Votare: una trappola o un’esile speranza?

tre riflessioni di Franco Astengo (*)

LA VISIONE DEL PARLAMENTO

«Dalla democrazia parlamentare al (semi) presidenzialismo»: in Italia la modifica della forma di governo sta proseguendo ormai da molto tempo e, dopo vari tentativi falliti, sta accelerando grazie all’avvento di governi guidati in forma extra-parlamentare e la modifica di ruolo e funzioni della Presidenza della Repubblica ben evidenziato dall’andamento delle votazioni presidenziali, sia nel 2013 sia nel 2021.

Molte le concause del fenomeno, prima fra tutte lo svilimento del Parlamento (nel frattempo demagogicamente ridotto nel numero dei componenti, anche grazie a una conferma da parte del corpo elettorale in un referendum condotto effettivamente con un grado molto intenso di volgarità populistica); svilimento della funzioni Parlamentari dovuto, in gran parte, da una legge elettorale sostanzialmente “fabbrica” di nominati; nominati privi di alcuna base di formazione e aggregazione del consenso; e dal mutamento strutturale nella funzione dei partiti passati celermente dalla condizione di “catch all party” a soggetti di supporto alla “democrazia recitativa” sviluppata in esclusiva funzione del potere.

Non a caso la prima vittima è stata il dibattito politico ormai ridotto – lo scrive Nadia Urbinati – a “mostrarsi più concentrato a soddisfare il piacere gladiatorio dei suoi organizzatori e protagonisti che a comprendere quel che sta avvenendo e a orientare l’opinione pubblica”.

Adesso in conclusione della XVIII legislatura siamo ad punto in cui la posizione dell’Italia rispetto al conflitto armato scoppiato in Europa per via dell’invasione russa dell’Ucraina è stata assunta per via decretale senza che, in effetti, alla Camera e al Senato si siano discusse cause e ragioni dell’evento bellico e ci si sia confrontati sulla politica estera, nel frattempo assunta “ad interim” dal presidente del Consiglio “tecnico” che la esercita attraverso una personale presenze nei consessi internazionali e nei propri contatti bilaterali.

Intanto si fa il conto dell’insieme dei provvedimenti che sono rimasti fermi alla Camere, per alcuni dei quali è prevedibile una risoluzione dell’iter legislativo attraverso un frettoloso voto di fiducia (sarà così per la riforma del CSM), oppure un rinvio “sine die” (regolamenti parlamentari, cannabis, DDL Zan, tanto per fare degli esempi).

Però in ballo ci sono vere e proprie emergenze:

1) L’aumento delle spese militari (misura del tutto irragionevole che stanno assumendo Paesi Europei che dovrebbero lavorare per la pace in via diplomatica) produrrà, alla fine, uno spostamento nei termini concreti dell’attuazione del Recovery Fund ideato per fronteggiare la crisi derivante dall’emergenza sanitaria e che in Italia si vorrebbe attuare attraverso il PNRR;

2) Di conseguenza si verificherà quello che, semplicisticamente, può essere definito “arretramento” rispetto alle due grandi transizioni, quella ecologica e quella digitale (potrebbe trattarsi anche di un’opportunità ma per economia di discorso in questa occasione ci si limita all’enunciazione del solo titolo);

3) Del tutto dimenticata la modifica della legge elettorale. Un punto davvero prioritario se sul serio si volesse intendere una restituzione della potestà di scelta dei parlamentari ad elettrici ed elettori. Tra l’altro sulle “liste bloccate” in vigore dal 1994 (corte o lunghe a seconda dei casi) si stanno preparando ulteriori ricorsi alla Corte Costituzionale che, come già accaduto in occasione della legge del 2005 e poi di quell’Italikum di marca renziana mai entrato in vigore, potrebbero avere effetto deflagrante.

A pochi mesi dallo scioglimento della legislatura se si intendesse compiere un passo verso il recupero di un ruolo parlamentare risulterebbe allora importante l’elaborazione di una mozione di carattere generale da presentare alle Camere che, complessivamente, contenesse un indirizzo al governo sui temi appena enunciati.

Si tratterebbe di una sorta di tentativo di recupero del dibattito, dimostrando una “visione complessiva” delle Camere per ostruire la strada a questo possibile – deleterio – passaggio già pericolosamente in corso di trasformazione nella forma di governo.

ELEZIONI: UNA ZIMMERWALD ITALIANA

Mi rivolgo ad alcuni esponenti di quella che può essere definita “sinistra fuori dal perimetro Draghi” al semplice scopo di ricordare alcuni punti che mi paiono di assoluta attualità (e urgenza) e meritevoli di una discussione:

1) Indipendentemente dall’esito delle schermaglie in atto nel sistema politico italiano la data delle elezioni legislative generali si sta comunque avvicinando a grandi passi;

2) La gran parte di attori e comprimari che intendono essere presenti in quella circostanza si stanno già muovendo a colpi di propaganda utilizzando il tema della guerra ( e/o della pace) in maniera del tutto strumentale: così è per il M5S che ponendo il tema delle spese militari si augura di recuperare una parte dell’anima movimentista facendo dimenticare i disastri dei quali questo sedicente Movimento è stato assoluto autore nel corso di questa XVIII legislatura; così è per Fratelli d’Italia che solletica, per contro, un’anima militarista che potrebbe anche percorrere il Paese considerato tono e contenuti della gran parte dell’informazione e delle immagini che sono state diffuse alimentando una sorta di “spirito bellicista” da salotto (persiste nel Paese una sorta di latente dannunzianesimo); così è per Draghi che intende elevarsi, sfruttando l’atlantismo come vera e propria arma di censura, alla condizione di chiedere la propria riconferma al di là di quello che potrà essere l’esito elettorale e arrivare a mutare non solo “de facto” la forma di governo in una torsione presidenzialista;

3) A sinistra più o meno tutto tace mentre il confronto bellico ha spostato i termini del confronto politico. Soprattutto pare abbandonata la possibilità di offrire ai vagiti di risveglio del movimento pacifista una qualche “sponda”, Sponda dalla quale porre con chiarezza il tema della rappresentanza politica necessaria per conseguire un’adeguata rappresentanza parlamentare nella prossima legislatura, con le Camere proditoriamente ridotte nel numero dei componenti;

4) E’ necessario declinare il tema della pace in una forma unitaria facendo in modo che possa trattarsi del “focus” di una possibile progettazione alternativa da far vivere in campagna elettorale e oltre, partendo dalla necessità di sostenere come non possa essere più intesa la pace come semplice intervallo tra le guerre;

  1. Sotto questo aspetto è necessario affrontare alcuni punti che potrebbero risultare dirimenti:a) L’elaborazione di un quadro complessivo di impianto progettuale fondato su di una idea di “Sinistra Costituzionale” in modo da tener ferma la forma della democrazia repubblicana come indicato nella Carta Fondamentale del’48; b) il rapporto tra spese militari, transizione ecologica, transizione digitale, PNRR (rapporto che il procedere bellico sta sicuramente alterando rispetto ai punti di partenza di qualche mese fa);

c) La richiesta di piena applicazione dell’articolo 11 della Costituzione (come di altre parti della nostra Carta Fondamentale) nella necessità di una espressione compiutamente pacifista della “Sinistra Costituzionale”;

d) come è stato sottolineato con grande forza nel corso del seminario “ARS/CRS” del 29 marzo diventa assolutamente centrale il tema dell’informazione (di cui fa parte integrante anche l’utilizzo dei social e l’intera macchina della propaganda) in un momento in cui i media mainstream violano tranquillamente i canoni minimi di deontologia professionale, in Russia, in Ucraina, negli USA ma anche in Italia;

e) l’idea dell’Europa come spazio politico lavorando per trasformarne la struttura istituzionale e la collocazione come semplice avamposto dell’atlantismo partendo dal punto di principio della crisi della globalizzazione e del ritorno alla geopolitica.

Mi auguro si possa giungere rapidamente a un incontro fra tutti i soggetti potenzialmente interessati al fine di poter avviare un confronto serio su di una adeguata prospettiva politica.

Servirebbe una (modesta) riattualizzazione di una Zimmerwald (**) italiana del XXI secolo.

ELEZIONI AMMINISTRATIVE E REFERENDUM

La decisione di accorpare elezioni amministrative e referendum (in questo caso sull’amministrazione della giustizia) nella stessa data del 12 giugno rappresenta un punto molto negativo per la democrazia italiana, come già fu per la scelta di mettere assieme, nel 2020, le elezioni in alcune Regioni e il referendum (in quel caso confermativo) sulla riduzione del numero dei componenti di Camera e Senato.

In questo caso la scelta dell’accorpamento può essere giudicata ancor più stridente con un minimo di conservazione di un principio democratico considerato che, in questo caso a differenza del precedente, la validità dell’esito referendario è legata al raggiungimento della soglia del 50% più uno degli iscritti nelle liste elettorali.

Non entro qui nel merito di specifici aspetti: segnalo soltanto l’evidente difficoltà di scelta, soprattutto nel caso referendario, per una quota rilevante di elettrici ed elettori impegnati anche nella determinazione di una opzione di voto in sede locale e il possibile elemento di “traino” nella partecipazione che sarebbe svolto dalla presenza delle elezioni amministrative, causando così una falsificazione del dato finale.

Non svolgo, in questa sede, un tentativo di offrire spunti di valutazione di merito .

In nome di ragioni superiori di carattere democratico-costituzionale forse sarebbe il caso di pronunciarsi per un respingimento comunque delle istanze referendarie attraverso il non raggiungimento del quorum da realizzarsi attraverso la non partecipazione al voto laddove non ci si deve esprimere per le amministrative, e di non ritiro delle schede referendarie in quelle sedi dove si voterà per le amministrative.

Ritengo però di non argomentare e sviluppare questo (decisivo) passaggio: il mio scopo è soltanto quello di rivolgermi a un’area intellettuale e politica posta al di fuori, a sinistra, del perimetro del governo Draghi e che ha a cuore il dettato costituzionale.

Il mio obiettivo è contribuire a far aprire per tempo una discussione su questo punto, che mi pare di vitale importanza per il mantenimento di un minimo di quadro democratico legata alla Costituzione Repubblicana.

(*) nei giorni scorsi Franco Astengo ha inviato tre riflessioni che ci sono sembrate interessanti intorno alla fine della legislatura, al voto, all’accorpamento con il referendum e a una sinistra “fuori dal perimetro Draghi”. Le riprendiamo oggi, auspicando una discussione.

(**) il riferimento è alla Conferenza di Zimmerwald – o Prima conferenza internazionale socialista – che si tenne dal 5 all’8 settembre 1915 in Svizzera, nel comune di Zimmerwald per iniziativa di Angelica Balabanoff e di Robert Grimm.

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – sono tutte di Mauro Biani.

Redazione
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Un commento

  • Gian Marco Martignoni

    A pochi mesi dalle elezioni non avverrà alcun recupero del ruolo del parlamento, giacchè non si intravedono forze politiche interessate ad un rilancio della sua funzione, stante la scomparsa di qualsiasi sinistra di classe in grado di rappresentare le ragioni di un ampio blocco sociale .Leggendo Il manifesto di ieri, emerge che una eventuale legge elettorale proporzionale alla tedesca ( con lo sbarramento al 5 % ) potrebbe delinearsi nel caso che la Lega, timorosa di un sorpasso da parte di Fratelli d’Italia, optasse per questa soluzione, propedeutica ad una continuità futura di Draghi anche dopo le elezioni del 2023.Meglio essere in un governo di larghe intese, che continua a navigare pasticciando e senza decidere troppo, piuttosto che lasciare il boccino nelle mani di Giorgia Meloni. Insomma l’iniziativa politica è in mano alle destre, stante gli attuali rapporti di forza, e per quanto riguarda la proposta di una ” sinistra costituzionale ” l’articolo di Massimo Villone oggi su Il manifesto , a proposito di ” difesa legittima in Ucraina ” , è emblematico in senso deteriore, poichè coincide con le posizione del presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato. Ovvero come aggirare l’articolo 11 della Costituzione : Villone mediante un comma dell’articolo 10 ; Amato più esplicitamente attraverso l’articolo 78. Fortunatamente Giuliana Sgrena rompe il velo dell’ipocrisia, domandandosi in un articolo davvero meritorio : ” Possibile che in Ucraina invece tutti siano a favore della continuazione della guerra fino alla vittoria ? “, dato che continuano ad invocare l’invio di armi.

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