Quando il dito indica l’Ucraina, gli stolti perdono…

… perdono anche l’Africa. Articoli, video, poesie di Antonella Sinopoli, Ruddy Morfaw, Jesús López Almejo, Enrico Vigna, Mauro Armanino, Ennio Remondino, Alberto Negri, Davide Rossi, Stefano Orsi, Giacomo Gabellini, Simone Spiga, Philippe Noudjenoumè

 

Niger, una transizione democratica che pone fine al neocolonialismo – Davide Rossi

Se si può e si vuole, ma in questo caso direi si deve, trarre una lezione su quanto sta avvenendo in Niger, la lettura de “La Repubblica” a commento del nuovo governo nigerino è tra le più straordinarie.

I giovani nigerini sono in piazza con cartelli chiarissimi: “Abbasso la Francia e i suoi alleati”, “Abbasso le basi straniere in Niger”, “Abbasso l’imperialismo”. Avessimo in Italia, in Svizzera o in Europa giovani che si battessero patriotticamente contro le base statunitensi e l’imperialismo atlantico, di cui “La Repubblica” è tra le propagandiste principali, saremmo felici, ma la maturità politica della maggioranza dei nigerini è condivisa purtroppo solo da una esigua minoranza di europei, prevalentemente prossima alle formazioni marxiste, perché a destra son patriottici solo a parole, ma poi son sempre inginocchiati davanti a Biden e la NATO. Ovviamente c’è anche qualche cartello che inneggia a Putin e alla Russia, che con la Cina promuove un mondo multipolare e di pace, ma questo è inevitabile vista la contrapposizione sempre più accesa tra unipolarismo atlantico e multipolarismo.

Tuttavia “La Repubblica” titola: “assalto all’ambasciata francese al grido viva Putin”, ecco dunque che giovani africani preparati e politicamente consapevoli vengono trasformati in sostenitori di quello che “La Repubblica” reputa il “dittatore”, anche se liberamente eletto in libere elezioni pluripartitiche.

La seconda parte del titolo è ancora più fenomenale: “Ultimatum dei paesi africani: reinsediare il presidente entro una settimana o interveniamo”, ecco, c’è dunque qualcuno che minaccia di trasformare la transizione nigerina in un nuovo episodio del conflitto mondiale in corso. Tuttavia non sono “i paesi africani”, ma, guarda un po’, la Francia, la quale controlla la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, attenzione dunque, non è l’Unione Africana, che raggruppa tutti i 54 capi di stato e di governo del continente a parlare, per altro quasi tutti in Russia in questi giorni per il grande incontro di cooperazione e solidarietà Russia – Africa, ma un gruppetto disperato di dieci paesi, che ogni due mesi caccia chi non è supino al furto neocoloniale delle materie prime energetiche e alimentari, così Mali, Burkina Faso, Guinea son stati sospesi, la Mauritania visto l’andazzo generale se n’era già andata via prima, restano la Costa d’Avorio, in cui i francesi hanno insediato nel 2010 l’attuale presidente Alassane Ouattara dopo aver cacciato con un golpe il legittimo presidente Laurent Koudou Gbagbo, la Nigeria e la Liberia, il Ghana e il Senegal, per altro le nazioni in cui la disastrosa situazione sociale ed economica, al pari di altri membri di questa piccola e insignificante organizzazione come Benin, Togo, Gambia, porta molte persone a decidere di partire verso l’Europa, al fine di soddisfare la richiesta di manodopera a basso costo del declinante sistema capitalistico occidentale.

Sempre “La Repubblica” spiega che il Niger è un prezioso alleato dell’Occidente, infatti da oltre mezzo secolo è derubato delle sue ricchezze dalla Francia, a partire dall’uranio che dà energia alle centrali nucleari che coprono l’80% del fabbisogno elettrico transalpino.

Ecco allora che a chiarirci i fatti ci pensa il direttore Maurizio Molinari, il quale titola allarmato: “In Niger è in gioco la sicurezza europea”, spiegandoci che “È uno dei Paesi più poveri del Pianeta, ma dispone di almeno il sette per cento delle riserve mondiali di uranio. E la sua posizione lo rende uno snodo strategico per la lotta contro i gruppi jihadisti e i trafficanti di uomini che gestiscono le rotte dei migranti”, ecco ora sarebbe da chiedere, perché la popolazione è povera sebbene il paese sia ricco? La risposta è semplice, perché gli imperialisti occidentali si son sempre rubati tutto senza lasciare niente.

Prima di entrare nella dinamica povertà – ricchezza del Niger, vale la pena ricordare che i migranti vengono dalle nazioni principalmente a sud della zona sahariana in cui in questi mesi si sono insediati dei governi finalmente volti a rispondere alle richieste di migliore vita dei loro cittadini: Mali, Burkina Faso, Ciad, Repubblica Centrafricana, tutte nazioni convintamente schierate con i russi e i cinesi, in più la lotta contro i terroristi è condotta con forza e decisione dai nuovi governi di queste nazioni, in collaborazione militare coi russi, al contrario del passato in cui di fatto le forze occidentali francesi, ma soprattutto statunitensi, hanno foraggiato, sostenuto e incentivato questi gruppi violenti ed estremistici per cinico calcolo geopolitico.

Tornando al Niger, con uno straordinario consenso popolare, proprio per rispondere a una richiesta popolare chiara, ovvero la fine del neocolonialismo, il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria ha nominato il generale Abdourahamane Tchiani capo di stato e capo provvisorio del governo, venendo immediatamente riconosciuto da decine e decine di nazioni.

È un percorso di piena e riuscita indipendenza e di sovranità nazionale che pone fine al neocolonialismo e proietta il Niger a pieno titola nella costruzione di un nuovo ordine mondiale in cui tutte le nazioni del mondo prendano parte all’organizzazione del futuro dell’umanità, come ribadito a margine del convegno di San Pietroburgo dal ministro degli esteri sudafricano, la professoressa Nalendi Pandor alla televisione russa.

Che cosa scrive invece Molinari: “Per Mosca insediarsi con Wagner in Niger significherebbe dunque infliggere un vero e proprio scacco all’Occidente, creando una continuità fra Stati satelliti nel bel mezzo dell’Africa”, poi ricorda la paura tremebonda di Biden e Macron, loro sì vogliono gli stati satelliti e schaivetti, per questi sviluppi democratici, che loro bollano come golpisti, infine la chiusa: “il Mediterraneo allargato costituisce uno spazio strategico unico per via delle molteplici interconnessioni, dalla lotta al terrorismo ai migranti fino alla sfida con Mosca e Pechino, che legano a doppio filo Africa ed Europa.” Così, senza mai rinunciare al suo elmetto, il direttore de “La Repubblica” conferma che è in atto lo scontro unipolarismo – multipolarismo e chiama alle armi, come lui sempre fa, con il primo.

Il massimo divertimento però “La Repubblica” lo offre con l’articolo: “Aiuti militari e cartoni animati, così Prigozhin nutre il sentimento anti-francese in Africa”, come se un cartone animato cambiasse le sorti di una nazione, nell’articolo, al fine di condannare la transizione nigerina si legge: “Si è felicitato anche Aleksandr Dugin, il filosofo nazionalista amato dalle estreme destre nel mondo”, ecco la silloge e l’ammonimento per i lettori, se stai con il nuovo governo nigerino sei di “estrema destra”, alla fine però anche l’articolista si deve arrendere, russi e cinesi sono “cattivoni”, ma gli africani guarda caso li preferiscono agli imperialisti occidentali e così in ultima riga scrive sconfortata: “La Russia a molti appare come il meno peggio”.

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Niger: le deliranti opinioni dal Pd alla Lega – Alberto Negri

Dal Pd alla Lega delirano all’unisono: davanti al golpe in Niger invocano un intervento americano dove l’Italia ha almeno 350 militari in un contingente europeo di alcune migliaia di soldati. Tutta colpa della Wagner? Oppure questo è soprattutto il fallimento di anni della politica francese ed europea nel Sahel? Non studiano, non sanno nulla e parlano, parlano…

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Africa, dopo il Burkina Faso e il Mali, i popoli del Niger si liberano degli occupanti francesi – Simone Spiga

Per ora il colpo di stato in Niger ha interessato molto poco i mass media italiani, ma tutti dimenticano l’importanza strategica e geopolitica del Niger.

Infatti dopo Burkina Faso e Mali, i popoli africani si liberano degli occupanti francesi e si sentono protetti solo dalla Russia di Vladimir Putin.

La situazione, però, questa volta rischia di diventare di primaria importanza, visto che sullo sfondo si sta disegnando uno scontro indiretto fra potenze occidentali da un lato, e Russia dall’altro.

Questo perché il Niger possiede risorse naturali tra le più importanti al mondo, paese tra i più poveri al mondo ha subito il colonialismo francese, ricordiamo che il Niger produce il 7% dell’uranio nel mondo.

La Russia ha dichiarato che si tratta di una faccenda interna del Niger, e che loro “non si immischiano mai in questioni interne degli altri paesi”.

Ma è evidente il fastidio che questo colpo di stato ha provocato negli ambienti franco-americani: il ministro degli esteri francese ha dichiarato che “Il , cacciato, presidente Bazoum è l’unico leader del paese”, e che “la Francia non riconosce la nuova autorità del golpista Tchiani”.

La Francia vuole ripristinare l’ordine costituzionale e lancia appelli alla comunità internazionale, cioè al nulla che però ha il diritto di esportare democrazia bombardando e uccidendo i civili.

Nel frattempo il ministro degli esteri americano Blinken ha richiesto “l’immediato rilascio del presidente” deposto, mentre l’unione Africana Ecowas, l’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno duramente condannato il colpo di stato.

Gli americani inoltre definiscono il Niger “strategicamente importante per la lotta al terrorismo islamico nel Sahel”, che tradotto vuol dire: “I terroristi in questa zona li controlliamo noi, e decidiamo noi come gestirli”.

In tutto questo ciò che emerge chiaramente è lo spostamento verso la BRICS  e la Russia delle principali nazioni che hanno subito la violenza colonialista francese.

Lunga vita ai popoli liberi!

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L’anniversario  e l’ultimo albero del deserto

Sono 63 gli anni trascorsi dalla dichiarazione dell’indipendenza del Niger dalla potenza coloniale francese. Questo giorno, il 3 agosto, col trascorrere del tempo, è diventato rituale piantare un albero nella sabbia del Sahel. Sarà presumibilmente diverso quest’oggi, visto il contesto politico che vive il Paese, sospeso com’è alla crisi creatasi dopo l’intervento dei militari che hanno operato un golpe. Il presidente eletto è agli arresti, con la famiglia e altri ministri, nella casa presidenziale e non potrà, ovviamente, onorare il gesto simbolico dell’albero nella ricorrenza citata. Anche i comuni cittadini, preoccupati dal contesto regionale con la minaccia di un intervento armato per il ritorno alla ‘legalità costituzionale’ e dalla crescita esponenziale del prezzo del  pane quotidiano, non penseranno agli alberi da piantare in giro.

Anche perché l’albero dell’indipendenza è diverso da tutti gli altri. Dal giardino dell’Eden, situato forse nella mitica Mesopotamia si passa agli alberi delle foreste e poi a quelli delle savane. Senza apparente continuità si passa poi ai diradati alberi del deserto, anzi: all’albero del deserto. In effetti l’albero del Ténéré, parola che significa deserto nella lingua dei tuareg, il tamasheq, era l’unico albero in un’area di circa 400 000 mila kilometri quadrati. Si tratta di un’acacia che, isolata dalle altre, ha sopravissuto alla solitudine per secoli fino allo scontro fatale del 1973. Un camionista, durante una manovra,  l’ha investita e sradicata. I resti dell’albero si trovano attualmente nel museo nazionale di Niamey. Era l’ultimo albero del deserto e punto di riferimento per le carovane, i camion e i migranti in cammino verso la Libia o il grande Sud.

L’anniversario e l’altra festa dell’indipendenza di quest’anno fanno pensare a quest’ultimo albero del deserto deposto nel museo della capitale, tra oggetti d’arte, artigiani e animali dello zoo. Era l’unica acacia del Ténéré, orientamento stabile per i viaggiatori e i commercianti, abbattuta da un camion di passaggio. C’è chi giura di aver visto, all’albeggiare di questo giorno, alcune foglie spuntare dall’albero.

Mauro Armanino, Niamey, 3 agosto 2023, festa dell’indipendenza

 

Il Sahel che esplode e il tragico errore Nato con la Libia di Gheddafi – Ennio Remondino

Assalto all’ambasciata francese in Niger dopo il colpo di Stato, ma eravamo stati avvertiti – Il 26 maggio 2011 il presidente nigerino Mahamadou Issofou ora deposto, è stato l’unico a dire ai leader occidentali che l’intervento in Libia avrebbe trasformato il Paese in un’altra Somalia offrendola al caos e  all’islamismo radicale. Aveva ragione lui e torto Stati Uniti, Nato ed Europa, anche se con responsabilità diverse.

Il nigeriano preveggente

Mohamed Bazoum, il presidente del Niger rimosso il 27 luglio da un golpe militare, in una intervista con Analisi Difesa nel 2014. «Noi valutiamo la guerra libica una minaccia per il nostro Paese e per la regione che si prolungherà negli anni a venire… Avevamo messo in guardia l’Occidente dal distruggere lo Stato libico… L’Unione Africana aveva proposto una soluzione che facesse uscire di scena Gheddafi preservando lo Stato e l’unità nazionale ma non siamo stati ascoltati anche se l’Italia ci è sembrata più sensibile a questa proposta».
«Nove anni dopo anche Bazoum è stato travolto dall’ondata di destabilizzazione, in gran parte di matrice islamista, generata da quella sciagurata guerra con cui Occidente e NATO hanno gettato l’intero Sahel nel caos minando anche gli interessi dell’Italia e dell’Europa».

Il Sahel ora anti occidentale

«L’errore compiuto nel 2011 e la successiva incapacità occidentale di sanare i guai combinati e nel stroncare le insurrezioni islamiste –denuncia Gianandrea Gaiani–, ci viene fatto pagare oggi con la progressiva instaurazione in Africa sub sahariana di governi e giunte militari che guardano con sospetto e ostilità all’Occidente, orientate a puntare sui BRICS, in particolare su Russia e Cina, per garantirsi sviluppo e sicurezza».
Uno scenario simile a quello che si registra nel mondo arabo, soprattutto tra le monarchie del Golfo, con il distacco dagli USA protagonisti del fallito sostegno alle cosiddette ‘primavere arabe’ contro i regimi arabi sempre fortemente autoritari ma allora amici dell’Occidente.

Il generale Tchiani e Salifou Mody

Il 28 luglio il generale Abdourahamane Tchiani, capo della Guardia Presidenziale, è stato proclamato nuovo leader del Niger. Contro Bazoum, l’accusa sul fronte sicurezza e della cattiva gestione economica e sociale: «un mucchio di morti, sfollati, umiliazioni e frustrazioni senza risultati». E subito l’appello d’aiuto alle forze straniere presenti in Niger (1.500 militari francesi, 1.100 statunitensi e oltre 300 italiani).
Ai vertici del comitato golpista, Salifou Mody, ex capo di stato maggiore della Difesa rimosso dal presidente Bazoum nell’aprile scorso dopo una visita nel marzo scorso in Mali, retto da una giunta militare che ha allontanato dal paese le forze francesi, della Ue e dell’ONU ottenendo aiuti militari dalla Russia (armi, consiglieri militari e contractors del Gruppo Wagner) per combattere l’insurrezione jihadista.

Burkina Faso, Mali, Niger e la minaccia islamista

Il Niger condivide col Burkina Faso, e Mali le difficoltà nella repressione degli jihadisti legati ad al-Qaeda (Gruppo per il Sostegno dell’Islam e dei Musulmani), e quelli fedeli allo Stato Islamico nel Grande Sahara. Il Niger è stato finora il bastione della presenza militare occidentale nel Sahel a contrasto dei movimenti jihadisti ricevendo forniture militari italiane, europee, francesi, statunitensi, egiziane e turche. Ma anni di presenza militare occidentale non hanno sconfitto il jihadismo e non è un caso che siano state le élite militari a rovesciare i governi in Mali, Burkina Faso e Niger.

Reazioni internazionali

La Francia ha annunciato la sospensione degli aiuti allo sviluppo al Niger: 120 milioni di euro lo scorso anno. L’Unione Europea insegue con l’immediata sospensione del budget per gli aiuti e la cooperazione nella sicurezza. L’Unione Africana ha dato 15 giorni di tempo ai golpisti perché ripristinino l’ordine costituzionale nel paese.
«Qualsiasi intervento militare esterno, di qualsiasi provenienza, rischierebbe di avere conseguenze disastrose e incontrollabili per le nostre popolazioni e di seminare il caos nel nostro Paese», avverte lo Stato maggiore. «Il nostro Paese è ancora afflitto dall’insicurezza imposta dai gruppi armati terroristici e da altri gruppi di criminalità organizzata e invita tutte le Forze di difesa e sicurezza a rimanere concentrate sulle loro missioni».

Flop dell’intelligence, ennesima sconfitta francese

L’aspetto più incredibile del golpe è l’ignavia dei servizi segreti occidentali con stretti rapporti con i comandi militari che non abbiano previsto né avuto sentore del ‘pronunciamiento’. Neppure la DGSE e l’intelligence militare francese che a Niamey sono di casa.
Per la Francia la perdita del controllo sul Niger segue l’espulsione dei propri militari e dei propri interessi da Mali, Burkina Faso e Repubblica Centrafricana (a vantaggio della Russia). Molto peggio, il Niger fornisce a Parigi a prezzi contenutissimi circa il 30 per cento dell’uranio utilizzato per alimentare le centrali nucleari. Uranio che fino al 2014 la Francia ha prelevato gratuitamente.

La mano di Mosca?

A Niamey, dallo scorso settembre, è apparso il Movimento62, che si propone di cacciare i francesi e le altre truppe straniere dal paese. In piazza bandiera russe e cartelli con scritto «abbasso la Francia» -le scene di ieri e oggi-, riportava Biloslavo sul Giornale. Ma per il momento non ci sono elementi a sostegno del ruolo di Mosca, sostiene il Washington Post. Solo le dichiarazioni del capo della Wagner, Prigozhin. «Quello che è successo in Niger è una lotta del popolo contro i colonizzatori che hanno imposto le loro regole di vita, e li tengono in una condizione che era nell’Africa di centinaia di anni fa».

La presenza italiana

L’Italia ha 300 militari in Niger ufficialmente impegnati nell’addestramento, oltre a non specificate attenzioni ai flussi migratori illegali diretti in Libia e poi in Italia. In tutta la cosiddetta ‘Françafrique’ sottolinea Gaiani, «l’Italia ha avuto molte occasioni di affermarsi come partner di riferimento per molte nazioni africane, ma dovrebbe presentarsi come alternativa alla Francia, e non come partner subordinato a Parigi o alla Ue». Ma non sarà così, ed ora è Remocontro che si azzarda a prevedere.

Perché la risposta dell’Europa e dell’Italia ai cambiamenti in Africa sarà ancora una volta quella di sanzioni e blocco degli aiuti economici e militari, il risultato sarà di far crescere la voglia di smarcarsi dall’occidente di memoria coloniale e lasciare campo libero alla penetrazione russa, turca e cinese.

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Niger. Cos’è il Movimento M62 che porta in piazza migliaia di nigerini contro l’occupazione francese e di sostegno al CNSP, per il cambiamento nel paese.  

                                                                                             A cura di Enrico Vigna

 

Mentre Francia, UE, USA e l’ECOWAS, sostenuto dall’Occidente, minacciano l’intervento militare se il presidente deposto Bazoum non sarà reintegrato, ogni giorno migliaia di cittadini scendono in piazza organizzati dal Movimento M62, che da anni si batte contro la presenza francese e per una reale indipendenza del paese.

 

 

                       

 

Migliaia di persone sono mobilitate nelle strade per sostenere il Consiglio Nazionale di Salvaguardia della Patria, il gruppo di ufficiali che ha preso le redini del paese, con parole d’ordine e slogan contro il loro ex colonizzatore: “Abbasso la Francia”, “Fuori le basi straniere”, “Per un nuovo ordine”, “Il Niger ai nigerini”.

Sin dalle elezioni dell’aprile 2021 in seguito alla vittoria, Bazoum, supportato dalla Francia, ha istituito blocchi di Internet, dei media e attacchi ai movimenti popolari. Le forze di sicurezza hanno represso le proteste e arrestato centinaia di oppositori.

Nel novembre dello stesso anno, con proteste di massa, i manifestanti cercarono di fermare il transito di un convoglio dell’esercito francese attraverso il paese, i soldati francesi e i gendarmi nigerini che scortavano il convoglio, spararono, uccidendo 2 nigerini e ferendone 18.

Annunciando il ritiro di 2.400 soldati dal Mali nel febbraio 2022, il presidente francese Macron aveva detto all’epoca che il “cuore” delle operazioni militari francesi nel Sahel “non sarà più in Mali ma in Niger“.

Indifferente al sentimento popolare antifrancese in Niger e nelle altre ex colonie dell’Africa occidentale, il “democratico” Bazoum, reclamizzato dalla BBC come ” un alleato occidentale chiave“, ha subito accolto in Niger le truppe francesi cacciate dal Mali.

“…È inaccettabile e intollerabile accettare questo ridispiegamento sul nostro territorio”, aveva detto Maïkol Zodi, uno dei leader del movimento di protesta che chiedeva il ritiro delle truppe francesi, avvertendo che “li tratteremo come una forza di occupazione“.

 

Obiettivo difesa della “democrazia” o dell’uranio?

Va sottolineato che il Niger è il terzo fornitore di uranio della Francia ed al settimo posto a livello mondiale.

La crisi in Niger si è impennata improvvisamente quando la Giunta militare ha vietato l’esportazione di uranio verso la Francia. Il metallo è fondamentale per Parigi, in quanto serve per alimentare le centrali nucleari, che producono circa il 60% dell’elettricità nel Paese europeo,oltre che per l’industria marittima e degli armamenti. Inoltre la stessa UE importa il 24% di uranio dalla Nazione africana.

Il Niger, che ha i minerali di uranio di più alta qualità, l’anno scorso ha prodotto 2.020 tonnellate di uranio l’anno scorso, produce circa il 5% della produzione mondiale e ha una riserva di 311.110 tonnellate in totale, secondo la World Nuclear Association (WNA),

La Francia ha bisogno di circa 7.800 tonnellate di uranio in media all’anno, per far funzionare 56 reattori in 18 centrali nucleari. Questo è il motivo per cui Parigi importa uranio dalla sua ex colonia da 50 anni e perché lo occupa da sempre.

Il Niger è anche il secondo fornitore di uranio dell’Unione Europea.

 

Il 4 luglio 2022, una coalizione di circa 20 associazioni, alcuni sindacati di varie categorie e comitati popolari, forma M62, che riunisce le maggiori realtà di lotta contro la presenza militare straniera. Questo movimento è impegnato da anni nel tentativo di espellere i soldati stranieri dal Niger e oggi è diventato protagonista delle manifestazioni popolari. Abdourhamane Ide è un membro del consiglio generale e una delle anime delle manifestazioni che attraversano Niamey e altre città. Così si è espresso in questi giorni a nome del Movimento: “…Il nostro è un movimento radicato nel territorio e cerchiamo di rappresentare le diverse anime della società nigerina. Da anni stiamo lottando duramente per cacciare tutti i militari stranieri dal nostro Paese, non abbiamo bisogno di balie internazionali, l’esercito del Niger può benissimo difendere la sua gente… I francesi non sono qui per aiutarci, solo per sfruttarci. Appoggiamo con tutto il cuore il colpo di stato dei nostri soldati che si sono ripresi la dignità che le truppe straniere avevano loro tolto. L’ex presidente Bazoum era al servizio di Parigi e Washington e non ha servito gli interessi del popolo nigerino, ma solo quelli degli stranieri che vengono qui a rubare il nostro uranio… Vogliamo lavorare con il Mali e il Burkina Faso, i nostri vicini, che hanno migliorato le loro condizioni di vita da quando hanno cacciato i francesi e operano con i russi. Parigi ha solo finto di combattere il jihadismo, usandolo come scusa per avere basi militari qui e sfruttare la nostra ricchezza. Con Mosca possiamo lavorare diversamente, è finito il tempo dei francesi in Africa…”. Una presa di posizione forte e decisa che vede nella Russia il partner migliore per il Niger.

L’obiettivo principale del programma politico di M62 e di tutte le proteste è la matrigna Francia, che, se perde anche il Niger e il suo uranio, subirebbe quasi un colpo di grazia per l’impero morente della Francafrique.

 

Coordinatore del movimento M62, è Abdoulaye Seydou, uno dei militanti antifrancesi più noti nel paese, il quale ha denunciato che le truppe francesi, schierate come parte dell’operazione Barkhane, hanno “ucciso più civili che terroristi”. Indossando una maglietta con l’immagine di Thomas Sankara alla protesta guidata dall’M62 nel settembre 2022, ha detto all’AFPci sono slogan antifrancesi perché chiediamo l’immediata partenza della forza Barkhane in Niger, che sta alienando la nostra sovranità e destabilizzando il Sahel”.

 

Il 23 gennaio 2023, Bazoum ha fatto arrestare Seydou, una detenzione arbitraria direttamente collegata al suo lavoro politico ed a una posizione fortemente patriottica, ad aprile, è stato condannato a nove mesi di reclusione per “diffusione di notizie suscettibili di turbare l’ordine pubblico e complicità in incendio doloso“. In questi giorni è stato liberato dalle nuove autorità.

Durante il colpo di stato di luglio il gruppo ha marciato a sostegno del colpo di stato. Su richiesta di Omar Tchiani, migliaia di nigerini si sono riuniti in Place de la Concertation a Niamey, davanti all’Assemblea nazionale, e hanno marciato verso l’ambasciata francese sventolando bandiere nigerine e russe, con slogan come “Abbasso la Francia, fuori Barkhane, non ci interessa l’ECOWAS, l’Unione Europea e l’Unione Africana!“, “Arrestare gli ex dignitari per recuperare i milioni rubati“, “Viva la Russia” e “Abbasso la Francia, lunga vita a Putin!”. I manifestanti hanno anche chiesto un intervento immediato del gruppo paramilitare russo Wagner. Durante la marcia sono stati chiusi gli ingressi alle ambasciate francese e americana. Le mura e i cancelli dell’ambasciata francese sono stati incendiati e danneggiati mentre i soldati nigerini e il generale Salifou Modi sono stati visti invitare la folla a disperdersi pacificamente.

Minacciando un intervento militare la Francia e gli Stati Uniti, con Macron e Blinken, attraverso la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), hanno chiesto al presidente del Ciad, Mahamat Idriss Déby, di attivarsi per “…aiutare a pianificare/guidare una possibile forza di intervento in Niger, essendo la forza più operativa nelle immediate vicinanze“.

Solo per chiarezza, va ricordato che anche il generale Deby ha preso il potere con un colpo di stato, dopo che suo padre ed ex presidente Idriss Deby è morto in uno scontro delle sue forze armate contro un gruppo ribelle nel nord del Ciad nell’aprile 2021. Ma, a differenza del caso del Mali, del Burkina Faso o del Niger, dove i colpi di stato sono stati accolti da manifestazioni popolari di massa, il leader del golpe ciadiano ha dovuto affrontare proteste di massa, tra cui una importante il 20 ottobre 2022, che ha incontrato una violenta repressione.

ForeignPolicy la definì  come “una delle peggiori repressioni nella storia del Paese“. Centinaia furono imprigionati e le organizzazioni civili e partiti politici locali hanno affermato che fino a 200 persone sono state uccise. …Ma siccome Deby non ha chiesto il ritiro delle truppe francesi, egli rimane nella lista dei buoni, per i suoi sostenitori occidentali.

Il portavoce delle nuove autorità, Abdramane ha detto che l’obiettivo è “approvare un piano di aggressione contro il Niger attraverso un imminente intervento militare in collaborazione con alcuni paesi occidentali. Vogliamo ricordare ancora una volta all’ECOWAS o a qualsiasi altro avventuriero, la nostra ferma determinazione a difendere la nostra patria con tutti mezzi…”.

 

Il noto giornalista televisivo camerunense Gilles-Claude Mbong Etoundi, in una intervista al giornale francese “Le Parisiene”, ha così spiegato il programma della giunta militare “… L’esercito ha compiuto il suo putsch, ma allo stesso tempo i militari si stanno organizzando e coordinando con una spirale di gruppi della società civile e politici patriottici, come alleati dell’esercito. Questi gruppi, raggruppati sotto l’ombrello del movimento M62, danno forza e sostegno popolare al rovesciamento militare…”.

 

Tra questi vi è il Partito Panafricano del Niger che si è schierato al fianco della posizione di M62. Per Abdourahamane Oumarou, presidente del partito, è una questione prioritaria di sovranità e indipendenza.

 

In una intervista del 1 agosto all’agenzia di stampa “Ria Novosti”, Oumarou ha dichiarato che: “…il Niger vede la Russia come un partner serio e affidabile che può sostituire quelli da sempre presenti, che hanno solo sfruttato il popolo nigerino. Con essa si potranno attuare progetti congiunti reciprocamente vantaggiosi e sviluppare i depositi di uranio e petrolio nel Paese…Abbiamo uranio, petrolio e molto altro nel nostro Paese, ma dobbiamo vedere come lavorare e come svilupparli e condividerli, perché finora gli scambi con i paesi occidentali e con la Francia in particolare, non sono stati fruttuosi per il Paese, quindi l’Africa ora deve lavorare con la Russia, perché la Russia è seria e ci aiuterà a condividere tutto ciò che facciamo insieme…Il rafforzamento delle relazioni andrà a beneficio non solo dei popoli dell’Africa, ma anche dei cittadini russi. I russi non hanno molte aziende nel mio Paese, ma spero e penso che questo dovrà essere fatto. E penso che servirà a rafforzare la loro presenza reciprocamente vantaggiosa in Africa”…”, ha affermato il leader panafricanista nigerino.

 

Abdourahamane Oumarou ritiene che “…Noi come  partito panafricanista che sostiene la sovranità di ogni paese e popolo, siamo fermamente contrari alla presenza delle forze militari straniere dell’operazione Barkhane in Niger. E facciamo appello al popolo del Niger affinché si alzi come un solo uomo per bloccare tutto questo. Continueremo a denunciare e manifesteremo per riconquistare la nostra sovranità…”.

 

VIDEO della TV Francese dalle piazze di Niamey :

 

https://www.tf1.fr/tf1/jt-we/videos/putsch-au-niger-quelles-consequences-pour-la-france-35492247.html

 

https://www.tf1.fr/tf1/jt-we/videos/niger-les-francais-indesirables-23182458.html

Enrico Vigna,  IniziativaMondoMultipolare/CIVG – agosto 2023

da qui

 

Intervista a  padre Mauro Armanino, in Niger

Padre Mauro Armanino vive dal 2011 a Niamey dove si occupa di migrazioni, comunità di quartiere, formazione, oltre a coordinare la presenza sul posto della sua congregazione, la Società delle missioni africane (Sma). Non ha lasciato la Liberia al tempo della guerra civile e ora rimane in Niger.

 

Il 3 agosto 1960 il Niger proclamava l’indipendenza dalla Francia. Oggi i nigerini come vedono la destituzione del presidente Mohamed Bazoum?

I comuni cittadini sono preoccupati sia per il contesto regionale che minaccia un intervento armato per il ritorno alla «legalità costituzionale», sia per la crescita esponenziale del prezzo del cibo quotidiano. Per buona parte dei nigerini – soprattutto coloro che hanno poco da perdere – quanto accaduto è una relativa buona notizia, perché potenzialmente in grado di rimescolare le carte in gioco. Qui, almeno, siamo coscienti dei nostri limiti e possibilità, mentre altrove si finge che la democrazia sia immutabile e scontata. In questi anni si è socializzata la povertà, privatizzata la ricchezza e generalizzata la gestione corrotta della cosa pubblica per affiliazione partitica. Le elezioni presidenziali del 2021 sono state vinte da Bazoum in modo fraudolento. Da tempo il Niger figura inesorabilmente all’ultimo o penultimo posto nell’indice dello sviluppo umano e, recentemente, anche in quello della povertà multidimensionale. E cresce la stratificazione di classe.

Il malcontento popolare riguarda anche le responsabilità francesi nella diffusione del terrorismo dopo la guerra in Libia nel 2011?

L’Unione africana e il presidente nigerino dell’epoca Issoufou Mahamadou avevano messo in guardia i dirigenti occidentali dall’attaccare la Libia di Gheddafi. Le conseguenze della guerra per l’area sono state disastrose in tutti gli ambiti: economico, geopolitico e della sicurezza. In Niger l’insicurezza legata ai gruppi armati di varia natura, seppur meno drammatica rispetto ad alcuni paesi limitrofi come Mali, Burkina Faso e Nigeria, è tuttora grave all’interno delle cosiddette «tre frontiere», oltre che attorno al lago Ciad. L’operazione Barhkane, guidata dalla Francia dopo la conclusione di Serval nel Mali, trova la sua base in Ciad e soprattutto in Niger. Qui ormai stazionano militari statunitensi, con un aeroporto per droni ad Agadez e basi militari Usa, francesi, italiane e tedesche. Alcuni gruppi della società civile hanno inutilmente tentato di esprimere il loro dissenso (in particolare per l’arrogante presenza francese), ricavandone intimidazioni e arresti.

Un’altra questione acuta è quella migratoria.

Assistiamo da un lato all’esternalizzazione delle frontiere europee, che arrivano fino nel Niger, dall’altro alle espulsioni da parte delle autorità tunisine, algerine e libiche. Ciò comporta, com’è noto, il «parcheggio» di migliaia di migranti al confine con l’Algeria, ad Assamaka, Arlit e Agadez. E tanti altri sono «confinati» nella capitale Niamey perché l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), la cui missione è facilitare il ritorno dei migranti al paese natale, non ha la capacità di farlo in tempi ragionevoli. Dunque questi sopravvivono in condizioni al limite della nuda sopravvivenza. E le ritorsioni economiche da parte della Cedeao (Comunità degli Stati dell’Africa occidentale) rischiano di rendere la vita dei migranti ancora più precaria.

Mali e Burkina, così come Guinea, Algeria, Mauritania e altri, ammoniscono la Francia e Cedeao contro ogni intervento militare. Cosa ti aspetti?

L’accanimento della Cedeao nei confronti di quest’ultimo golpe dipende dalle pressioni di alcuni paesi occidentali che di fatto la finanziano. L’aspetto delle risorse – uranio e non solo – gioca, ma è quello ideologico e geopolitico che mi sembra contare di più. Se l’autonomia di un paese diventa sovranità reale, allora cambia il copione del teatro nel quale anche il Sahel è attore e comprimario allo stesso tempo.

 

Che cosa dovrebbe fare l’Italia?

Quello che non ha mai fatto finora e che probabilmente, visti i venti che spirano nella penisola e in Europa, non farà. Mettersi con umiltà al servizio del popolo nigerino e non degli ambigui dirigenti dello stesso, imparare ad ascoltare con rispetto un’altra società, storia e cultura. E dissociarsi dall’ottica di ogni tipo di intervento armato finalizzato a ristabilire un regime che di democratico aveva appena il nome.

 

Si intravede una nuova strada per il Sahel?

Il cammino del Sahel passerà per l’impervia via della rinascita di una classe politica degna di questo nome e cioè capace di mettere al centro della politica e dell’economia il popolo dei poveri: la maggioranza nei nostri paesi. In Niger c’è una marcante presenza giovanile, è il paese più giovane del mondo: questo è un grande segno di possibile speranza, a condizione di creare ambiti educativi che generino cantieri di trasformazione della società. La dignità dei popoli dovrà tradursi in sovranità reale dei cittadini a cui essa appartiene. Infine l’ambito religioso, così importante in questa porzione di mondo, dovrebbe poter  realizzare quanto è chiamato ad essere: la profezia di un mondo differente e non la conferma del potere dei potenti.

 

 

Oltre i confini, poesia che rivendica diritto a viaggiare degli africani – Antonella Sinopoli

Il diritto al movimento – e a migrare – è un diritto a senso unico. Che può e viene esercitato dai cittadini del mondo occidentale e che viene invece precluso, negato, ai cittadini di molte altre parti del mondo. In virtù di decisioni contestabili e arbitrarie, come il diniego dei visti o la classificazione dei passaporti – quelli “forti”, che permettono di viaggiare praticamente in ogni parte del mondo e quelli che valgono poco – come quelli, guarda caso di chi cerca una strada verso la salvezza utilizzando i barconi.

Chi critica i migranti lo fa, spesso, senza conoscere i motivi che li spingono a partire sfidando la sorte. Per cercare di sensibilizzare sulla “questione passaporti” Voci Globali ha aperto una raccolta firme e continua a cercare, con i suoi mezzi, quelli dell’informazione, di stimolare riflessioni e dibattiti su questa grossa iniquità che a cascata ne provoca tante altre.

Oggi lo facciamo pubblicando, su concessione dell’autrice, un toccante testo di Ruddy Morfaw – giurista camerunense e spoken word artist – che ha recitato il suo lavoro, Across Borders, in occasione della 75esima sessione ordinaria della African Commission on Human and Peoples’ Rights (ACHPR)]

 

 

Com’è possibile

che devo impiegare tanti mesi, compilare un migliaio di moduli, affrontare un paio di rigetti

Solo per viaggiare per alcuni chilometri sulla stessa faccia di questo pianeta.

 

È incredibile quanto le nostre vite siano definite dai passaporti.

Che viaggiare faccia ancora scattare tanta paura e desideri

anticipatori

E che qualsiasi sia lo scopo così esoticamente definito,

sia tuttavia etichettato mentalmente come uno schema sospetto per strappare delle opportunità

intese e riservate ai fratelli dall’altro lato dei nostri confini.

Confini tracciati non da noi, ma da conquistadores fantasiosamente divinizzati

che hanno scelto e affettato in pezzi piccoli, grandi, storti

ciò che sentivano di meritare della ricchezza

di una razza,

una razza barbara nata per essere sottomessa e addomesticata.

 

Cos’è questo pezzo di carta

Pieno di timbri con emblemi e nomi di Stati esageratamente riveriti

con un viso bloccato nell’angolo della pagina che urla non sono di qui, sono un outsider

è meglio che mi controlli.

Cos’è questo pezzo di carta

Che abbiamo conosciuto soltanto qualche ora fa,

che deve definire dove andiamo e le famiglie che conosciamo,

Quando negli occhi degli sconosciuti siamo soltanto un mucchio di “persone di razza nera”

 

Cos’è questo pezzo di carta

Che conosce soltanto le divisioni eppure finge di sollecitarci a collaborare

Facendoci dimenticare che quando la prossima pandemia arriverà, non ci chiederà di metterci in fila ordinati per tribù o per nomina.

Ecco perché voi ed io dovremmo essere in collera:

  1. Sono trascorsi più di cinquant’anni, e ci stiamo ancora domandando se vada bene stringersi la mano e abbracciarsi quando abbiamo approvato legami più stretti e relazioni non indispensabili con gli stessi contro i quali stiamo lottando per dimostrare la nostra tesi
  2. Abbiamo adorato l’integrità territoriale troppo a lungo, massacrato la speranza all’interno delle sue mura, e siamo riusciti a rimanere isolati al punto da aver perso la capacità di mischiarci e commerciare per il nostro bene.

E perché:

  1. Mentre a volte ci dichiariamo tutti panafricani, scegliamo ancora in silenzio la nostra nazionalità egoista e i pregiudizi di Stato per scacciare altri come noi, consolando il nostro ego con narrazioni poco credibili secondo le quali loro non meritano i nostri Stati “migliori” e “più sviluppati”.

 

Ma si spera, accadde solo un tempo che fummo egoisti,

Perché le dichiarazioni sull’unità e la collaborazione con la diaspora vanno avanti ormai da tempo.

Ma sebbene non siamo ingenui sul significato di tutto questo

Poiché, come la storia ci ha insegnato, anche i regni più potenti vanno incontro al loro destino e hanno i loro problemi,

Sappiamo che non dobbiamo giocare in piccoli gruppi e squadre da prima divisione quando potremmo essere nella Premier League,

Che non abbiamo bisogno di celebrare la bandiera dell’indipendenza con un forte scotch

per poi rimanere sommersi, decennio dopo decennio, dal sudiciume della nostra stessa ubriachezza,

che dimentichiamo com’era essere sottomessi e insultati,

Che non dobbiamo definire la forza e l’autorità con l’individualità delle nostre piccole entità

e guardare con disgusto l’Unione che abbiamo creato da tempo come alla quintessenza dell’unica grande Africa la cui infanzia è finita.

 

Tuttavia potremo ottenere tutto ciò soltanto in uno spazio continentale che riconosca

Che industrie, ospedali, mercati, ferrovie e scuole

Non sono semplicemente luoghi e cose che i pigri cittadini usano per chiedere più libertà e diritti

O che scegliere la pace, la sicurezza e il cibo

Sia un favore sacrificale offerto come elemosina ai poveri e ai bisognosi.

 

Abbiamo bisogno di uno spazio che riconosca pienamente

Che la ratifica di convenzioni e l’implementazione delle politiche non sono affari diplomatici decorativi

Ma l’opportunità per un’Africa migliore per le nostre speranze e per quelle dei nostri figli.

Solo le nostre speranze, oggi, possono davvero creare il più grande movimento e libero commercio continentale

Perché attingere senza sosta alle nostre paure e ai nostri pregiudizi a ogni tavolo di negoziati

Non sarà mai una promessa sufficiente a far continuare le celebrazioni.

Per questo oso dirvi

 

nelle nostre lotte, se c’è una cosa che voi ed io meritiamo

È certamente il coraggio di vivere questo sogno africano.

 ******

Traduzione di Gaia Resta

da qui

 

 

Senegal è in rivolta contro la Francia: il regime blocca internet

L’accesso a Internet mobile è stato sospeso in Senegal. L’interruzione segue l’arresto del leader dell’opposizione Ousmane Sonko ed è l’ultima di una serie di misure di censura di massa imposte dal regime alleato della Francia.

I dati sul traffico di NetBlocks mostrano che il Senegal ha il blocco totale di internet in stile coprifuoco.

La popolazione ha iniziato a protestare duramente ed è avvenuta una durissima repressione della polizia, le  violenze sono scoppiate da quasi un mese, quando Sonko, candidato alle Presidenziali è stato condannato a due anni di carcere per l’ipotesi di corruzione di minori in un caso che, a suo dire, è stato costruito per impedirgli di candidarsi alla presidenza il prossimo anno.

Il popolo senegalese vuole le immediate dimissioni del Presidente Machy Sall che ha organizzato un complotto contro Ousmane Sonko che è considerato la nuova speranza, un’uomo integro capace di smuovere i giovani verso un futuro fuori dallo scacco della Francia.

da qui

 

 

 

Ue: censura e ipocrisia vanno a mille

Ci sono momenti in cui l’ipocrisia esplode e sfonda qualsiasi copertura inventata per nasconderla. E’ il caso della Ue, ormai un aggregato di corruzione e incompetenza che finalmente ha svelato se stessa e i propri bassi istinti. Ieri il Niger, nazione sfruttata da oltre un secolo dalla Francia e adesso sottoposta al ricatto di un’azione militar, ha bandito i canali televisivi francesi RFI e France 24, spingendo l’UE a reagire. Nabila Massrali, portavoce dell’anziano capo diplomatico dell’UE Borrell, ha scritto su Twitter che adesso si chiama X:  “L’UE ritiene inaccettabile la sospensione di @RFI e @FRANCE24 in Niger. Questa misura costituisce una grave violazione del diritto all’informazione e della libertà di espressione. L’UE condanna fermamente queste violazioni delle libertà fondamentali”.

Ma allora come spiegare  il fatto che la Ue abbia bandito i siti di informazione russi come Rt e Sputnik e che questo sia avvenuto in tutto il mondo occidentale? Non è una grave violazione del diritto all’informazione e alla libertà di espressione?. Di certo i gaglioffi di Bruxelles, che peraltro hanno votato una legge per  controllare i contenuti web, se ne fregano di qualsiasi coerenza, ma per far comprendere bene quale sia la vastità delle censure che vengono esercitate in occidente contro i media russi e i singoli giornalisti ecco uno schema che forse dovrebbe essere diffuso il più possibile…

continua qui

 

 

Philippe Noudjenoumè: “Non abbiamo alcun interesse a una guerra contro il fraterno popolo del Niger”

Sulle vicende in corso in Niger riportiamo questa dichiarazione molto significativa del Presidente del Consiglio Nazionale per il Governo Patriottico e Democratico dell’Alliance Pour la Patrie del Benin, Philippe Noudjenoumè.

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BENIN – Alliance Pour la Patrie (APP) (Alleanza per la patria)

DICHIARAZIONE

IL PRESIDENTE DEL BENIN, PATRICE TALON, VUOLE COINVOLGERE IL NOSTRO PAESE IN UNA GUERRA CONTRO IL NIGER PER GLI INTERESSI STRATEGICI DELLA FRANCIA*.

Cari compatrioti del Benin,
      
Come tutti sappiamo, il 26 luglio 2023, in Niger un colpo di Stato ha rovesciato Mohamed Bazoum.

 1°- Il 27 luglio, Patrice Talon ha dichiarato ad Abuja che “l’ordine costituzionale sarà ripristinato con tutti i mezzi”. Lo stesso giorno, il governo francese, per voce del suo presidente Emmanuel Macron, ha dichiarato che un colpo di Stato in Niger è “inaccettabile” per gli interessi strategici della Francia e che utilizzerà tutti i mezzi disponibili per ripristinare l’ordine costituzionale.
      
 2°- Domenica 30 luglio 2023, i capi di Stato dell’Ecowas, come in un’eco, hanno lanciato un ultimatum ai leader del Niger affinché reintegrassero immediatamente il Presidente deposto entro e non oltre venerdì 4 agosto, pena la rimozione con la forza delle armi attraverso un intervento militare. 
      
 3°- Il giorno successivo, 31 luglio 2023, in risposta, i governi del Mali e del Burkina Faso hanno emesso un comunicato congiunto in cui dichiaravano che qualsiasi intervento militare in Niger “equivarrà a una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali” e che ciò comporterà “il ritiro del Burkina Faso e del Mali dall’Ecowas e l’adozione di misure di autodifesa a sostegno delle forze armate e del popolo del Niger”.

4°- La Guinea Conakry ha rilasciato una dichiarazione in cui “saluta lo spirito patriottico” delle forze di difesa e di sicurezza del Niger e “rifiuta di applicare le sanzioni disumane imposte dall’Ecowas contro il Niger…”.
      
5°- Il 1° agosto 2023, l’Algeria ha a sua volta lanciato un “avvertimento” ai presidenti dell’Ecowas contro l’intervento armato in Niger, per timore “dell’escalation che ciò provocherebbe in tutta la sub-regione”.
      
Il Benin ha già chiuso la frontiera di Malanville come parte delle sanzioni dell’Ecowas e delle misure preparatorie alla guerra contro il Niger.

Chiediamo: nell’affrettarsi a chiudere le frontiere con il Niger, il Presidente Talon ha pensato alla popolazione del Benin, soprattutto a quella del nord del nostro paese, che già soffre per gli attacchi terroristici e per il divieto di esportazione di prodotti agricoli?

Alla luce di questa situazione, il Consiglio nazionale per il governo patriottico e democratico dell’Alleanza per la patria (APP) dichiara quanto segue:
      
1°- Da più di un decennio i paesi del Sahel, tra cui il Niger, sono oggetto di attacchi terroristici da parte di elementi cosiddetti jihadisti, con migliaia di morti, senza che l’Ecowas si mobiliti su larga scala a favore di questi popoli fratelli. È stato necessario il rovesciamento di uno dei leader per scatenare una tale mobilitazione; ciò dimostra chiaramente che per i leader dell’Ecowas la stabilità delle loro poltrone è più importante della vita dei popoli che dovrebbero rappresentare.
      
2°- Nessun interesse strategico dei nostri Stati africani giustifica una tale avventura armata pianificata contro il fraterno popolo del Niger; appaiono solo gli interessi strategici delle potenze della Nato e, in particolare, della Francia e degli Stati Uniti in Niger, che i leader dichiarano con orgoglio che non lasceranno mai. In altre parole, i capi di Stato dell’Ecowas preferiscono la difesa delle grandi potenze, nemiche dei loro popoli, ai sacrifici dei loro popoli.
      
3°- Nelle relazioni attuali tra gli Stati della subregione, il rispetto della sovranità degli Stati e dei popoli deve essere la regola. Nessun “ristabilimento dell’ordine costituzionale” può prevalere sulla volontà sovrana dei popoli di tracciare il futuro che intendono seguire insieme.

4°- Il Consiglio Nazionale per il Governo Patriottico e Democratico ringrazia e si congratula con i governi del Mali, del Burkina Faso e della Guinea per la loro lucidità nella situazione attuale e per la loro scelta di opporsi al tradimento dei popoli e all’impostura.
      
Non abbiamo alcun interesse a una guerra contro il fraterno popolo del Niger.

Per questo il Consiglio invita tutti i compatrioti del Benin e tutti gli amici di questo paese a dire no all’avventura nella quale il governo di Patrice Talon vuole trascinarci.
      
Dobbiamo mostrare ogni tipo di solidarietà al fraterno popolo del Niger, oggi in una situazione difficile.
      
 Cotonou, 03 agosto 2023

 Il Presidente del Consiglio Nazionale per il Governo Patriottico e Democratico dell’Alliance Pour la Patrie, Philippe Noudjenoumè.

(Traduzione di Marinella Correggia)

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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