“Destra e sinistra….” di Tonino Perna

Un libretto che forse fra qualche anno ricorderemo come un punto di svolta. Con capacità di sintesi e chiarezza che fanno invidia, in «Destra e sinistra nell’Europa del XXI secolo» [Terre di mezzo: 178 pagine, 10 euro] Tonino Perna ci invita ad abbandonare vecchi schemi e residue illusioni per fare i conti con il nuovo – ci piaccia o no – e serenamente valutando cosa salvare del pensiero e della prassi delle “vecchie” sinistre. Analisi e riflessioni che arrivano da chi vanta un impegno politico ultra-ventennale, teorico e soprattutto concreto: cooperazione Sud-Sud (con l’ong Cric), commercio equo e solidale, Banca etica, l’Osservatorio sui Balcani e presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte per 5 anni con risultati che molti definiscono “miracolosi”. Non vi basta? Insegna e scrive (benissimo): come anche questo libro conferma.

Eppure il libro di Perna non ha aperto finora grandi discussioni, il che la dice lunga sulle paure che, soprattutto a sinistra, vanno ingigantendosi e che si nutrono del non fare, non ascoltare, non sperimentare. Invece i problemi dell’oggi e del futuro prossimo sono approfonditi da Perna senza timori, con il respiro storico necessario.

In quarta di copertina si legge: «In una fase di grande confusione si ridisegnano schieramenti e scelte politiche, ma sulla base di quali valori e visioni della storia? […] la contrapposizione politica fra Destra e Sinistra è transitata dalla sfera economica e sociale alla sfera morale. Così in politica si parla di sesso, di aborto, di morale, di religione ma guai a parlare di tasse o modelli produttivi». Tutto vero purtroppo.

La struttura del libro è semplice. Una simpaticissima premessa, quasi una favoletta. Poi il “perché” dell’agire politico e una introduzione che fa rapidamente i conti con Norberto Bobbio. I cinque capitoli si snodano così: l’eredità del Novecento; i valori di Destra e Sinistra nella post-modernità; politica e capitalismo nel XXI secolo; politica, società e istituzioni (locali); scenari politici nell’Europa del XXI secolo.

Buttiamoci dentro. E proviamo a nuotare. Uno degli choc per la tradizionale divisione fra Sinistra e Destra (d’ora in poi Sx e Dx) fu la fine dell’equazione «mutamento tecnologico = progresso dell’umanità». E se, ricorda Perna, ora Sx e Dx convergono in economia c’è un preciso collante, «il suo nome è Sviluppo».

Parole durissime quando il libro incrocia la nuova Dx («una visione neo-nazista») ma anche il rimodellarsi della Sx o la svolta ratzingeriana. Ma se ancora si crede che essere progressisti significhi lottare per ridurre le disuguaglianze anziché aumentarle… ogni durezza è giustificata perché i dati parlano chiaro: «la ridistribuzione del reddito a favore dei salariati» [forte soprattutto fra gli anni ’30 e ’70 del ‘900] si è drasticamente interrotta, anzi i rapporti di forza si sono ribaltati. Nel lungo periodo… stiamo perdendo. In più c’è «un nuovo gruppo dominante, definito nei suoi rapporti di distruzione [militari e non solo-Ndr] più che dai suoi rapporti con i mezzi di produzione»; la fase suprema del capitalismo non è l’imperialismo (come scrisse Lenin) o la schizofrenia (ironizzava Manuel Scorza) ma l’ascesa di questo nuovo gangsterismo mondiale.

Nel passare in rassegna i nuovi profeti dello «scontro di civiltà» (compresa Oriana “Bin” Fallaci) Perna mette a confronto certe analisi di oggi e quelle del «Mein Kampf» di Hitler. Sulla litania dell’emergenza, sulla ossessiva ricerca di un fantomatico centro, sui giornalisti catturati dal «gioco politico», sulla crisi degli Usa il libro è di una chiarezza preziosa; come sui beni comuni, sulle utopie concrete dell’agire locale, insomma sulle speranze dell’oggi e sui pilastri che servono per nuove strategie.

Fra gli “arnesi di lavoro” che possono tornare utili Perna ci ricorda citazioni e provocazioni di Keynes, Brandt, Ruffolo, Bruno Manghi, Paul Ginsborg, Serge Latouche, Vandana Shiva. Nel merito conviene leggere qualche passaggio-chiave del libro. A esempio: «I partiti, di fatto, non esistono più in quanto a partecipazione popolare, sottoscrizione, militanza» scrive Perna citando Dahrendorf. E ancora: «Una sinistra Neo-Pro(gressista) che, secondo una felice immagine, vive nell’economia del tavolo da cucina: lavoro, salari, educazione, salute e pensione, quelle cose di cui i genitori parlano in cucina quando i bambini sono andati a dormire». Oppure: «Per la prima volta in Occidente dall’epoca della rivoluzione industriale, le nuove generazioni lottano più per conservare che per migliorare lo status sociale di partenza». Infine: «L’errore più grave che possiamo commettere è non capire, non prendere coscienza del vuoto […] che si è determinato con la fine della religione dello Sviluppo a cui avevamo consegnato la soluzione di tutti i nostri problemi». Uno scenario fosco. Soprattutto perché il «vuoto» nella sfera politica «può portare l’Europa al collasso o verso derive autoritarie». Ma come soffia sempre un vento del Nord ce n’è uno dal Sud che porta speranze. Un «socialismo dai cittadini» che forse potrebbe coniugare due Zap, cioè Zapatero e gli zapatisti… In estrema sintesi Perna ci dice che una nuova Sx ha fatto un salto di paradigma «scoprendo la pace come valore centrale della nostra epoca» e questo significa: «a) il passaggio dall’idea di nazionalizzazione dei mezzi di produzione a una strategia di difesa e gestione dei beni comuni; b) il passaggio dalla gestione statale, centralizzata e burocratica del territorio nazionale al governo di una rete di Municipi […]; c) il passaggio dalla crescita economica come valore in sé alla rivalutazione dei valori d’uso, del risparmio energetico, alla tutela dei beni ambientali e culturali; d) il passaggio dall’idea che la liberazione dell’umanità passi attraverso il progresso tecnologico e la crescita infinita di merci al “senso del limite”, al principio di precauzione e al rispetto degli equilibri naturali». Da qui ripartire.

Assenti in questo libro i difetti della Grande (mah) Politica cioè presunzione, bugie, sottovalutazioni di comodo, demagogia, demonizzazione del nemico, ascolto zero. Niente «Ta-Tec, Tattica e Tecnica della gestione dell’esistente». Elogio dell’agire e disponibilità a imparare dalle prassi collettive. Un libro quasi perfetto. Peccato alle pagine 59, 60 e 136 ci siano [almeno nella mia copia] note ripetute … o sparite. Lieve pecca da sistemare in una ristampa che, si spera, sia presto imposta dal successo di vendite.

UNA PICCOLA NOTA

Questa mia rec uscì sulla rivista «Carta» (e altrove ma nel mio disordinato archivio non saprei ricostruire dove e quando).

 

Redazione
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