Cile: offensiva revisionista contro la memoria

Indulto ai criminali di guerra, negazionismo e la proposta di creare un Museo della democrazia che equipara oppressi ed oppressori: la destra cilena tenta di riscrivere la storia con l’aiuto di gruppi e partiti politici di ispirazione apertamente fascista

di David Lifodi

In Cile è in corso un inquietante processo revisionista volto a travisare la storia: dal presidente Piñera a gruppi politici di ultradestra fioriscono una serie di iniziative il cui unico scopo è quello di riabilitare i carnefici che, dal colpo di stato militare dell’11 settembre 1973 in poi, si sono resi responsabili dei peggiori crimini contro l’ampio movimento di opposizione al pinochettismo. L’ultima provocazione riguarda la creazione di un Museo della democrazia, che andrebbe a bilanciare, per così dire, il Museo della Memoria, ritenuto un luogo di parte perché incentrato esclusivamente sulle vicende dei desaparecidos, in un estremo quanto improbabile tentativo di mettere sullo stesso piano oppressi ed oppressori. Musica per le orecchie del Movimiento Social Patriota, partito politico di estrema destra in cerca di legittimità e consensi in tutto il paese e che già si era scagliato contro il memoriale a Villa Grimaldi, luogo di atroci torture inflitte dalla polizia politica agli ordini di Pinochet.

In Cile non c’è mai stata una vera e propria riconciliazione sulla persecuzione operata dal regime militare, tantomeno una memoria condivisa, come dimostra la recente decisione del presidente Piñera di concedere l’indulto a René Cardemil, torturatore della Dina che non ha mai dichiarato di essere pentito per i crimini commessi, anzi, li ha sempre rivendicati con orgoglio. Per inciso, il diritto internazionale vieta di concedere l’indulto ad un condannato reo confesso per crimini di lesa umanità. Così, mentre il New York Times  informava che l’esercito cileno, nel 2000, aveva dato fuoco  a tutti i microfilm della Dina per cancellare ogni traccia delle violenze commesse all’epoca della dittatura e alcuni deputati della pinochettista Unión Democrática Independiente si sentono in diritto di rivolgersi in maniera irrispettosa nei confronti dei familiari delle vittime del terrorismo di stato, cresce un’ondata negazionista volta a giustificare la cancellazione della democrazia come ultima opportunità per frenare l’avanzata dell’Unidad Popular di Allende.

Chi, in tutto questo, ci sguazza è il Movimento Social Patriota, che soffia sul fuoco della guerra tra poveri e, con parole d’ordine all’insegna del più becero qualunquismo, cerca di far presa sull’elettorato sulla scia delle modalità di propaganda di partiti e gruppi neofascisti in Europa. Cavalcando un forte scontento sociale, sfruttando le profonde disuguaglianze ancora oggi presenti in Cile, sostenendo, a modo loro, politiche sociali volte a privilegiare i cileni rispetto agli immigrati e appoggiando quell’integralismo religioso che vede nella famiglia tradizionale l’ultimo baluardo di fronte ai movimenti lgbt (Con mis hijos no te metas, no a la dictadura gay), non ci sarebbe da sorprendersi se pian piano formazioni politiche di ispirazione neonazista arrivassero a guadagnare voti e seggi alle prossime elezioni municipali.

La forza del Movimiento Social Patriota, a differenza dei movimenti sociali di sinistra nati intorno ai conflitti ambientali e per rivendicare il diritto all’istruzione, il rispetto dei diritti umani e tutelare la sanità pubblica ecc…, si propone come alternativa reazionaria, se non apertamente socialfascista, di fronte alla crisi dello stato. In questo contesto non va dimenticato come in occasione delle ultime presidenziali, che quasi un anno fa hanno condotto di nuovo Sebastián Piñera alla Moneda, al primo turno ha ottenuto un buon numero di voti José Antonio Kast, che si presentava a destra dell’attuale presidente con il suo partito Acción Republicana e i cui voti sono andati allo stesso Piñera in occasione del ballottaggio con Alejandro Guillier. Dall’invocazione della pena di morte per i pedofili alle campagne xenofobe, passando per le battaglie contro l’aborto e i diritti per gli omosessuali, il Cile procede verso una pericolosa involuzione sociale.

“Siamo contro il multiculturalismo” è la principale parola d’ordine della destra radicale cilena, che insiste sul tema della migrazione “come una minaccia all’identità nazionale” e sfrutta il disorientamento di un paese dove la precarietà lavorativa, dei servizi pubblici e l’alto livello di corruzione finiscono per convogliare il malcontento verso partiti antisistema da slogan facili e qualunquisti, per quanto non condivisibili. Di fronte al tentativo dell’estrema di destra di politicizzare la società civile in senso fascista e xenofobo i movimenti sociali hanno di fronte un duro compito, anche perché il governo utilizza il Movimento Social Patriota e altri gruppi simili per tenere a bada le organizzazioni popolari.

Finché la maggioranza dei cileni non opporrà un netto rifiuto e riterrà inaccettabile che il Movimiento Social Patriota o Acción Identitaria partecipino alla vita politica del paese, c’è il rischio che l’estrema destra continui a prosperare giocando sulle contraddizioni e sulle difficoltà della società.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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