Occidente? Oriente? No: Occiriente
Sergio Sinigaglia riflette sul suprematismo occidentale e sul libro di Renata Pepicelli. A seguire alcuni link della discussione in “bottega”.
Per molto tempo la retorica riguardante una presunta superiorità culturale, morale, sociale, insomma di civiltà da parte del cosiddetto Occidente è stata egemonica.
Mentre il dominio sul piano politico ed economico è stato la conseguenza di secoli di colonialismo, imperialismo, oltre che – almeno in parte – di favorevoli condizioni geografiche e ambientali.
La crescente affermazione di Paesi, un tempo parzialmente ai margini del contesto internazionale, sul piano politico e – ancora di più – economico, ha messo in discussione questa narrazione tossica, impresso una profonda trasformazione nei rapporti di forza tra le vecchie potenze e le nuove, di conseguenza dando spazio anche a studi, analisi, che ancora di più rispetto al passato, hanno contribuito a incrinare una visione parziale, settaria, assai discutibile degli “altri, anche grazie a fenomeni come l’immigrazione, la quale ha sicuramente favorito l’incontro, non immune inevitabilmente da tensioni e conflittualità, con altre culture e tradizioni.
Tra i recenti lavori che affrontano tali questioni è opportuno soffermarsi sul saggio «Né Oriente né Occidente» di Renata Pepicelli (168 pagine, 16 euro, Il Mulino).
L’autrice insegna Islamologia e Storia del mondo arabo contemporaneo presso l’Università di Pisa e ha già pubblicato diversi lavori con al centro il mondo islamico.
Il filo conduttore del testo è la messa in discussione dei concetti di “Oriente” e “Occidente”, nonché la critica radicale al modo con cui quest’ultimo ha visto il mondo islamico, la civiltà araba, attraverso uno sguardo prevenuto, distorto, stereotipato, spesso senza la dovuta conoscenza di cosa si stia parlando.
Già Antonio Gramsci ne «I Quaderni dal carcere» aveva sottolineato come «È evidente che Est e Ovest sono costruzioni arbitrarie, e convenzionali [storiche], poiché (fuori dalla storia reale) ogni punto della terra è Est e Ovest nello stesso tempo: costruzioni convenzionali e storiche non dell’uomo in generale, ma delle classi colte europee, che attraverso la loro egemonia mondiale le hanno fatte accettare a tutto il mondo».
Sulla stessa linea il grande intellettuale palestinese Edward Said in «Orientalismo» ha messo a nudo il punto di vista occidentalecentrico, come i concetti di “Occidente” e “Oriente”.
La Pepicelli prosegue su questa illustre tradizione evidenziando come già in tempi assai remoti c’è stato chi ha evidenziato l’assurdità di questa concezione, a partire da una elementare constatazione geografica.
Durante il reame del normanno Ruggero II, incoronato Re di Sicilia nel 1130, caratterizzato da «una spiccata cultura cosmopolita», questi incaricò il geografo Muhammad al-Idrisi di disegnargli il mondo come era noto allora.
L’opera fu realizzata in quindici anni, consisteva in settanta mappe che andavano a comporre un planisfero. L’aspetto da rilevare è che nell’ottica del suo autore le mappe sono orientate a Sud, il quale è posto al Nord e viceversa. In sostanza la Pepicelli rileva e conferma come «le rappresentazioni del mondo a noi circostante sono frutto di produzioni culturali, politiche, storiche».
Insomma dipende dallo sguardo di chi si approccia alla questione. In questo senso è nota la visione del mondo arabo e dell’Islam come dei monoliti, un unicum senza diversità e pluralità, ignorando che ci sono più Orienti come del resto più Occidenti e che soprattutto il contagio tra le varie culture è stata ed è una prerogativa nella nostra storia. Basti pensare a cosa abbia significato la presenza araba in Europa, prima nel Sud e poi nelle altre parti del Vecchio Continente
A proposito di stereotipi il saggio di Pepicelli si sofferma a lungo su due questioni cruciali: la visione della donna araba, la sua condizione e l’immigrazione.
L’idea prettamente colonialista “esotica”, mistificante di un universo femminile da conquistare, il cui simbolo – in questa ottica – era l’harem, visto in un modo completamente falsato dal suo vero ruolo, cioè non uno spazio di segregazione in cui le donne erano recluse, ma un ambito di separazione tra sfera pubblica e sfera privata, in cui tutelare le relazioni famigliari.
Gli orientalisti favoleggiavano anche su un universo erotico dove la donna araba voluttuosa si concedeva.
Il vero ruolo dell’harem è descritto attraverso la voce della femminista e sociologa Fatema Mernissi scomparsa nel 2015, la quale attraverso la descrizione della sua esperienza dell’harem ne traccia un profilo ben diverso da quello consolidato in Occidente, confermando come esso sia sinonimo di istituzione famigliare.
E a proposito di femminismo spesso si ignora come ne esista uno – diversi testi lo hanno evidenziato – di impronta islamica. La stessa annosa e controversa questione del velo, spesso indubbiamente anche conseguenza di una visione oppressiva della donna, è stato ed è oggi ancora di più visto come una rivendicazione identitaria anche in senso anticolonialista, come accadde in Algeria durante la guerra di liberazione.
Inoltre sul fronte dell’emancipazione femminile dovrebbe essere noto che con il crollo dell’impero ottomano e l’andata al potere dei Giovani Turchi la legislazione di quel Paese fu una delle più avanzate con l’introduzione della legge sul divorzio nel 1926, mentre all’inizio degli anni Venti in Egitto era attiva un’associazione che si definiva «L’Unione femminista egiziana» emblema di un dibattito allora diffuso nei Paesi del Nord Africa e del Sud-Occidente dell’Asia. Su questo aspetto ricordiamo il fondamentale volume del compianto Paul Ginsborg «Famiglia Novecento» uscito nel 2013.
Per quanto riguarda l’immigrazione – notoriamente usata dalla destra come spauracchio da diffondere nell’opinione pubblica – Renata Pepicelli, dati alla mano, smonta la retorica razzista sulla fantomatica invasione: in Europa i musulmani non superano il 5% della popolazione, in Italia la percentuale è del 4,5.
Inoltre giustamente il libro rimarca come esista un «Islam europeo», soprattutto oramai abbiamo non «immigrati di seconda o terza generazione», ma persone radicate da anni nel nostro tessuto sociale, un radicamento che viene continuamente messo in discussione con campagne terroristiche tipo quella sui “maranza”, orribile neologismo sintesi di marocchno e “Zanza” che in dialetto milanese significa ladro, delinquente.
In conclusione Occidente e Oriente si sono storicamente compenetrati e soprattutto la loro definizione varia secondo dalla visuale con cui ci si relaziona.
Nonostante le nuove barriere fisiche ed economiche che le sempre più decrepite potenze occidentali erigono, al di là di chi parla della “fine della globalizzazione”, inevitabilmente viviamo in un mondo sempre più interconnesso.
Se da un lato c’è chi vuole farci precipitare in quello scontro di civiltà evocato da Huntington, si tratta di lavorare, impegnarci nella direzione opposta.
Né Occidente, né Oriente, Occiriente…
Segnaliamo alcuni link della recente discussione in “bottega”: Suprematismo: «solo l’Occidente conosce la Storia» (due articoli di Gigi Sartorelli e Renata Pepicelli), Suprematismo occidentale 2: bugie scioviniste di… (da Radio Città Fujiko), Suprematismo occidentale / 3 : «Quella piazza mi ha sconvolta» (di Djarah Kan), Suprematismo occidentale/4 : ma il 12 ottobre vi… (con le riflessioni di Lance Henson).