Argentina: Milei sposa le ricette del FMI

Un grande piano di austerità tra licenziamenti, rincari e tagli alle pensioni

di Federico Giusti

Foto: https://www.resumenlatinoamericano.org/

 

Come sempre accade, passata la sbornia elettorale si svela la vera essenza dei governi reazionari. Dopo la vittoria di Milei alle elezioni presidenziali in Argentina il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale avevano ricordato al paese sudamericano la gravissima crisi economica in cui si trova e il debito pubblico da tempo in continua crescita e ormai fuori controllo. Trascorse poche settimane arriva puntuale la prima manovra economica del ministro dell’Economia argentino che ha presentato un autentico piano di guerra contro i lavoratori: licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici e tagli indiscriminati al welfare, l’esatto contrario delle promesse in campagna elettorale di Javier Milei.

Cancellare i sussidi per i servizi pubblici, aumento delle tariffe, svalutazione della moneta ma soprattutto tagli e licenziamenti di massa avranno l’effetto di falcidiare il potere d’acquisto dei salari, delle pensioni e ridurre ai minimi termini i programmi sociali.

Altri tagli sono annunciati in virtu’ della riduzione dei trasferimenti dallo Stato nazionale alle province, la fine dei sussidi all’energia e ai trasporti e il rincaro generalizzato delle tariffe del servizio pubblico oltre al mancato rinnovo dei contratti pubblici e parliamo di interventi destinati a mettere in ginocchio ogni Provincia argentina.

Ricette tipicamente neoliberiste, come l’annuncio di riduzione delle tasse per le imprese e il grande capitale in un contesto economico disastroso, per un Presidente che si era espresso contro la casta economica e politica salvo poi ricredersi e dare vita ad un piano, senza precedenti, di austerità senza intaccare il potere economico del grande capitale finanziario, terriero ed industriale argentino.

All’orizzonte un crudele attacco alle condizioni di vita per milioni di lavoratori e lavoratrici e a conferma di chi siano i mandanti di questo piano di austerità arrivano le dichiarazioni dei vertici del FMI

“Accogliamo con favore le misure decisive annunciate oggi dal presidente Javier Milei e dal suo team economico per affrontare le principali sfide economiche dell’Argentina: un passo importante verso il ripristino della stabilità e la ricostruzione del potenziale economico del paese”.

 

 

Redazione
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Un commento

  • Argentina: le nuove misure del governo Milei per la repressione della protesta sociale.

    Solo pochi giorni fa, quando sono state annunciate le prime misure del nuovo governo, abbiamo elencato i chiari segnali dati fino a quel momento dell’escalation repressiva che stava arrivando, di pari passo con le nomine di Patricia Bullrich e Luis Petri nei portafogli della Sicurezza Nazionale e della Difesa, e di Waldo Wolff e Diego Kravetz nella Sicurezza di Buenos Aires e nella leadership della Polizia Municipale. Con questi quattro nomi di cui abbiamo ben sofferto le precedenti amministrazioni, non è necessario elaborare ipotesi, con l’aggiunta che la loro incorporazione nel governo di La Libertad Avanza promette ancora più durezza che nel governo di Cambiemos.
    Il protocollo anti-piqueteros annunciato dal ministro Bullrich appena 24 ore dopo che il ministro dell’Economia ha liquefatto il reddito delle famiglie argentine di oltre il 120% è il segno più chiaro che la repressione è la strada scelta per garantire il mega-aggiustamento in corso.
    Come nel 2016, quando annunciò un protocollo simile, Bullrich impone con questa risoluzione lo stato di emergenza con sospensione dei diritti democratici e delle garanzie costituzionali. Al fine di raggiungere il suo obiettivo di vietare tutte le rivendicazioni contro le misure antipopolari, decreta l’illegalità di qualsiasi manifestazione, mobilitazione o atto di protesta; adegua a piacimento ai requisiti oggettivi e soggettivi per il reato di cui all’articolo 194 c.p.; Ordina alle forze federali di agire direttamente senza l’ordine di un tribunale o di un pubblico ministero e pone la “liberazione della strada pubblica” come obiettivo immediato con l’autorizzazione all’uso della forza.
    Inoltre, impone l’identificazione di “autori, complici e istigatori” attraverso ricerche di immagini con qualsiasi dispositivo, con registrazione prioritaria dei dati dei leader e delle organizzazioni collegate, e di arrestarli; individuare i veicoli che trasportano le persone alle manifestazioni e i loro autisti e creare un’anagrafe – una vera e propria “black list” – con tutte quelle informazioni su persone e organizzazioni che saranno conservate dal ministero stesso. La stessa persecuzione si applica nel caso di madri e/o padri che partecipano a mobilitazioni con i loro figli, che saranno sanzionati.
    Annuncia inoltre che individui e organizzazioni saranno citati in giudizio per danni. Come hanno già cercato di fare dal Comune di Buenos Aires con le cause, ancora in corso, contro le organizzazioni politiche che si sono mobilitate nel dicembre 2017 contro la famigerata riforma delle pensioni e contro le madri e i padri degli studenti che hanno occupato le scuole in difesa dell’istruzione pubblica. Alle organizzazioni sociali e politiche, inoltre, viene addebitato anche il “costo legato alle operazioni di sicurezza”. In altre parole, ti picchiano e poi ti fanno pagare per il bastone. Nel caso dei migranti, promette l’espulsione tramite la Direzione delle migrazioni, copiando quanto accaduto con i venezuelani e i turchi detenuti arbitrariamente il giorno della marcia contro la legge di bilancio, che non hanno nemmeno partecipato alla mobilitazione. Potremmo rivangare ciò che è stato detto durante i quattro anni di Macrismo, ma questa volta con maggiore durezza e tutto d’un fiato.
    Infine, il protocollo abroga la risoluzione 210/2011 del Ministero della Sicurezza, emanata poco dopo il massacro repressivo nel Parco Indo-Americano sulla falsariga di quella del 2002, dopo i 39 morti nella repressione della ribellione popolare del 2001, che stabiliva alcuni limiti all’azione delle forze federali in situazioni di protesta o conflitto sociale.
    Ad esempio, il divieto di portare armi da fuoco con proiettili di piombo, l’obbligo di esporre il distintivo con il nome e il grado dei funzionari, nonché di intervenire gradualmente e progressivamente, attraverso il dialogo, con i manifestanti.
    Non è esagerato, quindi, definire la risoluzione 943/2023 come l’imposizione dello stato di emergenza con sospensione dei diritti e delle garanzie. Si vieta l’esercizio del legittimo diritto di protesta, si compiono progressi nella criminalizzazione delle persone e nella persecuzione delle organizzazioni popolari, si consente l’uso immediato e diretto della forza e l’arresto dei manifestanti, e si cancellano con un tratto di penna tutte le norme imposte dalla legislazione nazionale e internazionale in materia.
    Riteniamo lo Stato nazionale, le province e la città responsabili di agire in modo analogo per le conseguenze di questa politica di repressione a danno di individui e organizzazioni e ne chiediamo l’immediata abrogazione.

    Tratto da l sito della CORREPI (Coordinadora Contra la Represión Policial e Institucional).
    http://www.correpi.org/2023/protocolo-para-la-represion-y-la-criminalizacion-de-la-protesta

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