Un miracolo e un cameo

susanna sinigaglia

Fog

Performing Arts Festival

1 febbraio – 15aprile 2025
https://triennale.org/fog-performing-arts-festival-2025

Un miracolo e un cameo

 

Il miracolo

Waltz

Saburo Teshigawara

Rihoko Sato

Saburo Teshigawara sembra una promessa di eterna giovinezza. Lui e Rihoko Sato, sua inseparabile partner, formano una coppia straordinaria.

Le note del valzer di Johan Strauss II esplodono sulla scena, con Saburo che con un guizzo vi irrompe quasi trascinato dall’impeto della musica.

In modo analogo ad altre loro performance, si presentano separatamente; dopo di lui, lei con passione e grande trasporto.

Saburo però stavolta ha uno strano andamento, diverso dal solito. Sembra voglia comunicare una sorta di smarrimento, una difficoltà di restare a lungo sul palcoscenico; come se nella danza s’insinuasse una leggera zoppia, o balbuzie.

E più lui comunica questo sentimento, più Rihoko, nei suoi ritorni in scena, imprime forza, veemenza alla sua danza, quasi un’ombra di disperazione. Credo d’intravedere l’insorgenza di un’inquietudine di fronte al tempo che incombe, e incalza. Le apparizioni di Saburo sono brevi, come se volesse sottrarsi alla vista. Volteggia sempre leggerissimo malgrado i momenti d’incertezza, ma quando si ritira dietro le quinte dà quasi l’impressione di fuggire, di andare a nascondersi. Vuole forse condividere la pena per una scelta dolorosa, quella che scorge davanti a sé, la scelta obbligata che lo spingerà a lasciare prima o poi la scena, mentre a questa Rihoko si ribella, esprime con rabbia la sua contrarietà? Queste forzature, indubbiamente volute, probabilmente non accennano solo a una inquietudine personale ma anche alle profonde crepe che stanno disgregando sempre di più il nostro povero mondo.

I brani musicali si susseguono gli uni agli altri in un vortice di emozioni che solo il valzer sa trasmettere, con una Rihoko che volteggia quasi frenetica, mentre i suoi lunghi capelli disegnano ampi semicerchi nell’aria. Fra i più noti, il già citato di Johann Strauss II, Jean Sibelius, un sorprendente Tom Waits, Frédéric Chopin, Dmitri Shostakovitch… E infine la coppia si presenta insieme per un ultimo, indimenticabile giro di valzer.

 

Il cameo

Perle sparse

Vashish Soobah

“Siamo una collana di perle che è stata recisa; le perle sono rimbalzate dappertutto”

Cristina Ali Farah

 

Vashish Soobah è originario della Repubblica insulare di Mauritius e appartiene a una delle tante famiglie che, dal paese d’origine, hanno scelto di emigrare alla ricerca di una vita migliore. Vashish però, come i genitori, è rimasto molto legato alla terra d’origine, alle sue tradizioni. Così nel palco del teatro l’artista allestisce, con un’accurata installazione, un ambiente che riproduce alcuni elementi essenziali della cultura e del paesaggio mauriziano. Attrae lo sguardo una serie di paramenti colorati che pendono dal soffitto fino al pavimento.

 

Il pubblico si accomoda su cuscini sparsi sul palco e Soobah inizia il suo rito con una preghiera. Poi, svolgendo varie matasse di fili di lana colorati, comincia a congiungere i una trama colorata i diversi paesi, disegnati a matita su fogli stesi sul pavimento, che hanno visto la presenza sua e della sua famiglia: oltre a Mauritius l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e in particolare la Sicilia, Catania, dove ha trascorso la seconda infanzia.

 

Appare quindi sul palco un itinerario che unisce idealmente i vari punti della mappa tracciata dai loro peregrinaggi di migranti dopo essersi lasciati alle spalle parte della famiglia; per esempio la nonna, che viveva in una casa situata ai bordi di una grande piantagione di canna da zucchero delimitata da un fiume, con canneto, che portava verso il mare. Altro elemento essenziale della performance è infatti la presenza dell’acqua, evocatrice del viaggio verso nuovi orizzonti.

Sul palco vi è anche una bella carta geografica che raffigura l’Oceano indiano con la piccola isola di Mauritius che a malapena si scorge a destra del Madagascar. Alla fine della performance il pubblico si aggira fra queste varie mappe intrattenendosi con l’artista, ben lieto di fare il padrone di casa e raccontare di sé.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

2 commenti

  • Che meraviglia questo racconto, così denso di emozioni e simboli. La descrizione della danza di Teshigawara e Sato mi ha colpito nel profondo: la leggerezza che si scontra con la consapevolezza del tempo, l’arte che diventa riflessione sul limite e sulla separazione. E poi la performance di Soobah, delicata e potente, che cuce geografie dell’anima prima ancora che del corpo. Mi piacerebbe sapere se il pubblico è intervenuto attivamente durante la performance o se è stato tutto affidato all’ascolto silenzioso. Grazie per questa narrazione così viva!

    • Susanna Sinigaglia

      Grazie, mi fa molto piacere il suo commento. Mi ha commosso…
      In ogni caso, il pubblico è rimasto ad ascoltare in silenzio ma ha avvicinato soobah alla fine per rivolgergli domande e parlare con lui

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