Ancora su Franco Battiato

di Mauro Antonio Miglieruolo

Stimolato da Francesco Masala (*) tento anche io di spendere alcune parole, speriamo non di circostanza, su Franco Battiato: difficile da raccontare, come è per tutti coloro che, veri artisti, considerano la propria vita una estensione della loro attività. Non si tratta di coerenza ma di un sentire implacabile, di un’unica spinta di variabile intensità: la sensibilità di una coscienza non disposta a ignorare se stessa, a incanaglirsi nelle illusioni e seduzione del mondo. Nel grande deposito della cultura essa attinge di che nutrire lo spirito per permettergli di essere nello stesso tempo uomo tra gli uomini e non lupo tra i lupi; nonché di affinare gli strumenti di ricerca nel gran mondo dell’inconscio – e dell’inconscio collettivo – dei contenuti che lo interessano. Nel suo caso forme musicali, quanto basta per deliziare se stesso e tutti coloro che vorranno mettersi in gioco, ascoltandolo. Perché, sia chiaro, ogni atto artistico, attivo o passivo, ogni ascolto, costituisce nello stesso tempo un intervento sull’opera e un intervento sull’uomo, nutrimento del corpo che diventa nutrimento dell’anima.

Franco Battiato era specializzato in questo. Nel nutrire i corpi per nutrire le anime. Di valori, non di disvalori, come accade oggi. Pretendendo addirittura di intavolare un colloquio diretto con le anime e con le coscienze. Atto possibile nella temperie che attraversiamo soltanto a qualcuno che si proietta in tutti gli uomini, in coloro almeno che tendono al meglio, all’alto e al sublime, che ambiscono essere utili a se stessi attraverso l’utilità che realizzano per i loro simili. Nei pochi, residuo di un passato migliore (che tornerà, eccome se ritornerà: anzi, sta già tornando) per i quali le parole “bene comune” hanno un senso; come un senso ha la parola “società” – non senso invece per la maggioranza degli abbienti e dei non abbienti che hanno interiorizzato il loro punto di vista. Come un senso ha la parola Comunismo, Futura Umanità.

Per tale motivo e a causa di una simpatia umana che è qualcosa di più che un sentimento, considero l’uomo prima del musicista: una delle poche persone che hanno attraversato indenni (parlo della dignità, compostezza, generosità) gli ultimi due infausti secoli. Il Novecento, il Duemila. Il primo, secolo della sconfitta del tentativo della prima scalata al cielo operato dal Proletariato; il secondo, per ora, secolo della pandemia.

A Franco Battiato, così come a Rossana Rossanda, avrei con piacere stretto la mano, espresso loro ammirazione e dato conforto.

Rossana Rossanda per essere stata capace di completare, nelle difficilissime condizioni della sconfitta, un lungo percorso di vita senza tradire: senza nemmeno barcollare. Franco Battiato, il bardo, il cantore delle genti e dei misteri, cavaliere senza macchia e senza paura di macchiarsi; tant’è che ha persino accettato di sporcarsi le mani nella politica politicante dei nostri tempi; tempi oscuri proprio in ragione dell’assenza di una politica degna di questo nome. Politica dalla quale è scomparso il concetto di servizio e di sincerità. La politica del nulla e dell’inganno sistematico. Ne sono la comprova i riferimenti operati da illusi che intendono illudere al pur degnissimo Biden e all’altrettanto degno papa Francesco. Ma questi ultimi, tenetene conto, non sono altro che la punta di diamante della borghesia, il più che essa può concederci, non l’Avvenire che siamo chiamati a costruire.

Non sbaglia comunque (è mia convinzione) chi voglia considerare il musicista prima dell’uomo. Ho amato Battiato infatti sin dall’inizio delle sue imprese musicali, veri atti di eroismo in un panorama culturale refrattario che ha dovuto colonizzare (sono occorsi decenni). Fetus, Pollution, Sulle Corde di Aries, La Voce del Padrone, Fisiognomica e tanti altri. Fra i quali mi importa citare il meraviglioso brano Areknames; esemplare di un disperato, efficace e straordinario e trionfante tentativo generale di fondere insieme avanguardia, musica classica e pop; di allargare il senso comune musicale dei tempi, che importava anche un contemporaneo suo restringimento nell’ambito di tale senso comune; arrivando al successo. Fleurs, Ferro Battuto, Mondi Lontanissimi ecc.

Noto di passaggio che Battiato non ha mai espresso quell’attitudine all’autodistruzione propria a tantissimi artisti, fra i quali i miei preferiti Mahler (ho quasi pronto un pezzo sulla sua Decima Sinfonia – apocrifa) e Charles Bukowsky che soffriva l’assenza di una solida formazione filosofica (non parlo della “filosofia dei filosofi”) mentre Battiato la possedeva; per cui non ha voluto o saputo uscire indenne dalla brutalità di condizioni di vita impossibili.

Il che permetteva a Battiato di darsi la fermezza necessaria per non vacillare davanti alla parola morte, senza ostentazioni. Ché sarebbe poi stato spiacevole ritrovarsi smentito. Non bisogna mai vantarsi di coraggi che solo nel concreto dell’avvenimento possono essere misurati.

Che altro dire, se non che si avvicina il momento in cui anche io sarò messo alla prova; e mi spetterà di andare, di incontrarti e stringerti la mano. Ammesso che tu lo voglia.

(*) vedi ricordo di Franco Battiato

 

 

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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