Allineare i bersagli: il Covid e la «normalità»

di Francesca Ziccheddu

     «GLI ALTRI ESSERI UMANI LI TROVAI NELLA DIREZIONE OPPOSTA» («La Cantina» di T. Bernhard)

Ricordo mio zio, quando la gente starnutiva, diceva: “E tira’ aria bella!”
E invece no, non tira aria bella, tira un’aria veramente brutta, mortifera, distopica e dispotica.
Siamo allo sbando.
Il Covid 19 ha sollevato un velo che offuscava tutto, adesso gli errori di una politica liberista e gli orrori delle disuguaglianze sociali sono evidenti agli occhi di tutti, ma di tutti chi? …di tutti quelli che vogliono fare lo sforzo di osservare, e allora?
Che questo momento ci serva quanto meno per allineare i bersagli!
Che tutto questo ci serva per scegliere di andare nella direzione OPPOSTA, opposta, ed opposta. Dove abbiamo lasciato la nostra umanità.
Ho stabilito di continuare a lavorare con la porta dell’ufficio chiusa prima ancora che arrivassero i decreti. A parte che sono una veterana di quarantene, un’esperta di isolamenti durati mesi e mesi di seguito con mascherina h 24; a parte che la scienza medica non ha ancora chiarito se la leucemia di mio figlio l’ha scatenata la reazione al virus della mononucleosi o una molecola di benzene (per quanto si propenda per la teoria dell’inquinamento); a parte che ho colleghi cardiopatici, a parte tutto questo, a me non lo deve dire nessuno quello che devo fare per proteggere la mia salute e soprattutto quella degli altri, non ne ho bisogno. Io lo immagino che devo ridurre i contatti, io posso immaginarlo da sola che è meglio condurre una vita riservata per un periodo.
E allora il problema non può essere stare in quarantena ma la gestione politica della quarantena. Il problema è che abbiamo scelto il capitale, la legge del profitto, per cui, anche se io sto a casa aprono i call center dove si spande il virus.
Il compagno pensionato è uscito fuori per chiedere la tessera sanitaria e poter stampare l’isee.
–“che cosa credi che ti contagio?” Gli ha detto questo disgraziato, e ha leccato la sua tessera sanitaria prima di porgergliela. Naturalmente stava per partire la rissa.
“Francesca, chiama i carabinieri!”.
Ma quali carabinieri! Ma quale stessa barca! Io ho un lavoro tutelato e lui no. Non c’è bisogno dell’esercito contro i leccatori di tessere sanitarie. C’è bisogno di tappare una falla enorme in una piccola barchetta fatta di assi di legno marce, c’è bisogno di aiutare una persona (per quanto incarognita) a risolvere il suo problema: quello di mangiare.
E per fortuna ho avuto in dono dagli dei la calma perché se avessi avuto la forza avrei fatto una strage…in più di un’occasione…
Queste persone hanno bisogno di un aiuto economico, hanno bisogno dei soldi per fare la spesa. Fino ad oggi non ho avuto un attimo per scrivere perché siamo sommersi dalle richieste di aiuto, isee, reddito di cittadinanza, come fare per ottenere i soldi previsti dai decreti (troppo pochi, totalmente insufficienti per gli autonomi e che tagliano fuori circa 2 milioni di colf e badanti).
Allora cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e iniziamo a camminare nella direzione opposta.
Quando finirà l’emergenza, non possiamo tornare alla normalità, perché la normalità di prima era il nostro problema.
In futuro saremo capaci di investire in scienza, sistema sanitario nazionale e cultura oppure vogliamo continuare a costruire bombe, sovvenzionare cliniche private e votare le stesse nullità ignoranti e pericolose?
Quando finirà l’isolamento scendiamo in piazza per rivendicare la ridistribuzione della ricchezza. Per immaginare un mondo diverso, visto che è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

Nota:

Ho la fortuna di avere un lavoro in questo momento. E ho la fortuna di lavorare in luogo che è un osservatorio sociale privilegiato :un CAAF (Centro di assistenza fiscale). Da qualche anno i caaf si occupano soprattutto di pratiche legate all’erogazione di prestazioni assistenziali (ISEE e REDDITO DI CITTADINANZA)

È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” era uno degli slogan del movimento Occupy Wall Street del 2011, attribuito a Slavoj Žižek o a Fredric Jameson

Redazione
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