Perù: la tragedia del mercurio a Choropampa

A distanza di quindici anni Newmont e governi hanno sempre lucrato e speculato sulla salute dei cittadini

di David Lifodi

Sono trascorsi quindici anni e qualche mese dal quel tragico 2 giugno 2000, quando un camion dell’impresa Ramsa, che trasportava 157 chilogrammi di mercurio estratti dalla miniera Yanacocha, sparse il suo carico per circa 27 chilometri lungo la città peruviana di Choropampa: ai lavoratori della miniera e agli abitanti del luogo l’impresa promise una ricompensa in denaro se avessero prestato il loro aiuto nel recupero del mercurio, senza però avvertire che si trattava di un materiale altamente tossico.

Nella raccolta furono coinvolti anche i bambini e tutti gli abitanti di Choropampa non utilizzarono alcuna protezione: nei giorni seguenti almeno cento persone furono condotte all’ospedale di Cajamarca e circa seimila rimasero contaminate. Oggi otto choropampinos su dieci si trovano in condizioni di povertà, ma molti altri vivono sotto il livello minimo di sopravvivenza e la loro città, un tempo meta di vacanze dai luoghi intorno e abbastanza ricca per risollevare l’indotto anche dei distretti confinanti, è stata del tutto abbandonata a se stessa. Nel 2008 il ministero della Sanità peruviano evidenziava come ancora vi fosse mercurio per le strade e nelle case di Choropampa: circa 49 chilogrammi furono recuperati (a mani nude o con strumenti di fortuna come cucchiai o recipienti), 17 si dissolsero nel suolo, 21 evaporarono e 63 non furono mai recuperati. L’impresa Ramsa era una partecipata della potente e famigerata Yanacocha che, insieme allo Stato, ha fatto di tutto per ingannare i choropampinos: la multinazionale concesse degli indennizzi ridicoli approfittando dell’ignoranza della comunità. Solo una parte minima dei cittadini, che poteva permettersi di sostenere le spese legali per il processo, ottenne dei risarcimenti adeguati. Di fronte alla violazione del diritto alla salute, che causò danni permanenti, lo Stato rimase silente: non solo non si unì alle richieste di giustizia che esigevano i suoi cittadini, ma nemmeno denunciò l’impresa Yanacocha per il reato di delitto ecologico. Ancora oggi, a Choropampa non è stato edificato alcun ospedale, ma è presente soltanto un precario presidio medico che a stento riesce a soddisfare le necessità della popolazione. L’unica iniziativa dello Stato, condotta a termine perché tanto non avrebbe inficiato in alcun modo i rapporti di Lima con Yanacocha, fu sollecitare un processo per lesioni colpose contro l’autista del camion di Ramsa, il responsabile materiale della disgrazia. Solo nel 2010 Yanacocha fu condotta a processo, venne giudicata colpevole, ma nel 2014 una nuova sentenza ribaltò il verdetto restituendo l’innocenza all’impresa. Il mercurio inalato dai choropampinos causò loro danni cerebrali, alla vista, ai polmoni e ai feti delle donne in gravidanza. Yanacocha, meglio conosciuta con la denominazione di Newmont Mining Corporation, ha sede a Denver ed opera in Perù dal 1993: da tempo aveva messo gli occhi sulle ricchezze minerarie di Choropampa, che si trova nella zona meridionale del dipartimento di Cajamarca, dove maggiori sono le riserve di oro e d’argento. Del resto è stato proprio qui che, nel 1552, i conquistadores spagnoli catturarono Atahualpa per poi ucciderlo l’anno successivo e impadronirsi delle ricchezze della regione. Attualmente Newmont è il primo produttore di oro al mondo e la miniera Yanacocha è la più grande dell’intera America Latina, ma soprattutto la multinazionale di Denver figura tra i protagonisti della tragica storia mineraria del Perù, che a sua volta è il sesto paese produttore di oro a livello mondiale. L’estrazione mineraria a taglio aperto, a 3900 metri sul livello del mare, già di per se stessa è causa di inquinamento ambientale, ma quel 2 giugno del 2000 i choropampinos, durante la raccolta, finirono anche per inalare il mercurio. All’opera di disinformazione promossa da Yanacocha parteciparono anche medici peruviani pagati dall’impresa, i quali garantirono che ripulire la strada dal mercurio non avrebbe avuto alcun effetto sulla salute delle persone. In pratica, i choropampinos furono utilizzati come cavie, mentre le analisi effettuati sui pazienti vennero occultate dall’impresa con il sostegno dello Stato e degli stessi medici: basta orinare, sostenevano, per ripulire il corpo dal mercurio. Le denunce di ambientalisti e movimenti sociali furono tacciate di “terrorismo” e “procurato allarme”, mentre la Banca Mondiale si attivò per spacciare come studi “indipendenti”, ma in realtà di parte, indagini che garantivano l’assoluta impossibilità di nuocere del mercurio durante le attività di raccolta a seguito dell’incidente. Newmont ha sempre negato gli effetti mortali o altamente invalidanti del mercurio sulla salute delle persone, ricorrendo spesso ad avvocati senza scrupoli disposti a vendere la loro anima al diavolo per asserire che l’avvelenamento da mercurio non esiste. Peraltro, la stessa Newmont non ebbe altrettanta fortuna in Indonesia dove, a seguito dello spargimento di 33 tonnellate di mercurio  nel villaggio della baia di Buyat, nei dintorni della miniera di Sulawesi, avvenuto nel 2001, l’impresa fu costretta a pagare una multa di 543 milioni di dollari e alcuni dei suoi funzionari furono arrestati a seguito della pronta mobilitazione del governo del paese asiatico.

Tutti i presidenti peruviani, da Fujimori a Toledo, passando per García e Humala, hanno sempre lucrato sull’estrazione mineraria, vendendo il loro paese e la salute dei loro cittadini alla sete di profitto delle multinazionali.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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