La musica del diavolo

di Maria G. Di Rienzo

A volte il diavolo fa le pentole e i coperchi. E riesce persino a cucinare. Mentre negli ultimi anni le relazioni fra Israele e mondo arabo sono nettamente peggiorate, una band heavy metal israeliana sta unendo migliaia di ebrei, musulmani, cristiani, agnostici e atei attraverso il Medioriente. Tutti insieme appassionatamente,grazie ad Orphaned Land (Terra Orfana), i pionieri israeliani del “metallo pesante”, i cui fans pullulano in Paesi come la Turchia, il Libano, la Siria, la Giordania, l’Arabia Saudita e l’Iran… nonostante in molti di essi la loro musica sia bandita. La comunità che si è formata attorno alla band è davvero consistente: basti dire che la loro pagina ufficiale su Facebook conta oltre 60.000 membri: ragazze e ragazzi da tutto il mondo la usano per postare messaggi, articoli, video e per parlare fra loro.

La band incoraggia lo scambio e il mutuo sostegno fra musicisti di diversa provenienza e ha reso disponibile gratuitamente su internet il suo ultimo album per tutta una serie di Paesi mediorientali e nordafricani, dove l’attenzione all’heavy metal è in crescita. Orphaned Land ha sempre collaborato con artisti musulmani e arabi: in quest’ultimo lavoro unisce le forze con l’Orchestra Araba di Nazareth e Zen Two, l’artista giordano che ha disegnato la copertina dell’album. Nel tour europeo 2012 erano accompagnati da una danzatrice libanese e aprivano i concerti con gruppi di spalla turchi ed algerini: il primo tour heavy metal ebreo-musulmano della storia.

La realtà di scambio e relazione che Orphaned Land ha creato, il potere della musica nel trasformare persone rappresentate come inevitabilmente in conflitto in compagni che condividono una passione, e persino in amici, sono elementi sino a ora sfuggiti ai politici e agli attivisti per la pace. I membri di Orphaned Land fondono il rock duro con gli strumenti, le melodie, i ritmi della tradizione mediorientale: nel far ciò, non solo entrano immediatamente in sintonia con la sensibilità artistica regionale esistente, ma dimostrano come ebrei di affondare le loro radici nella stessa acqua di vita che nutre palestinesi, arabi, musulmani, cristiani e quant’altro. E’ lo stesso battito del cuore per tutti noi. E’ la stessa danza sacra, che noi la si compia scuotendoci al suono di una chitarra elettrica o di un tamburo tradizionale. L’attitudine di Orphaned Land e il successo della stessa dimostrano almeno altre due cose: che globalizzazione non significa necessariamente erosione delle culture locali, e che tali culture non sono fossili ma possono e vogliono essere ricche di differenze e trasformazioni.

Il gruppo canta in inglese, arabo ed ebraico, e mette un po’ di peperoncino ai testi con frequenti citazioni dalla Torah, dal Vangelo e dal Corano: ovviamente c’è chi considera questo blasfemia, peccato mortale e assaggio d’inferno… ma in fin dei conti non stiamo parlando di rock, la musica del diavolo? La visione di spiritualità ecumenica che Orphaned Land trasmette è un altro facilitatore nella diffusione della sua musica, perché si connette alla sensibilità religiosa che è parte del moderno Medioriente. E i fans scrivono di continuo: «Conoscervi ha cambiato la mia vita, il modo in cui vedo gli altri, il modo in cui penso al conflitto, il modo in cui penso al cambiamento». Credo che per un gruppo di artisti questo sia il trionfo più grande e il segnale certo di star facendo le cose giuste, più dei premi che come “amici della pace” hanno raccolto in giro per il mondo o dei ritorni di vendite e concerti.

L’heavy metal non è «la mia tazza di tè», per dirla all’inglese, ma la mia canzone preferita a 10 anni era «Sympathy for the Devil»… Cercate Orphaned Land su YouTube, ci sono un bel po’ di video. Non ve ne pentirete.

Redazione
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