The Sound of Silence in Nicaragua – II parte

Ovvero, cosa hanno a che vedere il paese della Rivoluzione sandinista, Ghino di Tacco e alcuni misteri italiani?

di Bái Qiú’ēn

(foto de archivo, jv) Daniel Ortega, formando alianza politica con Alvaro Robelo, enero 30 de 2001. LA PRENSA/uriel molina

Nell’estate del 1992, una serie di documenti in possesso della magistratura indicano gli stretti rapporti che legano gli ambienti di tangentopoli alla mafia.

Di certo si sa che il 25 agosto 1992, a poco più di un mese dalla strage di via d’Amelio, durante una perquisizione presso gli uffici dell’imprenditore Salvatore Sbeglia (proprietario di una villa in via Bernini n. 38, ultima residenza dello stesso Riina) dietro una parete mobile le forze dell’ordine trovano computer, floppy e documenti in cui sono riportate operazioni immobiliari in tutto il mondo. Sullo stesso pianerottolo dell’ufficio di Sbeglia vi è una porta con su scritto: «Ambasciata del Nicaragua – Ufficio per le relazioni culturali ed economiche». Il telegiornale di quella sera mostra le immagini della targa affissa alla porta. Secondo la Prefettura e la Questura, nel capoluogo siciliano non è ufficialmente nota alcuna sede diplomatica di quel Paese. Le indagini successive appurano che si tratta di un’associazione fondata da Pietro Calacione, direttore sanitario dell’ospedale Civico di Palermo e Gran Maestro della loggia segreta di via Roma, nominato da Robelo rappresentante diplomatico del Nicaragua in Sicilia. Assai prodigo di immunità diplomatiche, regala il titolo di console onorario a numerosi suoi sodali di Palermo, Milano, Arezzo, Cuneo, Parma, Padova e Firenze.

Pietro Calacione, Francesco Pazienza e álvaro Robelo appartengono al Sovereign Hospitallers Order of Saint John of Jerusalem (OSJ), organizzazione fondata nel lontano 1113 per proteggere i pellegrini che si recano in Terra Santa e collegata all’Ordine dei Cavalieri di Malta, nel XX secolo inizia a dedicarsi con profitto al riciclaggio di denaro utilizzando soprattutto i “canali” diplomatici. Nel 1981 Roberto Calvi nomina Pazienza come consulente dell’Ambrosiano, con un compenso annuo netto di 200 milioni di lire.

Sempre negli anni Novanta, un’altra indagine italiana diretta dal sostituto procuratore aostano David Monti individua una complessa organizzazione specializzata in truffe e riciclaggio a livello internazionale, la quale coinvolge il solito Robelo, denominata «Phoney Money/nuova P2». L’inchiesta «Denaro falso» del 1995, nella quale entrano pure Donatella Zincone, moglie di Lamberto Dini, Paolo Berlusconi fratellino del cav. Silvio, Fedele Confalonieri e l’immancabile Licio Gelli, finisce a Roma, il Porto delle nebbie, dove si provvede a coprirla con un bel po’ di sabbia e nel 2010 è archiviata. Lo stesso magistrato inquirente, il 29 maggio 1995, emette un mandato di cattura nei confronti dell’ex ambasciatore, per i presunti reati di associazione per delinquere e riciclaggio, valido solamente in Italia (registrato nel fascicolo n. 263-95 della Procura di Aosta). Per non farsi mancare proprio nulla, Robelo compare pure nelle indagini relative alla tragedia del Moby Price (1991) e nell’affare Telekom-Serbia.

Nell’estate del 1995, Cardella si reca per ragioni misteriose ad Hammamet (dove è di casa), ospite nella villa dell’amico Craxi, dove rimane una settimana. Nello stesso periodo, l’ex-presidente del Consiglio torna clandestinamente in Italia, utilizzando un Beechcraft, il piccolo aereo privato del solito Cardella. Per inciso, il pilota del bimotore è un certo Carlo Balestri, ex-dipendente del SISMI, i cui vertici sono aderenti alla P2 che, come ricorda lo srotico della massoneria italiana Aldo Mola,è fondata dal Gran Maestro Giuseppe Mazzoni nel 1877 «e continuò a esistere anche durante il regime fascista» (1994, p. 145). Il pool milanese di Mani Pulite tenta inutilmente di interrogare Carella, avviando ben quattro rogatorie internazionali finite nel nulla.

Mentre ormai all’interno del Frente Sandinista imperano gli imprenditori e i populisti, il 1° aprile 1996 sulle colonne del Corriere della Sera compare un’intervista di Orizio Riccardo a Robelo, nella quale afferma di essere un benefattore e che le svariate accuse contro di lui si devono al fatto che vuole costruire un nuovo canale alternativo a quello di Panamá («Arriba Nicaragua», pag. 25). Insomma, una specie di intrigo internazionale alla Hitchcock o un vero golpe blando contro di lui, che essendo venuti meno gli agganci con i craxiani in Nicaragua, inizia a legarsi al cavaliere di Arcore senza cavalli ma con stalle e stalliere sodale dell’onestisssimo e illibato Marcello dell’Utri, sul quale la Procura di Palermo apre un’inchiesta nel 1996 in relazione ai rapporti tra i fratelli Graviano e la Fininvest.

I rapporti tra Robelo e Craxi sono assai stretti e frequenti, come attesta una lettera che l’ex ambasciatore invia al segretario socialista in data 29 luglio 1994 su carta intestata del BECA (conservata dalla Fondazione Craxi). Pure l’amicizia tra Craxi e Berlusconi è più che nota: il segretario socialista trascorre tutti i capodanni dal 1985 al 1991 nella villa di Arcore o a Villa Suvretta, la residenza dell’ancora cavaliere a Saint-Moritz.

Alla fine del 1996 la Guardia di Finanza individua una vasta operazione nella quale sono coinvolti esponenti della mafia, alcuni imprenditori, membri della massoneria internazionale e i servizi segreti, oltre a diplomatici e a pirati informatici. Avrebbero lavato circa 12 miliari e mezzo i dollari grazie a «una banca nicaraguense» riconducibile a «un candidato presidenziale» (descrizione che calza a pennello con il nostro Robelo). Nel 2013, il rapporto di Global Financial Integrity rivela che ogni anno il Nicaragua ricicla oltre 774 milioni di dollari.

Intanto, proprio il BECA di Robelo è prima commissariato e poi messo in liquidazione coatta per gravi irregolarità e per mancanza di liquidità (13 luglio 1996), infine sequestrato dalla magistratura nicaraguense, sentenza poi annullata, anche per le notevoli pressioni italiane: già alla fine del 2005 alcuni deputati presentano un’interrogazione nella quale affermano (testuale dagli atti parlamentari): «il Banco europeo del Centro America (BECA), Istituto di credito di proprietà italiana operante in Nicaragua, è stato oggetto nell’agosto 1994 di una totale ed illegale spoliazione da parte delle autorità locali». A tutti gli effetti Robelo sborsa solamente il 33% del capitale per costituire il BECA, mentre il 37% esce dalle tasche di Gianfranco Saraca e il 30% dalla Saman Euroholding S.A. e da altri investitori. Tra i firmatari dell’interrogazione, l’ex democristiano Osvaldo Napoli, poi confluito in Forza Italia (che nelle intenzioni deve prendere il posto di DC e PSI, travolti da Tangentopoli) e attualmente in Azione.

Nel 2001, in vita delle elezioni presidenziali, Robelo si unisce a Daniel nella coalizione Convergencia Nacional e lo stesso fa Antonio Lacayo Oyanguren, oltre a Miriam Argüello Morales, nota come «la niña Argüello», leader del Partito conservatore strettamente legata alla contra negli anni Ottanta. Una buona compagnia, non c’è che dire.

Nel frattempo, un certo Maurizio Gelli, figlio del Venerabile della Loggia P2 (i cui legami con la criminalità organizzata e con la destra eversiva sono ben noti grazie a varie indagini e sentenze della magistratura passate in giudicato), tre mesi dopo l’ottenimento della nazionalità nicaraguense concessagli da Daniel in brevissimo tempo (l’11 maggio 2009), tre mesi dopo è nominato aggregato economico e finanziario onorario del Nicaragua in Italia, oltre a essere nominato console onorario nella Repubblica di San Marino (che rifiuta di accettarlo). Eppure, nel precedente gennaio del 1999, insieme alla moglie Serena Paci, è incarcerato a Vienna per sospetto riciclaggio del “tesoro” paterno, avendo movimentato in una banca austriaca 1.200 milioni di lire di dubbia provenienza, ed è ricercato dalla magistratura italiana e dall’Interpol per il medesimo reato. Daniel lo nomina ambasciatore prima in Uruguay (5 marzo 2013-luglio 2017) e poi in Canada per altri cinque anni (dove opera la confraternita massonica Ordine Figli d’Italia, fondata nel 1919). Il 25 novembre 2022, con il decreto presidenziale 175-2022, è designato quale ambasciatore a Madrid proprio in un periodo nel quale le relazioni diplomatiche tra i due Paesi sono al minimo storico. Nel 1998 il padre, Licio, in fuga dopo la sentenza di condanna nei suoi confronti per il crack del Banco Ambrosiano, si rifugia proprio a Montevideo, dove si sospetta che nasconda il proprio “tesoro” e buona parte della scottante documentazione in suo possesso, con la quale mantiene un notevole potere ricattatorio nei confronti di personaggi di alto livello in svariati Paesi del mondo. Basti pensare alle parole di Giulio Andreotti quando narra dell’incontro serale con Domingo Perón nella sua abitazione privata: «Ritenevo che si trattasse di un ricevimento e pregai l’ambasciatore di accompagnarmi; ma grande fu la sorpresa trovando nella residenza del generale soltanto Isabelita e il signor Gelli, che conoscevo come direttore della Permaflex di Frosinone. Avevo pensato a prima vista ad un caso di somiglianza, ma era proprio lui; e Perón anche se con noi era gentilissimo, si comportava nei suoi confronti con una deferenza quasi genuflessiale» (Visti da vicino). Se lo dice Andreotti…

Inoltre, in Uruguay, dove ha possedimenti milionari (come la villa situata nella calle Juan Manuel Ferrari del quartiere Carrasco di Montevideo, sua residenza ufficiale), è documentato il ruolo di primo piano di Licio Gelli in taluni scandali finanziari durante la dittatura militare (1973-1985).

Per ciò che riguarda la Spagna, nel 1937 Licio Gelli si arruola come volontario nel 735° battaglione Camice nere e partecipa nelle file franchiste alla guerra civile. Qualcuno dirà che è una storia vecchia, ma pochi anni fa, in questo stesso Paese, Robelo fu accusato di truffa assieme all’ex presidente del Real Madrid, l’impresario Lorenzo Sanz. A presentare il banchiere nicaraguense al presidente del Real Madrid (stando alle parole dello stesso Sanz) fu nientemeno che Silvio Berlusconi che definì Robelo come «persona seria». Il primo ha mostrato il passaporto diplomatico alle autorità spagnole ed è tranquillamente rientrato in Nicaragua, il secondo è stato arrestato. L’accusa nei confronti dei due è il tentativo di rifilare all’istituto di credito Banesto di Córdoba una certa quantità di titoli falsi di un’inesistente banca di Hong Kong per centinaia di milioni di dollari (tramite un certo Fernando Gallardo, panamense residente nell’ex colonia britannica).

Il ministro per gli affari esteri Samuel Santos López, in carica dal gennaio del 2007 al 2017 afferma a proposito di Maurizio Gelli, intimo amico di Daniel: «per quanto ne so il problema è suo padre, non lui», glissando opportunamente sui mandati internazionali di cattura della magistratura italiana nei suoi confronti per riciclaggio di denaro.

Nel 2007 sempre Daniel nomina ambasciatore pure Cicci Cardella, in Arabia Saudita e vari Paesi arabi del Maghreb (con una strana delega ai rapporti economici con l’Italia), poi sostituito dal nipote di Gheddafi, il libico Mohamed Farrara Lashtar, naturalizzato nicaraguense pochi giorni prima della nomina e domiciliato nel signorile centro residenziale Las Colinas di Managua.

Alla fine degli anni Novanta, quando Arnoldo Alemán Lacayo è presidente, pure un certo Callisto Tanzi sbarca in Nicaragua, terra ottima per gli affari senza molti controlli sia con i governi neoliberisti sia con quelli del Comandante Daniel. Appoggiandosi proprio a Robelo, in pochi anni, la Parmalat-Nicaragua fondata nel 1999 e ubicata sulla Carretera Norte, ingloba le due imprese produttrici di latte (Selecta ed Enilac) e, sotto la guida del direttore esecutivo Aldo Camorani (vero filibustiere), assume il monopolio di questo genere alimentare con un fatturato annuo di 55 milioni di dollari. In quel periodo l’ambasciatore italiano a Managua è Alberto Boniver, fratello… indovinare di chi? In una intervista rilasciata a La Prensa e pubblicata il 1° settembre 2004, afferma: «nonostante altre offerte diplomatiche in Asia e in Europa, ho scelto io di venire in Nicaragua per via delle buone referenze che avevo del Paese». A fornirgliele, non ci vuole una grande fantasia, deve essere Cardella, da parecchio tempo ottimo amico della sorella, in quel periodo sottosegretaria al ministero degli Affari Esteri del governo Berlusconi.

Negli anni della permanenza in Nicaragua, oltre a impedire con ogni mezzo la costituzione di un sindacato interno alla Parmalat Camorani fa di tutto per inculcare la passione per il football nei nicaraguensi, finanziando lautamente piccole squadre e organizzando tornei. E nel 2005 lo spagnolo Sanz si mostra interessato all’acquisizione del Parma calcio (proprietà di Callisto Tanzi dai primi anni Novanta), affare poi non concluso, e non pare estraneo al crack della Parmalat, scoperto nel 2003, che fa notizia a livello mondiale. Stando alle indagini, il BECA di Robelo compare nel fallimento della filiale nicaraguense della Parmalat.

Un collaboratore di giustizia della ‘Ndrangheta, il massone ed ex collaboratore del SISDE (2001-2007), Cosimo Virgiglio, detto Mino, arrestato nel dicembre del 2008, dichiara ai magistrati della Corte d’assise di Reggio Calabria che «I clan della Piana [di Rosarno] avevano un problema. Non erano riusciti a convertire in Euro 500 miliardi delle vecchie lire. L’ambasciatore del Nicaragua álvaro Robelo, che era un uomo del sistema, si offrì di portare queste somme in Svizzera, dove suo figlio [Carlos] svolgeva funzioni diplomatiche».

Nel gennaio del 2011 la Procura di Roma emette un ennesimo mandato di cattura nei confronti dell’ex ambasciatore Robelo e altri (Vittore Pascucci e Alessio Possenti) per i reati di aggiotaggio e truffa, in relazione alla speculazione sui titoli borsistici con l’obiettivo di acquisire la proprietà della squadra di calcio della Roma, il cui presidente e proprietario dal 1993, è il massone Franco Sensi. Nello stesso 2011 Alberto Boniver è nominato ambasciatore a Parigi. Nel frattempo, con la risoluzione n. 2997 della Dirección de migración y extranería, dopo la rinuncia alla nazionalità italiana, è naturalizzato nicaraguense (La Gaceta. Diario Oficial, 29 luglio 2014, n. 141).

Terminato il suo periodo diplomatico, nel 2018 Alberto Boniver è indicato dalla Procura di Milano di «fare parte di un gruppo criminale organizzato di carattere transnazionale», in quanto «contribuiva agli scopi dell’associazione attraverso la costituzione di società apparentemente operanti in Nicaragua, predisponendo una serie di atti sostanzialmente falsi». Si tratterebbe di una maxitruffa immobiliare di 16 milioni di euro relativo al progetto mai esistito della realizzazione di un resort in una zona tra le più esclusive di Managua denominato «Costa Smeralda in Nicaragua», pubblicizzato con lo slogan «Es ahora o nunca», in cui compare pure la famiglia regnante saudita, oltre ad alcuni manager dell’Ubs (la banca svizzera del Conto Protezione). Negli atti si fa pure riferimento all’«amico di Arezzo», ovvero Maurizio Carlo Alberto Gelli (non indagato e pure lui con immunità diplomatica). Non a caso, in una successiva dichiarazione del 2017 ai magistrati il già ricordato Cosimo Virgiglio afferma: «[Licio] Gelli non ha mai smesso, neanche oggi ha mai smesso, con tutto che è morto, di gestire una bella parte di potere occulto del nostro bel paese, al di là di quelle che sono le pubblicità che si dicono in giro».

Nell’ottobre del 1980 è proprio Licio Gelli a inaugurare la loggia segreta di Trapani «Iside 2» che capeggia e controlla un vasto sistema corruttivo, scoperta solo nel marzo del 2019. Persino il vice-questore della città dal 1982, Vincenzo Varchi, risulta iscritto alla P2 (tessera n. 908). Non a caso, gli investigatori e i magistrati (tra i quali il giudice istruttore Claudio lo Curto) avanzano l’ipotesi che questa loggia sia una sorta di cupola, un super comitato che decide tutto nella città sicula.

Come ciliegina sulla torta, alla metà degli anni Ottanta il giudice Carlo Palermo individua ad Alcamo la più grande raffineria di eroina mai scoperta in Europa.

Anni dopo, nel settembre del 2019 la 6° sezione penale della Cassazione rende definitive le condanne del tribunale di Messina per spaccio di droga e traffico di armi nei confronti di un buon numero di soggetti poco raccomandabili, tra i quali un certo Giuseppe Cammisa, parente di alcuni boss mafiosi di Campobello di Mazara, del tutto casualmente ex autista e braccio destro di Cardella, il quale a sua volta è proprietario di un paio di dragamine acquistate dalla Svezia e viste più volte sia a Malta sia nel Corno d’Africa. Sebbene non vi siano sentenze in proposito, qualche investigatore ipotizza un collegamento sia con l’uccisione in Somalia di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin il 20 marzo 1994. Camissa, è accusato dalla nostrana magistratura di essere un trafficante di droga con legami con la malavita organizzata. Risulta infatti in stretti rapporti con l’imprenditore Rosario Spatola, legato a Cosa Nostra, e di fare parte della struttura Stay Behind (Gladio) con lo pseudonimo Jupiter, mai ascoltato né dai magistrati né, soprattutto, dalla commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal ben noto avvocato berlusconiano Carlo Taormina, antipatico a molti, il quale dichiara che «erano in vacanza n Somalia, non stavano conducendo nessuna inchiesta». Sono risaputi, però, gli ottimi rapporti tra il dittatore Siad Barre e Bettino Craxi, e tra Craxi e Berlusconi. Di recente, poi, si è scoperta l’esistenza di una pista aerea a Chinisia, collegata alla VIII divisione del SISMI, in codice «Centro Scorpione», inizialmente coordinato dal colonnello dell’esercito Paolo Fornaro (legato, tra gli altri, a Francesco Pazienza, coinvolto in numerosi episodi di terrorismo e di stragismo, e in stretti rapporti con Licio Gelli), nei pressi di Trapani e poco distante dalla sede di Saman, ufficialmente in disuso ma all’epoca utilizzata proprio da Gladio per i collegamenti con Mogadiscio: persone e armi per un conflitto civile che all’epoca pare interminabile. Jupiter aveva a disposizione un’imbarcazione messagli a disposizione da Cardella per compiere numerosi viaggi in Somalia e quando nel 1993 Cammisa è arrestato a Malta per traffico di droga, Cardella vola immediatamente nell’isola e riesce a farlo scarcerare in brevissimo tempo. Secondo la testimonianza di Karl Stagno Navarra, giornalista maltese di In Nazjon (proprietà di una holding che fa capo al conservatore Partito Nazionalista che all’epoca è al governo), Ilaria Alpi si reca nell’isola poco dopo, proprio per un servizio su questo fatto: «Mi disse che stava indagando su un tale Cardella e su un tale Cammisa e che Malta era la centrale dei loro affari…» (in seguito ritratta e si rifiuta di parlare del suo incontro con lei). Secondo Maurizio Torrealta del Tg3, l’ultima persona a incontrare vivi Ilaria e Hrovatin a Mogadiscio è proprio Cammisa.

Il colonnello Fornaro è sostituito dal maresciallo dei carabinieri Vincenzo Li Causi, sempre del SISMI e da parecchio tempo in ottimi rapporti con Craxi, dal 1987 al 1990 è a capo del «Centro Scorpione» di Trapani, ma l’unico rapporto ufficiale da lui redatto per i servizi segreti è relativo alla comunità Saman. Nell’agosto del 1993 è inviato in Somalia per una ennesima missione e il successivo 12 novembre è assassinato in un agguato a Balad, dove è installata la base operativa del contingente militare italiano, le cui dinamiche non sono mai state chiarite. Il giorno successivo era previsto il suo rientro in Italia per comparire davanti al giudice Felice Casson in merito a Gladio e al traffico di armi con la Somalia. Per quanto non siano noti rapporti tra questo agente e Cardella, un filo rosso garofano lega i due personaggi.

Qualcuno ipotizza che Rostagno scopra casualmente il traffico di armi nel quale sono coinvolti Cardella, Cammisa e il SISMI e abbia l’intenzione di denunciarlo pubblicamente nella trasmissione radiofonica che conduce nell’emittente Radio Tele Cine (RTC). Pochi mesi dopo la morte di Rostagno il «Centro Scorpione» è chiuso e, oggi, Jupiter, imparentato con alcuni boss di Cosa Nostra, è cittadino ungherese e vive a Biatorbágy, a pochi chilometri da Budapest, in un appartamento che gli inquirenti italiani conoscono benissimo. Il sospetto è che l’omicidio dell’ex fondatore di Lotta Continua maturi e sia eseguito per una convergenza di interessi. Tra l’altro Cammisa è il vicepresidente del Circolo della Libertà (Forza Italia) di Budapest costituito nell’ottobre del 2007.

Tornando in Nicaragua, escluso dalla competizione elettorale del 1996 con il suo partito Forza Nicaragua, Robelo decide di appoggiare Daniel nella sua corsa alla presidenza della Repubblica, il quale è comunque sconfitto da Arnoldo Alemán. Quando finalmente vi torna, un decennio dopo, non solo fa propria la sua idea del nuovo canale interoceanico, ma lo ringrazia nominandolo ambasciatore presso la Santa Sede. Ma il Gelli del Centro América non è gradito a Ratzinger, neppure se fortemente sostenuto dal cardinale Miguel Obando y Bravo, ormai altro alleato di ferro di Daniel, dopo averlo pubblicamente definito «una vipera».

Nel settembre del 1990, dopo la sconfitta elettorale, Daniel è invitato dal PCI alla Festa nazionale de l’Unità di Modena, dove tiene un comizio assai partecipato e con un traduttore da far accapponare la pelle (tanto che lo stesso Daniel lo corregge in alcune occasioni). Nel corso di una conferenza stampa pomeridiana, grosso modo afferma che l’ambasciatore Robelo lo riceve con estrema gentilezza e amicizia: una persona molto umana e disponibile.

Il 2 marzo 1993 Robelo, Daniel e Armando Cossutta cenano come allegri commensali nella trattoria «Bolognese» nella romana Piazza del Popolo.

All’inizio del 2000, a Managua, sulle colonne di El Nuevo Diario leggiamo la notizia della morte di Bettino Craxi ad Hammamet. Francesco Cardella e Alvaro Robelo, due storie che si intrecciano e hanno un comune amico: il profugo della giustizia appena deceduto.

Pur non avendo alcuna intenzione di riprendere la nazionalità originaria nicaraguense, bensì di mantenere quella italiana e conservare lo status di residente straniero, vent’anni dopo, all’inizio del 2020 Robelo decide di ricandidarsi alla presidenza della Repubblica, promettendo la ricostruzione delle ferrovie e la realizzazione di una metropolitana a Managua ma affermando di non essere un sostenitore di Daniel, spacciandosi invece per suo strenuo oppositore. Per mera casualità, poco tempo dopo lo stesso Daniel promette di ripristinare il sistema ferroviario smantellato dal governo di Violeta Barrios. Nel frattempo, a Managua, all’inizio dell’agosto 2011 Cardella muore ufficialmente per un arresto cardiaco fulminante, ma senza dubbio le trame continuano.

L’attuale ambasciatore del Nicaragua a Montevideo (ubicata al terzo piano della Peatonal Sarandi 669, Ciudad Vieja) è Licio Ettore Gelli, detto Licino, figlio di Maurizio, pure lui naturalizzato nicaraguense da Daniel.

Se poi qualche lettore dovesse domandarsi perché dopo la condanna a sette anni di Marcello dell’Utri nel maggio del 2014, il Procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio ne chieda l’arresto immediato, è presto detto: afferma che la Polizia di Milano apprende «da fonti confidenziali» di un viaggio che il fondatore ed ex senatore di Forza Italia fa in Nicaragua «l’8 marzo 2102», un giorno prima della sentenza della Corte di Cassazione che annulla il precedente verdetto e lui può tornare tranquillo in Italia. Per pura coincidenza, in quel periodo, l’ambasciatore italiano è ancora Alberto Boniver. E, per citare chi di trame se ne intende: «A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina».

Il generale Giovanni de Lorenzo, per nove anni a capo del SIFAR, diventa deputato con immunità, il generale Vito Miceli, direttore del SID idem con patate, il generale Niccolò Pollari, ex capo del SISMI è nominato Consigliere di Stato con relativa immunità. L’immunità-impunità non è però una prerogativa nostrana. Vadano come vadano le inchieste della magistratura italiana, sia il massone álvaro Robelo sia Maurizio Gelli e relative famiglie hanno l’immunità diplomatica garantita dal “compañero” Daniel e dalla “compañera” Rosario, per cui potrebbero persino presentarsi tranquillamente in una Questura o in una Procura del Bel Paese con il passaporto intestato a loro stessi e non potrebbero essere neppure sfiorati.

Gli intrecci fin qui riportati sono solo accenni, poiché occorrerebbe un’enciclopedia per descriverli tutti in modo compiuto, ai quali sono collegati pure il caso Moro e la strage alla stazione di Bologna: Salve tenebra, vecchia amica mia / Eccomi a parlare ancora con te.

Per confermare che tutto ciò non sia semplice archeologia cronachistica, basta ricordare la scoperta della cosiddetta «nuova P2», come sistema di potere, nell’estate del 2010. Coagulata attorno al faccendiere Flavio Carboni, in stretti rapporti con i fratelli Berlusconi, con dell’Utri (legato all’Opus Dei) e con Denis Verdini (all’epoca coordinatore del Popolo delle libertà). Il magistrato i Catanzaro che indaga è prima oggetto di numerose interrogazioni parlamentari, poi della sottrazione delle inchieste che sta seguendo e infine trasferito all’allora ministro della giustizia Clemente Mastella. A questa decisione seguono svariate manovre politico-giudiziarie che portano Luigi de Magistris alle dimissioni dalla magistratura.

In conclusione, ci domandiamo: sarebbe questo il socialismo instaurato in Nicaragua? Se tanto mi dà tanto, allora è molto più socialista l’Italia, assai esperta storicamente in intrighi di vario genere e varia specie. In ogni caso, se tutti gli intrallazzi tra le due sponde dell’Atlantico fin qui descritti fossero giustificabili come “Soccorso Rosso”, senza dubbio il governo del Comandante e famiglia è senza dubbio più che solidario. Ma quale può essere il do ut des?

La I parte è stata pubblicata qui il 25 gennaio 2023

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