Nicaragua: ¡Qué vivan los estudiantes!

Un paragone tra la mobilitazione degli studenti del 27 giugno 1944 contro Tacho Somoza e quella dell’aprile 2018 contro l’orteguismo.

di Bái Qiú’ēn

Per quanto voi vi crediate assolti, / siete per sempre coinvolti. (Fabrizio de André)

Si, impara la matematica, rispondo, / impara il francese, impara la storia! (Bertolt Brecht)

Con la bandiera nazionale al vento, un gruppo di studenti universitari cominciò a uscire dall’Alma Mater. Duecento autoconvocati, forse più. Sulle lavagne all’interno delle aule avevano lasciato varie scritte: «Disgraziato quel Paese nel quale gli studenti non fanno tremare il mondo», «Prima che la dittatura metta fine alla tua testa, devi mettere fine alla dittatura». Giunti in strada, la maggioranza di loro alzava i pugni in alto, gridando: «Non ci lasceremo fregare un’altra volta». Un signore basso di statura e con il cappello in testa si unì a loro. «Qui comincia la fine della dittatura. Da oggi, tutto cambierà. Non abbiate paura, muchachos, andiamo avanti».

Il corteo non autorizzato si avviò in direzione del lago Xolotlán. Di fronte all’edificio Trajes Gómez, a tre o quattro cuadras dai Laboratori Solka, dove convergono la calle Quince de Septiembre (o Segunda Calle Sur) e l’avenida Bolívar, c’era un rivenditore di ricambi per auto, l’Agenzia Dodge. Uno studente entrò, tirò fuori un barile vuoto e, salendoci sopra, cominciò ad arringare alla folla: «Non è un Presidente! Si crede padrone del nostro destino. Non possiamo continuare a permetterglielo. Da troppi anni è al potere e neppure lontanamente pensa di passare la mano».

Un altro: «Hermanos, il giorno tanto atteso doveva arrivare ed è giunto. Noi studenti, oggi diciamo basta! Basta con la dittatura! ¡Hoy es el día! A partire da adesso, ci dichiariamo in ribellione permanente. Sin quando rinuncerà, sin quando se ne andrà». Altri ancora pronunciarono parole durissime nei confronti del presidente della Repubblica in carica; uno di loro lo definí addirittura «sciacallo».

Questa “scena” non è relativa all’aprile 2018, bensì all’ormai lontano pomeriggio di martedì 27 giugno 1944. Alcuni mesi prima, Tacho Somoza aveva iniziato a pensare a una riforma costituzionale, per eliminare la proibizione di essere rieletto. Contro questa eventualità non gradita, il 9 marzo precedente era sorto il Partido Liberal Independiente (PLI), una costola critica del partito liberale somozista.

Gli studenti universitari giunsero in quella che all’epoca era denominata Plaza de la República, poi de la Revolución e oggi de la Soberanía) e si fermarono proprio davanti alla cattedrale, ma arrivò pure la Guardia Nacional a cavallo, armata di fucili con le baionette innestate. Iniziò un pandemonio, con le culatte i militari colpivano le spalle dei ragazzi, i quali cadevano al suolo contusi, ma si rialzavano, sollevando con rabbia e decisione i pugni in alto, in segno di sfida. Un deputato dell’opposizione prese la parola: «Voi muchachos avete ragione e potete essere certi dell’appoggio fraterno dei veri nicaraguensi… disposti a lottare contro Tacho. Grazie a voi, è rinata la fede in un Nicaragua libero e senza dittatori».

Un gruppo di guardias si lanciò contro la massa giovanile e alcuni ragazzi furono colpiti dagli zoccoli. Alcuni cadetti sfoderarono le sciabole, facendole roteare a destra e a manca. Nessuno rimase ferito gravemente né morì in quell’occasione, poiché i militari spararono in aria con le loro mitragliatrici Browning, con l’intento di disperdere i protestatari. Senza riuscirci. Fu il primo scontro di piazza tra militari e studenti universitari nella storia ribelle del Nicaragua.

La protesta studentesca proseguì varie ore e il caldo sole del pomeriggio stava lasciando ormai spazio alle prime ombre serali, quando ai giovani protestatari si unirono numerose venditrici dei mercati, operai, professionisti, artigiani, alcune migliaia di donne e uomini del popolo informati dal tipico passaparola. All’epoca la popolazione complessiva del Nicaragua non raggiungeva il milione di abitanti (censimento del 1940) e gli universitari non arrivavano ai seicento, per cui non si trattava certamente di una protesta multitudinaria come quelle del 2018, ma comunque significativa*.

Qualcuno propose di andare al carcere El Hormiguero, per liberare le decine di prigionieri politici. La marcia riprese verso la Casa Presidencial sulla collina di Tiscapa. Dalla Quince de Septiembre i protestatari passarono sulla Colón. Dai balconi illuminati, il Generale e i suoi stretti collaboratori osservarono, con stupore e timore, la fiumana di gente che avanzava con i pugni in alto. Per la prima volta, le strade della capitale si riempirono di grida che i governanti non pensavano possibili. ¡Muerte a Somoza! ¡Qué viva Nicaragua libre! ¡Muerte al tirano!

A pochi passi dall’Accademia Militare, come benvenuto ricevettero pallottole e lacrimogeni.

La Guardia arrestò una sessantina di studenti, i quali restarono in prigione una decina di giorni. Il giorno successivo alla protesta un numeroso gruppo di donne vestite a lutto realizzarono una manifestazione che fu attaccata con pietre e sassi da gruppi di somozisti diretti da Nicolasa Sevilla e da suo marito Eugenio Solórzano. Nello stesso momento, Somoza organizzò una contro-manifestazione, la cui scarsa partecipazione lo allarmò parecchio. Qualcosa si era spezzato tra lui e il popolo.

In seguito furono destituiti dall’insegnamento quattordici docenti e gli studenti arrestati, tutti appartenenti alle famiglie della borghesia dell’epoca, furono condotti alla Casa Presidencial, sulla collina di Tiscapa. Dopo un tipico discorso paternalista del Generale, li rilasciarono quasi tutti. Tacho, al potere da quasi otto anni, ricordò ai protestatari che lui aveva due figlie, «niñas de mis ojos»: l’Accademia Militare e l’Università Centrale, fondata nel 1941. Ventidue ragazzi non furono liberati, ma spediti a Corn Island, isola nel Mar dei Caraibi, vero Paradiso terrestre, ma non per chi deve restarci contro la propria volontà. Altri furono esiliati all’estero. Non contento, nel 1946 Tacho ordinò per vendetta la chiusura dell’Universidad Central, un edificio di due piani, con pareti esterne color rosso vermiglio (quello della bandiera liberale). Sino al 1940 era il Lido Palace Hôtel. La sua fondazione fu un capriccio personale di Tacho: voleva dare un’opportunità di studio superiore agli allievi dell’Accademia Militare, con le facoltà di Diritto, Ingegneria, Medicina e Farmacia. I pochi militari che la frequentavano, una decina in tutto, erano eterni assenti.

La profonda crisi politica aperta dagli studenti universitari durò tre mesi (come è accaduto nel 2018) e contribuì alla nascita di un sempre più forte movimento popolare di opposizione al somozismo. Nel luglio successivo si effettuò una manifestazione spontanea con centinaia di oppositori e, negli stessi giorni (il 3 luglio), nacque il Partito socialista, che operò clandestinamente soprattutto nella sindacalizzazione dei lavoratori**. Pare che Tacho Somoza in quelle settimane avesse affermato che l’Universidad Central, da lui considerata come una figlia, si era rivelata una prostituta («me salió puta»).

Se già il 15 settembre 1914, nel pieno dell’occupazione militare statunitense, gli studenti universitari di León costituirono il Centro Universitario de la Universidad Nacional (CUUN), nei successivi anni del somozismo protestarono in numerose occasioni: specialmente nel periodo 1954-1959 e nel 1970. Nel 1950 v’erano appena 494 studenti universitari su circa 160mila giovani; nel 1955 erano 840 su oltre 174mila. Per raggiungere numeri significativi gli universitari dovevano forzatamente “allearsi” con gli studenti medi e il regime somozista ha sempre risposto alle lotte studentesche con la repressione, non tralasciando manovre subdole. All’epoca, oltre all’Universidad Central di Managua esisteva soltanto la Universidad Nacional en León fondata nel 1812; la Universidad de Oriente y Mediodía di Granada fu fondata soltanto nel 1947 e funzionò fino al 1951.

Con l’intento di recuperare un proprio spazio all’interno delle università, il somozismo creò nel 1955 la Juventud Universitaria Somocista (JUS), nel 1960 la Juventud de Estudiantes Liberales (JEL), entrambe con un’effimera esistenza, e nel 1965 il Frente Estudiantil Liberal (FEL), che pochi anni dopo rimase una semplice sigla del tutto vuota con il suo slogan «Vogliamo studiare».

Dal canto suo, Sandino aveva affermato: «Il nostro esercito di lavoratori e contadini è desideroso di fraternizzare con gli studenti, perché comprendiamo che dal nostro esercito e da loro usciranno uomini che, con nuovi orientamenti, ci daranno una Patria di Luce».

Nell’aprile del 1968 «desde algún lugar de Nicaragua» Carlos Fonseca Amador, a nome e per conto della Direzione del FSLN, indirizzò un messaggio ciclostilato agli studenti universitari e medi che portò a un incremento delle azioni di sabotaggio nei confronti del regime: «In queste righe ci proponiamo di mettere in risalto l’alta missione che corrisponde all’impegno degli studenti nella lotta per conquistare la liberazione del Nicaragua, per forgiare una patria nella quale vi sia posto soltanto per la giustizia. Libertà, giustizia: due parole che incarnano l’ideale della rivoluzione popolare, operaia e contadina, per la quale hanno eroicamente offerto la loro vita non pochi patrioti nicaraguensi».

Non è di secondaria importanza ricordare che l’ambiente universitario era per il FSLN un “foco” di lotta rivoluzionaria dal quale lo stesso FSLN allargava la propria attività nei quartieri popolari. Le università erano spesso occupate dagli studenti, come pure gli istituti medi, per richiedere la liberazione dei prigionieri politici. Nel contempo, i dirigenti studenteschi e le loro famiglie erano costantemente sotto controllo e spesso repressi. All’interno degli atenei fin dal 1958, periodo di Luis Somoza, furono infiltrati agenti segreti e non mancavano gli informatori della Guardia Nacional (orejas, soplones), tra i quali un certo Carlos Alberto Escorcia Polanco attualmente residente negli States e accanito propagandista dell’orteguismo (Dagli amici mi guardi Iddio…).

Nonostante la costante repressione, i vari infiltrati e gli informatori, la ribellione degli studenti proseguì nel corso degli ann, contribuendo al trionfo rivoluzionario del 19 luglio 1979.

Il panico che attanagliò Daniel e Rosario nell’aprile 2018 fu causato da alcuni fattori che rendevano il “panorama” assai diverso rispetto al periodo somozista. Primo tra tutti il rapporto tra gli effettivi delle forze dell’ordine e la massa studentesca. Se nel 1956 i militari che componevano la Guardia Nacional (polizia ed esercito) erano poco più di quattromila per meno di mille studenti (circa 4 ogni studente), nel 2018 la polizia e l’esercito poteva contare su circa 30mila effettivi con un rapporto invertito di oltre 4 studenti universitari per ogni tutore dell’ordine. Per far fronte alle proteste che coinvolsero tutto il Paese, Daniel e Rosario dovettero pertanto fare ricorso a numerosi paramilitari. Oggi non tutti loro accetterebbero però di difendere il sistema orteguista e non è un caso che dallo stesso 2018 a oggi gli effettivi della polizia siano aumentati in modo notevole, senza però una preparazione adeguata se non per gli antimotines. Al contempo, con la chiusura di molte università o con la loro trasformazione da private in statali, il numero degli studenti è drasticamente diminuito. Se a ciò si aggiunge la possibilità di una riduzione o addirittura della cancellazione del 6% previsto in Costituzione per le borse di studio, è evidente che la forbice tra studenti universitari e forze dell’ordine è destinata a ridursi parecchio.

In fondo, Carlos Fonseca aveva semplicemente indicato: «Y también enséñeles a leer». Insegnate loro a leggere. Poiché non parlò di istruzione superiore, basta applicare letteralmente quell’indicazione e far sì che il popolo non sia del tutto analfabeta per renderla effettiva. Al resto, ci pensa la propaganda: se con la Crociata Nazionale di Alfabetizzazione del 1980 si riuscì a ridurre l’analfabetismo da oltre il 50% al 13%, attualmente oscilla tra il 18,8% e il 20,1% (secondo l’UNESCO). Splendido risultato dopo diciassette anni di governo socialista, cristiano e solidale. Del resto, come ha affermato Daniel il 23 marzo 2023: «Sì, l’analfabetismo è una malattia, un virus causato dal sistema capitalista».

Parafrasando Dario Fo: il popolo conosce trecento parole, Daniel e Rosario mille. Per questo loro comandano.

* María Dolores Ferrero Blanco, La Nicaragua de los Somoza. 1936-1979, Huelva 2010.

** Onofre Guevara e Carlos Pérez Bermúdez, El movimiento obrero en Nicaragua. Apuntes para el conocimiento de su historia, Managua 1985.

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