La filosofia che sorride: il dibattito Kant-Hegel e…

… la prassi di Osamu Tezuka con le deduzioni di Roger Rabbitt: in «Ci manca(va) un Venerdì», puntata 116,  Fabrizio Melodia – detto Astrofilosofo – scruta i Cartoni Animati per capire “il senso della vita”

Sento che c’è della sensualità… dell’erotismo primario nelle cose che si muovono, come gli animali e gli insetti. Riuscire a infondere il movimento a delle immagini fisse… mi dà la gioia del creatore che soffia la vita in cose che vita non hanno. Anche il movimento deve essere sufficientemente circolare e dolce… in modo da esprimere tutto il suo erotismo. Nel creare cartoni animati ho sempre in mente un ideale, ma… a metà dell’opera finisco per dubitare della giustezza di quanto sto facendo. Quindi ripongo sempre tutte le mie aspettative nell’opera successiva. […] Spesso dico per scherzo che i fumetti sono la mia vera moglie e che i cartoni animati sono la mia amante. Il fatto che io sia completamente dedito all’animazione, la mia amante… è perché mi permette di esprimere in modo sublime… l’interessante metamorfosi di un corpo che cambia. Per me, il più grande divertimento, non c’è dubbio, sta proprio nel disegnare e dare movimento a dei processi di cambiamento. Ricerco sempre nei miei cartoni questa metamorfosi”: così Osamu Tezuka, il dio del manga, come viene ricordato dai suoi connazionali, fondatore del fumetto giapponese.
In effetti il cinema d’animazione ha qualcosa di realmente magico, nella fase del movimento e del cambiamento, senza dimenticare come le immagini sono statiche ed è solo la loro sequenza a prendere vita.
Se dovessimo dar retta a quei mattacchioni dei filosofi, nel cinema d’animazione si realizza quella nota “deduzione trascendentale delle categorie” di cui ci racconta il buon Immanuel Kant, il quale pure ci ammonisce: ”Senza i sensi non sarebbe a noi posto alcun oggetto, e senza l’intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le rappresentazioni visive senza idee sono cieche”.
Il che significa dunque che Mazinga, Paperino, Topolino, Kenshiro, le SuperKikke sono vere in quanto è la nostra esperienza a dar loro forma? O siamo noi a dar forma all’esperienza?
I cartoni animati vivono nel momento stesso in cui sono percepeti come immagini della realtà in movimento di macchina continuo, ma sono realizzate dalla facoltà d’immaginare che, come ricorda Kant, è un a priori della conoscenza.
Non c’è dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con l’esperienza; da che infatti la nostra facoltà conoscitiva sarebbe altrimenti stimolata al suo esercizio, se ciò non avvenisse per mezzo degli oggetti che colpiscono i nostri sensi e, per un verso, danno origine da sé a rappresentazioni, per un altro, muovono l’attività del nostro intelletto a paragonare queste rappresentazioni, a riunirle o separarle, e ad elaborare per tal modo la materia greggia delle impressioni sensibili per giungere a quella conoscenza degli oggetti, che chiamasi esperienza? Nel tempo, dunque, nessuna conoscenza in noi precede all’esperienza, e ogni conoscenza comincia con questa”: lo scrive Kant all’inizio della “Critica della ragion pura”, sottolineando come i cartoni animati, quindi i “dati sensibili” hanno una sorta di materia grezza che viene formata dalla mente nell’atto stesso della percezione.
I cartoni animati dunque vivono dentro di noi e solo la mano del disegnatore e la produzione possono garantire la conoscenza sensibile e certa di tale fruizione? C’è di che impazzire e persino il buon Hegel ebbe modo di bacchettare Kant dicendogli molto tranquillamente che i cartoni animati esistono, in tutta la loro cangiante sensualità: ”La coscienza infelice è la coscienza di sé come dell’essenza duplicata e ancora del tutto impigliata nella contraddizione. Assistiamo così alla lotta contro un nemico, contro cui la vittoria è piuttosto una sottomissione: aver raggiunto un contrario significa piuttosto smarrirlo nel suo contrario. La coscienza della vita, la coscienza dell’esistere e dell’operare della vita stessa, è soltanto il dolore per questo esistere e per questo operare; quivi infatti come consapevolezza dell’essenza ha soltanto la consapevolezza del suo contrario, ed è quindi conscia della propria nullità. Da questa posizione essa inizia la sua ascesa verso l’intrasmutabile”.
Alla fine anche il più bel cartone animato deve finire per giungere alla piena completezza dell’interazione della molteplicità? Penso che Roger Rabbit abbia motivi fondati di protesta contro questi filosofi sapientoni: ”Ma io sono un cartone e i cartoni esistono per far ridere la gente!” sottolinea il coniglio più ricercato dalla polizia per sospetto omicidio del suo datore di lavoro umano, reo di avergli fatto un contratto capestro (o era per avergli soffiato la procace e avvenente mogliettina?). Lasciamo queste indagini al detective suo amico, mentre Roger Rabbit ci ricorda ancora: ”Noi cartoni facciamo gli scemi, ma non siamo mica stupidi!”.
Cosa che spesso non possiamo dire di certi filosofi: ”Questa coscienza infelice scissa entro se stessa è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l’altra. In tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguito la vittoria e la quiete dell’unità, deve immediatamente venire cacciata da ciascuna delle due coscienze”.
Ma “coscienza scissa sarai tu, fuma qualcosa di più gagliardo”  risponderebbe il supereroe Deadpool al buon Hegel: ”La vita è stupida. Ridici su”.
Come Roger Rabbit insegna a tutti i filosofi, ai musoni, ai negativi, ai perennemente depressi: a”La mia filosofia è questa: se non si ha un po’ di senso dell’umorismo è meglio essere morti”.
Quindi W la Filosofia che Sorride guardando i Cartoni Animati kantianamente percepiti? L’ultima parola stavolta a fumettista :”L’umorismo è meraviglioso, ma costa una fatica che non avete idea. Soprattutto dopo vent’anni di storie e vent’anni di battute. Trovarne di nuove è possibile, ma devi spingerti sempre più in là”; così Leo Ortolani, che dopo tanti anni del superbo e ilare Rat Man saluta e ride con noi.
NELL’IMMAGINE “Alice in wonderland” di Osamu Tezuka.
L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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