Una base militare Usa minaccia la Colombia

Dovrebbe sorgere sull’isola Gorgona. In mancanza di prese di posizione ufficiali del nuovo governo, i lavori inizieranno a partire dal 10 gennaio. A rischio la sovranità territoriale del paese e la biodiversità terrestre e marina.

di David Lifodi

                                 Foto: https://www.elextremosur.com/

Sull’isola Gorgona, in Colombia, incombe una nuova base militare Usa. È per questo che ambientalisti e comunità scientifica, insieme a personalità politiche di primo piano, come Piedad Córdoba, senatrice del Pacto Histórico, hanno chiesto al presidente Gustavo Petro di adoperarsi per scongiurarne la costruzione, che metterebbe a rischio sia l’ambiente sia la sovranità del paese, oltre a fornire agli Stati uniti un ulteriore strumento per assicurarsi il controllo sul Pacifico colombiano.

Per fermare l’edificazione della base militare sull’Isla Gorgona, un’opera che verrebbe realizzata con il finanziamento dell’ambasciata Usa in Colombia, lo scorso 30 novembre il Comité por Gorgona ha presentato un ricorso al Tribunal Administrativo de Cundinamarca evidenziando il danno irreversibile, sotto l’aspetto della diversità biologica, di quella che, non a caso, è conosciuta anche come Isola della Scienza per le attività scientifiche che vengono condotte nella zona.

Un altro fattore potenzialmente pericoloso per la biodiversità di Gorgona riguarda la volontà, da parte degli Usa, di acquistare imbarcazioni per migliorare le attività operative della Guardia costiera, ma, soprattutto per assicurarsi il controllo di quella che è una zona strategica dell’isola, denunciano ancora gli attivisti del Comité por Gorgona: da qui infatti, gli Usa intendono controllare la regione del Pacifico colombiano.

A giustificare la presenza militare sull’isola, gli Usa utilizzano la necessità di combattere il narcotraffico, un vecchio pallino di tutte le amministrazioni a stelle e strisce culminato, però, nel fallimentare Plan Colombia, che di fatto non ha mai raggiunto l’obiettivo, ma è servito per militarizzare il paese, almeno fin in quando a Palacio Nariño si sono succeduti presidenti amici.

La senatrice Piedad Córdoba ha chiesto pubblicamente al presidente Petro di non autorizzare la costruzione della base, ricordando inoltre che nella Cuenca del Pacífico gli Stati uniti sono già presenti con la IV Flotta e il Comando Sur.

In attesa della risposta di Gustavo Petro, che si trova in una posizione non facile, tra l’ovvia volontà di non autorizzare la costruzione della base, ma anche la necessità di non entrare subito in conflitto con gli Usa, Piedad Córdoba ha ricordato all’attuale presidente di essersi impegnato, fin dal giorno del suo insediamento, nella “difesa della vita” e l’ingombrante presenza di una struttura militare sarebbe in contrasto con gli obiettivi prefissati dal nuovo governo.

In mancanza di prese di posizione ufficiali, il 10 gennaio dovrebbero iniziare i lavori di costruzione della base militare.

A pronunciarsi sull’edificazione della base, finora, a margine di un evento pubblico ed esplicitamente sollecitata è stata la vicepresidenta Francia Márquez: «Yo tampoco quiero un muelle en Gorgona y acompaño la lucha de las comunidades (…) el desarrollo no puede ser a costa de la vida de la gente, de la Naturaleza, y del bienestar». Tuttavia, non si è trattato di una presa di posizione ufficiale e non è stata riportata né sui suoi canali social né su quelli istituzionali, quanto, piuttosto, di una dichiarazione informale.

Occorre comunque ricordare che la vicenda si protrae almeno dal 2015, quando un’autorizzazione ambientale con molte irregolarità e finanziata dal settore antinarcotici Usa ha promosso un insieme di progetti da sviluppare sull’isola. In particolare, la base militare sarebbe composta da un molo di 170 metri, da una torre di comunicazione provvista di radar sul punto più alto dell’isola (Cerro La Trinidad – 330 metri sul livello del mare), una stazione per le attività della guardia costiera (compresi gli alloggi per i militari) e un magazzino per il rifornimento del combustibile.

È per questi motivi che gli ambientalisti sono estremamente preoccupati. L’Isola Gorgona rischia infatti di perdere la sua vocazione di Parco nazionale naturale e di santuario della biodiversità terrestre e marittima per far spazio alle Forze Armate, come segnalato dal Comité Científico del Parque Nacional Natural Gorgona e dall’Academia Colombiana de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales, che già si erano rivolti, senza risultato, ai predecessori di Gustavo Petro, Juan Manuel Santos e Iván Duque che, consci dell’importanza geostrategica del luogo, avevano accampato di nuovo la scusa della battaglia al narcotraffico e alla pesca illegale.

Inserita nella Lista Verde dall’Unión Internacional para la Conservación de la Naturaleza per l’importanza delle ricerche scientifiche, l’isola è finita nel mirino degli Usa anche per il potenziale dei giacimenti petroliferi della zona,

La comunità scientifica ha proposto, ad esempio, che la base militare venga spostata nel municipio di Guapi, a 55 chilometri dall’isola, ma probabilmente tutto ciò servirebbe a poco poiché è stato lo stesso Comité Científico del Parque Nacional Natural Gorgona a rivelare che sull’isola sono già apparsi cartelli con una scritta inequivocabile: «Zonas de paso restringido y uso exclusivo». In pratica, militari hanno già iniziato a impedire il transito al personale che lavora in alcune zone nel parco naturale, adducendo la motivazione, non meglio precisata, della “sicurezza nazionale”.

Colonia penale tra le più grandi del Pacifico fino ai primi anni Ottanta, non caso definita come l’Alcatraz colombiana, dal 2020 l’isola non ha un’autorità civile e la mancata nomina, anche per quanto riguarda la tutela del parco naturale, rende Gorgona facilmente vulnerabile alle mire e alle ingerenze straniere, oltre al rischio di trasformarsi nell’ennesimo avamposto militare Usa in America latina.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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