Palestina: ancora notizie, appuntamenti, proposte…
… con analisi, libri, appelli e link.
UN INDICE PER CHI VA DI FRETTA
- Leonardo Armi: comunicato Ultima Generazione
- due articoli di Mario Sommella
- Solidarietà a Mohammad Hannoun
- Una lettera aperta al segretario Onu dalla comunità ebraica
- Alcuni appuntamenti dei prossimi giorni
- LINK UTILI
- Un appello di Amnesty
- Notizie riprese da Anbamed
- Gli attacchi a Francesca Albanese (di Irene Masala)
- I NOBILI OPPOSITORI DI HAMAS NELLA STRISCIA
- Ettore Fasciano ci scrive
- FDLP: la legge per l’annessione della Cisgiordania
- Un’altra Rai è impossibile? Con una vignetta di Benigno Moi
- link dalla newsletter di Assopace Palestina
- LIBRI
- infine RICORDIAMO l’appello per BARGHOUTI
ULTIMA GENERAZIONE: NERVIANO, BLOCCATO L’INGRESSO DELLA LEONARDO
Siamo qui per ricordare l’enorme potere che hanno i lavoratori
Nerviano, 22 ottobre 2025– Questa mattina alle 7.40 una ventina di attiviste di Ultima Generazione, Palestine Action Italia, BDS, Global March To Gaza e Milano per la Palestina hanno bloccato l’ingresso principale della sede di Nerviano della Leonardo Spa. Le manifestanti hanno dialogato con i dipendenti dello stabilimento, portando un messaggio di responsabilità collettiva nel interrompere i rapporti con Israele. Dopo poco, sono giunti sul posto i carabinieri che hanno identificato le persone che hanno preso parte all’azione.
Una delle attiviste ha dichiarato: “Siamo qui a chiedere che i lavoratori e lavoratrici riconoscano il potere politico delle loro azioni, del loro tempo, del loro lavoro in solidarietà con ai lavoratori di Taranto che stanno portando avanti una petizione dall’interno per chiedere che tutti i rapporti commerciali che Leonardo intesse ancora con Israele vengano interrotti sia quelli diretti che quelli indiretti. Avete un enorme potere come dipendenti di questa azienda in questo momento storico”
IL POTERE DEI LAVORATORI DURANTE UN GENOCIDIO
Questa azione vuole ricordare che, anche di fronte a un sistema industriale e militare colossale, il potere reale risiede nelle mani di chi lavora. I dipendenti di Leonardo — come di ogni altra grande azienda — hanno la possibilità di rifiutare la complicità con la guerra, chiedendo trasparenza, responsabilità e coerenza etica.
La storia del movimento operaio insegna che i lavoratori non sono ingranaggi, ma protagonisti della trasformazione sociale. Oggi più che mai, con il genocidio in corso in Palestina e l’espansione delle industrie belliche, questa consapevolezza diventa urgente e necessaria.
Ci rivolgiamo ai dipendenti di Leonardo vi chiediamo di pretendete trasparenza sugli atti di “due diligence”, è vostro diritto sapere come le vostre competenze vengono impiegate al servizio di Israele. Il segreto commerciale non potrà esonerarvi dalle responsabilità morali e storiche. I vostri dirigenti non solo si macchiano del sangue dei palestinesi sterminati, lo fanno anche a spese vostre e nostre che spesso non abbiamo alternative in un’economia al collasso.
I NOSTRI CANALI
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Complicità come sistema. Perché il genocidio a Gaza chiama in causa Stati, industrie e noi europei
di Mario Sommella (*)
Nuovo rapporto ONU: “Gaza Genocide: A Collective Crime” (A/80/492), firmato dalla relatrice speciale Francesca Albanese. Un atto d’accusa che definisce il massacro a Gaza un crimine collettivo e chiama in causa Stati e imprese.
C’è un punto di non ritorno che il nuovo rapporto della relatrice speciale ONU Francesca Albanese rende impossibile eludere: il genocidio a Gaza non è solo l’azione di una potenza occupante. È un crimine collettivo, reso possibile da una filiera internazionale di aiuti militari, coperture diplomatiche, forniture “dual use” e profitti aziendali. Il documento A/80/492 — “Gaza Genocide: A Collective Crime” — parla di una campagna di distruzione intenzionale e sistematica, ricostruita su basi probatorie ampie e con un messaggio netto: la prevenzione e la responsabilità non sono più opzionali.
Che cosa documenta il rapporto ONU
Il testo presentato all’Assemblea generale mette in fila elementi classici dell’intento genocidario: distruzione di infrastrutture civili, privazione dei mezzi essenziali di sussistenza, trasferimenti forzati e imposizione di condizioni di vita mirate alla distruzione, in tutto o in parte, del gruppo protetto. Non è “danno collaterale”: è progetto. Metodologicamente, il rapporto attinge a materiali ONU e a decine di contributi statali e non statali, offrendo un quadro coerente con gli obblighi della Convenzione sul genocidio del 1948, che vincola non solo a non partecipare ma ad agire attivamente per prevenire.
La catena della complicità: Stati, veti, logistica
Sul piano politico-diplomatico, gli Stati Uniti hanno garantito a Israele un “paracadute” sistematico al Consiglio di Sicurezza: sei veti tra il 2023 e il 2025 hanno bloccato risoluzioni che chiedevano cessate il fuoco immediato e accesso umanitario, isolando Washington rispetto agli altri 14 membri del Consiglio.
Sul piano militare-logistico, la portata dei trasferimenti è fotografata anche da fonti ufficiali: secondo stime riportate dal Council on Foreign Relations, entro maggio 2025 dagli USA erano arrivati in Israele circa 90.000 tonnellate di armi ed equipaggiamenti su 800 aerei e 140 navi. A ciò si sommano i programmi pluriennali e i casi FMS attivi: ad aprile 2025 risultavano 751 pratiche aperte per un valore di 39,2 miliardi di dollari.
In parallelo, gli aiuti e le vendite notificate dopo il 20 gennaio 2025 superano i 10 miliardi, mentre la spesa complessiva statunitense in aiuti militari a Israele dal 7 ottobre 2023 al settembre 2025 è stimata in 21,7 miliardi di dollari. Sono numeri che spiegano perché la leva esterna pesi quanto (se non più) del teatro operativo.
Il caso britannico: l’occhio che vede tutto
Londra non è rimasta alla finestra. Dalla base di Akrotiri (Cipro), la RAF ha effettuato oltre 600 missioni di sorveglianza su Gaza — attività confermate da più inchieste e tracciamenti indipendenti — con condivisione di intelligence verso Tel Aviv. È l’esempio di come la cooperazione “dietro le quinte” possa incidere sul terreno pur senza “stivali sul suolo”.
Dall’“economia dell’occupazione” all’“economia del genocidio”
Il rapporto di Albanese al Consiglio dei diritti umani (A/HRC/59/23) allarga l’obiettivo: non solo Stati, ma anche imprese—dalle armi al digitale, dal credito alle costruzioni—che facilitano, normalizzano o monetizzano la distruzione. L’analisi mappa la complicità aziendale e chiede responsabilità penale e rimedi effettivi, richiamando precedenti storici sul ruolo del settore privato nei crimini internazionali. Organizzazioni come WILPF e organi d’informazione hanno sintetizzato l’elenco dei settori e delle aziende citate.
Italia ed Europa: i dati oltre le dichiarazioni
Qui la discussione si fa scomoda. Secondo SIPRI, nel periodo 2020–24 la quota italiana nelle importazioni di grandi sistemi d’arma israeliani è pari a circa l’1% (elicotteri leggeri e cannoni navali), con un’industria nazionale export-oriented cresciuta del 138% rispetto al quinquennio precedente. Non sono volumi enormi verso Israele, ma fotografano una filiera integrata (anche attraverso programmi come l’F-35) e un posizionamento strutturale nel mercato mediorientale.
Quanto all’Europa, il quadro è a macchia di leopardo: alcuni Paesi hanno sospeso licenze o annunciato restrizioni, altri hanno consentito il proseguimento di contratti o transiti; la Germania ha fermato le nuove approvazioni di “war weapons” nel 2024, mentre nel 2025 diversi Stati hanno irrigidito i controlli. Eppure, gli effetti sull’arsenale israeliano restano limitati se i due fornitori principali (USA e Germania) non mutano radicalmente rotta.
La ritorsione politica: sanzioni contro la relatrice ONU
L’8–10 luglio 2025 Washington ha sanzionato Francesca Albanese, mossa condannata da esperti ONU perché mina l’indipendenza dei meccanismi speciali. È un segnale politico forte rivolto non solo a una persona ma alla cornice stessa della responsabilità internazionale.
Cosa vuol dire “responsabilità condivisa” (davvero)
Se seguiamo la logica dei rapporti ONU, quattro conseguenze discendono per gli Stati terzi e per l’UE:
1. Embargo sulla catena bellica, incluse licenze dual use, con controlli sostanziali su porti, aeroporti e transhipment;
2. Sospensione di intese commerciali e partecipazioni a fiere/consorzi che alimentano l’apparato militare;
3. Due diligence obbligatoria con responsabilità penale d’impresa per contributo a crimini internazionali, superando il mero reporting ESG;
4. Giurisdizione universale e cooperazione giudiziaria su crimini core (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra), in coerenza con i doveri erga omnes. Sono, in sostanza, le raccomandazioni di Albanese nel nuovo rapporto, che chiede un cambiamento di paradigma: dalla retorica alla cogenza.
L’Italia al bivio
Per Roma, il banco di prova è triplo:
– Politica estera: allineamento automatico all’ombrello USA o capacità di esercitare autonomia strategica su cessate il fuoco ed embargo? I sei veti statunitensi dicono che la via multilaterale è stata sinora strozzata, ma non inevitabilmente.
– Industria e ricerca: partecipazione a programmi e supply chain (F-35, componentistica, partnership accademiche) va sottoposta a un test di coerenza legale e politica. Qui i dati SIPRI e le analisi sul finanziamento europeo alla ricerca israeliana invitano a togliere i veli.
– Legalità costituzionale: la prevenzione del genocidio è obbligo giuridico, non “posizione”. Ne discendono atti amministrativi immediati (revoche, sospensioni, controlli) e un indirizzo parlamentare esplicito sul rispetto del diritto internazionale umanitario.
Genocidio come crimine collettivo” significa riconoscere che la violenza non vive nel vuoto: dipende da reti di potere, interessi e assuefazioni economiche. Se davvero vogliamo “uscire dal cono d’ombra”, occorre una scelta netta: cessate il fuoco immediato, embargo sulle armi e interruzione delle complicità commerciali e tecnologiche. La credibilità dell’ordine giuridico internazionale non si misura nei convegni, ma nei contratti che decidiamo di firmare — o di rescindere. È qui che l’Italia e l’Europa si giocano l’onore del diritto: o proteggere un popolo sottoposto a distruzione sistematica, o restare complici per omissione.
Fonti principali utilizzate:
Rapporto A/80/492 (OHCHR, versione advance) e pagina di presentazione; rapporti e note su “economia del genocidio” (A/HRC/59/23) e materiali di sintesi; stime su veti e dinamiche al Consiglio di Sicurezza (Reuters/AP/ONU); dati su voli RAF da Cipro (Declassified UK, The Guardian); flussi e programmi USA (CFR, Hartung/Quincy/ Brown); tendenze export/import (SIPRI) e quadro europeo.
(*) di Sommella vedi anche il recente mariosommella.wordpress.com/2025/10/20/pace-in-outsourcing-e-verita-contese-2/
“Nessun foglio di via fermerà la voce per la Palestina”
Scritto il 25/10/2025
Milano. Esprimiamo la nostra piena solidarietà al presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia (API), l’arch. Mohammad Hannoun, colpito oggi, sabato 25 ottobre, da un foglio di via da Milano della durata di un anno.
Questo atto, grave e profondamente ingiusto, rappresenta un chiaro tentativo di intimidire chi si espone, con coraggio e coscienza, per difendere la verità e denunciare i crimini contro il popolo palestinese. Non è solo un provvedimento amministrativo: è un segnale politico che punta a reprimere la libertà di espressione e la solidarietà verso chi, da oltre 76 anni, vive sotto occupazione, esilio e apartheid.
E’ un’azione liberticida, contro i diritti umani e la democrazia, tanto predicata, diremo, millantata da questo Occidente egemonico alla deriva etico-morale e politica, oltreché economica ed istituzionale. Aleggia, su tutta l’Europa e gli Stati Uniti, una pericolosa deriva totalitaria e antidemocratica, capitanata dagli epigoni di un nazifascismo e di un suprematismo bianco-centrico mai superato, ma davvero debellato nell’Occidente collettivo intrinsecamente razzista e genocida.
Colpire Hannoun significa colpire chi, da più di quarant’anni, vive in Italia come parte attiva della comunità, portando avanti la voce dei senza voce, degli oppressi, di chi non ha mai smesso di credere nella giustizia.
La sua presenza, la sua parola e il suo impegno sono testimonianze viventi di una storia di resistenza che attraversa frontiere e generazioni.
Oggi, come sempre, noi ci denunciamo con fermezza ogni forma di repressione, di censura e di intimidazione.
Denunciamo le politiche coloniali di Israele e dell’Occidente collettivo, l’occupazione militare della Cisgiordania, l’assedio e il genocidio in corso a Gaza, la continua espropriazione di terre, la detenzione di minori, la demolizione di case, e tutte le pratiche che violano sistematicamente il diritto internazionale e la dignità umana.
Non accettiamo che la solidarietà venga criminalizzata.
Non accettiamo che chi difende i diritti umani venga ridotto al silenzio.
Non accettiamo che la parola “Palestina” diventi un reato.
La nostra voce non si fermerà.
Continueremo a parlare di Palestina, oggi, domani, e per sempre.
Continueremo a tramandare la memoria, la lotta e la speranza da generazione in generazione, affinché nessuno dimentichi le radici di questa ingiustizia e la forza di chi resiste.
La Palestina è il Sud Globale, è il mondo delle Periferie, degli Oppressi che non accettano più di essere schiacciati e colonizzati.
La Palestina è l’Avanguardia mondiale dei popoli contro la Barbarie israelo-statunitense.
Ogni tentativo di repressione non farà che rafforzare la nostra determinazione.
Siamo e resteremo al fianco di chi lotta per la libertà, la dignità e la giustizia del popolo palestinese.
Chiediamo a tutte le comunità palestinesi in Italia, ai movimenti solidali, ai collettivi studenteschi, alle associazioni per i diritti umani, e a tutte le persone che hanno a cuore la verità di scendere al nostro fianco in solidarietà con il dott. Mohammad Hannoun
Perché nessun foglio di via potrà mai cancellare una causa giusta.
Perché l’ondata di solidarietà non si ferma
Perché la Palestina vive in ogni voce che resiste, in ogni strada che si riempie di giustizia, in ogni generazione che sceglie di non tacere.
Mohammad Hannoun è ogni persona libera che lotta contro l’ingiustizia. E’ tutti noi.
Associazione dei Palestinesi in Italia API-ITALIA, redazione InfoPal.it
Lettera aperta della comunità ebraica ad António Guterres, Segretario generale dell’Onu, ai presidenti, primi inistri, capi di Stato, rappresentanti permanenti presso le Nazioni Unite.
Accogliamo con grande sollievo il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi, e la speranza della fine dei massacri, della distruzione, degli sfollamenti e della fame a Gaza. Tuttavia, non c’è dubbio che questo cessate il fuoco sia fragile: le forze israeliane rimangono a Gaza, gli accordi non menzionano la Cisgiordania, e le cause profonde dell’occupazione, dell’apartheid e della negazione dei diritti dei palestinesi restano irrisolte.
Questo cessate il fuoco è stato raggiunto grazie alla pressione internazionale, che dovrà essere mantenuta per fare in modo che duri. Questo è un punto di partenza, non d’arrivo. Il rischio di ripiombare in una realtà politica di indifferenza davanti all’occupazione e in un conflitto permanente è troppo grande. Si deve continuare a esercitare una forte pressione per raggiungere una nuova epoca di pace e giustizia per tutti: tanto per i palestinesi quanto per gli israeliani.
La ricerca di giustizia risale ben prima del 7 ottobre 2023. I crimini commessi quel giorno da Hamas e da altre fazioni armate ci hanno inorridito. Le azioni compiute da Israele in seguito ci risultano inconcepibili. Il nostro animo si inonda di dolore mentre le prove che si stanno accumulando indicano che le azioni di Israele sono conformi alla definizione legale di genocidio. Assistiamo già a tentativi di negare le responsabilità e di riproporre lo stesso, fallimentare schema dell’impunità. Questo non può essere accettato.
Ecco perché lanciamo questo appello come ebrei di ogni provenienza e ceto, da tutto il mondo. Affermiamo la nostra fede nell’universalità della giustizia e nell’equa e giusta applicazione del diritto internazionale. Non dimentichiamo le numerose leggi, carte e convenzioni stabilite per tutelare e proteggere ogni vita umana, create in risposta all’Olocausto. Tali garanzie sono state incessantemente violate dall’attuale governo israeliano. È necessario riconoscere la responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale da parte della leadership israeliana. È tempo di fare tutto il possibile per porre fine in modo definitivo alla punizione collettiva che il governo d’Israele sta infliggendo ai palestinesi e raggiungere una vera pace per questi due popoli.
Come ebrei ed esseri umani, dichiariamo: non in nostro nome. Non in nome della nostra eredità, fede, tradizione ed etica. L’immane distruzione e le uccisioni, lo sfollamento forzato, il blocco deliberato di beni di prima necessità e le continue azioni criminali perpetrate in Cisgiordania devono terminare e non ripetersi mai più.
Condanniamo il fatto che i leader israeliani abbiano ripetutamente dichiarato davanti al mondo che tali azioni si stiano commettendo in nome del popolo ebraico, come manifestazione del nostro destino. Confutiamo la dichiarazione del governo d’Israele di parlare a nome dell’intera collettività ebraica: noi non ci sentiamo rappresentati dalle sue parole.
Rifiutiamo e ci opponiamo a questa strumentalizzazione della nostra coscienza collettiva. Questi non sono i valori ebraici né le lezioni che traiamo dalla storia delle nostre genti. Molto spesso in molti di coloro che difendono i diritti dei palestinesi ritroviamo un riflesso delle persone che sostennero gli ebrei nei momenti di bisogno. La nostra solidarietà con il popolo paelstinese non tradisce la nostra cultura ebraica, ma la complementa. Quando i saggi ci insegnarono che distruggere una vita implica distruggere un intero mondo, non facevano un’eccezione per le vite dei palestinesi.
Non troveremo pace finché questo cessate il fuoco non porterà alla fine dell’occupazione e dell’apartheid. Scriviamo nella speranza che questa iniziativa consolidi ulteriormente un rinnovato impegno della comunità ebraica ad agire con coscienza e compassione. Lavoreremo alacremente per raggiungere uguaglianza, giustizia e libertà per i palestinesi e gli israeliani.
A tal fine, estendiamo questo appello alle imprese, i sindacati, la società civile e in particolare ai Capi di Stato e gli stati membri delle Nazioni Unite:
1
Rispettare le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, anche per quanto concerne la loro applicabilità in Cisgiordania; eseguire i mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale, respingendo ogni tentativo di pressione o indebita influenza sul loro operato.
2
Rifiutare qualsiasi complicità con gli atroci crimini di guerra contro i palestinesi da parte di Israele, incluse la vendita di armi e altri beni e servizi rilevanti; fermare questi crimini con adeguate misure quali: sanzioni mirate alle istituzioni governative e individui responsabili di violazioni del diritto internazionale e sospensione di relazioni con le imprese complici.
3
Garantire l’accesso a tutti i palestinesi a Gaza degli aiuti umanitari in misura proporzionata alla vitale necessità, e il ritiro totale delle truppe israeliane da quei territori.
4
Confutare le false accuse di antisemitismo che strumentalizzano la nostra storia collettiva per screditare chi al nostro fianco cerca la pace e la giustizia.
Con profondo rispetto e nello spirito della nostra tradizione ebraica che condividiamo,
La comunità ebraica chiede di agire.
https://jewsdemandaction.org/italiano
https://actionnetwork.org/
MELFI 26|X h 15,30 PRESIDIO AL CARCERE “ANAN LIBERO “
Reti per la Palestina di Basilicata
Domenica 26 ottobre -dalle 15,30- sarà effettuato un nuovo presidio al carcere di Melfi” in solidarietà per il detenuto palestinese Anan Yaeesh. “Il 31 ottobre riprende a L’Aquila il processo alla Resistenza palestinese”. –si legge nel comunicato che così prosegue- “Anan Yaeesh parteciperà in videoconferenza dal carcere di Melfi, dove da più di un mese è stato deportato per allontanarlo dal foro competente e dai suoi legali, nel tentativo di isolarlo dalla solidarietà.
Ma questo tentativo non è riuscito, grazie anche alla lotta che lo stesso Anan ha portato avanti con lo sciopero della fame il 4 ottobre, in solidarietà con le mobilitazioni italiane per la Palestina e in coincidenza con l’enorme manifestazione nazionale a Roma.
Con quello sciopero della fame Anan ha anche portato allo scoperto le regole assurde che vigono nel carcere di Melfi, sollecitando l’attenzione del Garante e di associazioni per la difesa dei diritti dei detenuti. Nel giro di una settimana si sono attivati, e hanno dato la propria disponibilità a visitarlo in carcere, medici, avvocati, giornalisti, infermieri, attivisti, ed è stato organizzato un primo presidio di solidarietà sotto il carcere di Melfi, che ha concretamente rotto la condizione di isolamento in cui si è cercato di confinare Anan con un trasferimento del tutto arbitrario.
Grazie anche alla rete di solidarietà che immediatamente si è attivata intorno a lui anche a Melfi e in tutta la Basilicata, il carcere ha accolto alcune sue richieste ed Anan ha interrotto lo sciopero della fame venerdì 10.
La lotta paga, e questa prima vittoria ha offerto il trampolino di lancio per numerose altre iniziative, disseminate in tutto il territorio, nell’ambito della campagna “Free Anan” e per la Palestina libera.
La società civile, ancora una volta, si è mobilitata, respingendo la propaganda sionista e le manovre occulte di questo governo, che vorrebbero nascondere la portata di questo movimento e il peso di questo processo e detenzione illegittimi di Anan su tutta la lotta per la causa palestinese in Italia.
Se volevano isolarlo con un trasferimento hanno fallito, la solidarietà al partigiano palestinese Anan Yaeesh è più forte che mai, e il 26 Ottobre saremo ancora sotto il carcere di Melfi a reclamare la sua liberazione, perché la lotta per l’autodeterminazione non è terrorismo.
Il vero terrorismo sono le bombe dell’imperialismo, fornite allo stato genocida di Israele per il profitto di pochi criminali che si credono i padroni del mondo.
Il vero terrorista è lo stato illegale sionista, che trova in questo putrido sistema capitalista la sua legittimazione.
Ma i popoli lo sanno da che parte stare, con la resistenza del popolo palestinese fino alla vittoria.
GIÙ LE MANI DA ANAN, ALI E MANSOUR!
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA!
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA!
DOMENICA 26 OTTOBRE, ore 15:30, PRESIDIO AL CARCERE DI MELFI, Via Lecce.
27 ottobre, ore 21.00 e 1° novembre ore 17.30 – presso iL Martinitt – Teatro Cinema, Via Riccardo Pitteri 58, MILANO
Proiezione del film LA VOCE DI HIND RAJAB
Per la locandina dell’evento, clicca qui
Trieste, 30 ottobre: Presidio solidale con Anan, Alì e Mansour
29 ottobre, dalle ore 21.00 – presso Oratorio S. Luigi, Piazza della Vittoria 6, SAN GIULIANO MILANESE
Proiezione film NO OTHER LAND
Introduzione di AssopacePalestina e con la testimonianza in diretta dalla Cisgiordania di Luisa Morgantini
Dal 4 al 16 novembre (da lunedì a venerdì: 9-13, 14-18 – sabato e domenica: 14-18) – presso Semiottagono, Piazza Madonna della Neve, FIRENZE (ex Murate)
HeART of Gaza – l’arte dei bambini dal cuore di Gaza
Mostra di disegni di bambini che vivono al centro della Striscia.
10 novembre, ore 21.00 – presso Teatro PIME, via Mosè Bianchi 94, MILANO
VITTORIO ARRIGONI GAZA, narrazione con musica e disegno dedicata a Vittorio Arrigoni
Per il programma e info su orari e location, clicca qui
15 novembre ore 12.30 – presso BOOKCITY – Fondazione Feltrinelli, Viale Pasubio, MILANO
TERRA E PACE – Poesie dalla Palestina
Per info sull’evento clicca qui
Francesca Albanese, quando difendere i diritti umani diventa reato
(di Irene Masala da «Osservatorio Diritti»)
Su Altreconomia (on line)
Sulla Palestina segnaliamo due splendide interviste. Quella di Stefano Nanni al fotoreporter Zaher Saleh, costretto ad abbandonare Gaza lo scorso luglio, e quella di Cecilia Gentile a Basel Adra, regista del film “No other land“, sull’illusione della “pace”.
| APPELLO di AMNESTY
mentre i negoziati tra Hamas e Israele proseguono col rischio d’interrompersi ogni giorno, migliaia di persone palestinesi languono nelle prigioni israeliane senza accusa né processo. Tra loro c’è anche il pediatra Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan situato nel nord della Striscia di Gaza, arrestato dalle forze israeliane lo scorso dicembre senza alcuna reale accusa.
Dopo essere stato sottoposto a sparizione, torture, privazione di cibo e di cure mediche, un tribunale israeliano ha prolungato di altri sei mesi la sua detenzione. Il motivo? Nessuno.
Il dottore è a conoscenza della nostra campagna e le firme di persone come te gli stanno dando coraggio e speranza per andare avanti. Chiedi con noi la sua immediata liberazione. |
| FIRMA L’APPELLO |
ALCUNE NOTIZIE RIPRESE DA «Anbamed: notizie dal Sud Est del Mediterraneo» (testata giornalistica online fondata da Farid Adly
BDS
L’Italia è il terzo paese esportatore di armi in Israele. Rapporto ONU: clicca
Giornata nazionale di digiuno x Gaza
Sarà realizzata una giornata di digiuno nazionale il 22 novembre, all’avvio della settimana per la Giornata Mondiale di solidarietà con la Palestina indetta dall’ONU (29 novembre). In tale appuntamento del 22 novembre sarà organizzato un incontro online, aperto a tutti e tutte, con la partecipazione di esponenti palestinesi di Ramallah, Gaza e Gerusalemme est. Con traduzione.
I NOBILI OPPOSITORI DI HAMAS NELLA STRISCIA
Da qualche giorno sono tutti in apprensione per le sorti degli “oppositori di Hamas” già assurti al ruolo di “dissidenti”. Nientemeno.
Ma vediamo chi sono i Gandhi della Palestina.
Il più noto è Yasser Abu Shabab, leader di una banda dal nome ambizioso “Forze popolari”, talmente popolare da essere stato rinnegato persino da tutta la sua famiglia.
Abu Shabab inizia la sua carriera come ladro, attirando non a caso le simpatie dei sionisti.
Trafuga oggetti antichi dall’Egitto e li vende agli israeliani.
Passa poi allo spaccio di droga a causa del quale nel 2015 viene arrestato a Gaza governata da Hamas, e condannato a 25 anni di prigione.
A fine ottobre 2023, Israele bombarda il carcere di Asda, i superstiti evadono, come anche il nostro eroe che raduna un centinaio di uomini, in gran parte conosciuti in carcere, e forma una banda di gangsters.
Notati dai servizi segreti israeliani, vengono finanziati e armati con kalashnikov sottratti alla Resistenza palestinese diventando di fatto collaborazionisti degli sterminatori del loro popolo e dai quali prendono ordini in cambio di denaro e protezione.
Quando lo scorso giugno Haaretz diede la notizia di bande di criminali palestinesi armate dal governo israeliano, Netanyahu ammise: “Ci siamo avvalsi di clan a Gaza che si oppongono ad Hamas. Che male c’è? È solo positivo, salva la vita dei nostri soldati”.
Alla banda di Abu Shabab vengono dati gli ordini più abietti con il chiaro intento di creare caos e malcontento verso la resistenza e porre le basi per la guerra civile.
Spetta poi alla miriade di giornalisti e politici venduti o sotto ricatto trovare il modo per addossare ogni colpa ad Hamas.
Lo scorso maggio, l’European Council on Foreign Relations, pubblica un rapporto dettagliato dove afferma che “La banda di Abu Shabab è coinvolta in diverse attività. Tra queste figurano il saccheggio degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite e la loro vendita al mercato nero.
Dalla pagina fb di Carlo Augusto Melis Costa, avvocato, scrittore. https://www.facebook.com/carlo.meliscosta
PER SAPERNE DI Più:
https://ilmanifesto.it/abu-shabab-il-predone-di-aiuti-che-israele-arma-contro-hamas
https://ilmanifesto.it/hamas-salda-i-conti-con-la-milizia-israeliana-di-abu-shabab
https://www.oasiscenter.eu/it/gaza-abu-shabab-e-il-caos-pilotato
DOPO LE LINEE ROSSE ARRIVA LA LINEA GIALLA
Una riflessione di Ettore Fasciano.
Se si potesse dire – date le dimensioni del territorio – oggi i 365 kmq della striscia di Gaza si stanno ‘balcanizzando’. Le «zone umanitarie» dietro la «linea gialla» [53% della superficie della Striscia] non potrebbero essere amministrate da Tel Aviv, che lascerebbe il compito alle milizie che essa stessa controlla.
Sta già avvenendo a Rafah, dove l’esercito costruisce una «città modello», che dovrebbe rappresentare la Gaza del futuro, «deradicalizzata» ossia controllata dalle filiali palestinesi di Israele.
Sono già state costruite una scuola e una moschea, e organizzati depositi di cibo.
Quando arriveranno le prime case mobili, le milizie di Abu Shabab potranno trasferirvi le famiglie e invitare parte della popolazione sfollata.
Anche gli altri gruppi armati da Israele stanno chiedendo fondi per realizzare ciò che le cosiddette «Forze popolari» del predone Abu Shabab gestiscono a sud.
Israele ha fatto nascere una rete di milizie che agiscono come un unico corpo, seguendo la sua agenda.
Le truppe di Hussam al-Astal (detto Abu Safin) hanno proclamato il controllo su una «zona umanitaria» a sud di Khan Younis, a pochi metri dalle postazioni militari israeliane.
Abu Safin, … non fa segreto dei suoi accordi con Israele. Collabora con Abu Shabab, del cui gruppo faceva parte prima di mettersi in proprio.
Anche il cosiddetto «Esercito popolare» di Ashraf al-Mansi, supervisionato da Abu Shabab, starebbe raccogliendo da Israele aiuti umanitari per preparare zone da ripopolare nel nord di Gaza, sempre dietro la «linea gialla».
Ali Faisal, FDLP: la legge per l’annessione della Cisgiordania è una dichiarazione di una guerra di genocidio politico e di un colpo di stato contro la legittimità internazionale
a cura di Enrico Vigna, 23 ottobre 2025
Ali Faisal, vice presidente del Consiglio nazionale palestinese e vice segretario generale del Fronte democratico per la liberazione della Palestina, ha denunciato la lettura preliminare della Knesset israeliana sulla legge per l’annessione della Cisgiordania, sottolineando come questa lettura esprima apertamente lo schema del “Triangolo del Terrorismo”, rappresentato da Netanyahu, Smotrich e Ben-Gvir, che costituisce la base del progetto di coalizione di governo fascista da quando è entrato in carica.
“…La legge di annessione della Cisgiordania è una continuazione della giunta fascista nella Knesset e del governo israeliano nella guerra di genocidio politico dei diritti e dell’entità nazionali palestinesi e un colpo di stato contro la legittimità internazionale.
Chiediamo a tutti i parlamenti internazionali, continentali, regionali e arabi di condannare questa lettura e di intraprendere azioni urgenti per fermare l’emissione della legge che annette la Cisgiordania. La Cisgiordania non è un luogo appartenente, per Smotrich e Ben Gvir, ma parte della terra dello stato palestinese che non può essere annessa, giudaizzata o insediata….Questa mozione preliminare non sarebbe stata possibile senza la copertura americana, ed è avvenuta in concomitanza con la visita del vicepresidente degli Stati Uniti Vance allo stato di occupazione, dove ha dichiarato che ‘non avrebbe imposto nulla a Israele’.
La legge di annessione è un pilastro per la costruzione del Grande Stato di Israele, che apre la strada alla formazione del “nuovo Medio Oriente”. Occorre che tutti i paesi presi di mira nella regione, si muovano con urgenza per bloccare questi progetti in difesa dei loro interessi, popoli e sovranità…”.
Ali Faisal, ha invitato le istituzioni internazionali ad agire con urgenza per fare pressione su Stati Uniti e Israele affinché fermino questa ennesima aggressione contro il popolo palestinese e la legittimità internazionale: “…e traducano i riconoscimenti internazionali, concretando la sovranità dello Stato di Palestina su tutti i territori occupati nel 1967, con Gerusalemme come sua capitale, e garantendo il diritto al ritorno dei rifugiati…”.
Faisal ha concluso la sua dichiarazione invitando il Parlamento internazionale di Ginevra a rimuovere la Knesset israeliana dalla sua appartenenza: “…in quanto è un parlamento che legittima l’occupazione, i crimini di guerra, il genocidio umano e politico, la pulizia etnica e la discriminazione razziale contro il popolo palestinese e i popoli della regione, e la sicurezza e la stabilità di tutta la regione”.
A cura di Enrico Vigna, SOSPalestina/CIVG, 23 ottobre 2025
QUANT’E’ VILE LA RAI?
https://www.ilpost.it/2025/10/23/goffa-giustificazione-rai-no-other-land/?homepagePosition=6
(*) di “No Other Land” la bottega ha scritto qui: Due film da non perdere, al cinema
LINK DA ASSOPACE
Video. Coloni israeliani attaccano gli abitanti di un villaggio palestinese durante la raccolta delle olive
di TRT World, 16 ottobre 2025.
Almeno 135 corpi mutilati di palestinesi erano stati rinchiusi in una famigerata prigione israeliana, affermano i funzionari di Gaza-
Mentre gli occhi del mondo sono puntati su Gaza, i coloni israeliani in Cisgiordania continuano a agire in totale impunità
Non c’è mai stata una “guerra” a Gaza. Il “cessate il fuoco” è una bugia dello stesso stampo
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Carmilla on line | La sindrome di Gaza https://share.google/fZTLZBPhtrUU1UkHf
e vi ricordiamo questo appello


















