Eni-Israele: perchè è necessario continuare la lotta
di Enrico Semprini. A seguire un elenco delle analisi su Eni e vel-ENI che trovate in questo blog.
Esiste un problema di complicità con Israele (e di rapina delle ricchezze altrui) che non passerà neppure con un eventuale cambio di governo, perché l’ENI, l’Ente Nazionale Idrocarburi, è uno dei soggetti che determina la politica estera del nostro Paese. Basti pensare che nel 2022 il budget della difesa era per il 71% orientato a protezione degli interessi dell’ENI.
Cosa c’entra questo con la Palestina?
Vediamo di capire traendo un primo estratto di ragionamento dal sito rienergia1 :
<<Negli ultimi anni, il Mediterraneo è tornato alla ribalta nel dibattito internazionale a seguito di una serie di scoperte di gas naturale nella parte orientale che potrebbero giocare un ruolo strategico per il futuro approvvigionamento europeo. Israele, Cipro ed Egitto sono i principali paesi interessati dai ritrovamenti ma nessuno di questi può sviluppare da solo le proprie risorse energetiche. L’Italia e il sistema di imprese nazionali hanno le capacità per esportare il know-how e l’esperienza, potendo fare affidamento sia sulla vicinanza geografica che sulla presenza storica nell’area. Cogliere questa opportunità di investimento dovrebbe essere un obiettivo strategico per il nostro paese, specie in considerazione del ruolo che il gas naturale è atteso svolgere nel processo di transizione energetica.
Dove sono le risorse
A partire dal 2009, si sono susseguite grandi scoperte in un’area di mare denominata “Bacino del Levante”, che si estende dall’Egitto alla Turchia con un potenziale di 3.400 mld di metri cubi (Gmc).
Principali ritrovamenti nel Bacino del Levante*
Fonte: Elaborazione su fonti varie
In Israele e Cipro, le attività di esplorazione della compagnia americana Noble Energy hanno completamente modificato le prospettive energetiche nazionali, fino a trasformare tali paesi da importatori a esportatori netti di gas. Al largo delle coste israeliane, la prima consistente scoperta arriva nel 2009 con Tamar con risorse stimate in 280 Gmc, mentre a fine 2010 si aggiunge il supergiant Leviathan, con un potenziale di circa 620 Gmc. Nel 2011 è la volta di Cipro, con la prima scoperta di gas offshore nel giacimento Afrodite (blocco 12) con risorse stimate intorno ai 120 Gmc. Il Mediterraneo riserva ancora sorprese, stavolta a firma italiana: nel 2015, Eni annuncia una maxi scoperta di gas in Egitto nel prospetto esplorativo marino Zohr (concessione Shorouk). Non passa molto tempo prima di comprenderne l’enorme potenziale, stimato in 850 Gmc, maggiore di quasi 7 volte quello di Afrodite, 3 volte di Tamar e superiore persino a Leviathan. Tale ritrovamento dovrebbe aumentare di un terzo le riserve esistenti di gas in Egitto e contribuire al soddisfacimento della domanda interna in forte crescita, fornendo maggiore stabilità all’economia nazionale.
Mappa dei principali giacimenti di gas nel Mediterraneo Orientale
…omissis…
Quel che ad oggi è certo è l’indubbio vantaggio competitivo che avrebbe l’Italia nel contribuire attivamente allo sviluppo del potenziale energetico del Mediterraneo, specie per quel sistema di piccole-medie imprese nostrane, fornitrici di servizi all’industria mineraria, note anche all’estero per i livelli di eccellenza tecnologica e manifatturiera. Di questa realtà il Paese dovrebbe tenere maggior conto dato che, in un periodo di crisi economica e di impedimenti alle attività estrattive nazionali, molte imprese dell’indotto hanno deciso di non delocalizzare, continuando ad operare con fierezza nei luoghi in cui hanno avuto origine.>>
“Corridoio Sud”: rotte di esportazione verso l’UE
Come potete osservare sulla “Mappa dei giacimenti” esiste anche il Gaza Marine, in acque palestinesi. Nel giugno 2023 Tel Aviv aveva annunciato la decisione di uno sviluppo congiunto del giacimento insieme all’Autorità Palestinese, decisione in seguito mai confermata.
Ma cosa potrebbe comportare, e cosa attualmente comporta, lo sfruttamento di questi giacimenti per l’Egitto, Israele e Palestina?. Facciamoci aiutare da Federpetroli 2:
Conflitto Israelo-Palestinese: giacimento di gas Leviathan conteso tra parti
18-05-2021
Opinioni: Michele Marsiglia, presidente Federpetroli Italia
GD – Padova, 18 mag. 21 – “A largo delle coste israeliane ci sono enormi risorse di gas naturale, parliamo di Leviathan, uno dei giacimenti di gas più grandi al mondo nel Mar Mediterraneo”, lo ricorda il presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, a seguito del conflitto che sta investendo i territori palestinesi ed israeliani.
Secondo Marsiglia “possiamo parlare di religione, di territori occupati e di altre variabili tra i due popoli, ma da anni l’interesse è focalizzato sullo sfruttamento delle risorse minerarie Offshore. Sfruttando l’enorme bacino di gas sia Israele che i territori palestinesi potrebbero raggiungere un’indipendenza energetica e diventare nello stesso tempo esportatori del gas estratto e prodotto”.
Il presidente di FederPetroliItalia ha inoltre rilevato che “geograficamente, l’area che si affaccia sul Mar Mediterraneo è strettamente collegata alla Striscia di Gaza. Se anche la zona di terra sotto controllo dell’Autorità Palestinese riuscisse a trovare fondi finanziari da parte altri Paesi arabi per lo sfruttamento delle risorse, in un solo anno sia la Striscia che la zona della West Bank (Cisgiordania) non avrebbero più bisogno di Israele per il proprio fabbisogno energetico, considerando che oggi la Striscia vive di corrente alternata durante il giorno. Parliamo di 50 chilometri di area in estensione di giacimento in acque profonde a circa 1.500 metri”.
“C’è gas per oltre 50 anni di autonomia, Leviathan in piena produzione di idrocarburo sconvolgerebbe gli equilibri commerciali del Medio Oriente”, ha concluso Marsiglia.>>
Per quanto riguarda l’Egitto, la scoperta di Zohr e la sua rapida messa in produzione ha assunto centralità sia per la copertura del fabbisogno interno di energia che per le ambizioni di definirsi come hub internazionale del gas, predisposto per le esportazioni verso l’Europa tramite i suoi due impianti di liquefazione a Idku e Damietta.
La produzione complessiva di gas dei suoi giacimenti nel Mediterraneo e nel Delta del Nilo ha però cominciato a subire una diminuzione dal 2022, probabilmente più per motivazioni finanziarie che tecniche:
“Il settore del gas egiziano ha attraversato una fase critica negli ultimi anni, segnata dalla crisi del dollaro e dalla difficoltà dello Stato a onorare i pagamenti verso le compagnie straniere. Questo aveva determinato un calo della produzione, un rallentamento delle attività di perforazione e una riduzione degli investimenti”.
Un calo della produzione molto problematico, anche per la tenuta interna del paese.
Da qui la firma di un accordo per altre due perforazioni con Eni, per aumentare la produzione interna, e la firma un maxi accordo con Israele, per garantirsi forniture stabili e di lungo periodo
Cosa comporta la firma dell’accordo con Israele?
Vediamo un po’3:
<<Per Israele, l’operazione consolida il ruolo di esportatore energetico regionale e rafforza i legami con Il Cairo, che da anni importa gas per il proprio fabbisogno e per il rilancio delle esportazioni di GNL. Per l’Egitto, invece, è una scommessa di lungo periodo che garantisce forniture fino a metà secolo.
Ma sul piano politico il segnale è di tutt’altro tenore: mentre la crisi umanitaria a Gaza continua e il dibattito internazionale resta impantanato su sanzioni e condanne, due partner regionali rinsaldano rapporti economici miliardari. Un promemoria concreto di come, per molti governi arabi, il pragmatismo energetico e finanziario prevalga nettamente sulla solidarietà proclamata verso la popolazione palestinese. >>
Non solo4:
<<Fino al 2022, l’Egitto coltivava ambizioni da hub energetico per il Mediterraneo: utilizzando i propri terminali di liquefazione di Idku e Damietta, puntava a esportare gas, proprio grazie anche a forniture dai giacimenti israeliani e ciprioti. Ma la crisi produttiva interna ha ribaltato il paradigma. Da potenziale fulcro delle esportazioni, il Cairo si ritrova oggi a importare in modo strutturale per garantire energia alla propria popolazione e sostenere un’economia già fragile.
Dal punto di vista geoeconomico, ciò significa che Israele si ritrova in una posizione di fornitore strategico indispensabile, con il gas che copre già il 15-20% del fabbisogno egiziano. Un rapporto di interdipendenza sbilanciata, perché mentre per Israele il contratto rappresenta una delle tante fonti di entrate, per l’Egitto è una condizione vitale per la stabilità interna.>>
nonostante
<<secondo un sondaggio Arab Barometer del 2022, solo il 5% degli egiziani approva relazioni aperte con Tel Aviv, e appena l’11% accetta rapporti commerciali.>>
E l’accordo con ENI cosa comporta per l’Italia?
L’Italia si trova dunque ad essere partner dell’Egitto per lo sfruttamento del gas di Zhor che però necessita di investimenti colossali per svilupparsi che gli egiziani faticano a sborsare.
E allora5:
<<Con i due nuovi pozzi di Zohr, Eni ed Egitto rinnovano un’alleanza strategica che si conferma decisiva non solo per l’economia nazionale, ma anche per il ruolo geopolitico del Cairo nel Mediterraneo. La capacità di combinare investimenti esteri, riforme interne e gestione oculata delle risorse naturali determinerà quanto a lungo l’Egitto potrà mantenere e rafforzare il suo status di polo energetico regionale. >>
Dunque l’Italia, tramite ENI, si è legata doppio filo con un partner commerciale a sua volta legato a doppio filo ad Israele, nel senso che l’approvvigionamento energetico dell’Egitto dipende in buona parte proprio da Israele.
Ma l’Italia nel frattempo cosa ha fatto?
Ha indebolito il suo rapporto con Israele?
Vediamo cosa viene annunciato il 30 ottobre 2023:
<<Il Ministero dell’Energia israeliano ha dichiarato di aver assegnato 12 licenze a sei società per l’esplorazione di gas naturale al largo della costa mediterranea del paese, con l’obiettivo di creare maggiore concorrenza e diversificare i fornitori.
Le licenze assegnate, arrivate quando il conflitto Israele-Hamas entrava nella sua quarta settimana, includevano un gruppo guidato dall’italiana Eni insieme a Dana Petroleum e Israel’s Ratio Energies che esplorerà un’area a ovest di l’enorme giacimento Leviathan, che fornisce gas a Israele e viene utilizzato anche per l’esportazione.
…omissis…
“Le aziende vincitrici si sono impegnate a effettuare investimenti senza precedenti nell’esplorazione del gas naturale nei prossimi tre anni, che si spera porteranno alla scoperta di nuovi giacimenti di gas naturale”, ha affermato il ministro dell’Energia Israel Katz.>>
Eppure questo accordo viene contestato a livello internazionale6:
<<Il 29 ottobre 2023, a tre settimane dall’inizio della nuova operazione militare di Israele contro Gaza -a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre-, il ministero dell’Energia di Tel Aviv ha concesso varie licenze per l’esplorazione di giacimenti di gas nelle acque antistanti la Striscia. Tra i beneficiari figurano l’inglese Dana petroleum (una filiale della South Korean national petroleum company), l’israeliana Ratio petroleum ed Eni.
…omissis…
Gli ultimi incontri tra i vertici del governo italiano con quelli israeliani hanno “agevolato” la presenza di Eni. Il primo meeting ufficiale si è svolto a marzo 2023, in quell’occasione Benjamin Netanyahu ha portato a casa un’importante intesa commerciale con Leonardo per lo sviluppo di un nuovo sistema laser ed è stata occasione per iniziare a discutere di una possibile collaborazione con Eni. Ma è nel corso dell’ultimo incontro, datato fine ottobre 2023, quindi già in pieno conflitto, che il ministro dell’Energia di Netanyahu ha concesso le tanto contestate licenze.
I giacimenti, infatti, si trovano in acqua profonde all’interno dei confini marittimi dichiarati dallo Stato palestinese nel 2019 in conformità con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982 firmata dalla Palestina nel 20157. Più precisamente, lo studio legale Foley Hoag sostiene che il 62% della cosiddetta “Zona G” sia di competenza palestinese. Da qui la richiesta a Eni di di fermare qualunque attività nell’area per evitare la possibile complicità in violazione di normative internazionali.
Se l’attività di esplorazione dovesse dare i frutti sperati, la multinazionale fossile italiana potrebbe richiedere delle licenze di estrazione. Con un ulteriore effetto paradossale: dovrebbe pagare le royalties per l’estrazione di gas allo Stato con cui ha siglato un accordo commerciale (Israele), ignorando però completamente il secondo interlocutore: l’Autorità nazionale palestinese che, in base a quanto previsto dagli Accordi di Oslo, è competente anche sul territorio della Striscia di Gaza.
Filippo Taglieri è campaigner energia e infrastrutture di ReCommon>>
Facciamo attenzione alle date, perché fanno riflettere su come funzionano le decisioni politiche: l’accordo viene firmato il 29 ottobre 2023.
Nel frattempo era successo qualcosa sul fronte della guerra e delle decisioni dell’ONU?
Non ci si deve distanziare di molto: andiamo al 28 ottobre, il giorno prima:
Cominciata l’invasione di Gaza: l’ONU chiede il cessate il fuoco, l’Italia si astiene
Domenico Coviello 28 Ottobre 2023
Tank e soldati di Israele a Gaza: al 22° giorno di guerra è cominciata in grande stile l’invasione via terra della Striscia, già anticipata dalle prime incursioni nei giorni scorsi. Ci sono scontri e combattimenti fra i militari di Tel Aviv e i miliziani di Hamas. La notte fra il 27 e il 28 ottobre è stata drammatica a Gaza, forse la peggiore dal 7 ottobre. C’è stato un black out totale, le organizzazioni umanitarie hanno perso i contatti con i propri referenti. L’ONU ha approvato una risoluzione per il cessate il fuoco ma l’Italia si è astenuta.
Dagli Stati Uniti si leva sempre più forte la protesta di parte della comunità ebraica: “Basta guerra contro i palestinesi, non è nel nostro nome“. I caccia israeliani avrebbero attaccato circa 150 obiettivi sotterranei nel nord della Striscia, decine di terroristi sono rimasti uccisi. Non ci sarebbe alcuna vittima fra gli israeliani. Nel briefing, condotto dal capo di stato maggiore Herzi Halevy e dai generali, è stato fatto notare che, in parallelo all’espansione delle operazioni di terra, sono stati “effettuati dal cielo e dal mare una serie di massicci attacchi a Gaza City e dintorni“.
…omissis…
Gaza, la risoluzione ONU
A New York, l‘Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto a larga maggioranza una “tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata“. Una risoluzione subito accolta favorevolmente da Hamas e dall’ambasciatore palestinese, ma respinta da Israele, il cui ambasciatore alle Nazioni Unite l’ha definita “un’infamia“. L’Italia è fra i 45 paesi del mondo che si sono astenuti, non ha votato né a favore, né contro. La risoluzione è stata approvata con 120 voti a favore e 14 contrari. Fra i contrari, gli Stati Uniti d’America. Tra i favorevoli: Francia, Spagna, Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia.
Nessuno ha potuto osservare direttamente i dialoghi tra i vertici dell’Eni e la presidenza del consiglio italiano prima del 28 ottobre 2023, ma ci sono prove certe che dagli anni 2009 al 20208 persone di vertice di ENI erano distaccate presso il Ministero degli Esteri9 per svolgere funzioni di consulenza operativa. Tutto fa pensare che le cose non siano molto cambiate in questi ultimi cinque anni. Sia come sia, non si può certo pensare che il Ministero prenda decisioni in merito agli affari esteri senza importanti consultazioni con ENI (di cui lo stato italiano è il principale azionista, con una percentuale significativa ma non determinante detenuta da soggetti provenienti o operanti nel mondo ceramico sassolese della provincia di Modena.), che resta sempre una società per azioni, quindi una azienda che persegue la massimizzazione dei dividenti degli azionisti. Logica pretende che la valutazione dell’interesse nazionale tragga ispirazione dagli interessi di questa azienda, intesi come interessi finanziari. Come è noto gli interessi monetari sono per definizione avulsi da ogni considerazione di carattere etico, tantomeno il criterio è legato al rispetto del diritto internazionale: la logica di una azienda è di bilancio e di conseguimento del profitto.
Ancora una volta, dunque, ci dobbiamo arrendere all’evidenza che le valutazioni che muovono il personale politico di questo paese sono fortemente legate a logiche finanziarie.
Però questa analisi ci permette di affrontare quest’ultima questione:
L’Italia vuole un posto nel board che governerà la Striscia di Gaza. E Meloni chiede unità ai partiti
di Marco Galluzzo10
1 ott 2025
I colloqui con Tony Blair11. L’Italia è pronta a fare la sua parte e punta alla forza di pace. L’appello sulla Flotilla
DAL NOSTRO INVIATO
COPENAGHEN – L’Italia è pronta a fare la sua parte se il piano di pace concordato da Trump e Netanyahu dovesse andare in porto. In questi ultimi giorni Giorgia Meloni ha parlato diverse volte con Tony Blair, ed è stata messa al corrente della costruzione dettagliata di un progetto che ha tanti risvolti. L’Italia è pronta, come ha detto la stessa premier, due sere fa, e in questo caso un ruolo potrebbe articolarsi nell’allargamento del nostro contingente di carabinieri per addestrare la polizia palestinese, nella possibilità di contribuire con propri soldati a una forza di pace multilaterale, in un posto nel board che dovrebbe governare la Striscia di Gaza nei primi tempi e infine nel coinvolgimento di alcuni grandi gruppi italiani di costruzioni. …omissis>>
L’articolo è pensato per far capire perché l’Italia si candidi a fare parte di questo “board”, in prima istanza.
In seconda istanza, si vuole analizzare il fatto che il nostro ruolo di lotta dovrà svilupparsi per una fase estremamente lunga: non possiamo abbandonare il campo, né per i palestinesi, né per il destino della vita sul pianeta in relazione all’uso delle risorse energetiche ed ai disastri ambientali che ne conseguono12.
La nostra ipotesi deve basarsi sulla certezza che solamente un cambiamento dei rapporti di forza sociali sarà in grado di produrre un destino diverso per il popolo palestinese, un destino diverso alle sorti di questo paese e costituiranno una speranza per una possibile rivoluzione dei rapporti di forza nel mondo.
Come farlo?
Questa è la domanda alla quale dovremo saper rispondere interrogandoci giorno per giorno, nella certezza che, citando il titolo di un libro uscito in questi giorni, dovremo saperci basare su di una teoria dell’organizzazione politica che non sia “né verticale, né orizzontale13”.
A seguire un elenco delle analisi già svolte su Eni in questo blog
Vel-ENI (ben piazzati) al ministero degli Esteri,
Gli invisibili vel-Eni in Basilicata,
Vel-ENI, lo Stato parallelo e il collasso ecologico (un articolo di Tricarico con Alessandro Runci),
Contro vel-ENI (nei polmoni e sui media),
Il vero lupo cattivo si chiama ENI,
Vel-Eni e greenwashing nelle scuole ,
Vel-ENI e 3S (soldi, sangue, silenzi),
Vel-ENI: corruzione e petrolio.
Eni denuncia chi dice la verità,
Ossessione ENI contro gli attivisti ambientali (luglio 2025)
Le fiamme nascoste dell’ Eni in Mozambico (aprile ’25).
Qui invece due articoli che rimandano a libri di grande interesse (e dunque censurati sui grandi massmedia): Vel-Eni: tangenti, processi, pubblicità, silenzi sull’ «Enigate» di Claudio Gatti, e Sabina Morandi, i “rossi” e i vel-Eni con «C’è un problema con l’Eni» ovvero «Il cane nero si è pappato i rossi – come insabbiare un’inchiesta e liberarsi del giornalista»
NOTE
1 https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/32805/Gas:+il+Mediterraneo+Orientale+nel+futuro+dell’Italia/Proietti+Silvestri
2 https://www.giornalediplomatico.it/conflitto-israelo-palestinese-giacimento-di-gas-leviathan-conteso-tra-parti.htm
3 https://www.glistatigenerali.com/esteri/medio-oriente/sazionare-israele-legitto-non-ci-pensa-proprio-e-firma-un-accordo-sul-gas-da-35-miliardi/
4 https://it.insideover.com/energia/israele-egitto-il-patto-del-gas-il-cairo-dipende-sempre-piu-da-tel-aviv.html
5 https://lavocedelparlamento.it/egitto-ed-eni-due-nuovi-pozzi-a-zohr-per-aumentare-la-produzione-di-gas-entro-novembre-2025/
6 https://altreconomia.it/sui-giacimenti-di-eni-nelle-acque-palestinesi/
7 Sono le famose acque che stava percorrendo la Flottilla, per intenderci.
8 Dal curriculum vitae del dott. Alfredo Tombolini chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2021/01/cv_tombolini_it.pdf :
Da marzo 2017 (sono mandati triennali): Esperto Energia Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale per la Mondializzazione e le Questioni Globali (distaccato da Eni in base ad accordo Eni-MAECI) ▪ Incardinato presso l’Ufficio III, mette a disposizione le proprie conoscenze ed esperienze nel settore energetico contribuendo alla preparazione e all’aggiornamento di dossier internazionali in materia di energia e sostenibilità energetica Energia, Ambiente e Sostenibilità
Da dicembre 2016 Professional rapporti con le istituzioni estere e le organizzazioni internazionali Eni S.p.A. – Direzione Affari Istituzionali/INTAF ▪ Svolge attività di raccordo con il MAECI per la preparazione e l’aggiornamento di dossier internazionali in materia di energia e sostenibilità energetica, nonché relativamente alle principali questioni inerenti al business aperte con i paesi di presenza Eni o finalizzate alla rappresentazione degli interessi della società in contesti istituzionali multilaterali o nei rapporti con le principali organizzazioni internazionali Impresa per l’energia: esplorazione, produzione, trasporto, trasformazione e vendita di olio e gas naturale
9 Tratto da:https://www.ancorafischiailvento.org/2021/03/30/eni-limpunita-dello-stato-parallelo/
La presenza di un’azienda, il cui capitale è detenuto per due-terzi da investitori stranieri, dentro la Farnesina ha delle implicazioni (anti)democratiche gravissime. Il fatto che tale presenza sia allo stesso tempo “sistematica” e taciuta alla collettività la rende ancora più inaccettabile. Pertanto ci troviamo davanti a un’ulteriore conferma del radicamento di Eni nello stato italiano, del suo potere e della sua capacità di influenzare le politiche pubbliche ed ostacolare i processi di cambiamento. Porre fine alla commistione Eni-Stato è un passo fondamentale verso una transizione reale e dal basso.
10 https://roma.corriere.it/notizie/politica/25_ottobre_01/governo-gaza-meloni-d25fafda-2deb-4eeb-8e70-9d8cdeb91xlk_amp.shtml
11 Si noti che Tony Blair è consulente di BP, British Petroleum, e questo fa capire che a gestire il board dovrebbero essere i tre stati in cui risiedono le aziende interessate all’estrazione del gas: Stati Uniti, Inghilterra e Italia. Sul sito diogene notizie si legge: <<Oggi, mentre si discute della ricostruzione di Gaza, la stessa BP – insieme a Shell e a società israeliane – guarda alle riserve di gas del campo Gaza Marine, nel Mediterraneo orientale: un giacimento da oltre 30 miliardi di m³, finora bloccato dal conflitto e dal boicottaggio politico di Hamas.
Nel momento in cui si parla di “amministrazione transitoria” e di nuovi attori internazionali per la gestione della Striscia, gli interessi energetici tornano centrali. Ecco perché il ritorno di Blair, con la sua lunga storia di pontiere tra politica e petrolio, non è neutro ma profondamente simbolico.
12 https://www.labottegadelbarbieri.org/eni-sviluppera-la-peggiore-bomba-climatica-al-mondo/
13 https://www.labottegadelbarbieri.org/?s=n%C3%A8+verticale+n%C3%A8+orizzontale