Diabolik, invecchiare…

… rubando – ai ricchi – e (è) stupendo?

Il primo novembre Diabolik ha compiuto 50 anni. In 5 decenni è molto cambiato ma ricomincia sempre da 3: ruba; resta impunito; ama Eva Kant. Immutabili anche la Jaguar, il suo storico avversario (Ginko), il successo in Italia e – oggi un po’ meno; in passato veniva pubblicato in 12 Paesi – all’estero.

E’ il fumetto italiano forse più noto dopo «Tex». Lo inventarono nel 1962 due sorelle milanesi, Angela e Luciana Giussani che, pensando ai pendolari, lo vollero in formato tascabile. Mentre i disegnatori si alternavano, le sceneggiature – dopo la morte delle due sorelle – hanno visto relativamente poche firme, in particolare quelle di Andrea Francia e Mario Gomboli. Una versione cinematografica, diretta da Mario Bava, nel 1968 piacque molto ma… soprattutto fuori d’Italia. Diabolik è stato protagonista anche del primo radiofumetto (su Radiodue nel 2000) e di un audiofumetto (2 anni dopo).

C’è chi stupisce nel vedere come il pubblico resti avvinto da un meccanismo sempre simile: calzamaglia nelle grandi occasioni; maschere per cambiare i connotati; preparazione quasi maniacale dei furti; trucchi tecnologici quanto improbabili; inseguimenti; impotenza della polizia e dunque trionfo finale di Eva (personaggio negli anni sempre più centrale) e Diabolik.

In un divertente libro del 2003 – «La vita privata dei fumetti» – Tito Faraci ridacchia nel ricordare come, negli anni ’60, i benpensanti restassero scandalizzati più dalla convivenza (extra-coniugale) di Eva Kant e Diabolik che dalle loro imprese criminali, spesso sanguinose. Coerentemente con l’avere al centro una “coppia di fatto” il fumetto, all’epoca del referendum sul divorzio, si schierò nettamente: cosa davvero insolita nel mondo parallelo delle nuvolette.

Le vicende sono ambientate a Clerville e in altri luoghi inesistenti: in questo modo le sorelle Giussani forse volevano rendere più universali le loro storie. Da bambino Diabolik fu l’unico superstite di un naufragio. Venne cresciuto in un’isola da una banda di criminali e lì uccise il padre “adottivo”: pochissimo altro abbiamo saputo del suo passato. La coppia criminale continua a vivere nel lusso ma secondo Faraci – che dal ’98 è sceneggiatore del diaboliko fumetto – non è la ricchezza a muovere il duo ma il gusto della sfida. C’è forse un pizzico di ironicamente milanese nel Diabolik che, quando Eva vorrebbe riposarsi, le ricorda che prima viene “il lavoro”.

Rispetto a 50 anni fa i fumetti sono presi molto più sul serio: quando comparve nelle edicole l’uomo in calzamaglia era impensabile, almeno in Italia, una serissima «Storia d’Italia a fumetti» (e invece la farà addirittura Enzo Biagi) o immaginare che Gianfranco Manfredi avrebbe raccontato “a nuvolette” un pezzo del colonialismo italiano. Un po’ del merito va all’idea ma anche alla continuità artigiana – mai eccelsa eppure sempre di buona fattura – delle due Giussani.

Per festeggiare il 50° arriva in edicola un «Diabolik» speciale, a partire dalla copertina, e dalle rivelazioni – si sussurra – di Eva Kant; c’è anche la mostra «50 anni vissuti diabolikamente» (a Milano sino al 21 novembre, poi girerà); fra qualche mese dovrebbe partire su Ski una serie di 13 puntate da 50 minuti. Ne ha fatta di strada quel tipo in calzamaglia.

NOTA SERIA E PUNTUALIZZAZIONI SULL’OMONIMIA

Questo mio articolo è uscito – come di consueto: parola più, parola meno – il 31 ottobre sul quotidiano «L’unione sarda». E però (epperò-peron-pompero-peron) c’è un problema. Il “fumettaro” è l’altro, il Daniele Barbieri mio omonimo del quale ho scritto più volte qui in blog. Ogni volta che io invado il suo campo mi arrivano complimenti immeritati al suo posto e/o lui riceve lodi (o insulti) che non gli spettano. Similmente accade quando lui si avventura dalle parti della fantascienza, cioè in un territorio che mi fu assegnato alla Cmdb (Convenzione mondiale dei Daniele Barbieri) specificamente riservata pdts (per la divisione dei territori del sapere). In seguito a un ricorso del Daniele Barbieri 114, un simpatico emigrato in Kansas dove ripara staccionate «di valore storico», il Tccdb (tribunale controversie concernenti i daniele barbieri) decise che era possibile ai daniele barbieri entrare, non più di 7 volte l’anno e con le doverose precisazioni, nei tds (territori del sapere) di un altro daniele barbieri. Questa era un’informazione che vi dovevo. Ah, sono astemio; è che mi disegnano così. (db, ma quale?)

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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