Civitavecchia, Cingol-ENI e la finzione ecologica

Due testi di Mario Agostinelli. A seguire l’appello promosso da Alex Zanotelli, Alfonso Navarra, Marco Bersani e altri.

 

DE SCALZI, STARACE, IL CLIMA E NOI

di Mario Agostinelli (*)

La fastidiosa rissa che il ministro Cingolani vorrebbe innescare a proposito del nucleare potrebbe avere pretese nascoste a tutela del potente mondo degli affari che guarda con fastidio e non celato timore all’esclusione dei fossili dal panorama energetico futuro. Impossibili da cancellare due referendum: più facile abbattere le resistenze delle popolazioni contro il gas facendole capitolare una alla volta, come sta avvenendo a La Spezia contro il parere della stessa regione Liguria. Il disegno di uno stillicidio di riconversioni di centrali da carbone a gas in attesa di una tecnologia inaffidabile sembra confermato dalla mappa che il 9 dicembre il Sole 24 ore ha pubblicato in attesa dei permessi ministeriali e sotto la copertura del decreto semplificazioni adottato dal governo Draghi.

Ma, mentre Cingolani motteggiava su nucleare e gas con De Scalzi (AD dell’ENI) dal palchetto televisivo della festa della Meloni ad AtrejuTV, piovevano le dichiarazioni di ben altro tenore di Starace, responsabile di ENEL, in totale dissintonia, aperte sorprendentemente a tener conto anche della lotta contro il turbogas a Civitavecchia, peraltro riportata dal diffusissimo quotidiano spagnolo “el periodico” e citata dai Friday for Future all’assemblea di Brescia come lo snodo da cui passa la riconversione ecologica italiana.

Una divaricazione strategica sulla politica energetica e climatica tra ENEL e ENI è un fatto completamente nuovo, su cui è utile una riflessione molto ampia con una ripresa di protagonismo dei cittadini, dell’ambientalismo, del mondo del lavoro. Lo sciopero del 16 non va ridotto solo ad una dovuta rivendicazione su fisco, condono e delocalizzazioni, ma è il segnale di una critica alla politica economica di Draghi, che ripropone il dopo pandemia sulle orme delle pretese di Confindustria.

Il confronto aspro tra ENI ed ENEL avviene al riparo di un governo che non perde occasione per ridare fiato alla reiterazione dell’impiego dei fossili coi soldi pubblici, sia nel caso del CCS che della “tassonomia verde”. Ma tutto avviene nel silenzio.

Il contrasto di fondo interno ai due Enti – peraltro a partecipazione pubblica – ha, evidentemente, i suoi fans: Salvini e Meloni dalla parte dell’ENI; la finanza “verde” europea e mondiale, assistite dalle agenzie internazionali per l’energia e il clima e dai climatologi dell’IPCC, in appoggio all’ENEL. Intanto, Draghi, Letta e Franceschini stanno in prudente defilo, forse in attesa dell’entrata nel campo continentale della legione tedesca del nuovo governo “Semaforo”.

In questa situazione è incomprensibile il manifesto congiunto di Confindustria e sindacati elettrici, reso pubblico il 27 novembre, in cui il futuro del gas e gli aiuti europei al CCS vengono richiesti in un contesto drammatico come l’attuale anche sotto il profilo dell’occupazione e della politica industriale, manifatturiera, del settore energetico cui andrebbe a grande beneficio la riorganizzazione dell’intero sistema elettrico nazionale con fonti rinnovabili.

C’è un’ultima valutazione che sembra sfuggita al dibattito in corso ed ai media più diffusi: le sorti economico-finanziarie dei due colossi energetici che stanno adottando politiche opposte anche in questo ambito.

Mentre nel 2010, le società dei settori dell’energia, dei servizi pubblici, dei materiali e dell’industria rappresentavano un terzo del numero di azioni nell’indice S&P 500 degli Stati Uniti, alla fine dello scorso anno la loro quota si era dimezzata al 16%. Tutte le grandi corporation del settore stanno correndo ai ripari diversificando e riducendo le prospezioni nei fossili. Purtroppo, non è il caso dell’ENI che nel suo piano mantiene «un obbiettivo di riduzione dell’80% di emissioni assolute al 2050»; prevede «idrogeno blu e verde per alimentare le bio-raffinerie e altre attività industriali altamente energivore, oltre a Carbon Capture naturale o artificiale per assorbire le emissioni residue». Si afferma inoltre che saranno completati 14 grandi progetti, localizzati in Angola, Indonesia, Messico, Mozambico, Norvegia ed Emirati Arabi Uniti, che rappresenteranno oltre il 70% della nuova produzione.

Al contrario, secondo una nota diffusa da Bloomberg, «ENEL è l’inventore dell’obbligazione legata alla sostenibilità ed ha appena emesso lo strumento di gran lunga più grande del mondo in un affare da 3,25 miliardi di euro con cui l’azienda mira a ridurre le emissioni dirette di gas serra del 64% entro il 2023, dell’80% entro il 2030 e completamente entro il 2050». Nell’immediato la svolta si impone con l’aumento della propria capacità rinnovabile al 55% entro la fine di quest’anno, al 60% entro la fine del prossimo anno e al 65% entro il 2023. Che c’entri anche Civitavecchia? Almeno il 90% dei nuovi investimenti di Enel deve ora essere allineato ad attività sostenibili, rispetto al 58% dell’anno scorso. In sostanza, il 48% dei suoi finanziamenti proverrà dalla finanza sostenibile entro il 2023 e il 70% entro il 2030.

Ritengo tuttavia che non basti “parteggiare”: occorre entrare in gioco, a partire dai territori e dal lavoro. Va corretto e sconfitto un mondo vecchio e duro a morire: un mondo che sembra volersi inabissare, condannato alla rovina e alla dispersione, come nella discesa verso “La cripta dei Cappuccini” del romanzo di Roth.

(*) ripreso dal quotidiano “il manifesto”

SCIOPERO GENERALE, LAVORO, CLIMA, ENERGIA E AMBIENTE

Lo squarcio aperto dallo sciopero generale del 16 Dicembre è illuminante ed è per questo che lo si vuole oscurare. Non solo fa luce sulla precarietà del lavoro, l’accrescimento delle disuguaglianze e l’insufficienza delle risorse poste a disposizione dei ceti più deboli, ma è una limpida presa di distanza dalla economia politica di Draghi, condotta sotto il segno dell’ineluttabilità dell’emergenza sanitaria e giustificata dall’approccio esaustivo di una scienza medica “ufficiale” dedicata ai sopravvissuti, anziché più compiutamente alla cura universale del vivente. Una cura da cui, come ripete Bergoglio – citato di sfuggita all’atto del suo insediamento dal Presidente del Consiglio – dipenderà sempre di più il futuro dell’intero Pianeta. La scienza medica – quella, non dimentichiamolo, controllata da Big Pharma – ha praticamente sussunto ogni risorsa del Paese ed ha portato ad investire immense risorse pubbliche sui vaccini e per le case farmaceutiche, lasciando in ombra una linea volta ad una politica di investimenti delle risorse pubbliche degli stati sulla sanità, sulla prevenzione sui trasporti, sulle scuole, sulla salute e la rigenerazione del Pianeta. Si è purtroppo tralasciato di investire su tutte quelle cose che all’inizio della pandemia si era detto di voler fare e che sono state messe in elenco di un PNRR che ancora rimane pressoché sconosciuto, quando non funge da copertura di modelli superati, come nel caso delle centrali a turbogas disdegnate nei territori cui sarebbero destinate( v https://www.ilsole24ore.com/art/la-corsa-centrali-gas-ecco-mappa-48-progetti-italia-AEZ4Vk1 ). Così, anche la scienza, per definizione interdisciplinare e in fermento dialettico su obiettivi in continua verifica, con Draghi non ha messo a frutto le sue potenzialità su un arco vasto da poter spaziare sulle più insidiose emergenze che ci ritroveremo aggravate e sulle spalle dei ceti più deboli ed emarginati. La partecipazione dei cittadini, dei territori, delle istanze associative e istituzionali, dei sindacati è stata mortificata ed anche le scienze ne hanno sofferto in un isolamento sociale presidiato da specialisti. Non deve quindi stupire se il Nobel Giorgio Parisi abbia dedicato le sue prime parole di soddisfazione per il premio ricevuto non al successo delle sue formule, ma alle problematiche che l’avanzamento della conoscenza pone alla politica per il brusco cambiamento climatico in corso.

(v. https://www.dire.it/08-10-2021/675208-clima-il-premio-nobel-giorgio-parisi-governi-inadeguati-covid-insegna-ad-agire-in-tempo/ )

Lo sciopero in preparazione nei luoghi di lavoro che Landini e Bombardieri hanno sapientemente indetto, fa presente al Paese che il mondo del lavoro pretende, proprio quando la pandemia è in corso, uno sforzo di cambiamento strutturale nel sistema liberista – indiscusso vincitore al presente – ma nemico del risanamento climatico, della cura del Pianeta, della giustizia sociale. Intanto che i nostri tg e i talk show inanellavano da mane a sera dati sui contagi, il nuovo governo tedesco raggiungeva un accordo definitivo sul superamento dell’energia nucleare e spingeva per traguardi ambiziosi sulle rinnovabili, mettendo in allarme i tessitori europei della nuova tassonomia verde da adottare per i fondi pubblici europei. La Spagna Intanto spostava il suo potenziale elettrico su eolico e solare e nel Baltico si innalzavano pale da decine di MW ciascuna. In compenso, con i cittadini a far da spettatori in uno scenario desolante saturato dal “totoquirinale” e dalle previsioni per febbraio 2022 sull’ex guida della BCE, i nostri ministri, chiamati in causa sulla transizione energetica e sulla politica industriale, motteggiavano sul ritorno dell’atomo e facevano passare sotto silenzio la privatizzazione dell’acqua per decreto, registrando impotenti una pioggia di richieste di delocalizzazioni di imprese.

Energia, salute acqua, lavoro: quattro temi che non possono che essere al centro di uno sciopero generale provvidenziale. Si salderebbe così un debito tra lavoro e studenti e ambiente e si cancellerebbe un improvvido manifesto corporativo sottoscritto con Confindustria dai sindacati di categoria confederali degli elettrici ed esibito come un trofeo da Cingolani e Descalzi.al palco di Atreju, la festa della Meloni. Nel documento congiunto Confindustria-Sindacati Elettrici confederali (v. https://www.filctemcgil.it/index.php/notiziario/iniziative/lavoro-ed-energia-il-manifesto) ci si spinge addirittura a chiedere di considerare accettabile il metano nella tassonomia verde UE, intaccando così la credibilità al Green Deal e tirando un colpo mancino alle popolazioni che, come a Civitavecchia, riprogettano con esperti, imprese e ricercatori un apparato di produzione elettrica non fossile.

Il 15 dicembre pomeriggio verrà installata una tenda di fronte al Mite per ricordare gli impegni imposti su acqua e nucleare dai referendum del 2011 e per contrastare il ricorso al gas fossile nei nuovi impianti energetici. C’è una continuità tra la tenda e l’astensione dal lavoro del giorno dopo: il conflitto e il dissenso rendono più forte la democrazia e meno soli i rappresentanti soprattutto quando gli interessi in campo travalicano le corporazioni e guardano alle nuove generazioni e al diritto all’ambiente ed al lavoro. Perfino tra ENI ed ENEL al massimo livello si è aperta una diversa visione del ruolo delle partecipate pubbliche sul destino delle fonti fossili e rinnovabili. Perché mai non ne dovrebbero essere attivamente informati e partecipi i cittadini che pagano le tasse e le bollette?

E’ augurabile quindi che i cittadini, i lavoratori e le piazze mandino il segnale di una inversione – con particolare speranza e fiducia anche nei giovani attivisti che in questi ultimi anni hanno dato vita a grandi manifestazioni per nuove politiche orientate alla piena occupazione “verde”, in una società strutturalmente pacifica e più giusta.

APPELLO PER UNA MOBILITAZIONE UNITARIA IN VISTA DI BILANCIO 2022 E CONSIGLIO UE: UNICA LOTTA PER TAGLIO DEI SAD, POLITICA ECOLOGICA INDIPENDENTE, TASSONOMIA NO GAS E NO NUCLEARE

Il 15 dicembre al Senato il presidente del Consiglio Mario Draghi farà le sue comunicazioni ai parlamentari in vista del Consiglio Europeo che si terrà a Bruxelles il 16 e 17 dicembre. Sarà un vertice importante per l’Europa perché verranno discusse le priorità e gli indirizzi politici della UE e le prospettive del processo di integrazione dopo la chiusura dell’«era Merkel».

Indichiamo proprio il 15 dicembre – nel pieno della discussione della legge di bilancio 2022, e alla vigilia dello sciopero generale del 16 dicembre indetto da CGIL e UIL – quale data per metterci insieme per la giustizia ambientale e sociale, a partire dal rispetto dei referendum del 2011, su acqua e nucleare, prefiguranti nel loro risultato inequivocabile un mandato popolare per un welfare che valorizzi i beni comuni e pubblici.

Siamo forze ed esponenti ecologisti e pacifisti, fortemente critici sulla “transizione ecologica” così come viene delineata dalle politiche governative: faremmo meglio anzi a parlare di “non transizione ecologica”, perché quello che costatiamo, nell’assemblaggio incoerente di politiche di bilancio, PNRR e prese di posizione in sede europea, è l’assenza di un qualsiasi serio disegno di attuazione, fondato su un ruolo trainante degli investimenti pubblici, di un Green New Deal degno di questo nome.

Quella che osserviamo con indignazione è la sudditanza, da parte del governo italiano, agli interessi dell’ENI nella politica energetica, ambientale e persino estera: in particolare il ministro Roberto Cingolani ci appare come un fedele e convinto esecutore di una deriva affaristica spacciata per razionalità tecnocratica, espressa con il mito infondato del nucleare di quarta generazione e da fusione. Riteniamo inaccettabile, ad esempio, anche da un punto di vista di moralità democratica e istituzionale (il voto popolare sui referendum non può essere disprezzato!) che, su questa linea, Cingolani, a Bruxelles, per conto del governo italiano, abbia dato il suo via libera all’inserimento di nucleare e gas nella cosiddetta “tassonomia UE” delle tecnologie da raccomandare e sostenere negli investimenti finanziari necessitanti di marchi certificati (e garantiti con soldi pubblici) di “sostenibilità”.

Il nostro giudizio è che, di questa deriva, il principale motore sia la dirigenza dell’ENI che non intende cambiare rotta rispetto alla centralità del gas nella sua politica e nella politica energetica dello Stato.

Pensiamo che, a questo punto, occorra mobilitarsi contro la volontà, taciuta, ma chiara nei fatti, del Governo di non toccare neanche un euro dei finanziamenti pubblici a favore dei fossili (e non dimentichiamo che il nucleare, nel suo significato letterale, è una energia fossile!). Si tratta non solo dei finanziamenti al CCS, sui quali è acceso da tempo lo scontro, ma di quella marea di 19 miliardi destinati ai Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) cioè per le tariffe agevolate per gli impieghi di idrocarburi di cui fruisce un’ampia platea di settori imprenditoriali.

Ci rivolgiamo – per riempire le piazze come oggi è necessario – con particolare speranza e fiducia ai giovani attivisti che in questi ultimi anni hanno dato vita a grandi manifestazioni per superare l’emergenza climatica e ambientale: nuove politiche orientate alla piena occupazione “verde”, in una società strutturalmente pacifica (energie rinnovabili e disarmo!), trovano radici proprio in quel cambiamento radicale di rotta che essi invocano nei loro “strikes” per evitare il collasso incombente della civilizzazione umana.

La nostra proposta è di darci un primo appuntamento a Roma, dalle 15, in continuità con la Tenda antinucleare delle cittadine e dei cittadini, e di altre esperienze di attiva partecipazione sociale, sotto il Ministero dell’economia e delle finanze, in via XX Settembre, 97.

In collegamento con questa manifestazione, speriamo il più possibile partecipata, riteniamo utile organizzare un incontro on line alle 18:00 per commentare insieme il discorso di Mario Draghi, cioè il suo programma di candidato a perno “conservatore” per la gestione di nuovi equilibri neoliberisti in Europa.

Intendiamo proporre in alternativa, anche alle forze sindacali impegnate nello sciopero generale, soluzioni di conversione ecologica (bellissima espressione usata da Papa Francesco) che non ignorino le sfide epocali che siamo obbligati a fronteggiare: perché le ansie per “la fine del mese”, ce lo insegnano i giovani attivisti impegnati a spegnere l’incendio di una Terra che brucia, deve essere messa in relazione con la preoccupazione per la “fine del mondo” da scongiurare.

Alex Zanotelli, Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Marco Bersani, Fabio Amato, Vittorio Bardi, Ennio Cabiddu, Luigi Mosca, Moni Ovadia, Massimo Scalia, Oliviero Sorbini, Patrizia Sterpetti

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – sono di Ellekappa e di Mauro Biani.

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Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • Forum Mondiale dell’Acqua 2024 in Italia: una candidatura a sostegno delle multinazionali

    Siamo convinti che intorno all’acqua si giochi una sfida drammatica e globale: da una parte ci sono le popolazioni che reclamano un diritto alla vita e all’acqua e lottano perché sia finalmente riconosciuto, dall’altra, ci sono le grandi multinazionali che sull’acqua vogliono costruire il proprio grande business del XXI secolo addirittura con l’appropriazione degli acquiferi e delle fonti o attraverso il lancio di nuovi contratti finanziari derivati – i cosiddetti futures – sul prezzo dell’acqua per giocare in Borsa con la vita delle persone.
    L’acqua è già minacciata dal surriscaldamento globale e dai relativi cambiamenti climatici i cui effetti colpiranno soprattutto gli impoveriti nel mondo e le fasce deboli della popolazione anche nel nostro paese.
    Giovedì 30 dicembre 2021, presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è stata lanciata la candidatura dell’Italia ad ospitare nel 2024 la 10° edizione del Forum Mondiale dell’Acqua.
    E’ noto a tuttə come il Forum Mondiale dell’Acqua sia un evento creato da un organismo, il Consiglio Mondiale dell’Acqua, a cui i governi sono chiamati a partecipare e a discutere sotto l’egida delle più grandi multinazionali del settore che tentano di ottenere il via libera alla definitiva mercificazione del diritto all’accesso all’acqua e la definitiva privatizzazione dei servizi idrici integrati.
    Candidare l’Italia a ospitare il Forum Mondiale dell’Acqua nel 2024, la cui popolazione con un plebiscito di oltre 26 milioni ha votato al Referendum del 2011 per l’acqua pubblica è uno sfregio alla sovranità democratica e alla cittadinanza tutta, che attende da oltre 10 anni una legge per “l’acqua bene comune e diritto umano universale”, di per sé sottratta al mercato e al profitto.
    Allo stesso tempo questa candidatura significa schierarsi dalla parte di chi persegue la mercificazione dell’acqua a partire dalle grandi lobby economiche a livello globale. Il tutto lo si sta facendo con una grande operazione di marketing comunicativo visto che si fa riferimento al concetto di “Rinascimento dell’acqua” comprendendo temi legati alla sostenibilità, inclusione e valorizzazione delle questioni di genere.
    Di fatto un vero e proprio “blue washing”.
    Ci teniamo a stigmatizzare la posizione del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che con estrema disinvoltura è passato dalla prima stella “#acquapubblica” al sostegno alle multinazionali.
    Chiediamo al Movimento 5 Stelle di prendere le distanze da tale posizione e ai sindaci di Firenze, Roma e Assisi di ritirare la candidatura a ospitare questo evento.
    Ci meraviglia constatare come tra i promotori dell’iniziativa ci sia anche la Custodia Generale del Sacro Convento di San Francesco di Assisi. A nostro avviso, questo evento non ha nulla a che fare con la millenaria tradizione di difesa dei beni comuni, a partire da “sorella” acqua, che rappresenta il Convento di San Francesco di Assisi.
    In forza di tutto questo e di fronte al dramma presente e futuro rappresentato dalla carenza d’acqua, dai suoi usi impropri e speculativi che la sottraggono al benessere collettivo, sosteniamo decisamente l’illegittimità del Forum Mondiale dell’Acqua, come luogo rappresentativo delle politiche globali in merito all’acqua e denunciamo che chi sostiene questa candidatura si colloca su posizioni in antitesi con la battaglia a difesa dell’acqua bene comune e con il principio, esplicitato anche nell’Enciclica Laudato Si’, secondo cui l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani.
    Roma, 31 Dicembre 2021.

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