Libano: Resistenza o re-esistenza?

di Alessandro Taddei

La situazione in Libano diventa pesante. L’aria è tesa. Oggi camminavo per le rovine romane di Tiro, quasi nessuno per strada. Eppure Tiro è quasi tutta sciita e non potrebbe succedere niente.
Dopo che Chirac ha voluto a tutto i costi coinvolgere il Tribunale Internazionale sul caso dell’ uccisione di Hariri padre, sono cominciati i conflitti tra Hariri figlio e Hezbollah, accusato dell’omicidio.
Poi qualche settimana fa il governo cade con un colpo di mano del Partito di Dio: i 10 rappresentati del partito in Parlamento escono dal governo convincendo un altro politico del partito di Hariri ad andarsene.
Governo caduto, stato di instabilità. Poi sono cominciate le piccole dimostrazioni di forza.

Sciiti contro sunniti.
Hezbollah l’altra mattina a Beirut alle sei della mattina ha fatto uscire le milizie vestite di nero, nessuna arma in mano ma tensione e paura.
Allora viene in mente la Jugoslavia e la parola polveriera. Volendo qui la situazione è così surreale che si potrebbe pensare di essere dentro ad una polveriera.
Soprattutto a Beirut dove i quartieri sono divisi per religione, dove a Sud gli sciiti sono in maggioranza e Hezbollah predomina.
E la parola Resistenza taglia l’aria attraverso gli auto parlanti della auto.
Oggi faccio le prove. un ragazzino mi fa vedere la bandiera libanese. Io gli dico ridendo Resistenza e lui mi guarda e scuote la testa.
Dice no, io ragiono con la mia testa. Voglio stare in pace.
Perché la parola resistenza non è una nuova esistenza? No, qua in Libano è un appartenenza ad un partito politico o ad una religione.
Resistere qui vuol dire appartenere. Questa volta ci sono gli israeliani di mezzo? Non importa: la resistenza non è contro di loro, la partita si gioca in casa.
Mi viene da pensare camminando per la strada delle rovine romane che non vorrei trovarmi in mezzo ad una guerra civile. E nemmeno so cosa vuol dire veramente.
L’altro giorno parlo con il montatore delle immagini che lavora nello spettacolo. Fa cinema e vive in un quartiere popolare di Beirut.
Mi fa vedere le foto della città nel 1991 finita la guerra civile, cominciata nel 1975, perché da un po’ di tempo ha incubi alla notte senza una ragione apparente, sono cominciati attacchi di panico e ha una paura inconscia ad uscire di casa
Quando cammina per la strada principale del suo quartiere ha flash nella memoria che lo stravolgono e gli gettano addosso questo panico. Io non so cosa vuol dire. Posso solo ascoltare.
Quando mi volto dietro vedo una foto appesa di un automobile vecchia. Era l’auto che avevo quando ero piccolo, dice. Ricordo il giorno che la guerra nel 1982 ha portato alla strage di Chabra e Chatila. Ero in macchina, mi ricordo la canzone che passava per la radio e mi ricordo dei colori dei palazzi che ora non ci sono più.
L’ago della bilancia di questa tensione sono i drusi continua lui, una parte si schiererà con Hairiri e i sunniti l’altra parte con Hezbollah e gli sciiti. E i cristiani? Bella domanda per essere in una polveriera.

Ci sono le barche pronte a Tiro per portare gli internazionali come noi a Cipro in caso scoppiasse un’altra guerra civile, le barche dell’Unifil, che osservano, guardano e niente più. C’è sempre una porta aperta per chi viene da fuori e gode di questo privilegio che alla fine ti impedisce di capire veramente. Vicino al meccanico un bambino di 9 anni tiene un fucile ad aria compressa in mano, ogni tanto spara aria. In aria non cambia niente, nella sua faccia si, non ha paura e non gioca. E ha solo 9 anni. Sono gli stessi ragazzini di sempre. Non c’è differenza nel tempo, solo nei loro sguardi il tempo ha cambiato qualcosa. L’appartenere a qualcosa ti riempie la vita, una vita-non vita in attesa di partire, di andare incontro al simbolo, alla bandiera o all’idolo che più ti fa sentire forte e sicuro.
Che differenza c’è tra un sunnita e un sciita? Ho avuto bisogno di molto tempo per imparare a memoria la storia.
Ora non me la ricordo quasi più ma non importa, qua dicono che per capire la differenza bisogna ascoltare i nomi della gente, se uno si chiama Ali è sciita, se un altro si chiama Omar è sunnita.
Questione di nomi.
Io sogno una resistenza umana e culturale, che permetta ai nomi di camminare in forma di persona e alle religioni di tornare in un vaso di cristallo pieno di acqua benedetta. Che siano un prontuario privato e un gioco dell’anima spirituale, non una faccenda da consumare alla tavola esterna a uso e consumo del potere che tradotto nella lingua di questo momento, in Libano, si fa chiamare Resistenza.
Io sogno la re-esistenza, che nella mia lingua suona come sogno di una nuova esistenza.

Cambiamento?
Il 24 gennaio Hezbollah vince la sua battaglia, il governo di Hariri, al soldo degli Usa ha perso. Oggi il presidente Michel Suleiman ha chiamato Najib Mikati (Sunnita alleato di Hezbollah) per formare il nuovo governo. Mikati, riceve il sostegno posteriore di 68 dei 128 deputati del parlamento
Cambiamento? Per l’asse internazionale sicuramente si. Gli Stati Uniti che dal 2006 hanno versato $720 milioni in aiuti militari per tentare di condurre il Libano verso il modello occidentale e far così finire l’influenza di Hezbollah, della Siria e dell’Iran hanno espresso “grandi preoccupazioni” sul fatto che Hezbollah possa governare il paese.

Hassan Nasrallah (leader di Hezbollah) comunque tutto è fuorché un pazzo terrorista, piacerebbe all’Europa e agli Stati Uniti  continuare a tacciarlo come pericoloso uomo dell’asse del male.
In realtà è uno stratega intelligente, uomo di potere sicuramente, ma che con intelligenza e con poca tensione è riuscito a far cadere un governo corrotto, di impronta americana – saudita.
Israele per il momento tace.

Forse all’interno del Libano non cambierà niente, la cosa interessante è che Mikati non ha mai fatto parte né della coalizione di Hezbollah né di quella di Hariri in precedenza. In questo momento ci sono ancora scontri nelle zone sunnite di Tripoli e Sidone ma l’ex primo ministro ha chiesto ai suoi di rientrare e non continuare gli scontri.
Il panettiere di fronte a casa mia questa mattina mi ha guardato sorridendo e mi ha detto, Hariri è finito dopo molto, moltissimo tempo. Una liberazione.
Io mi sono sentito di capirli, al di là di ogni dietrologia o logica di potere, comunque è un cambiamento importante per loro. E noi?
Quando lo faremo anche noi il cambiamento che ci farà sentire di nuovo vivi, e provare la gioia di vedere veramente la primavera?
( PS: Forse è un po’ da illusi ma vedere gli yankee prendersi uno scacco è sempre divertente).

Per maggiori informazioni sull’omicidio di Hariri e della tensione in Libano consultare il giornale libanese francofono: http://www.lorientlejour.com/
Per conoscere più approfonditamente le questioni relative al nuovo governo veder i seguenti link in lingua spagnola e inglese

http://periodismohumano.com/en-conflicto/el-libano-se-mira-en-el-espejo-de-gaza.html

http://english.aljazeera.net/news/middleeast/2011/01/201112535328227823.html

http://www.alarabiya.net/articles/2011/01/25/134914.html

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Non so molto del Libano oggi. Naturalmente diffido delle informazioni ufficiali “pua” (pensiero unico annesso) e mi fido degli occhi e del cuore di Alessandro.
    Vivendo sempre con un piede (una chela? un tentacolo?) nel cosiddetto reale e con l’altro nella fantascienza e dintorni per me Libano significa immediatamente ripiombare nello sconvolgente racconto “Febbre di guerra” di James Ballard. Se non lo conoscete, leggetelo nell’antologia omonima (Rizzoli) oppure nella ristampa di tutti i suoi racconti (Fanucci). In ogni caso qui ne trovate una sintesi, molto parziale e dunque scorretta (almeno dal punto di vista letterario) digitando il post “Il tranquillo calduccio della paura” su codesto blog e scorrendo verso la fine. Ma questo “calduccio” cos’è? Una lettura teatrale a due voci che ogni tanto porto in giro. Ho fatto uno spot? No, trattasi di informazione (db)

  • io ricordo poco… le immagini delle bombe e la gente che fugge… ansia, in tempi ancora (non più) abituati alla guerra.
    una frase mi ha innamorato:” io sogno una resistenza umana e culturale, che permetta ai nomi di camminare in forma di persona e alle religioni di tornare in un vaso di cristallo pieno di acqua benedetta.”
    grazie, ed ora che esplodono Albania, Egitto, Tunisia… speriamo che almeno il Libano, che ha già dato, sia preservato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *