Ted Chiang: 8 storie impossibili…

da credere prima di colazione.

Ricordate Alice [quella nel Paese delle meraviglie] e la questione del «credere a 6 cose impossibili prima di colazione»? Ecco una science fiction [le storie sono 8 non 6] assai scientifica, non possibile eppure…. da credere. Cose impossibili come quell’ormai celebre disegno (di Hillman) che pur restando uguale mostra ora il volto di una vecchia e ora quello di una fanciulla: ci sono entrambe eppure è difficile vederle insieme, ci ricorda un protagonista di queste «Storie della tua vita», prima antologia italiana (tradotta nel 2008) per il newyorkese Ted Chiang che di mestiere è «scrittore tecnico per l’industria del software».

Copertina biancorossa con molti numeri e gli splendidi pupazzetti di un’altra Alice [si chiama Tebaldi, in questo caso] che sa muovere altri grilletti fra testa e viscere: Stampa alternativa ci propone 296 pagine per 18 euri ed è un prezzo accettabile per fare la conoscenza con Chiang prima, durante o dopo colazione.

Se «Torre di Babilonia» è Magritte mescolato a fantascienza babilonese, il secondo racconto [«Capire»] ci trascina dove un nuovo farmaco sperimentale fa volare mooooolto in alto il cervello di Leon per prima giocare a gatto e topo con medici e Cia, poi arrivare a uno scontro finale titanico [«io amo la bellezza, lui l’umanità»] con colpi di scena a gogò. «Divisione per zero» è un racconto sulle illusioni della matematica, sull’empatia, sugli amori che non durano mentre il più inquietante filosoficamente risulta essere «L’inferno è l’assenza di Dio» [geniale anche il disegno che lo accompagna] con una divinità del tutto insensata che pure Neil sceglie di amare oltre ogni limite.

Non c’è dubbio che il «lookismo» [la subdola dittatura dei belli] più ancora del razzismo e del sessismo sia fra i peggiori guai del nostro tempo. Ma esiste una soluzione tecnico-scientifica priva di controindicazioni? Il racconto «Il piacere di ciò che vedi» viene definito da Chiang «un documentario» perché costruito su interviste che offrono punti di vista assai diversi eppure il finale è sorprendentemente «aperto» proprio come l’autore spiega nelle brevi note di commento che chiudono il volume.

Il brevissimo «L’evoluzione della scienza umana» ci porta fra i meta-umani [o post-umani se preferite] mentre «72 lettere» ha un piacevole sapore gotico ma con accenni alla termodinamica, alla robotica e alla partenogenesi non meno che alla lotta di classe più un finale indimenticabile. Il racconto che dà il titolo all’antologia, «Storie della mia vita» mescola con sapienza il tentativo di decifrare la lingua degli alieni – osservati attraverso strani specchi – con una vicenda che all’inizio sembra privatissima.

Insomma racconti sempre belli, la metà memorabili, di un autore da tenere d’occhio. Lo stile qua e là sembra freddo ma è perché Chiang privilegia le idee. Eppure ci sono metalli che urlano e umanoidi associati, angeli cattivoni alla Bunuel, la geniale sindrome di Fregoli accanto alle malefatte dei pubblicitari, delitti e duelli, la caccia al superuomo, rovelli d’amore. Che volete di più?

UNA BREVE NOTA

Questa mia recensione nel 2009 è andata in voce su Radio Città Fujiko di Bologna; poi, in una versione leggermente diversa sul sito di Carta: la si può ascoltare dunque (come le precedenti e le successive di quella serie) su http://caccialfotone.wordpress.com/sci-fi/ oppure leggere su www.carta.org (si digita “ozio” e poi “futuri”). La ripropongo ora in blog perché spero che chi leggerà e apprezzerà il primo romanzo di Chiang, «Il ciclo di vita degli oggetti software» – confronta la mia recensione del 20 marzo 2012 – forse vorrà poi recuperare i suoi racconti.A mio parere non se ne pentirà. (db)


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