Guardiani dei boschi e degli orsi con gli occhiali

Tre storie positive per la conservazione dei boschi in America Latina

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Lo scorso 21 marzo è stato commemorato il Giorno Internazionale dei Boschi, una data stabilita dall’ONU nel 2012: quest’anno si è voluto porre l’attenzione sul tema “boschi e innovazione: nuove soluzioni per un mondo migliore”.

Il pianeta ha il 31% della propria superficie coperta da boschi, corrispondente a più di quattro miliardi di ettari. Una superficie immensa, che però si riduce sensibilmente giorno dopo giorno, mentre insieme ad essa scompaiono molte specie di animali o altre piante che dipendono dalla superficie boschiva..

La più recente ricerca del Global Forest Watch mette in risalto che nel solo 2022 si sono persi quattro milioni di boschi primari, e la stessa ONU denuncia che ogni anno si perdono dieci milioni di ettari boschivi, mentre settanta milioni di ettari sono rasi al suolo a causa degli incendi, molto spesso dolosi.

L’ultima ricerca della FAO del 2022, relativa allo stato dei boschi del mondo sottolinea che la metà dei boschi del mondo sono gestiti da piccoli produttori, comunità locali e popolazioni indigene.

Mongabay Latam ha voluto presentare proprio il 21 marzo di quest’anno tre esperienze latinoamericane, destinate a recuperare, restaurare e proteggere i boschi.

La prima, fa riferimento ad una comunità locale in Ecuador, che da più di vent’anni si è proposta di frenare la deforestazione, scommettere sul recupero del patrimonio boschivo e incamminarsi verso l’eco turismo. La seconda racconta delle tre comunità peruviane che nel Parque Nacional  usano la tecnologia per vigilare sui boschi minacciati costantemente dal narcotraffico. La terza ci fa conoscere l’esperienza in Costa Rica di una gestrice ambientale che ha deciso di utilizzare nella sua finca di caffè una copertura vegetale con alberi nativi.

Ecuador: dai boschi perduti all’ecoturismo.

Dal 1995 una cinquantina di famiglie della comunità rurale di Yunguilla, ubicata nel distretto metropolitano di Quito, decide di scommettere sulla conservazione e l’ecoturismo. Anteriormente, si dedicavano al taglio dei boschi per fare carbone e produrre legname, come uniche fonti di ingresso delle famiglie locali;: in questo modo però circa 850 ettari di bosco erano stati persi. Da quando la comunità si è dedicata all’ecoturismo, si è già recuperato il 60%: è stato un cambiamento a 180°, passando da essere  tagliatori di legna, carbonai, e a volte cacciatori, a guardiani del bosco, proteggendolo e ridandogli vita.

Il progetto turistico di Yunguilla è di convivenza, senza ricorrere per i turisti a strutture tradizionali ricettive, ma ad una dislocazione nelle case degli abitanti della comunità, imparando a coltivare gli orti biologici, identificare piante medicinali, collaborare alla produzione di marmellate e al processamento del latte.

Nei boschi della zona, sono stati identificate più di 150 specie di orchidee e diverse varietà di cedro; in quanto alla fauna, in questi boschi vive una specie emblematica della regione andina, l’orso con gli occhiali. Una specie da tutelare, anche dal punto di vista della memoria ancestrale.

Questo orso,  per via dello strano colore della sua pelliccia, sembra quasi che indossi un paio di occhiali, è alto poco più di un metro con un peso che sfiora i cento chili: le popolazioni indigene lo chiamano ukuko, e nelle tradizioni orali raccontano di un giovane peloso che era figlio di una storia d’amore tra un orso e una bella contadina.

Inoltre, in collaborazione con la Fundación Cóndor, si è implementato un sistema di allerta per la coesistenza il più possibile pacifica con mammiferi grandi come l’orso e il puma.

Infine, grazie all’utilizzo di un drone, si riesce a traportare semi di piante autoctone per la rigenerazione di boschi in zone poco accessibili, in un connubio tra tradizione e modernità.

Perù: la tecnologia per proteggere i boschi

Nella Reserva Nacional de Otishi, ormai da molti anni, è evidente la presenza di coltivazioni di coca, purtroppo controllate dal narcotraffico: le venticinque comunità indigene che formano parte della Reserva Comunal Asháninka, si sono convertite in una specie di cordone protettivo, contro l’intrusione di attività illecite. Tutto ciò, grazie all’implementazione di un piano di protezione comunitaria che comprende il rafforzamento delle capacità organizzative delle comunità, l’implementazione di posti di controllo e vigilanza, l’addestramento delle ecoguardie locali nell’uso di nuove tecnologie.

Si tratta non soltanto di monitorare il territorio, ma di mantenere una connessione spirituale con l’ambiente circostante, nella cura della natura.

Le ecoguardie stanno utilizzando Earth Ranger, un software presente da quasi dieci anni in 71 paesi e in più di seicento aree protette, indispensabile per individuare immediatamente la presenza di attività illegali, e sollecitare l’appoggio delle autorità ma soprattutto di tutte le comunità coinvolte.

 

Costa Rica: l’azione come forma di innovazione.

Nell’agosto del 2023, Cristina Weidlich ha deciso di dedicare duemila metri quadrati della sua finca familiare, ubicata nella provincia di Heredia, a soli trenta minuti dalla città, alla restaurazione del bosco tropicale.

Ha preso questa decisione dopo aver visitato la Reserva Oasis, un progetto di rivitalizzazione di terre severamente degradate, un progetto che negli ultimi venti anni ha potuto recuperare undici ettari di bosco, e che dal 2010 scommette sulla possibilità di conservare 378 ettari in più di copertura forestale in Costa Rica.

La Reserva Oasis è nata nel 2002, quando l’ingegnere statunitense David Reuland, visitando il Costa Rica, si rese conto della deforestazione dei boschi tropicali, vicini al vulcano Arenal, nel distretto di La Fortuna, provincia di Alajuela. Tra il 1940 e il 1950 la copertura boschiva del Costa Rica raggiungeva il 75% del territorio nazionale, ma nel 1987 si era ridotta al 21%. Soltanto grazie ad alcuni progetti governativi e ad iniziative come quella della Reserva Oasis, si è ritornati negli ultimi anni ad una copertura del 50%.

La Reserva Oasis si occupa di due zone, in cui sono stati piantati manualmente circa dodici mila alberi, tra i quali alcuni in pericolo di estinzione; contemporaneamente, la riserva ospita un centinaio di specie animali a rischio di estinzione.

Cristina Weidlich, ispirandosi alla Reserva Oasis, ha pensato di trasformare l’antica finca familiare di caffè in un bosco, che ha voluto chiamare Reserva Esperanza, arricchendola con piante rampicanti e palme originarie.

Le famiglie della comunità rurale di Yunguilla in Ecuador, le comunità indigene della Reserva Comunal Asháninka in Perù, con l’esperienza delle ecoguardie, l’iniziativa sognatrice di Cristina in Costa Rica, rappresentano piccoli segni di cambiamento per un diverso rapporto con l’ambiente che ci circonda e con le specie animali che ci circondano.

Compreso quel misterioso orso con gli occhiali che mi ha davvero incuriosito.(1)

 

  1. Lo spunto di questa nota nasce dall’articolo apparso recentemente su Mongabay https://es.mongabay.com/2024/03/guardianes-de-la-naturaleza-tres-historias-de-exito-en-la-conservacion-de-bosques-en-america-latina/ da cui sono tratte le foto.

 

*Appassionata di America Latina

Teresa Messidoro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *