Quel delinquente di Oliviero Beha
Non amò l’Itaglia… neppure quando vinse – con l’imbroglio – i Mondiali di calcio
«Ciao Oliviero, da dove sei ora almeno non potranno più cacciarti»: è la vignetta oggi di Vauro su «Il fatto quotidiano» dove Beha lavorava dall’inizio.
Non durava a lungo nelle redazioni Oliviero Beha. Era un pazzo: pensava addirittura che in Italia i giornalisti dovessero raccontare le verità scomode invece di occultarle.
Il suo crimine più grave? Avere messo in dubbio – con Roberto Chiodi – che la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio del 1982 fosse pulita. Lo scoop di una partita “concordata” con il Camerun non piacque a Eugenio Scalfari, così Beha se ne andò da «La repubblica», un giornale sempre più “di regime” persino nelle cronache sportive.
Beha e Chiodi fecero un libro: «Mundialgate», sottotitolo «dietro la vittoria italiana in Spagna una clamorosa storia di corruzione». Non trovarono nessun grande editore a stampare questa ignobile opera anti-nazionale, solo il piccolo Tullio Pironti ebbe questo coraggio. «Mundialgate» si apriva con una frase di Honoré de Balzac: «Dietro ogni fortuna c’è un delitto». Ecco, avete capito? Come se gli Agnelli, i Berlusconi, i Renzi non fossero gente pulita e le lpro fortune limpide. Impensabile. A pagina 55 di quel demoniaco libello si legge addirittura: «l’immagine del Mundial nel nostro Paese terzomondista vale, mutatis mutandis, quello che vale qui per il Camerun. Voglio dire che anche da noi in altro modo è un affare di Stato. Il calcio, il Totocalcio, l’oppio, il made in Italy e tutto il resto; interessi mischiate a puttanate, confusione di simboli, ecc. E i politici a cavallo». Ci pensò su il mio fratellino Riccardo Mancini e dopo aver letto «Mundialgate» mi disse: “Nel terzo-quarto-quinto-sesto mondo calcistico delle partite truccate l’Italia è cento volte peggio del Camerun”. E fu profeta…
Quel libraccio ignobile venne ristampato – di nuovo da un piccolo editore Avagliano – nel 2005 con altri 2 testi scomodi di Beha in «Trilogia della censura. Ieri come oggi» cioè «Antenne rotte» (del 1990) sulla tv e sull’Italia appena pre-Tangentopoli mentre «L’Italia non canta più» (del 1997) è un dialogo con Mogol e «scoperchia il pentolone della musica italiana della seconda metà del ‘900».
Un delinquente Beha: non rispettò la patria, neppure quella calcistica e canzonettistica. Lo potevano prendere a lavorare giusto in un covo di costituzionalisti come quello che san Renzi chiama «Il misfatto quotidiano».
PS: se solo per un attimo avete pensato che sui santi Mondiali del 1982 Beha potesse aver ragione, per espiare recitate 100 volte la formazione che vinse in Spagna; poi per 300 volte salmodiate «il calcio è lo sport più bello e pulito del mondo». E ora andate in pace allo stadio o davanti alla tv: W L’Italia sempre e comunque.
A noi i pazzi mancheranno sempre.
Un problema, è una razza in via di estinzione.
Grazie per tutto quello che hai scritto, sempre scomodo, sempre in direzione ostinata e contraria, sempre in buona fede.