Tra la Mecca e Phuket, ovvero la futile ribellione di Fairouz

“La Mecca-Phuket” di Saphia Azzeddine (ed. Il Sirente)

Una recensione di Karim Metref

La protagonista del racconto lungo “La Mecca-Phuket”  si chiama Fairouz Moufakhrou ed è la primogenita di una coppia di marocchini arrivati in Francia negli anni del boom economico con tanta voglia di “integrarsi” e vivere come i francesi. Ma ecco che il sistema coloniale, importato dall’Africa in metropoli insieme a loro, semplice manodopera a basso costo, li respinge nelle banlieue costruite per loro e li forza a stare insieme ai loro simili.

Lo scrittore Ahmed Djouder l’aveva ben riassunto in “Disintegrati”in questi termini : «Uno: ci colonizzate, ci stuprate. Due: approfittate della nostra povertà per ricostruire il paese. Tre: ci rifiutate. Colonizzazione (stupro), immigrazione (deportazione) e disintegrazione (disintegrazione)». (Disintegrati. Ahmed Djouder; Milano; Il saggiatore,2007).

La storia gira intorno al dilemma vissuto da Fairouz. Un dilemma che è in realtà di tutti i ragazzi “africani” delle banlieues, divisi tra una società d’adozione che li rigetta e quella dei loro genitori che conoscono poco o nulla. Se si conformano come Fairouz alla maggioranza allora spesso diventano lo stereotipo del francese “franchouillard”, che crede di poter dare lezioni al mondo intero. Quando si arrendono al rifiuto della società francese e decidono di diventare esattamente quello che la maggioranza aspetta da loro, allora diventano una caricatura dell’arabo o ultimamente del musulmano. Comunque fanno è difficile per loro non essere dei veri e propri stereotipi ambulanti.

Fairouz invece è una che ha studiato. Ed ha visto la luce. O almeno qualcosa che ci assomiglia. E di fatto trova patetico e vergognoso tutto quello che riguarda la vita della sua comunità: i  banlieusards. Sogna di uscire dalla sua periferia, fare carriera, avere un sacco di soldi, consumare veri prodotti di lusso, insomma diventare una “bourge” bianca.

Siccome è la primogenita si sente anche responsabile della famiglia. Sogna di obbligare il fratello e le sorelle a parlare correttamente e di piazzarli in buone posizioni socio-professionali.

Per i genitori invece ha altri progetti non dettati dalla buona “integrazione”, almeno non alla società francese per bene. Per loro intende realizzare un sogno di lunga data: il pellegrinaggio alla Mecca.

“Loro vincevano senza volere e io perdevo per dovere. Al loro ritorno, li avrebbero onorati con un pontificante hajj o hajja accanto al nome. Finalmente avrebbero potuto andare in giro a testa alta. In fin dei conti non c’era nient’altro che contasse.”

Fairouz si arrende quindi non alla fede ma al consumismo e all’ipocrisia religiosa di una società franco-maghrebina che non tiene delle culture d’origine e di quella francese che gli aspetti più superficiali: i soldi, i beni di consumo, le apparenze, il conformismo…

Ma mentre lavora per il suo piano, la vetrina di un’altra agenzia attira la sua attenzione. Un’agenzia “normale”, che vende pacchetti vacanza, esotismo pronto al consumo e abbronzature garantite su spiagge da sogno: Phuket, la Mecca della società di consumo, è in promozione!

 

Mano a mano che si svolge il racconto, le cose diventano sempre più complicate. E il suspens è al massimo A quale divinità dell’avere e dell’apparire devolverà Fairouz il suo modesto obolo? Al dio vestito di gellaba marocchina e con un rosario in finta ambra in mano?  O a quello in bikini e che nella mano tiene un cocktail alla frutta esotica colma di pesticidi?  Tale è il dilemma, direbbe l’altro.

 

“La Mecca-Phuket” di Saphia Azzeddine. Edizioni Il Sirente, 2017

 

Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

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