Francia-Egitto: lo sporco gioco dei Servizi …
… e l’intimidazione dell’informazione.
di Enrico Campofreda (*) . A seguire una nota della “bottega” per aggiornare sulla situazione italiana rispetto ai servizi per Al-Sisi.
Non potendo prendersela con la fonte dei cosiddetti Egypt papers, gli agenti della Direzione generali dei servizi interni francesi hanno assediato Arianne Lavrilleux, la giornalista che aveva firmato un lavoro collettivo d’inchiesta pubblicato dalla testata investigativa Disclose.
Un’inchiesta ‘vecchia’ di due anni che aveva svelato e denunciato i contorni oscuri dell’operazione Sirli, intreccio affaristico d’Intelligence fra Egitto e Francia con presunte finalità antiterroristiche avvenuta nel 2016.
Così Lavrilleux s’è ritrovata l’abitazione di Marsiglia stipata di agenti che l’hanno bloccata e interrogata un giorno intero chiedendole quel che un cronista deontologicamente non può fare: rivelare la fonte della documentazione ottenuta.
Tutto avviene con estremo ritardo, come detto l’inchiesta è del 2021, e non crediamo proprio che la reazione poliziesca sia stata rallentata da questioni di pandemia.
Dunque?
Se non si tratta d’un anticipato volatone securitario a favore di un’opinione pubblica sempre più conservatrice affacciata alle europee, visto che le presidenziali di Francia sono lontane un quadriennio sebbene i sondaggi sorridano a Marie Le Pen, l’aria coercitiva mossa dal presidente Macron è il comune denominatore con cui moderati centristi ed estrema destra s’inseguano, in vari casi col contributo dei sedicenti progressisti.
Accade in tutto il vecchio continente.
Dunque è l’aria coercitiva che gira su se stessa e tende a orientare l’opinione pubblica con alibi giustificativi ipernazionali: barriera al terrorismo, sicurezza patria, difesa d’identità e valori col reale intento di limitare e bloccare la controinformazione.
Quella che dribbla le verità ufficiali cercando altre verità tenute nascoste per ragion di Stato. Proprio quest’ultima ha accompagnato l’operazione poliziesca contro la collaboratrice di Disclose, rea di avere raccolto, selezionato, riassunto centinaia di documenti ottenuti dalla presidenza dell’Eliseo (all’epoca retto dal socialista Hollande), dal Ministero della Difesa e dalla Communauté française de renseignement.
Quei documenti evidenziano che la collaborazione fra l’Egitto del generale Al-Sisi e la Francia repubblicana, oltre alla già nota fornitura più o meno miliardaria di aerei da caccia e fregate d’assalto, consisteva in operazioni segrete da effettuarsi nel Sahel contro le formazioni jihadiste locali.
Però Il Cairo spostò sui confini libici almeno una ventina di questi attacchi, indirizzandoli contro i commerci più o meno leciti compiuti da carovane beduine, colpendo insomma gente comune.
Gli “Egypt papers” dicono anche altro: il sistema repressivo di Al Sisi, quello che in contemporanea, siamo nel 2016, si sfuriò anche sul corpo di Giulio Regeni, non era organizzato tutto in proprio.
Grazie al partenariato con Agenzie amiche dei Paesi del vecchio continente, i mukhabarat del Cairo potevano spiare i connazionali all’estero e in casa. E dunque, il governo del socialista Hollande aiutò le smanie repressive del generale-presidente, gli fornì suggerimenti e supporti tecnici per l’ampliamento del lager-carcerario, che vede tuttora detenuti sessantamila cittadini e scomparsi quasi una decina di migliaia, per piazzare i propri Rafale sulle piste del grande Paese arabo.
Alla faccia de la liberté, che il successore all’Eliseo, ormai inquilino dal 2017, ama a suo modo, sicuramente non a favore dell’informazione alternativa all’ufficialità di ministeri e Servizi.
Se in quei Palazzi normalmente si trama (pensiamo alla strage di Ustica del 1980), ma si trama pure a sfavore di chi governa la nazione – la manina che ha dispensato le carte a Disclose non è quella di Arianne Lavrilleux che al più le ha raccolte, selezionate, divulgate – qual è lo scopo dell’accanimento contro chi mette il proprio lavoro al servizio dei cittadini?
(*) Tratto da http://enricocampofreda.blogspot.com.
Nota: Lavrilleux è stata detenuta per 48 ore. In bottega cfr Ariane Lavrilleux libera, grazie alla mobilitazione. Lunedì scorso è stata convocata al Tribunal de Grande Instance di Parigi, che dovrà decidere se i documenti sequestrati possano essere utilizzati nel procedimento avviato contro la giornalista accusata di divulgazione di un “segreto di difesa nazionale”. La posta in gioco è il diritto alla protezione delle fonti per i giornalisti e il diritto dei cittadini ad essere informati su questioni di interesse generale. Se un giudice francese decide che dei documenti sequestrati presso una giornalista possono essere utilizzati contro di lei e contro le sue fonti, chi oserà ancora rischiare di rivelare informazioni che meritano di essere conosciute da tutti?
NOTA DELLA “BOTTEGA”
Quanto all’Italia delle menzogne (sulla morte di Giulio Regeni) e degli ottimi affari di armi (con tutte le dittature, quelle arabe in particolare) abbiamo ospitato di recente l’articolo Egitto: ignorare Giulio Regeni e preparare guerre dove Antonio Mazzeo racconta che navi da guerra e truppe da sbarco della Marina Italiana hanno partecipato (in segreto) a manovre con l’Egitto, fino al 29 settembre. Lo stesso giorno su «Il fatto quotidiano» Alessia Grossi ha ricordato che nel rappporto «Made in Italy per reprimere in Egitto» – presentato in maggio al Parlamento e discusso il 28 settembre alla sede della Stampa Estera – si parla del raddoppio, in un anno, di armi italiane ad Al-Sisi ma anche dell’addestramento che viene fornito agli agenti del Cairo, inclusi quelli implicati nel “caso Regeni”. L’Advocacy Officer della ong Egiptwide, cioè Alice Franchini, ha confermato che la documentazione del Parlamento è confusa e «lacunosa» sui traffici di armi e che «dal 2017 c’è un boom di corsi di formazione della polizia italiana alla Nsa egiziana».
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