Messico: la caccia ai migranti è finanziata dagli Usa

di David Lifodi

Da almeno un anno e mezzo il Messico sta attuando una repressione feroce contro i migranti che dal Centroamerica tentano di raggiungere gli Stati Uniti, ma, quel che è peggio, sono gli stessi Usa a finanziare il presidente Peña Nieto affinché vari norme sempre più restrittive contro gli indocumentados. A sostenerlo non sono associazioni che lavorano a fianco dei migranti, ma l’autorevole New York Times.

Nel suo dettagliatissimo articolo pubblicato sul quotidiano newyorkese, la giornalista Sonia Nazario, già vincitrice del Premio Pulitzer, sottolinea il finanziamento per decine di milioni di dollari proveniente dalla Casa Bianca e diretto in Messico. Del resto, che la polizia messicana, soprattutto quella migratoria, vada piuttosto per le spicce è risaputo, così come è ormai conosciuto a livello mondiale il dramma dei migranti che cercano di raggiungere il sogno americano dall’America centrale e dal Sudamerica, ma la situazione è ulteriormente peggiorata. Di recente, denuncia Sonia Nazario, alcuni indocumentados arrestati dalla polizia messicana durante la traversata sono stati assassinati, vittime delle maras dalle quali erano scappati in Centroamerica o dei cartelli della droga. Gli Stati Uniti hanno appaltato la questione migratoria al Messico, che svolge il lavoro sporco per salvaguardare la fortezza a stelle e strisce. Inoltre, il New York Times riporta anche il parere di alcuni attivisti per i diritti umani, secondo i quali la Casa Bianca sta patrocinando la caccia ai migranti in Messico per evitare che arrivino in territorio Usa. Obbligare i migranti a tornare nei paesi del triangulo norte (Honduras, El Salvador, Guatemala) equivale a condannarli a morte: negli ultimi due anni una parte consistente di migranti deportati dagli Stati Uniti e dal Messico sono stati assassinati. Hermanos en el Camino, organizzazione cristiana che cerca di accogliere i migranti in transito dal Messico agli Usa, segnala che le sue strutture, un tempo utilizzate dagli indocumentados per una breve sosta rifocillatrice, sono divenuti dei veri e propri campi di rifugiati: gli immigrati vi restano per mesi in attesa di un visto o dell’asilo politico da parte del Messico per poter continuare il loro cammino verso nord. Dal luglio 2014 il Messico ha spiegato tra i 300 e i 600 agenti negli stati di frontiera ed ha condotto almeno ventimila incursioni militari sulla Bestia, il treno merci su cui viaggiano i migranti, nelle stazioni degli autobus, ma anche nelle case dei migranti, che dovrebbero essere un porto franco e che invece, di recente, hanno subito numerosi assalti polizieschi in pieno stile paramilitare. L’aumento della repressione ha obbligato i migranti ad intraprendere viaggi sempre più rischiosi e spesso in zone isolate, il che rende più difficile svolgere attività di soccorso. Un altro ostacolo è rappresentato dalla concessione dell’asilo. Coloro che sono arrestati dalla polizia migratoria e in attesa di processo possono attendere anche anni in carceri popolati da topi e dove il cibo è scadente: sono pochissimi quelli che alla fine riescono ad averla vinta e ad ottenere la concessione dell’asilo. In tutto questo svolgono un ruolo preponderante il Plan Frontera Sur e il Plan Maya-Chortí, entrambi benedetti da Obama. Ufficialmente, il Plan Frontera Sur è stato varato per risolvere l’emergenza di migliaia di giovanissimi che cercano di oltrepassare la frontiera senza l’accompagnamento di un adulto, fermare la tratta di esseri umani, concedere visti umanitari e combattere il narcotraffico. Obama si è riunito con gli impresentabili presidenti di Messico, Honduras e Guatemala, ma dal Plan Frontera Sur è derivata solo una maggiore criminalizzazione dei migranti in transito. La crescita del numero di uomini di esercito e polizia schierati alla frontiera non ha fatto altro che aumentare i casi di assassinio, violenza sessuale nei confronti delle donne ed altre violazioni dei diritti umani, un settore in cui i militari messicani sono purtroppo specializzati. Il tutto, ovviamente, nella più totale impunità. Non solo: in alcuni casi sono le stesse autorità messicane a chiedere un riscatto alle famiglie degli indocumentados che risiedono negli Stati Uniti e che, molto spesso, dopo il versamento della somma richiesta, finiscono comunque per essere desaparecidos. Per le associazioni che si occupano della tutela dei migranti pare che la presidenza Obama sia quella che ha deportato il maggior numero di indocumentados nella storia degli Stati Uniti. Ancora peggiore è il Plan Maya-Chortí, tramite il quale la Casa Bianca finanzia regimi dittatoriali come quello guatemalteco e honduregno per fermare i migranti che fuggono dalla violenza di stato e delle maras di questi paesi per raggiungere gli Usa: si tratta di persone a cui i loro stessi stati impediscono il diritto di migrare e, di questo passo, c’è il rischio che le fosse clandestine non siano più solo in Messico, ma anche in Guatemala, Honduras ed El Salvador. Grazie al Plan Frontera Sur e al Plan Maya-Chortí le pattuglie di frontiera degli Stati Uniti lavorano molto meno di quelle messicane, a cui è stato del tutto appaltato il respingimento dei migranti. Infine, sono molto pochi gli indocumentados che, una volta arrestati, hanno la possibilità di raccontare la propria storia alle autorità messicane e, quindi, ottenere asilo: a sostenerlo sono gli avvocati che si occupano di tutelare i diritti dei migranti, aggiungendo che i presunti piani del governo messicano per tutelarli li costringono in realtà a cercare rotte sempre più pericolose.

Sequestri, tratta di persone e di organi e violenze di ogni tipo proseguono nella più completa impunità, ma, ciò che è peggio, con il consenso della autodichiaratasi maggiore democrazia del mondo che viene a patti con alcuni tra i peggiori governanti nella storia del Centroamerica.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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