Scor-date: 12 gennaio 1978

Il film «Forza Italia» arriva nelle sale (*)

L’inviato in Italia del presidente Truman è James Zellerbach. Il filmato lo mostra mentre parla alla Camera di commercio italo-americana e accanto a lui De Gasperi annuisce soddisfatto: «E’ giunto il momento di trovare un più vasto mercato per i prodotti italiani. A mezza strada del Piano Marshall avete la solidarietà dei popoli liberi del mondo. Perciò io vi dico: FORZA ITALIA». Poco dopo le immagini si spostano su un “mutilatino” che – mentre il presidente Einaudi visita l’Opera don Gnocchi – scrive, con i moncherini, un cartello: «Forza Italia».

E’ presa da questo contesto storico e retorico la frase che diventa il titolo del film-choc di Roberto Faenza: inizia a circolare nel 1977 e il 12 gennaio 1978 arriva nelle sale. Grande successo ma sarà ritirato quando in marzo le Brigate Rosse rapiscono Aldo Moro, presidente della Dc: se c’è un nesso fra il rapimento e la censura del film deve trattarsi di psicoanalisi eppure la richiesta di oscuramento arriva dal ministro dell’Interno (che era Francesco Cossiga ma su questo blog viene sempre, e con molte ragioni, indicato come Kossiga). Dopo questo film, per anni Faenza non potrà lavorare in Italia: è tristemente ovvio.

«Forza Italia!» racconta l’Italia del dopoguerra, del “miracolo economico”, del potere democristiano e del suo lento sgretolarsi. Viene prodotto dalla cooperativa Jean Vigo. E’ montato utilizzando spezzoni di documentari e cinegiornali, perlopiù finiti nei cestini o sepolti in armadi talvolta ben chiusi: 200mila metri di pellicole visionati per tirar fuori un film di 90 (anzi: 88) minuti. L’idea è di Roberto Faenza, a lui si affiancano Marco Bocca e Marco Tullio Giordana, al montaggio il bravissimo Silvano Agosti e al coordinamento Elda Ferri, c’erano persino le musiche di Ennio Morricone. Come sceneggiatori due giornalisti, cioè Antonio Padellaro (che oggi dirige il quotidiano «Il fatto») e Carlo Rossella il quale invece, dopo un passato di sinistra, nel ’94 «vede la luce» e si piazza nella corte del nuovo partito mirante a sostituire l’appena defunta Dc e che – ironia della sorte – avrà (anche, fra i tanti) il nome di Forza Italia; quella nuova Democrazia Cristiana dove Rossella si arruola è più ladra, più filoamericana, persino più infiltrata di mafiosi e fascisti della vecchia Dc; è il partito di un uomo che all’anagrafe risulta chiamarsi Silvio Berlusconi ma che su codesto blog viene di solito indicato come P2-1816 (dal numero della tessera che aveva nella Loggia segreta massonica Propaganda 2 di Licio Gelli).

Tornando alla vecchia Dc, che è saldamente al centro del film di Faenza, la vediamo in azione in diversi contesti. Il viaggio (1947) di De Gasperi negli Usa; la cacciata del Pci dai governi di unità nazionale; il piano Marshall (aiuti dati in cambio di una netta al fianco – cioè al servizio – degli Usa); le elezioni del 1948 e le infuocate prediche – «ricordatevi fratelli, nel segreto delle urne Dio vi vede, Stalin no» – di padre Lombardi, detto «il microfono di Dio» (altra buffa omonimia; anche l’attuale direttore della Sala stampa del Vaticano si chiama Lombardi; anzi è una “nipotanza” più che una coincidenza, infatti è il nipote del precedente); in questo quadro volano le varie «madonne pellegrine«» (per esempio a Nivale nell’oltrepò pavese) che pregano «per salvare l’Italia» e invitano a votare…

Un bambino, nel porto di Napoli, legge una poesia per ringraziare gli Stati Uniti: «Dal lontano continente / è arrivata la farina / la porta la marina / di un Paese assai potente […] Benedetti dal Signore / questi aiuti mai finiti / vengon dagli Stati Uniti / sono il dono dell’amore». Un filmato anche per la benedizione delle autoblindo e più volte le immagini di un giovane politico di certo avvenire, Giulio Andreotti. La televisione non domina la scena ma ci sono i cinegiornali, presunti informativi, che obbligatoriamente accompagnano la proiezione dei film: da lì vengono molte di queste scene, alcune trasmesse (ma in ben altro contesto) e molte tagliate.

Spesso il film di Faenza usa tecniche che oggi diremmo «da Blob» (con riferimento alla trasmissione di Raitre) cioè monta in rapida successione scene serie e farsesche: il festival di Sanremo, il concorso per miss Italia e la grande mostra (presunta seria, in realtà mal fatta) «dell’Aldilà», cioè dei crimini comunisti in Urss, e subito dopo i microfoni che urlano «Perché l’Aldilà non diventi l’Aldiqua […] domenica 7 giugno ricorda: il premio di maggioranza salva la tua libertà». Il premio di maggioranza… come vi suona?

Una scena indimenticabile: le cineprese inquadrano le camionette della polizia in piazza della Signoria a Firenze con un lungo dialogo fra un tenente della polizia e un ispettore su quali statue vadano messe “in regola”, cioè con foglie di fico a coprire le nudità: «Ma anche il Michelangelo s’ha da ricoprire?» chiede il tenente. «Sisssignore, arte o non arte» risponde l’ispettore il quale più tardi, nel suo giro, è attirato da una statua ai cui piedi sgorga uno zampillo d’acqua: «Questo può rimanere. Però il sottostante zampillo è equivoco. Bisogna otturarlo».

Uno stacco sulla morte di Wilma Montesi ed ecco la stessa Dc “talebana” che ricopre le statue impegnata a bloccare le indagini sui festini di sesso e droga dove di certo si aggirano nomi di potenti. Ed è sulla Dc che trema per le rivelazioni del “caso Montesi” e sull’uomo nuovo – Amintore Fanfani (ex fascista ma ne parleremo un’altra volta) – che si chiude il primo tempo del film.

Proprio su Fanfani e sul suo pupillo (in Rai) Bernabei si apre il secondo tempo del film. Con la grottesca frase in inglese (ma sottotitolata) di un Richard Nixon – allora vicepresidente con Eisenhower – che, assai disinformato, chiede al Segretario di Stato: «ma questo Fanfani non è un fottuto uomo di sinistra?».

Ancora congressi Dc e della Confindustria, inaugurazioni. Poi la tragedia del Vajont e la insolita visita al Quirinale – il 15 luglio 1964 – dove sedeva Antonio Segni del generale Giovanni De Lorenzo. Allora si sospettava e oggi si sa per certo che quell’incontro, fuori dalle consuetudini, era per concordare un golpe. Fu bloccato all’ultimo minuto. Nel film un telecronista dell’epoca (fuori campo) afferma deciso, o se preferite giulivo, mentre ai Fori Imperiali c’è un’orrida sfilata militare: «In relazione a voci pretestuosamente diffuse, negli ambienti dello Stato maggiore si precisa che le manovre dell’Arma dei carabinieri fanno parte del consueto addestramento».

Qualche immagine delle manifestazioni operaie accompagna un esilarante ministro del Lavoro (Carlo Donat Cattin) che spiega al capo del governo come agganciare i sindacati. Subito dopo la strage di piazza Fontana il 12 dicembre 1969.

Di nuovo Nixon, ma stavolta da presidente, in Italia: è a colloquio con Saragat (un presidente della repubblica non democristiano ma egualmente filoamericano) mentre fuori i manifestanti urlano contro la guerra in Vietnam. Poi la polizia li disperde e, dentro il palazzo, «il pianista del Quirinale intona l’inno dei marines» mentre tutti scattano in piedi, pronti a brindare con i bicchieri in alto.

Cresce la contestazione alla Dc. Il presidente Leone (di nuovo un democristiano) è filmato mentre «fa le corna» a chi lo fischia. Il vecchio dinosauro cerca di fermare la sua estinzione e – come spiega enfaticamente un cronista – «ci vogliono uomini nuovi […] Ecco, gli uomini nuovi […] stanno per uscire». E il film termina proprio su loro che escono da piazza del Gesù (sede della Dc): Moro, Andreotti, Forlani, Rumor…

Questo film dal marzo ’78 diventa invisibile. Bisogna arrivare al 7 novembre 1993 perché «Forza Italia!» arrivi su Raitre (nel programma «Italiani brava gente»); il giorno dopo, magistrati della procura di Palermo si recano nella sede romana della Rai per sequestrare una copia del film, visto che in alcuni fotogrammi si vedevano, intorno a Giulio Andreotti, persone legate alla mafia. Toh.

Dal ’94 ovviamente il film di Faenza non va neppure nominato dalla gente per bene: è tornata al potere la “nuova” Dc che il 18 gennaio 1994 ha scelto di chiamarsi Forza Italia.

Solo nel 2006 anche qualche italiano post-Dc potrà vedere questo scomodissimo film: viene distribuito nelle librerie il cofanetto – dvd più testimonianze – «Forza Italia! Il ritratto più divertente, spietato, censurato della Prima Repubblica». Divertente no, grottesco semmai. E’ un ritorno in libreria; infatti era arrivato – nel gennaio ’78, edito da Cooperativa Scrittori – sotto forma di una sceneggiatura essenziale con il titolo «Forza Italia!» e il sottotitolo «La lunga orgia del potere Dc, storia e satira di 30 anni». Preciso che è sulla base di quella sceneggiatura che ho rinfrescato i miei ricordi del film.

Difficile per me (64 anni) capire cosa il film di Faenza possa dire oggi a ventenni o trentenni, cioè a chi non ha conosciuto la Dc e magari sa poco di storia. I passaggi satirici non sono invecchiati, ma il resto? Mi pare che alcuni meccanismi del potere e dell’informazione/censura siano stati così ben svelati in «Forza Italia!» da essere comprensibili anche oggi. Ma va sottolineata anche la forza – e infatti il film fece e fa paura – della ricerca, della controinformazione. Come era accaduto, a cavallo fra il 1969 e il ’70, per l’inchiesta «La strage di Stato» molti “segreti” potevano essere “scoperti”: bastava l’intelligenza e la volontà, il coraggio forse, di sollevare il sasso per scoprirvi sotto il brulicare di vermi.

(*) IL SENSO DI QUESTA RUBRICA

Da oggi ogni giorno (salvo catastrofi sempre possibili) troverete in blog – a mezzanotte e un minuto – una «scordata» con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Dunque una data che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora e/o preferisce dimenticare. Come vedrete le firme saranno varie (i post siglati db ovviamente sono miei) e molto diversi gli stili e le scelte. Quello di oggi è un post piuttosto lungo ma a volte ne troverete di brevissimi: magari solo una breve citazione, un disegno o una foto. Sono graditi i commenti qui in blog ma anche le critiche, i suggerimenti o le candidature (se cioè qualcuna/o vuole contribuire si faccia avanti per tempo).

In che ambito «scor-date»? Di genere molto vario. Per esempio oggi io, sulla data del 12 gennaio, avrei potuto scegliere (nel mio archivio babelico) di lavorare su una di queste date. Nel 1319 muore Al-Farsi; nel 1665 muore Fermat; nel 1807 Operto rifiuta di arruolarsi (primo caso di obiezione di coscienza nella “quasi-Italia-moderna”); nel 1848 insorge Palermo; nel 1876 nasce Jack London; nel 1903 una interessante esibizione di Erik Weiss detto Houdini; nel 1904 scoppia la rivolta degli Herero; nel 1935 inizia il processo al rapitore del figlio di Lindberg; nel 1944 l’eccidio di Glubokoje; nel 1948 la Corte suprema Usa proclama l’eguaglianza bianchi-neri nella scuola; nel 1961 una strana “nube gialla”… il primo razzo italiano; nel 1970 finisce la guerra Biafra-Nigeria; nel 1988 la mafia uccide Giuseppe Insalaco; nel 1991 muore Vasco Pratolini; nel 1992 sentenza contro l’Amoco-Cadiz; nel ’97 nasce “Hal” (in questo caso sto parlando di fiction, nel film di Kubrick-Clarke); nel 1995 viene rimosso il vescovo Jacques Gaillot; nel 2011 terremoto ad Haiti e lo stesso giorno il papa spiega che il Purgatorio «non è un luogo fisico ma uno spazio interiore».

Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte: grazie. (db)

 

Redazione
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