Gli assassini di Fermo e chi fa lo struzzo

1- csoa Officina Trenino;   2 – «Cronache di ordinario razzismo»;  3 – Alessandro Ghebreigziabiher;  4 – una petizione

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BREVE PREMESSA

In “bottega” ieri Giorgio Chelidonio ragionando sul delitto di Fermo –Dacca: tra Fermo e Verona – ha ricordato il pestaggio mortale di Nicola Tommasoli: fascisti anche in quel caso. Una delle costanti italiane di questi tristi anni è che alla disinformazione razzista, più o meno sottile, dei grandi media si aggiunge la sottovalutazione, la copertura oggettiva, la quasi complicità, a volte la simpatia per i gruppetti nazifascisti. Casa Pound? Bravi ragazzi? Forza Nuova? Che problema c’è se volantina o se il tal sindaco li coccola? Gli insulti della lega Nord? Folclore innocuo. Gli assalti ai centri sociali o ai singoli vengono travisati dai giornalisti in “risse tra opposte fazioni”. Denunciare il razzismo o il fascismo in astratto senza parlare dei concreti razzisti o fascisti è un gravissimo errore. Qui cerchiamo di non farlo e dunque diamo un nome e un volto, invitando all’aperta opposizione; grazie a chi ci aiuta e ci aiuterà nel difficile ma necessario lavoro di controinformazione (db).

 

1- comunicato di csoa Officina Trenino 211

Nell’inoltrare questo comunicato, ricordiamo che il 12 luglio saremo in tribunale a sostenere i compagni coinvolti nel processo per i fatti avvenuti nel 2012 contro il convegno della Lega Nord

SULLA VILE AGGRESSIONE E UCCISIONE A FERMO DI EMMANUEL, RICHIEDENTE ASILO DI 36 ANNI.
Nel primo pomeriggio del 5 luglio, a Fermo, a pochi passi da Piazza del Popolo, viene aggredito di fronte alla moglie, Emmanuel, richiedente asilo fuggito dalla Nigeria e dalle persecuzioni di Boko Haram. Il motivo dell’aggressione è evidente: la sua compagna viene chiamata scimmia, l’uomo si volta e inizia l’aggressione, gratuita, verbale infine fisica e devastante.
L’uomo cade a terra sotto reiterati colpi di spranga ed entra subito in coma, ma la violenza continua con calci e pugni, tanto che la parte destra della testa e del corpo di Emmanuel è completamente tumefatta. Il giorno dopo il giovane viene dichiarato clinicamente morto. Ironia della sorte, fuggito dalle bestie fasciste dell’isis, viene ucciso dalle bestie fasciste indigene: bianche, poco “ariane” ma ben inserite nel contesto sociale della città.
La notizia viene fatta trapelare il giorno successivo, per decisione della struttura in cui la coppia era ospitata, della prefettura e del commissariato, questo per evitare rivolte degli altri richiedenti asilo.
Gli assassini sono in due e sono a piede libero.
Uno dei due è legato a doppio filo con l’estrema destra, lo ricordiamo in prima fila al tentativo di comizio di Matteo Salvini a Porto San Giorgio, lo conosciamo anche come personaggio tollerato negli ambienti della curva fermana. Si sa come vanno le cose oggi, due braccia forti e una voce in più per un coro, fanno sempre comodo, non importa se sei nazista, questa non è più una pregiudiziale, almeno nell’ambiente fermano dello stadio di oggi. La narrazione lo vuole anche sotto il palco lo scorso anno, esultante per l’elezione dell’attuale giunta fermana: in quell’occasione esultarono un po’ tutti, sia a destra, sia a sinistra, ma questa è un’altra storia.
Dell’altro personaggio nulla si sa, su Fermo in queste ore è scesa una cappa densa di omertà , non ci sono testimoni alle 14,30 in pieno centro. Quindi i due fenomeni in questione sono tutt’ora incredibilmente a piede libero. Stranezze e barbarie della tranquilla e pacata provincia.
I neofascisti fermani.
L’ambiente neofascista fermano è relativamente giovane, ma perfettamente integrato nel tessuto sociale della città: c’è una sede studentesca a Fermo e forti legami con Ascoli, un manipolo di “bravi” ragazzi utili all’ipocrisia di chi ora si sveglia di colpo e dice che “qui”, queste cose non devono accadere e anzi, non sono mai accadute. Ne siamo sicuri? Non serve un libro di storia per ricordare Kadar a cui fu spaccata la testa dopo essere stato apostrofato come “sporco negro”, oppure Mustafà e Avdyl, che furono uccisi dal proprio datore di lavoro, imprenditore fermano, per aver preteso la paga che loro spettava. Senza contare le intimidazioni ai danni di studenti e militanti passate in sordina come ragazzate, mezze risse o come dice oggi il sindaco di Fermo: “frizioni, tensioni e umori tra fazioni che nella nostra città non esistono”, chiaro il concetto?
L’omicidio del 5 luglio, rappresenta il prodotto di questo atteggiamento di tolleranza verso la xenofobia, uno stomachevole perbenismo verso il razzismo, che ormai non è più il cuore pulsante solo delle zone periferiche metropolitane o dei grandi agglomerati urbani, ora tutto questo appartiene anche alla nostra tranquilla provincia, ora sono qui.
MA CI SIAMO ANCHE NOI, CHE LOTTIAMO PER RESTARE UMANI.
Csoa Officina Trenino 211 – viale della vittoria 211, Porto San Giorgio.

 

 

2 – da http://www.cronachediordinariorazzismo.org

L’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi compiuta a Fermo l’altro ieri è una violenza razzista ingiustificabile. Apprendiamo che il ministro dell’Interno ha chiesto che venga contestata l’aggravante razzista per l’omicidio e ha comunicato che la commissione responsabile della domanda di asilo ha riconosciuto a Chinyery lo status di rifugiata. Tutte le alte cariche dello Stato hanno condannato pubblicamente quanto successo, esprimendo la propria indignazione.

Resta il fatto che Emmanuel non c’è più e Chinyery, la compagna arrivata con lui in Italia per cercare protezione, non potrà più averlo al suo fianco.

Seguiremo con attenzione lo sviluppo delle indagini per ricostruire nei dettagli ciò che è successo: come spesso accade in casi gravi come questi, le dichiarazioni delle vittime e quelle degli aggressori non coincidono.

Non riusciamo in ogni caso a immaginare cosa significhi riuscire a sfuggire alle persecuzioni delle squadre di Boko Haram, dopo aver perso i genitori e un figlio in Nigeria, aver subito sopraffazioni in Libia e aver perso un altro figlio nel viaggio verso l’Italia.

Non possiamo immaginare il dolore di Chinyery che ha visto sfumare nell’arco di pochi minuti la convinzione di avere, finalmente, raggiunto un paese capace di garantire protezione a lei e al suo compagno e la possibilità di ricostruire, insieme, un percorso di vita.

Non ci riusciamo.

Ma una cosa sola sappiamo: quella di Emmanuel non è purtroppo l’unica morte avvenuta per razzismo nel nostro Paese. E si accompagna a molti casi di violenza fisica anche grave, spesso di gruppo, che per fortuna non hanno compromesso la vita delle persone che le hanno subite.

La “condanna” unanime del fatto di Fermo che in queste ore da molte, troppe persone viene espressa pubblicamente, accompagnata dal “ma lo Stato italiano presta più attenzione agli stranieri extracomunitari” – leggere per credere i molti post che commentano le notizie sulle principali testate on line – ci ferisce.

Quel “ma” è in gran parte il frutto di un dibattito pubblico avvelenato di razzismo, dei calcoli opportunistici di certe forze politiche, cui andrebbe forse data meno visibilità, e di un’informazione spesso parziale, superficiale quando non distorta sulle migrazioni e sull’asilo.

E allora, non emotività, ma lucidità e consapevolezza della gravità di quanto sta succedendo servirebbero per rafforzare la lotta contro il razzismo nel nostro Paese. Abbiamo bisogno di un impegno trasversale che non può risparmiare nessuno: singoli e soggetti collettivi, associazioni e istituzioni, forze dell’ordine, magistratura e organi d’informazione.

Della morte di Emmanuel si dovrebbe parlare insieme nelle piazze delle nostre città in assemblee pubbliche aperte. Abbiamo bisogno di un’informazione corretta, di sensibilizzazione e, verrebbe da dire, di riumanizzare noi stessi.

Mettiamo in rete, da parte nostra, sul territorio strumenti, conoscenze e competenze per garantire un’effettiva tutela sociale, legale e psicologica delle vittime di razzismo.

Chiediamo una riforma della legge Mancino per sanzionare più rigidamente i delitti che hanno un movente razzista e la diffusione di idee e materiali che incitano alla discriminazione e al razzismo.

Torniamo a chiedere al Governo la stipula di un accordo con i principali gestori dei social networks per bannare i post razzisti.

Chiediamo conto di un Piano nazionale contro il Razzismo (2013-2015) ammuffito sulla carta anche perché mai finanziato.

Sono alcune delle cose da fare subito.

Intanto esprimiamo collettivamente, in tutti i luoghi e in tutte le forme possibili, la vicinanza a Chinyery e a tutte le realtà di Fermo che in queste ore sono al suo fianco.

Il razzismo c’è. E uccide.

LINK UTILI

Due aggressioni razziste in pochi giorni. Entrambe nelle Marche: a San Benedetto del Tronto (ne abbiamo parlato qui), e a Fermo. Le vittime, cittadini di origine straniera. Gli aggressori, italiani, di giovane età stando alle testimonianze.

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Antirazzisti in movimento
Crimini d’odio: proposte concrete per il cambiamento
Il gravissimo omicidio di Emmanuel Chidi Namdi impone una riflessione. E’ necessaria un’inversione di tendenza, non più rimandabile. Per portarla avanti, segnaliamo alcune proposte concrete: sono contenute nel rapporto finale del progetto «Together: fighint against hate crimes», di cui Lunaria è partner. Le anticipiamo qui, in attesa dell’uscita del dossier.
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3 – «Esiste un luogo» di Alessandro Ghebreigziabiher

ripreso da «Storie e Notizie»


Emmanuel Chidi Namdi, un richiedente asilo nigeriano, è stato picchiato a morte dopo aver tentato di difendere la moglie da un aggressione razzista da parte di un estremista di destra a Fermo.

Esiste un luogo.
So che esiste.
E anche tu lo sai.
Esiste un luogo dove un uomo viene ucciso per il colore della sua pelle, punto.
Senza ulteriori parole, chiacchiere, o addirittura menzogne.
Un luogo dove il colpevole è l’assassino.
Ma non è il solo.
Lo è anche chi ogni giorno sfrutta e offende, abusa e manipola, per il solo personale tornaconto o anche unicamente per un semplice sfogo del momento, le carnagioni sulla carta, anzi, sulla pelle, più vulnerabili.
Insieme al marrano e tutti costoro, sono colpevoli pure quelli che non fanno nulla per opporsi, vedi il famigerato silenzio dei buoni.
E lo sono forse anche di più quelli che fingono di fare qualcosa, con il solo scopo di continuare ad approfittarsi del caso a loro favorevole.
Perché questo è il colore della pelle.
Solo un fortunato, o tutto l’opposto, frutto del caso.
Su questa stessa via, vi dico che quel luogo esiste anche per coloro che a suo tempo dichiararono guerre sbagliate.
Ovvero, il solo tipo possibile.
Crimini di guerra, li chiamano.
Ma non sono i soli, vero?
Perché esiste un luogo dove sono colpevoli tutti quelli che in tempi sospetti intonarono il coro dei guerrafondai.
Quelli che, in tempi ancora più responsabili, irresponsabilmente diedero il loro voto ai venditori di morte.
Sono colpevoli quelli dalla scheda bianca facile.
Sono colpevoli coloro i quali non sono scesi in piazza quando serviva la loro voce.
Sono colpevoli tutti, nessuno si senta meno additabile, quelli che l’hanno fatto.
Ma poi se ne sono dimenticati o, perfino, vergognati.
E’ luogo grande e affollato, lo so.
Per quello so che esiste.
E per lo stesso motivo lo sai anche tu.
Perché ci vivono gli uomini che usano violenza sulle donne e sui bambini.
Sono tanti, un numero imbarazzante, se non consideri soltanto la mano prepotente e depravata.
Ma anche parole e allusioni, frasi ingannevoli e una marea di gesti silenziosi, quasi invisibili.
Tali ovunque, certo.
Non lì.
Lì si vede tutto.
Esiste un luogo, io so che c’è.
Un luogo dove i colpevoli sono tanti di più di quelli che vengono ritratti sui giornali per un giorno o due.
Io lo conosco e lo conosci anche tu.
Perché quel luogo si chiama coscienza.
Coscienza civile, se ti è più familiare.
Beato quel popolo che ogni tanto gli fa visita…

 

4 – Infine una petizione e il mio commento

Ho appena firmato la petizione «#Emmanuel: diamo la Cittadinanza Italiana a Chinyery @angealfa @Quirinale». Ho sempre molti dubbi sull’utilità di queste petizioni: se va bene mettere un po’ di firme è un modo per sollevare una questione o per non farla cadere nell’oblio una questione (il che è utile ovviamente) ma se “va male” firmare è soltanto un modo per scaricarsi la coscienza. Anche stavolta ho firmato, pur avendo fiducia zero nel ministro Alfano, perchè si tratta di una giusta richiesta. Se – magari con le mie stesse perplessità – volete firmare ecco il link:

https://www.change.org/p/emmanuel-diamo-la-cittadinanza-italiana-a-chinyery-angealfa-quirinale

 

Redazione
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