome del Circolo “Chico” Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

(**) cfr Dossier Dozza-Bologna: un carcere illegale 

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