2024: è ora di demolire il carcere di Bologna

IL PERCORSO POSSIBILE PER CHIUDERE L’ABOMINEVOLE CARCERE DELLA “DOZZA” …E TUTTI GLI ALTRI

di Vito Totire

Si continua a consumare apertamente la sistematica violazione dei diritti delle persone private della libertà ma anche dei loro “custodi” (anche se  oggi portati fuori strada da sindacati corporativi e poco lungimiranti, per usare un eufemismo ) nonché della intera comunità che ha interesse al rispetto dei diritti umani anche per i riflessi che questo avrebbe rispetto alla prevenzione delle condotte cosiddette antisociali.

EVITARE TRATTAMENTI DISUMANI E DEGRADANTI INFATTI  RIDUCE O ANNULLA LE “RECIDIVE” DUNQUE NON CI FERMIAMO AD UN APPROCCIO “UMANITARIO” ANCHE SE QUESTO SAREBBE DI PER SE’ ampiamente sufficiente per ragioni etiche e sociali a motivare le istanze di cambiamento , MA CERCHIAMO DI RAGIONARE IN TERMINI SISTEMICI.

Dobbiamo riscontrare ancora una volta la “belle indifference” delle istituzioni pubbliche sul tema carcerario. In verità si tratta di  una auto tolleranza in quanto chi dovrebbe agire da garante assolve se stesso per le proprie omissioni.
Si tratta un brillante esperimento di “scudo penale” concreto ed efficace che ricorda le osservazioni della psicologia sociale sul “caso” di Kitty Genovese. Come nel “caso” di Kitty Genovese ognuno dei destinatari del rapporto semestrale della Ausl pensa, forse, “interverrà qualcun altro ?” Intanto Ketty Genovese viene aggredita ed uccisa in pubblico.
Se vogliamo fare un riferimento letterario e meno drammatico possiamo fare riferimento alla favola di Andersen: il re è nudo ma le istituzioni non lo hanno notato e non possono agire di conseguenza.

Devastanti sono gli effetti materiali e psicosociali della evidente illegalità: il messaggio è “ violare i diritti umani è possibile e se lo fa lo “Stato” a quali antidoti i cittadini possono fare riferimento?
E’ EVIDENTE LA CONDIZIONE, INEVITABILMENTE PATOGENA DI “DISSONANZA COGNITIVA”: la persona è privata della libertà per aver violato norme sociali (a volte artefatte come quelle su certe-non tutte-le sostanze stupefacenti) e viene reclusa in un contesto fisico e relazionale che viola sistematicamente le norme che tutelerebbero la salute psicofisica. Le carceri italiane (e non solo le italiane) rappresentano UNA CONDIZIONE MORBIGENA E PSICOPATOGENA evidente ad ogni osservatore intellettualmente onesto.
Se e quando la persona si scompensa dal punto di vista psicofisico non solo non viene risarcita ma non riesce, se non in casi estremi, ad ottenere le misure alternative in teoria previste dalla legge.

Da decenni diciamo, VOX CLAMANS IN DESERTO, CHE IL CARCERE DI BOLOGNA è IL LUOGO PIU’ DRAMMATICAMENTE MORBIGENO DI TUTTO IL TERRITORIO : E’ ORA DI SUPERARE LA CONDIZIONE DI IPOACUSIA SOCIO-POLITICA IN CUI LE ISTITUIZONI LANGUONO DA SEMPRE .

Per ottenere copia del rapporto semestrale dobbiamo intasare la nostra pec con reiterate richieste. Viceversa ben 12 soggetti istituzionali hanno ricevuto d’ufficio il rapporto.  Incombe una domanda: lo hanno letto ? Hanno assunto iniziative dopo averlo letto?

Veniamo ai “fatti” : IL CARCERE DI BOLOGNA (ovviamente non solo quello)  E’ DA CHIUDERE

In alternativa, come misura tampone e provvisoria facciamo alcune ipotesi: vedi proposte finali.
Vediamo cosa è emerso dall’ultimo rapporto semestrale disponibile.
Lacune:

  • Agli operatori che hanno redatto il rapporto “sfugge” il termine “ visita ispettiva”. Il lapsus è significativo: su questo lapsus verte una questione di estrema importanza; uno dei nodi cruciali da affrontare è proprio questo: che la vigilanza della Ausl evolva verso la dinamica “normale” che riguarda tutti i luoghi di lavoro e di vita sottoposti alla vigilanza sanitaria.
    La dinamica ovviamente è: osservazione/eventuali sanzioni/immediata bonifica. Per essere chiari: frequentemente le schede sulle singole carceri redatte dalla associazione ANTIGONE sono anche più esaustive rispetto alle informazioni desumibili dai rapporti delle Ausl (di quelle poche Ausl italiane che “si ricordano” di effettuare le visite). Quello che occorre raggiungere è la evoluzione dalla osservazione al cambiamento.
  • Il rapporto è molto “sintetico” e omette questioni abitualmente affrontate nei rapporti precedenti. Per esempio non c’è alcun riferimento a dati epidemiologici anche se questi, in passato, erano comunque limitati ad alcuni riscontri relativi alla incidenza o alla prevalenza di patologie infettive.
    Non ci sono , questa volta, dati relativi alla presenza di immigrati, lacuna grave in quanto il “dato” è utile per le associazioni di volontariato al fine di modulare alcune forme di sostegno esterno (per esempio donazione di libri e materiale didattico), ma è utile anche per le istituzioni per focalizzare i bisogni nel campo della mediazione culturale e linguistica, un campo gravemente trascurato nel quale lo stato non intende impegnare risorse, con gravi conseguenze per tutti.
  • Si conferma la totale assenza di dati epidemiologici complessivi (vale a dire quelli che già in edizioni precedenti non venivano presi in considerazione) che comunque non sono mai stati raccolti e che invece devono essere parte integrante di un rapporto semestrale (vedi conclusioni: cosa il rapporto semestrale dovrebbe diventare). I pochi dati disponibili in ambito nazionale sono drammatici: fumatori 71% contro una media nella popolazione extracarceraria del 20-22%; uso di farmaci 8 volte superiori a quelli del gruppo di controllo extracarcerario (ricerca effettuata su alcune carceri lombarde presentata al convegno AIE-associazione italiana di epidemiologia, Catania 2019). Ovviamente esiste un dato drammatico anche a proposito dell’uso /abuso di psicofarmaci evidenziato anche dalla nota inchiesta della rivista ALTRA ECONOMIA (per quanto relativa ai CPR, una condizione non molto dissimile dalla maggioranza delle carceri , se vogliamo “peggiore” ma evitiamo di fare graduatorie tra condizioni comunque tutte drammatiche).
  • Non c’è un quadro chiaro della entità del lavoro intramurario ed extramurario. Mancano i dati sul numero di ore lavorate rispetto alla presenza di potenziale “forza lavoro”. Viene citato il (piccolo) numero degli addetti ad alcuni laboratori, a piccoli lavori di manutenzione e di giardinaggio, alle mense (15 lavoratori per la mensa maschile, 6 lavoratrici mensa femminile). Ci sono poi le persone addette alla spesa e alla distribuzione del vitto. Gli addetti alla mense non paiono in regola con le norme previste dalla legge regionale 11/2003, è un dato che “fuori dal carcere” darebbe àdito a sanzioni, qui ? (Ad ogni modo non è il dato più “pesante” della situazione carceraria anche se da approfondire).
    La focalizzazione del tema è importante per diversi motivi:
    a) definizione del numero di lavoratori al fine della elezione degli rrllss (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza)
    b) definizione della questione NASPI per chi rimane in uno stato di disoccupazione dopo magari un irrisorio periodo di lavoro interno.
  • Mancano dati sulle eventuali condizioni di distress dei lavoratori penitenziari (carenze di pianta organica, lavoro straordinario, costrittività organizzative).
    Anche qui vedi conclusioni.
  • Mancano ovviamente indicazioni vincolanti dal punto di vista dei provvedimenti da adottare e dei tempi da rispettare per le “bonifiche”. Prendiamo atto dell’adeguamento avvenuto sulla valutazione del rischio Legionellosi: non è chiaro quanto tempo sia trascorso tra il primo riscontro negativo e la successiva adempienza.  E’ verosimile che la osservazione della Ausl (secondo rapporto 2019) abbia velocizzato l’adeguamento il che, come si dice a Bologna, é “meglio piuttosto che niente”, ma i tempi devono essere veloci e le disposizioni più vincolanti dal punto di vista temporale e qualitativo. Inevitabile chiedersi quante Ausl italiane abbiano fatto osservazioni simili, per non parlare dei CPR…
  • Manca , a differenza di alcuni rapporti precedenti, ogni riferimento al tema delle grate alle finestre, “accettate” dalla Ausl in casi precedenti e correlate a “motivazioni” unilaterali del carcere , che abbiamo contestato facendo in passato una proposta alternativa.
    Manca ogni riferimento alle difficoltà delle persone private della libertà di comunicazione con l’esterno. Da molto tempo il “carcere” gestisce una campagna allarmista sui sequestri di telefonino. In verità e’ la politica proibizionista del carcere la causa principale del mercato della entrata di telefonini che, appunto, grazie al proibizionismo, assumono un valore molto elevato.
    Il Ministero di grazia e giustizia e il DAP dovrebbero prendere in esame, a questo riguardo, la prassi adottata in alcuni paesi europei (telefono in “cella”) per dare una risposta realistica e non punitiva al diritto di comunicare. La adozione di questa prassi è stata sollecitata da molti operatori, da molti cappellani delle carceri e tutti ne hanno sottolineato la valenza per il diritto alle relazioni affettive e il ruolo, persino, di prevenzione  rispetto a condotte autolesive e suicidarie.
    Una telefonata ti salva la vita? E’ possibile, e quindi occorrerebbe smetterla di agitare come trofei i telefonini che qualcuno, spesso maldestramente, cerca di introdurre in carcere. La “motivazione” relativa alla sicurezza è del tutto infondata, la restrizione ha come unico effetto quello di aumentare senso di frustrazione e di rabbia.

  • Ovviamente manca (ora poi che la Rems di via Terracini è ormai chiusa) alcun riferimento alla REMS e quindi la Ausl è riuscita a portare avanti fino alla fine una strategia di evitamento di questo sito che pure è un luogo in cui vivono “persone private della libertà”. Non parliamo, in questo momento (lo faremo nelle prossime settimane) degli SPDC in cui ancora vengono usati mezzi di contenzione fisica. NON SAPREMO MAI SE GLI “ISPETTORI” DELLA Ausl avrebbero avuto osservazioni da fare sulla gestione della REMS di via Terracini, per esempio sulla presenza del filo spinato attorno alla rete perimetrale esterna: struttura sanitaria , pollaio o trincea bellica ???
    Ci occuperemo in futuro della REMS superstite di Reggio Emilia. Sul tema in sostanza si ripropone l’atteggiamento di rimozione che a Bologna abbiamo constatato sul vecchio CIE/CPT (non è un carcere, disse la “Regione” !) e che constatiamo rispetti ai 10 CPR italiani: terra di nessuno ?
    Evidentemente; la nostra opinione è però contraria: (fino a quando esisteranno…) devono essere “ispezionati” (pardon, visitati) dalle Ausl. Troppo difficile da comprendere ? Proponiamo ai sindaci e alle Ausl competenti per territorio di “svegliarsi” prima…che il problema venga trasferito in Albania dalla on.Meloni …

Eventi critici descritti:

  • Sovraffollamento i “numeri” sono impressionanti: 728 contro una capienza , per modo di dire (vedremo poi) “ottimale” di 483 nel settore maschile, 79 contro 40 nella sezione femminile. Rispetto al precedente rapporto semestrale vi è stata una crescita degli “ospiti” anche se i “numeri” non sono paragonabili con picchi del passato (negli ultimi 20 anni ci risulta che la vetta sia stata raggiunta da oltre mille persone recluse (risultarono censiti 1045 “ospiti” dal rapporto Ausl del secondo semestre 2005).
    DICIAMO ORMAI, OGNI SEI MESI, DA VENTI ANNI CHE QUALUNQUE STRUTTURA RICETTIVA IN QUESTE CONDIZIONI SAREBBE IMMEDIATAMENTE CHIUSA DA SINDACO DI CONCERTO CON LA AUSL.
    Il quadro nazionale a fine 2023 vede una presenza di 60.116 persone contro una capienza, anche qui, “ottimale” di 51.272. Qualcuno ha stimato un indice di affollamento del 117% ma la situazione è ben più grave e comunque a Bologna è ben peggiore della media nazionale. In alcune sezioni del carcere di Bologna, per esempio al secondo piano del “giudiziario” si arriva quasi al 100 % (da 100 a 199 persone), ciò attenendoci alle stime ottimali fatte dalla istituzione.
    Il sovraffollamento, come è ovvio, non solo crea disagio e invivibilità per i “sovraffollati” ma anche per gli operatori, sia civili che in divisa, per gli effetti di sovraccarico lavorativo, di distress, di impossibilità di adempiere adeguatamente ai propri compiti. Chiunque comprende che un educatore, un operatore sanitario, un bibliotecario ecc. tutti hanno difficoltà se la platea sei propri interlocutori è raddoppiata rispetto alla capienza “prevista”.
  • Spazi inadeguati per portatori di handicap. La necessità di garantire questi spazi riduce ulteriormente il numero degli ospiti ottimali.
  • Protezione fumo passivo dichiarata adeguata nel settore penale, ma è “adeguata” per modo di dire. Il rapporto Ausl “non ha idea “ di cosa prescriva effettivamente la legge 3/2003. Questo approccio superficiale sorvola persino su una recente sentenza della magistratura che ha condannato lo “stato” a risarcire un lavoratore addetto alla custodia per un tumore polmonare acquisito a causa della esposizione indebita a fumo passivo. Sentenza ovviamente giusta tuttavia i costi del risarcimento sono a carico della collettività e non a carico di chi si è reso responsabile della violazione delle norme.
  • Assenza di refettori, vexata questio. La carta dei diritti dei detenuti elaborata dall’ONU nel 1965 prevede tra i parametri igienistico ambientali non derogabili la disponibilità di refettori che garantiscano la netta separazione tra la somministrazione del cibo e le altre attività e ovviamente la separazione della “zona mensa” dai servizi igienici. Negli anni passati abbiamo chiesto di poter accedere ai progetti che riguardavano il nuovo padiglione penitenziario (caldeggiato dalla Regione Emilia-Romagna  come rimedio/panacea  contro il sovraffollamento). Abbiamo chiesto di accedere ai progetti anche per valutare la presenza dei refettori  nella struttura.
    Alla richiesta abbiamo ricevuto risposte evasive,  inviti a rivolgersi ad altri… alla fine non siamo riusciti a sapere nulla. La dinamica fotografa fedelmente lo stato dell’arte dei rapporti tra istituzioni e cittadini: nessuna trasparenza, nessun diritto di accesso alle informazioni, il carcere è “cosa loro” gestita da uno stato autoreferenziale che rifiuta, nonostante la sua palese inadeguatezza, qualunque interferenza esterna, né dalle istituzioni totali possiamo aspettarci nulla di diverso.
  • Condizioni igieniche della infermeria. Le parole testuali usate dal rapporto non hanno bisogno di commenti: (p.5) “pessime condizioni igieniche con imbrattamento delle pareti anche con tracce di materiale organico (sangue, deiezioni, ecc.). La magistratura di Bologna che va in cerca di DNA per le indagini su alcuni eventi cronologicamente accaduti nel periodo delle proteste per le condizioni di detenzione di Alfredo Cospito qui troverebbe molto DNA da archiviare …non si sa mai. Ma al di là dell’approccio, al momento, ironico alla questione affronteremo in futuro la questione della ricerca del DNA ricordando tuttavia subito la vicenda di quella operaia che fu sospettata di decine di omicidi prima che si scoprisse che era una operaia di una azienda che produceva cotton fioc.
  • Numerose blatte al pianterreno, nonostante gli interventi periodici di disinfestazione. Problemi simili nelle docce comuni : “importanti ed estese muffe, la situazione igienica rimane precaria, si sollecita manutenzioni”
  • Questione bombolette di gas. Preso atto che sono consentiti i fornellini vengono fatte osservazioni significative: (questo) non può consentire una sicurezza contro vari rischi quali incendio, esplosione, ecc. problemi risolvibili con utilizzo di piastre elettriche.
  • Temperature estive. “ Non è garantito il benessere igrotermico” (d’estate).
    Sulla questione delle temperature e sui rimedi si è giunti ad una situazione davvero assurda. Si vuole ipotizzare una differenziazione delle condizioni di vita nelle mura carcerarie in relazione al reddito? La condizione attuale prelude alla prassi di “celle a pagamento “ ?
    Le istituzioni forse non si rendono conto della assurdità di una differenziazione del clima in relazione al reddito , anche se quella evidenziata è ovviamente solo la punta dell’iceberg.
  • Acqua potabile: la Ausl asserisce la “potabilità” dell’acqua …questione da approfondire. In particolare chiediamo se sia stata monitorata la eventuale presenza di fibre di amianto e quali livelli di organoalogenati siano stati riscontrati. La questione è particolarmente importante in quanto una popolazione “povera” come quella ristretta in carcere non può scegliere tra rubinetto ed acqua oligominerale.

SEZIONE FEMMINILE

Eventi critici descritti:

  • Benessere igrotermico estivo non garantito, come nelle sezioni maschili.
  • Due “camere” per detenute con bambino (da riconvertire, vedi successivo paragrafo: proposte).
  • Protezione nei confronti del fumo passivo: non garantita.
  • Non esiste una camera per isolamento in caso si patologie contagiose.
  • Laboratori formazione professionale attivi: sartoria, produzione borse, pasticceria.
  • Le cucine presentano infiltrazioni e tinteggiature scrostate.
  • Altre lacune “minori” riguardano, ancora le cucine: bollitori non funzionanti, assenza di attrezzature per mantenere il cibo caldo (anche nelle cucine della sezione maschile), lacune nel rispetto del criterio igienistico cosiddetto “marcia avanti” (che riduce il rischio di contaminazione degli alimenti).

Proposte, AZIONI DI MIGLIORAMENTO:

  • Il carcere di Bologna va chiuso ed evacuato in vista di una duplice ipotesi.
    E’ noto che facciamo questo “discorso” da diversi anni. Le recenti ipotesi riportate anche dalla stampa quotidiana (31.12.2023, La Repubblica) circa la chiusura del carcere romano di Regina Coeli, fanno intravedere la possibilità di avviare un vasto movimento per il cambiamento delle politiche della cosiddetta esecuzione penale che presuppone anche uno “sconvolgimento” radicale della cosiddetta “edilizia penitenziaria“ (gli esempi, soprattutto in nord Europa e in altre parti del mondo, non mancano). Ci sono carceri in Italia costruiti un secolo fa (Udine, Termini Imerese, ecc); il 31.4% degli edifici è stato costruito prima del 1950 (fonte Antigone), il già citato Regina Coeli risulta risalente a 369 anni fa …
    Auspichiamo dunque di poterci agganciare al dibattito che ci risulta in atto nel consiglio comunale di RomaLe due ipotesi per il carcere di Bologna:a) in primis demolizione
    b) in seconda istanza : ristrutturazione ecologica/edilizia/energetica“Sorprendente” o, se vogliamo fare della ironia,  “stupefacente” che i vari governi degli ultimi anni non abbiano pensato a un bonus edilizio al 110% (!)  per le carceri: energie rinnovabili ? Giardini pensili ? Cappotti termici ? Raccolta acqua piovana? Ristrutturazione impianti idrici ? Tutto questo per le carceri è stato considerato un tabù con l’effetto (anche) di distribuire (col superbonus) risorse economiche a soggetti economicamente già privilegiati.
    Elementi della ipotetica ristrutturazione ecologica (seconda opzione, cioè ipotesi b):
    1) programmare gli spazi rispetto ad una capienza ottimale che non può essere quella teorica proposta dal ministero e accreditata acriticamente dal rapporto Ausl,  ma che deve essere notevolmente ridotta.
    2) la capienza deve essere ben inferiore a 483 per il carcere maschile e a 40 per quello femminile perché:
    a) occorre riservare spazio a refettori di piano
    b) occorre prevedere spazi adeguati per persone portatrici di handicaps.
    c) occorre prevedere salette per fumatori accessibili per l’arco di tempo necessario (una per ogni raggio). Intendiamo salette per fumatori che rispondano ai requisiti della legge 3/2003 quindi in  depressione d’aria e contingentate in quanto a numero di presenze simultanee. Ci pare infatti che il quadro della situazione attuale delineato dalla Ausl sia alquanto pressappochista. In situazione come quella di un carcere è inevitabile la realizzazione di salette per fumatori e che gli obblighi siano assolti cercando di accoppiare nella stessa cella fumatori o non fumatori è ipotesi aleatoria.
    d) occorre azzerare la presenza di stanze per ospitalità di bambini che devono essere accolti con le madri in una struttura decarcerizzata e nettamente separata dalla “Dozza” (ICAM , residenze protette: facciamo una ipotesi di alternativa a Bologna).
    3) oltre alla redistribuzione sostanziale degli spazi occorre elaborare un piano di riconversione energetica utilizzando materiali ecocompatibili. Tuttavia la complessità degli interventi di ristrutturazione pare evidenziare che sia più ergonomica la ipotesi della demolizione dalla fondamenta per un eventuale uso del tutto alternativo del sito (anche rinaturalizzazione e rimboschimento, peraltro si tratta di zona ad elevatissimo traffico veicolare).
    4) nel caso si voglia insistere sulla conservazione degli attuali immobili: ristrutturazione degli impianti elettrici che consenta: la eliminazione dell’uso delle bombolette di gas; la climatizzazione soprattutto estiva degli ambienti.5) sull’uso delle bombolette di gas butano: DEVONO ESSERE BANDITE. VARIE OSSERVAZIONI EPIDEMIOLGICHE HANNO EVIDENZIATO CHE LA BOMBOLETTA E’ IL SECONDO MEZZO UTILIZZATO PER AGIRE CONDOTTE SUICIDARIE (IL 5.9% DEI CASI, CONTRO l’85% per impiccagione).
    I suicidi risultano essere stati 68 nelle carceri italiane nel 2023, ammesso che il “dato” non sia approssimato per difetto. E’ evidente che la nostra proposta è una proposta “terminale” e che la questione necessiti di un vero ed organico piano di prevenzione (non solo carcerario ma territoriale).
    E’ anche vero però che la disponibilità del mezzo facilita il “passaggio all’atto” ed è occasione anche per condotte in cui può essere difficile distinguere tra l’atto volontario e l’effetto preterintenzionale. Ma l’approccio “soft” della Ausl, ancorché chiaro, evidenzia nettamente un cut off tra quello che la Ausl fa (o auspica) e quello che deve essere obbligatorio.
    Nel rapporto semestrale precedente (che abbiamo ricevuto nella stessa data dell’ultimo)  il richiamo c’era già, più debole (si diceva più genericamente che non nell’ultimo rapporto “possono rappresentare un rischio per la sicurezza”).
    Passo per passo arriveremo ad una ordinanza del sindaco ? AUSPICHIAMO DI SI’.
    Purtroppo sul tema il garante nazionale (già garante) pur nell’ambito di un impegno generale positivo sui diritti delle persone private della libertà, si espresse in termini evasivi ( “le bombolette, il cui uso è consentito”). Ma qui sta una contraddizione: il garante non ha poteri prescrittivi, i sindaci, a nostro avviso, li hanno.
    Una ultima considerazione: la distribuzione libera (si fa per dire) delle bombolette (che la amministrazione penitenziaria continua ancora a comprare con appalti) in verità risponde alla necessità del carcere di tamponare la grave lacuna costituita dalla inesistenza di un refettorio. Se il cibo fosse gestito correttamente e fosse di qualità accettabile il problema delle bombolette non esisterebbe come non esiste in nessuna struttura ricettiva.
    Dunque la istituzione carceraria RISCHIA SULLA PELLE DEI DETENUTI PIU’ VULNERABILI PER TAMPONARE UNA SUA INADEMPIENZA.
    Chiarito questo è altrettanto chiaro che ogni evento problematico connesso dovrà essere considerato con l’ottica della lesione colposa con previsione: e speriamo che non accada…
  • Le persone private della libertà che lavorano devono avere la possibilità di eleggere i loro rappresentanti per la sicurezza (rls) e devono poter contare ovviamente sulle “coperture” assicurative ed economiche delle fasi intermedie di disoccupazione (Napsi ed altro).
  • La vigilanza sulle condizioni di lavoro del personale non privato della libertà deve essere sottratto al VISAG, organismo ministeriale (che va abrogato) per passare sotto la competenza di Ausl e Ispettorato del lavoro (questo “passaggio” non è nei poteri del sindaco dunque ovviamente necessita di una modifica normativa, sulla quale richiamiamo la attenzione dei gruppi parlamentari che eventualmente condividessero la ipotesi.
  • IL RAPPORTO SEMESTRALE DEVE CAMBIARE ED ESSERE BEN PIU’ ESAUSTIVO.
    Deve includere:
    a) dati epidemiologici il più possibile “completi” comprensivi dei dati riguardanti le questioni più sensibili: uso di farmaci, uso di psicofarmaci, tabagismo, esposizione a fattori di rischio
    b ) tempi certi per la bonifica delle lacune riscontrate c) dati esaustivi sui parametri analizzati della acqua potabile.
  • Proponiamo che, una volta l’anno, il rapporto semestrale assuma i connotati del RAPPORTO SULLO STATO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE CARCERATA E VIGILANTE E SULLO STATO DI SALUTE DELLA STRUTTURA EDILIZIA i cui connotati di SINDROME DELL’EDIFICIO MALATO SONO OGGI BEN EVIDENTI.
  • Il rapporto annuale deve includere una valutazione delle condizioni di distress che sono all’origine dei comportamenti conflittuali all’interno del carcere.
    Negli USA sono stati fatti rilevanti investimenti per questo tipo di indagini (Le monde diplomatique). Va precisato che, da un lato, noi ci collochiamo agli antipodi del sistema penitenziario USA, dall’altro che questi interventi di ricerca (partiti da esigenze oggettive e, di fatto, da valutazioni preliminari che non considerano le condotte effetto di “cattiveria” delle persone private della libertà) non paiono tuttavia essere state portate a conclusione.
    Ciononostante il problema esiste, va indagato, per introdurre azioni di miglioramento ed attenuare il esso eziologico tra costrittività, disagio, distress (compresa la carenza di sonno), cattiva alimentazione, imposizione di forme di obbedienza assoluta e acritica, ecc. e aggressività.
    Questo per le persone recluse ma anche per il loro “custodi”.
    A questo proposito il governo attualmente in carica sta andando in direzione ostinatamente contraria fino a considerare reato ogni forma di dissenso anche pacifico. Questo significa potenziare nelle carceri l’effetto “polveriera”, aumentare la conflittualità invece che ridurla.  
  • Occorre garantire alle persone private della libertà tutte le possibilità e le stesse speranze di salute che hanno le persone libere. Tra le iniziative urgenti (urgentissime): corsi per la disassuefazione dal tabagismo (nell’ambito di un rafforzamento complessivo di interventi per ridurre le dipendenze patologiche), proposta “banale” visto che le norme di legge hanno esplicitamente ribadito (in coerenza col dettato costituzionale) che le persone private della libertà devono avere le stesse chances di accesso non solo alle cure mediche a fronte di malattia già conclamata ma anche alle procedure di prevenzione. Un corso per la disassuefazione dal tabagismo: nessuno ci ha pensato? Utile anche per il personale non privato della libertà (è stata monitorata la incidenza del fenomeno)? chiederemo al “medico competente” del carcere.
  • Il carcere (anche in questo caso occorre una modifica normativa) deve redigere un DVR sistemico –documento di valutazione del rischio , in analogia a quanto avviene per ogni azienda operante nel territorio italiano ed europea.
    Il DVR deve includere una elencazione delle “azioni di miglioramento“ salvo le situazioni che non ne lascino intravedere ( ma in Italia non esistono ).
    Oppure un DVR e un DUVRI (RISCHI DA INTERFERENZA) ESISTONO GIA’?
    Se esistono già faremo istanza di accesso
  • Per decongestionare provvisoriamente la Dozza (nel caso di demolizione , che rimane la prima e più efficace ipotesi, o nel caso di ristrutturazione ecologico/energetica), utilizzare:
    1) Giovanni in Monte
    2) l’ex ospedale militare di via della Abbadia (in particolare per donne con bambino (ICAM , REDISENZA PROTETTA), semiliberi, art.21 addetti al lavoro esterno)
    3) l’ex-Rems di via Terracini (ipotesi buona anche per ICAM)
  • Il garante venga eletto dalle persone private della libertà previa convocazione di assemblee di raggio (gruppi omogenei di detenuti).
    Occorre piantare, nelle carceri, i semi della partecipazione e della democrazia.
    Non si tratta di “inventare” ma di recuperare la memoria delle capacità di socializzazione delle persone detenute (vedi le assemblee di raggio, in L’EVASIONE IMPOSSIBILE, Sante Notarnicola)
  • COME RIMEDIO/TAMPONE DI EMERGENZA OCCORRE CHE LA AUTORITA’ SANITARIA LOCALE EMANI UNA ORDINANZA SINDACALE CHE FISSI IL RISPETTO DEI REQUISITI QUI ILLUSTRATI ENTRANDO, SE NECESSARIO, IN CONTENZIOSO COL GOVERNO NEL CASO DI DISSENSO DA PARTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CIRCA L’ESERCIZIO DEI POTERI DI INTERVENTO FINALIZZATO ALLA BONIFICA.
  • OVVIAMENTE QUESTO DOCUMENTO VIENE INVIATO A DIVERSI INTERLOCUTORI TRA CUI IL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA, IN FUNZIONE, IN VERITA’ DI MERO PRO-MEMORIA CONSIDERATO CHE IL RAPPORTO E’ STATO GIA’ INVIATO DALLA Ausl MA , VEROSIMILMENTE, “DIMENTICATO”.
  • Viste le palesi difficoltà del Dipartimento di sanità pubblica a visitare le carceri ogni sei mesi (la norma di legge peraltro non prevede una visita semestrale ma “ALMENO UNA VISITA SEMESTRALE”) la Ausl può integrare il piccolo nucleo degli operatori che effettuano la visita con altri (anche diversi profili professionali in campo sanitario) che si rendessero disponibili anche per attività di volontariato: diamo la nostra disponibilità, ovviamente “pro bono “ ad un Dipartimento di prevenzione che pare in grave difficoltà (rapporti incompleti, in ritardo, composizione della èquipe ridotta all’osso, ecc.
  • La Ausl e il Sindaco dovrebbero sollecitare, assieme a noi, la costituzione dei CONSIGLI DI AIUTO SOCIALE previsti dalla riforma penitenziaria deputati alla organizzazione della assistenza post-carceraria, assistenza essenziale per contrastare la disperazione della solitudine e dell’abbandono e per contrastare lo stesso rischio di recidiva.
  • Convochiamo una istruttoria pubblica comunale sulle carceri di Bologna, a prescindere: organizzeremo un seminario in occasione del ventennale dell’avvio delle osservazioni ai rapporti semestrali Ausl.

Il nostro obiettivo è semplice: chiusura per demolizione del carcere di Bologna entro il 2024. In alternativa l’eventuale uso dell’immobile come penitenziario deve essere comunque preceduto da chiusura per ristrutturazione fino al rispetto di standars igienico ambientali (fisici e relazionali) che ne consentano un utilizzo compatibile con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana (diritto ala salute e divieto di trattamenti disumani e degradanti).

E’ ovvio : l’obiettivo della demolizione del carcere di Bologna non significa che le altre circa duecento carceri italiane siano in condizioni minimamente accettabili (abbiamo già accennato a Regina Coeli). I riflettori su Bologna hanno il senso di aprire un percorso per la decarcerizzazione di tutto il paese.
A tutti i gruppi locali un invito:
usare il rapporto semestrale della Ausl competente per territorio per fare una prima fotografia dell’esistente, avviare dunque successive azioni mirate alla trasparenza e alla osmosi tra carcere e territorio, pianificare le azioni di demolizione fisica e mentale del carcere.
Un percorso che dovrebbe e potrebbe assomigliare a quello che a partire dagli anni sessanta portò al superamento dei manicomi.

Il fulcro della azione consiste quindi nel demolire – sul piano socioculturale e, conseguentemente, sul piano materiale – le “istituzioni totali” per riportare le contraddizioni sociali dalle galere (di ogni tipo) al territorio, memori, ovviamente, delle capacità di trasformismo del potere economico che dopo la demolizione dei luoghi dell’internamento ha riorganizzato le stesse pratiche, grazie anche alla psicofarmacologia, in quello che è stato definito “terricomio”. Tuttavia, per ora, pensiamo a fare un passo alla volta pur con lo sguardo, inevitabilmente, al futuro.

“Or che il popolo è cosciente di essere autosufficiente, non ci sono più delitti qui a Belfast”*

*canzone del movimento repubblicano nordirlandese

Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, portavoce Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria F.Lorusso (aderente alla RETE EUROPEA PER LA ECOLOGIA SOCIALE) via Polese 30 40122 Bologna

vitototire@gmail.com; vitototire@pec.it

Bologna , 5.1.2024

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alexik

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