Il bene dal male…

sullo schermo proprio la sera del 28 giugno

1 – Un film

Era spiazzante ieri sera ascoltare urla e trombette dalle case vicine, poi i clacson per strada, mentre scorrevano le immagini di «Maternity Blues, il bene dal male» di Fabrizio Cattani. Non eravamo poi così poche e pochi nell’arena Borghesi di Faenza ma – ancor più del solito – è importante precisare il maschile e il femminile invece di rifugiarsi nell’ingannevole neutro. Quattro o cinque uomini per 50-60 donne: per il tema di «Maternity Blues» (l’infanticidio) e per la concomitanza con la partita di calcio, sport “maschio”? A mio avviso due bugie – che la maternità sia affare di femmine e gli sport roba virile – sia pure con un gran seguito.

Dopo il film abbiamo – intendo noi 50/60 più 4/5 – a lungo chiacchierato con il regista. Fuori cresceva “la festa” coprendo spesso le nostre parole.

A me è sembrato uno dei film italiani più belli di sempre: per il coraggio, per la direzione delle attrici (e di due bravi attori), per il rifiuto degli effetti – e dei giudizi – facili. Dagli applausi, dalla gran voglia di parlare con il regista, mi è parso che quasi tutte le persone lì abbiano avuto la stessa impressione: di avere assistito a un evento eccezionale per la storia del cinema italiano, sorprendente in tempi come questi (di viltà, di totale conformismo, persino di ignoranza su quel che siano i film).

2 – Una speranza

E’ probabile che, anche se il cinema vi appassiona, non abbiate sentito parlare di «Maternity Blues». Gira poco, nonostante lo distribuisca Fandango. E i media ovviamente non possono/vogliono informare su un film che affronta un tema rimosso, ma soprattutto che evita di dare giudizi, che non colloca il bene tutto da una parte e il male tutto dall’altra. Prima di incontrare la pièce teatrale («From Medea» di Grazia Verasani continua a girare nei teatri ma la si può leggere anche nel libro pubblicato da Sironi) che lo ha ispirato, il regista era uno di quelli con le idee chiare; pensando di fare un film – ha spiegato ieri sera – «ho voluto capire di più, incontrare alcune di queste donne». Le sue certezze sono sparite strada facendo. In modo sommesso ma profondo (è il suo stile nel parlare come nel far cinema) Fabrizio Cattani ha ricordato, nella chiacchierata di ieri sera, quanto sia pesante sulle madri, soprattutto nei Paesi cattolici, l’obbligo di essere madonne, sante per forza. Qualunque cosa succeda loro, quale sia la loro età e il contesto, spesso le concrete, fragili donne credute “madonne” restano sole: se la depressione post partum (che viene appunto definita maternity blues oppure baby blues) si protrae, se per mille motivi non reggono, se intorno a loro crolla tutto… eccole senza aiuti, magari con accanto tante e tanti a pontificare che l’istinto della maternità risolverà ogni cosa, che “le creature” sono sempre e solo una benedizione.

Se volete sapere di più andate sul sito cioè http://www.maternityblues.it/film che indica anche le prossime proiezioni e i dibattiti con il regista. E’ importante che un film così circoli, sia discusso. E che persone come Fabrizio Cattani (ma anche Grazia Verasani che oltretutto ha collaborato alla sceneggiatura del film) possano raccontarci queste storie, aiutarci a riflettere e anche farci incontrare nell’Italia a maggioranza maschilista, manichea e violenta ma sempre ipocrita. Dà speranza un film così.

3 – Qualcosa

Un bel film e il più che brutto contesto, locale e nazionale. Dunque la piccola Faenza che tollera una sede di Forza Nuova, che (come del resto gran parte dell’Italia di oggi) è incapace di politiche solidali. E l’Italia che nel giro di 24 ore viene privata di alcuni diritti fondamentali (sto parlando dell’articolo 18 e dintorni) ma quasi nessuno scende in piazza per manifestare però poi vince una partita di calcio e ovunque centinaia di migliaia di persone si scatenano.

Feste, farina (forse con ogm ma che importa) e forca come al solito?

Piccoli segnali di speranza – cioè di rivolta – in Italia ci sono (anche se i media quasi sempre li nascondono o li travisano). Anche a Faenza dove almeno una parte della città – sia pure con fatica – si è stretta intorno alle operaie della Omsa in lotta. E dove alcune persone possono ringraziare un cineclub (si chiama «Il raggio verde») e un regista.

Il 28 giugno 2012 sarà ricordato per le folle pro-calcio (e per le non folle contro Monti-Fornero?). Ma in ogni città c’è una minoranza che non si arrende, che crede in un’altra politica e cultura, che non si fa imbeccare da coloro che pretendono di saper sempre separare «il bene dal male». E’ poco ma è qualcosa.


Redazione
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3 commenti

  • http://www.youtube.com/watch?v=EX5wRpBGyPg : un commento …da ascoltare che …viene dritto dalle radici dell’involuzione della società italiana (1973 : quasi un decennio prima dell’edonismo reaganiano!)
    Non mi stancherò mai di rifletterci abbastanza (anche sulla mia “beata ignoranza di allora…)
    Grazie per il suggerimento filmico…..

  • Giulia Mazzarelli

    Ho visto “Maternity Blues” qualche mese fa e ne sono rimasta profondamente colpita. Ho rivissuto tanti momenti difficili del mio post-partum e ho sentito quelle donne come sorelle. Ora sto organizzando a Cagliari (con cineteca e mediateca) una rassegna che affronterà il tema della maternità con uno sguardo capace di superare lo stereotipo della mamma-felice-perfetta-e-sempre-adeguata. Spero di riuscire a includere anche questo film.
    Approfitto per segnalare un altro film stupendo: “Un’ora sola ti vorrei” di Alina Marazzi, in cui l’autrice ricostruisce la figura della madre, morta suicida in seguito ad una depressione post partum non riconosciuta. Entro l’anno dovrebbe uscire nelle sale “Baby Blues”, della stessa Marazzi.
    Un abbraccio
    Giulia

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