Messico: vivi li rivogliamo!

“La mobilitazione dei familiari dei desaparecidos in Messico” raccontata da Thomas Aureliani nel suo lavoro di ricerca dedicato ad analizzare il vissuto dei parenti delle vittime di sparizione ed il loro processo di coinvolgimento e partecipazione all’azione collettiva.

di David Lifodi

La sparizione, le ricerche, il primo contatto con le autorità: parla di questo e di molto altro il documentato libro di Thomas Aureliani, Vivi li rivogliamo! La mobilitazione dei familiari dei desaparecidos in Messico, una dettagliata testimonianza sul campo della mobilitazione dei parenti delle persone scomparse, trasformatasi, da ricerca solitaria, in lotta collettiva tramite la nascita del collettivo Fuerzas Unidas por Nuestros Desaparecidos en Cohauila y en México (FUUNDEC-FUNDEM).

Come evidenziato dallo stesso autore in premessa, il volume illustra e testimonia il «mix di azioni di protesta, lobbying e advocacy» per rivendicare verità e giustizia per i desaparecidos, ricordando la frase che ha sempre concluso ogni comunicato ed ogni iniziativa pubblica del collettivo: “Con una búsqueda incansable”.

La ricerca instancabile è quella dei familiari che, affrontando la criminalità organizzata, ma anche i troppi silenzi di uno Stato caratterizzatosi fin troppo spesso per aver permesso al narcotraffico di infiltrarsi nelle istituzioni e inquinare la democrazia, si battono sull’esempio delle Madres de la Plaza de Mayo argentine per conoscere il destino dei loro figli, fatti sparire dai paramilitari e dai narcos con le stesse modalità utilizzate dai grupos de tarea che terrorizzavano le strade di Buenos Aires e delle altre città del paese ancor prima del colpo di stato del 24 marzo 1976.

A partire da un processo di rivendicazione dell’identità di familiare di vittima, effettuata ogni volta, di fronte all’opinione pubblica, tramite il ricordo del parente scomparso, della data e del luogo della sparizione, il collettivo Fuerzas Unidas por Nuestros Desaparecidos en Cohauila y en México utilizza «un repertorio multiforme per sensibilizzare e fare pressione sui politici. In questo processo, i parenti delle vittime di violenza acquisiscono spesso competenze di attivismo, dalla capacità di raccogliere informazioni al parlare in pubblico fino all’elaborazione di proposte politiche, chiedendo verità sulle vittime e condanne dei colpevoli». A ricordarlo, nella prefazione, è la professoressa Donatella della Porta, ed è proprio su questo aspetto che si concentra il lavoro di Thomas Aureliani, visitando, spesso, territori a rischio, a partire dallo stato del Cohauila, e cercando di essere testimone di quello che Nando dalla Chiesa definisce come «un urlo possente e disperato», quel Vivi li rivogliamo! pronunciato dalle mogli, dalle madri, dai padri e dai fratelli degli scomparsi in un paese militarizzato, da un lato, dalla presenza dell’esercito e della polizia, dall’altra dai paramilitari e dai gruppi della criminalità organizzata.

In qualità di ricercatore in Sociologia all’Università di Milano, l’autore denuncia «la stigmatizzazione sociale e istituzionale e la perdurante mancanza di risultati riguardo al ritrovamento dei propri parenti scomparsi», ma ha anche il merito di condividere, e rendere pubblica, la capacità del collettivo di prendersi lo scenario pubblico e politico messicano, esigendo che «la giustizia di uno diventasse la giustizia di tutti, inchiodando lo Stato messicano ai suoi doveri e ai suoi obblighi».

In un paese che, come constatato dal Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle Sparizioni, non ha la volontà o comunque non è in grado di svolgere indagini efficaci nel caso di sparizioni forzate, la Legge generale sulle sparizioni forzate, seppur promulgata nel 2017, ha finito per limitarsi ad essere poco più che una presa di coscienza da parte delle istituzioni.

Il sessennio presidenziale di Felipe Calderón (2006-2012) è trascorso all’insegna del più totale fallimento della guerra ai cartelli della droga, caratterizzato dalla crescita dei casi di tortura e di trattamenti inumani perpetrati dallo Stato senza, peraltro, risolvere il problema. Tra i primi stati del paese a farne le spese, è stato proprio quello del Cohauila, dove tra il 2008 e il 2012 è stato registrato un inquietante aumento dei casi di sparizioni e omicidi, dovuto alla collusione tra narcotraffico e il sistema istituzionale. In particolare, osserva Aureliani, Coahuila ha fatto parte delle cosiddette “zone del silenzio”, la cui denominazione deriva dall’assenza di garanzie di libertà di stampa per i giornalisti, costretti ad autocensurarsi a seguito di minacce aggressioni e veri e propri attentati.

È in questo contesto che si è trovato ad operare il collettivo Fuerzas Unidas por Nuestros Desaparecidos en Cohauila y en México, costituitosi principalmente dopo aver realizzato che la ricerca solitaria o i singoli tentativi di denuncia verso le autorità competenti non sarebbero bastati.

Abbandonato il timore di eventuali ritorsioni legate al proprio attivismo, sancito dal passaggio da un’identità di familiare-vittima a quella di familiare-cittadino impegnato a difendere con tutte le sue forze i diritti violati e, nello specifico, per le madri, a sentirsi “più impegnate” con i loro figli, i familiari degli scomparsi hanno trasformato il dolore personale in lotta collettiva. È proprio per questo che la “ricerca instancabile” non si arresta.

Vivi li rivogliamo!

di Thomas Aureliani

Meltemi, 2022

Pagg. 353

25

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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