«Factoring Humanity»: fondamentale e introvabile

jolek (cioè Fabio De Sicot) e db (cioè Daniele Barbieri) stravedono per questo romanzo di Robert J. Sawyer, lo consigliano a tutte/i e di sfuggita invitano l’editore italiano a ripubblicarlo (era uscito su Urania come «Transumani»).


Ha la parola jolek
Empatia, portami via

Leggere un romanzo di fantascienza è spesso un’esperienza inebriante. Ho fatto un patto col dio delle reincarnazioni: nella mia nuova vita rinascerò ricco, in un pianeta dove la giornata dura 48 ore e con tanto tempo a disposizione per leggere e rileggere Dick, Doctorow, Sawyer, Le Guin, Asimov, Gibson, per studiare il Python e anche il Rust.

Due mesi fa, in una Imola che dirvi non so, discussi con un db affascinato da una t-shirt asimoviana, di un libro di Robert J. Sawyer di cui proprio – mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa – non conoscevo l’esistenza. Il romanzo, scritto nel lontano 1998, cominciava con un qualcosa che, nella fantascienza, suona tutto sommato piuttosto banale: un’intelligenza aliena che da Alpha Centauri ha voglia di comunicare con noi, poveri terricoli terracquei. Ommioddio, mi sono detto, un altro Contact – che era bello, comunque – versione Sawyer?

Ci ho messo un po’ di pagine – e false piste – per capire realmente quale fosse il messaggio che Sawyer volesse inviarci. La prima cosa che veramente mi ha stupito è il dettaglio con cui alcuni concetti scientifici venivano descritti. Giusto per citarne uno: avete sentito parlare dell’esperimento della doppia fenditura? Quello che ha permesso di comprendere come la luce possa essere interpretata, a seconda dell’osservatore, come fenomeno corpuscolare o ondulatorio? La spiegazione che ne viene data nel libro è da brividi, roba da accendere la stufetta anche se l’energia elettrica sta raggiungendo prezzi da dobloni d’oro in scala logaritmica. Eppure non è un libro scientifico: è una storia di rapporti umani, interazioni, amori finiti e ricominciati, fedeltà e infedeltà, bugie, misteri, algoritmi forse risolutivi. E religione. Ebbene sì, anche religione. Se ne capisce il messaggio soltanto alla fine quando, inaspettatamente, vengono connessi tutti i punti come in quei giochetti che si facevano nelle pagine della “Settimana Enigmistica”.

Dunque: e se la mancanza di empatia nella nostra società non fosse meramente un problema umano? E se, come in una equazione incompleta, fosse assente quel famoso “parametro mancante” di cui ancora non siamo forniti?

Immaginare che in un romanzo si possa parlare contemporaneamente di stupro, di false memorie, di alieni, di intelligenza artificiale e di molto altro non è esattamente di poco conto. Eppure succede, con un crescendo che lascia senza fiato. Il protagonista fondamentale – ma è un’affermazione opinabile – è Cheetah, una sorta di HAL9000 capace di formulare risposte, elaborare ragionamenti complessi ma incapace di empatia come succede – a volte inconsapevolmente (?) – a molti esseri umani. Sarà una donna a risolvere l’arcano: l’unica capace di comprendere come una serie di messaggi all’apparenza incompleti fossero in realtà linearmente connessi con una stretta logica matematica. Un dono talmente importante che addirittura l’intelligenza artificiale se ne accorgerà, arrivando a formulare l’ipotesi di integrare più entità in una sola.

Mentre leggevo e rileggevo questo piccolo capolavoro di fantascienza, alla ricerca della risposta alla domanda fondamentale, mi imbatto nel fenomeno del momento di cui quasi tutti parlano e che quasi nessuno comprende. Si chiama ChatGPT, una sorta di chatbot capace di interagire come un essere umano con l’interlocutore.

All’intelligenza artificiale pongo domande, chiedo spiegazioni, domando se la carenza di empatia possa portare alla creazione di false memorie. E con mia enorme sorpresa, il chatbot mi risponde affermativamente così:

«Gli individui che possiedono una carenza di empatia mancano della capacità di comprendere le prospettive altrui e quindi, potenzialmente, ciò può portare ad essere più suscettibili alla creazione di false memorie. Per esempio, la carenza di empatia può portare a vedere un determinato evento con una prospettiva del tutto personale, da un particolare punto di vista e non con la prospettiva di altre persone. A questo va aggiunto che eventi esterni come depressione, utilizzo di sostanze stupefacenti e privazione del sonno possono aumentare l’incidenza di questo fenomeno».

E poi:

«Devi comprendere che, come intelligenza artificiale, non posso provare emozioni e che formulo risposte basate soltanto sui contenuti del mio database. Da questo punto di vista sono un essere incompleto, ma posso aiutarti a formulare dei ragionamenti».

Ebbene si, Sawyer parlava di ChatGPT più di venti anni fa identificandone, peraltro, il suo difetto fondamentale. Ma questo non sorprende: la fantascienza ha sempre anticipato i tempi, previsto mondi e sognato futuri. Quello che veramente distingue questo da altri romanzi è la profondità del messaggio: l’umanità è più che un algoritmo capace di formulare risposte. Ciò che separa noi dalla macchina è la capacità di comprensione, di interazione, di empatia.

E poiché noi facciamo fatica a capirlo, ecco che soltanto degli alieni dallo spazio profondo potrebbero aiutarci a comprenderlo, o meglio, vederlo coi nostri occhi. Magari attraverso un Tesseract.

Qui però qui devo fermarmi perché l’accusa che pende sul mio capo è addirittura di fare spoiler. Penitenziagite jolek, penitenziagite.

Il libro si chiama “Factoring Humanity” e forse, dico forse, varrebbe la pena leggerlo. Buona lettura dunque. E non dimenticate che “non siamo soli“. In tutti i sensi.


Ha la parola db
e occhio alla (doppia) nota finale

Il mio amico jolek è stato bravissimo a dirvi molto, senza quasi spoilerare, ben riassumendo il senso di questo straordinario romanzo. Per inciso mi ha risparmiato un sacco di fatica perché ha già scritto quasi tutto. Dunque io sottoscrivo. Aggiungo alcune cosette a mo’ di citazioni, ami (da pesca) e un invito a saperne di più.

Qui sopra vedete «Corpus Hypercubus» di Salvador Dalì. Per me era un’opera sconosciuta: adesso meglio più la guardo e più mi stupisco. Ma nelle pagine di Sawyer diventa quasi una chiave, un grimaldello. Sui nostri «ricordi inattendibili» psicologi, romanzieri e filosofi hanno scritto molto; possibile che Robert Sawyer riesca a dire qualcosa in più? Sì, secondo me.

Ricordate «l’equazione di Drake»? Probabilmente no, se la fisica non è il vostro mestiere e/o passione. Qui capirete perché… bisogna saperne di più. C’è chi ama alla pazzia le varie serie di «Star Trek». Io sono un tipedissimo fan ma adesso dovrò andare a cercare in rete un certo film, anche per vedere se Sawyer… mi ha preso per il culo.

Quello che nel romanzo originale si chiama Cheetah – in italiano “Cita”, ma è un acronimo – fa un gioco di parole sul famoso «Tu quoque, Brute» che avrebbe fatto l’invidia di Marx (Groucho, non Karl). E poi l’iperscopio, un altro sguardo sui cugini Neanderthal, le rimozioni, il meglio di Carl Gustav Jung, nostra Gaia, i centomila linguaggi, «Flatlandia» (il romanzo di Edwin Abbott Abbott), «i sei gradi di separazione», un certo gatto che scompare (non parliamo di Schrödinger ma di Lewis Caroll), la imprevista somiglianza dell’iceberg con… (non ve lo dirò), persino un errore – a esser pignoli – nella traduzione italiana del più famoso film di John Huston e mooooooooooooolto altro.

Naturalmente «non siamo soli», statene certi.

Insomma uno dei romanzi più “catturanti” che abbia letto nella mia lunghetta (74 anni) vita.

Vale ricordare che Robert Sawyer è sempre bravo e spesso straordinario. Qui in “bottega” ne abbiamo parlato molto e se vorrete, con i TAG, potrete trovare molte re-re (recensioni e riflessioni).

Sia io che jolek in questi periodo soffriamo di “poco sonno” e dunque nulla esclude che noi due abbiamo avuto una singolare allucinazione onirica “in comune” (e a distanza : c’è di mezzo nientemeno che una famosa Manica). Ma se qualcuna/o di voi troverà questo romanzo meno che straordinario per favore fatecelo subito sapere. Personalmente considero i duelli – anche quelli “al primo sangue” – un idiota, inutile, brutale retaggio del passato. Ma per una volta potrei farmi tentare.


Nota per chi lo cercherà
Quello che mi fa incazzare è che vi consigliamo un romanzo che in italiano è quasi introvabile: «Transumani» – cioè Urania 1379, traduzione di Roldano Romanelli – in libreria non c’è. Quindi e-book, buone biblioteche (le pochissime che hanno la fantascienza “da edicola” per un antico pregiudizio) o bancarelle dell’usato. Una petizione a Mondadori perché ripubblichi questo Sawyer e altri? Io firmo subito e prenoto 14 copie da regalare alle persone a me più care.

PS di jolek
Nel caso… Se masticate l’inglese come un chewingum e se amate leggere dallo schermo di un computer, il libro si trova disponibile in prima edizione qui (giusto perché noi siamo anche un po’ pirati e perché la cultura deve essere libera).

edizioni:
https://www.isfdb.org/cgi-bin/title.cgi?12265

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