Noi, reietti su quale pianeta?

Louis Perez torna sull’utopia ambigua di Ursula Kroeber Le Guin

«A capo del governo preferiresti un astemio, vegetariano e momogamo oppue un ubriacone e puttaniere?». Se siete tanto sciocchi da rispondere a domande così vaghe e avete “votato” il primo… la vostra scelta è Hitler. (nota 1)

Con le citazioni spesso accade così: chi – sia in buona o cattiva fede – sceglie una frase (magari a inizio libro) isolandola dal contesto può far dire a chiunque anche il contrario rispetto al senso di un intero volume. Di recente un amico mi ha segnalato che tre righe prese da «I reietti dell’altro pianeta» (nota 2) di Ursula Le Guin (nota 3) – e del tutto decontestualizzate – tornavano utili per un’apologia del libero mercato di un “Tiziobello” qualunque, con l’unica caratteristica di essersi inacidito rispetto agli accennati “ardori giovanili”.

L’estrapolatore tace a esempio che Anarres è poverissimo (con 20 milioni di abitanti) mentre il pianeta Urras (la popolazione si aggira sul miliardo) è ricco quanto ben armato. Ma soprattutto tace che i “reietti” scelsero di essere esiliati su Anarres perchè lì volevano costruire una società anarchica mentre sul loro pianeta di origine venivano imprigionati e uccisi o condannati a sfruttamento senza speranza, comunque destinati all’insensatezza del vivere in una società statalista e capitalista dove l’unica realizzazione possibile si misura in potere e ricchezza.

Per 150 anni gli scambi fra i due pianeti si sono limitati a poche merci: un commercio iniquo perchè le regole sono dettate dal più forte. Ma allora perchè il protagonista Shevek accetta di recarsi a casa degli antichi nemici? Non crede nella libera collaborazione fra pianeti così diversi ma sente la necessità di incontrare altri scienziati come lui e condividere la ricerca e la conoscenza. Gli urrasiani lo vogliono perchè sono sicuri che Shevek è a pochi passi dalla rivoluzionaria scoperta che aprirebbe la strada ai viaggi «a una velocità superiore a quella della luce». Shevek non vuole vendere la sua scoperta ma cerca di collaborare con i fisici urrasiani. Pensa che questo passo aiuterebbe (in un certo senso costringerebbe) i diversi mondi a un confronto continuo: non solo Anarres e Urrars ma anche due popoli venuti da lontano ed entrati di recente in scena: i Terrestri (che del loro mondo «hanno fatto un deserto») e gli Hainiti («più antichi di qualsiasi altro … spinti da un sentimento di colpa» che nessuno riesce a capire).

Quattro pianeti insieme. Verso dove? Forse «lungo i sentieri delle possibilità», mettendo in discussione anche «ciò che non veniva mai messo in dubbio».

Questa idea iniziale di Shevek non manca di contraddizioni (senza fare spoiler sul finale basta dire che il protagonista per due volte dovrà cambiare idea sul modo migliore di agire) e sembra in certo senso una “ambigua” e ingenua utopia. Ma «un’ambigua utopia» è proprio metà del titolo originale … che però l’edizione italiana ha omesso (nota 4).

L’Anarrres di Shevek – e della minoranza che la pensa come lui – non è la rivoluzione vittoriosa per sempre, il perfetto lieto fine in cui tutti ora vivono felici e contenti, l’utopia realizzata. E’ un luogo di scontro e in un certo senso gli anarchici “vincenti” non hanno nulla a insegnare. Al massimo possono donare il loro esempio dicendo ad altri però che le rivoluzioni non si copiano né esportano; «voi potete soltanto essere la Rivoluzione […] Tutto ciò che avete è ciò che siete e ciò che date».

Non tutte le persone che vivono sull’Anarres “reale” pensano che anche loro sono protagoniste di una rivoluzione continua. Tutti si rifanno a Odo – la donna che, con i suoi scritti e l’esempio, aprì la strada su Urras allo sciopero insurrezionale planetario – ma molti l’hanno imbalsamata. Al contrario di Shevek si accontentano di non avere poliziotti davanti, dimenticando gli “sbirri” (o le regine) che si affacciano nelle teste. Ci sono muri nascosti dietro quelli visibili. Molti odoniani si sono fatti schiavi delle emergenze e delle consuetudini perciò hanno «paura del cambiamento».

Sono proprio le parole di Odo che Shevek lancia in un duro scontro quando torna sul suo pianeta. «La Rivoluzione è nello spirito individuale, oppure non è da nessuna parte. E’ da per tutto oppure non è niente. Se la si vede come qualcosa che abbia un fine preciso, una fine precisa, non avrà mai veramente inizio».

Ove qualcuno dovesse pensare che Shevek è un eroe quanto Odo può essere solo una super-donna, il romanzo di Ursula Le Guin ha molte sorprese in serbo: muri e viltà si affacciano in ogni essere umano. Uscirne si può: insieme è più facile ma spesso bisogna agire in minoranza o in solitudine.

Anarres dopo Anarres.

NOTA 1 nel quesito (di moda ancora un po’ di anni fa) decontestualizzante Hitler veniva contrapposto al suo contemporaneo Roosevelt, ubriacone e “puttaniere”.

NOTA 2 qui due recensioni al romanzo: Fra buio e (ambigue) utopie (di Maria Rosaria Baldin) e Un muro oltre le tenebre… (di Fabrizio Melodia)

NOTA 3 in “bottega” cfr Ursula Le Guin ovvero il…., Ancora per – e con – zia Ursula (Le Guin) e Ursula K. Le Guin ma anche Il meglio (forse) del blog – 9

NOTA 4 qui in bottega db, cioè Daniele Barbieri, ha iniziato (e poi interrotto ma è “assente giustificato” per un anno circa di fastidiose malattie) una riflessione sulle distopie – pigre ma soprattutto allineate con il pensiero domunante – di moda e sulla fantascienza detta solarpunk che cerca storie animate non da un’ingenua speranza ma appunto dalla «ricerca di altre possibilità» come indicato anche da “zia Ursula”.

 

Redazione
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Un commento

  • Pierluigi Pedretti

    Veramente un bel pezzo sulla Le Guin, mio amore antico. Arricchito peraltro dagli altri suggerimenti

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