Brasile: ondata di violenza contro i guaranì

di David Lifodi

“Moriremo per la nostra terra, se necessario”: è con questa drammatica dichiarazione di resistenza che gli indiani guaranì del Brasile hanno deciso di rispondere ad una vera e propria campagna d’odio condotta contro di loro dai ganaderos, i grandi allevatori di bestiame. L’appello Onu al governo brasiliano affinché si occupi di tutelare i guaranì è stato ripreso subito da Survival International, organizzazione da sempre impegnata per far rispettare i diritti degli indiani isolati, in America Latina come nel resto del pianeta.

Da molte comunità guaranì è giunta la segnalazione che da tempo uomini armati stazionano a ridosso del loro territorio. Due i motivi principali del contendere: la coltivazione di piantagioni di canna da zucchero sul territorio guaranì e il desiderio di sfrattare le comunità dalla loro terra per far posto all’agrobusiness. Multinazionali, ganaderos e grandi proprietari terrieri sono accomunati dall’utilizzo di milizie paramilitari, chiamate per cacciare i guaranì dalla loro terra. In un momento in cui al Planalto soffiano venti di crisi e le destre cercano di dare il benservito a Dilma Rousseff, l’interesse del governo verso i guaranì rischia di essere pari allo zero, anche se, ad onor vero, tutti i governi petisti non si sono mai interessati troppo alle condizioni delle comunità indiane isolate. È in questo contesto che sicari assoldati dalle imprese e dai signori dell’agrobusiness hanno colto l’occasione, lo scorso 29 giugno, per attaccare e incendiare una comunità guaranì nel Brasile sud occidentale. In quel caso, i guaranì sono stati costretti ad abbandonare il loro territorio, ma purtroppo non si tratta di un caso isolato. Le occupazioni della terra promosse dai guaranì vengono sgomberate da squadroni paramilitari nella più completa impunità, nonostante le comunità cerchino di tornare in possesso di appezzamenti di terra di cui erano i legittimi proprietari, prima che fossero costretti a lasciarli a causa dell’utilizzo intensivo di pesticidi contaminanti spruzzati sui raccolti per far posto alle piantagioni di soia e della canna da zucchero. Tra le azioni per la tutela dei guaranì promosse da Survival International è possibile scrivere una lettera al governo brasiliano per chiedere il riconoscimento dei loro diritti territoriali, inviare una e-mail all’amministratore delegato della multinazionale Bunge Brasile per invitarlo a non procurarsi più canna da zucchero dalla terra dei guaranì, e ancora, rivolgersi direttamente alla presidenta Dilma Rousseff per sollecitarla a proteggere le terre delle comunità. Inoltre, le campagne di Survival International intendono aiutare i guaranì a riconquistare le loro terre ancestrali e a difendere i loro diritti umani. In particolare, in occasione della Giornata mondiale Onu per i popoli indigeni, dello scorso 9 agosto, proprio Survival International ha lanciato il progetto “Tribal Voice”, che permette alle comunità indigene senza accesso a internet di inviare video-messaggi sulla lotta per la loro sopravvivenza e sui loro usi e costumi in tempo reale. Il progetto non mira soltanto a dare ai guaranì  la possibilità di raccontare la loro visione dell’ambiente, della vita e del futuro, ma offre anche l’opportunità di denunciare eventuali tentativi di assalto nei loro confronti o di denunciare presenze sospette, ad esempio quelle di minatori, sicari o funzionari delle multinazionali nel loro territorio.  Guaranì e Yanomami, sottolinea Survival International, hanno subito individuato “Tribal Voice” come un nuovo strumento della loro lotta per la terra. Tuttavia, la situazione non è così semplice. In alcuni video si vedono gli allevatori che minacciano la polizia militare e gli sfratti delle comunità guaranì dalle loro terre stanno sempre più diventando una triste consuetudine.

Attualmente, denuncia Survival International, buona parte delle comunità guaranì, “vive ai bordi delle strade o all’interno di riserve sovraffollate dove suicidi e malnutrizione sono all’ordine del giorno”. La loro sicurezza è nelle mani della comunità internazionale e del governo brasiliano.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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