Argentina: fabbrica saccheggiata dai padroni

La brutta storia di Electroquímica El Carmen

di David Lifodi

Oltre un anno fa, il 19 dicembre 2013, i lavoratori di Electroquímica El Carmen, una fabbrica argentina situata nella provincia di Jujuy (zona nord-occidentale del paese), vengono licenziati. I padroni dell’impresa, Pablo Rafaelli e Oscar Zeballos, non sono più in grado di far fronte al pagamento degli stipendi e delle commesse, o almeno così dicono. Come già successo decine di altre volte, in Argentina e nel resto del mondo, i padroni scappano, ma intendono farlo con la cassa e i macchinari: nasce da qui la toma della fabbrica, decisa dai lavoratori nel gennaio 2014.

L’occupazione della fabbrica si protrasse per sei mesi, ma i 60 lavoratori di Electroquímica El Carmen, adesso abbandonati del tutto a loro stessi, non riuscirono ad ottenere nulla, né i salari né la possibilità di autogestire l’impresa, nonostante i numerosi incontri svoltisi con la Secretaría de trabajo. Nel frattempo, i lavoratori erano stati traditi anche da un curatore fallimentare che aveva promesso di sostenere la loro vertenza legale a patto che avessero abbandonato l’occupazione della fabbrica. Eppure Electroquímica El Carmen non era un’impresa qualunque: produceva prodotti chimici essenziali per la potabilizzazione dell’acqua. I lavoratori furono costretti a lasciare la fabbrica sotto pressione della polizia, che sgomberò l’edificio e poi, tra lo sconcerto generale, accettò il pranzo offerto da Pablo Rafaelli e Oscar Zeballos: i padroni ringraziavano gli agenti per il pronto intervento a loro tutela. Oggi, quella che una volta era la Electroquímica El Carmen si è trasformata in Avanti S.A. che prende il nome dall’impresa di trasporti a nome di Enzo Raffaelli, figlio di Pablo, ed utilizza manodopera in nero pagata poco più di 100 pesos. Pablo Raffaelli, che ha legami con il governo provinciale di Jujuy, noto per riciclaggio di denaro sporco e operazioni di finanza creativa, proprietario anche di miniere dedicate all’estrazione di oro, ha dalla sua parte polizia, istituzioni locali, avvocati corrotti e sindacati gialli: lo stesso licenziamento dei lavoratori, insieme ad un indennizzo che gli operai in realtà non hanno mai percepito, malgrado le denunce presentate al Ministerio del Trabajo, non hanno condotto all’assunzione di responsabilità da parte di Rafaelli e Zeballos. La mobilitazione dei lavoratori è proseguita nel disinteresse del governo provinciale, colluso con gli imprenditori, ma con la solidarietà agli operai e alle loro famiglie da parte del Sindicato de Industrias Químicas di Salta, della Confederación General del Trabajo, del Sindicato Único de Empleados del Tabaco e del piccolo Partido de los Trabajadores Socialistas. Nel frattempo, la fabbrica si trova ormai in condizioni fatiscenti: anche prima della chiusura, negli ultimi 13 anni Rafaelli e Zeballos non avevano fatto alcun tipo di investimenti per rimetterla a norma: cavi elettrici esterni alle prese di corrente, infiltrazioni d’acqua, tubature rotte e il tetto danneggiato mettono seriamente a rischio la stabilità dell’intero edificio, oltre ad aver già provocato seri problemi di salute ad alcuni operai. Nonostante tutto i lavoratori di Electroquímica El Carmen sperano tuttora che gli imprenditori proprietari della fabbrica si presentino con una qualche proposta per risolvere il conflitto, ma soprattutto per recuperare di nuovo il loro posto di lavoro, un’impresa che si preannuncia disperata e che, probabilmente, non avrà il lieto fine della celebre Zanon di Neuquén, specializzata nella produzione di piastrelle e autodenominatasi Fábrica Sin Patrónes. La situazione dell’ Electroquímica El Carmen è frutto della precarizzazione del lavoro, dell’assenza del governo provinciale, responsabile di aver omesso l’obbligo di ordinare delle ispezioni in fabbrica e di preferire il dialogo con i padroni ad uno sviluppo del territorio da gestire in collaborazione, o comunque sentendo il parere, degli operai. In una lettera inviata dai lavoratori di Electroquímica El Carmen alla società civile di Jujuy, gli operai hanno raccontato il loro licenziamento illegale e la toma della fabbrica nonostante le condizioni di insalubrità e insicurezza dell’edificio dove ha sede l’impresa. Finora Rafaelli, che in qualità di funzionario del Ministerio de Minería di Salta e Jujuy ha contribuito allo sgombero di comunità che abitavano nei territori dove sono state costruite le sue miniere d’oro, è riuscito a svicolare anche sul giusto indennizzo che spetterebbe ai lavoratori licenziati, rimasti inoltre senza alcun contributo nell’indifferenza della Dirección Provincial de Trabajo.

La storia dell’Electroquímica El Carmen è la cronaca di un abbandono programmato della fabbrica nel segno dell’inganno perpetrato ai danni dei lavoratori da parte delle istituzioni, che hanno permesso ai due proprietari di entrare a loro piacimento nei locali dell’edificio per mettere in pratica il cosiddetto vaciamento dei locali dell’impresa. Estamos a la deriva, denunciano i lavoratori,a  cui nessuno ha ancora dato una motivazione in merito al licenziamento.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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