Venezuela oggi e Burkina Faso ieri: una…

lettera aperta al Circolo Arci Thomas Sankara di Messina

di Francesco Cecchini (*)   

Cari amici e amiche, compagni e compagne,

conosco il vostro impegno culturale sociale che onora il nome di Thomas Sankara.   

Vedo che il Circolo organizza sabato 22 marzo un evento/dibattito sul Venezuela con la seguente premessa:

Il Circolo Arci Thomas Sankara riapre le proprie finestre sul mondo, dopo il racconto sulla mobilitazione popolare in Mali è la volta della mobilitazione studentesca in Venezuela.

Iniziata il 4 febbraio, dopo che una denuncia di tentato stupro da parte di una studentessa universitaria di San Cristobal ha scatenato un’ondata di proteste contro l’insicurezza e la situazione economica che si è estesa a tutto il Paese. Proteste che il governo di Maduro ha liquidato come parte di un complotto “golpista” e “fascista”, censurando i media e i social network. Gli studenti denunciano stupri, torture e sequestri. Riappare la parola desaparecidos. Mostreremo video realizzati dagli studenti e immagini di media indipendenti. Intervengono la dott.ssa MATILDE ELIZABETH RAMIREZ BRICENO, socia venezuelana del circolo, il prof. DANIELE POMPEJANO docente di storia dell’America Latina (Università di Messina). E’ previsto un collegamento Skype con il Venezuela.

In Venezuela, l’inflazione è al 56,2%. C’è una penuria di generi di prima necessità che nel caso della carta ha esiti grotteschi (la scomparsa di quella igienica) e inquietanti (il rischio di chiusura dei giornali, soprattutto quelli di opposizione).

L’insicurezza è indicata dai 23.763 omicidi commessi nel 2013: uno ogni 20 minuti, per un totale di 200 mila nei 15 anni di governo prima di Hugo Chávez e adesso di Nicolás Maduro, con un tasso – il 5° al mondo – passato dai 19 omicidi ogni 100 mila abitanti del 1998 ai 79 attuali.

Il deterioramento del pluralismo informativo, dopo che le minacce di azioni penali e multe draconiane hanno intimidito i media non allineati al punto che i proprietari della tv critica Globovisión hanno deciso – per disperazione – di vendere a un imprenditore filo-chavista, è testimoniato da quanto successo il 13 febbraio: mentre la violenza nelle manifestazioni dilagava, c’è stato un black-out informativo interrotto solo da reti sociali e dalla tv colombiana Ntn 24. Questa a un certo punto è stata bruscamente oscurata e poco dopo è stato bloccato anche Twitter…. («LIMES, rivista italiana di geopolitica»).

Care e cari,

vi vorrei invitare a tener conto di altre informazioni. A esempio di quanto ha scritto Ignacio Ramonet sull’ultimo numero del mensile «Le Monde Diplomatique»; è il direttore dell’edizione spagnola di «Diplò» e profondo conoscitore dell’America Latina, compreso il Venezuela. Ecco il testo.

Nei mesi scorsi, in Venezuela, ci sono state quattro elezioni decisive: due presidenziali, il voto per i governatori e infine le municipali. Tutte vinte dal blocco della rivoluzione bolivariana. Nessun risultato è stato impugnato dalle missioni degli osservatori internazionali. La votazione più recente ha avuto luogo appena due mesi fa… E si è conclusa con una netta vittoria –l’ 11,5% di differenza – dei chavisti. Da quando Hugo Chávez ha assunto la presidenza nel 1999, tutte le tornate elettorali mostrano che, sociologicamente, l’appoggio alla rivoluzione bolivariana è maggioritario.

In America latina, Chávez è stato il primo leader progressista – dai tempi di Salvador Allende – che ha scelto la via democratica per arrivare al potere. Non si può capire il chavismo se non si considera il suo carattere profondamente democratico.

La scommessa di Chávez ieri, e di Nicolás Maduro oggi, è il socialismo democratico. Una democrazia non solo elettorale. Anche economica, sociale, culturale… In 15 anni il chavismo ha consentito a milioni di persone – che in quanto poveri non avevano carta d’identità – lo statuto di cittadini e ha consentito loro di votare. Ha devoluto oltre il 42% del bilancio dello Stato agli investimenti sociali. Ha tolto dalla povertà 5 milioni di persone. Ha ridotto la mortalità infantile. Ha sradicato l’analfabetismo. Ha moltiplicato per cinque il numero di maestri nella scuola pubblica (da 65.000 a 350.000). Ha creato 11 nuove università. Ha concesso pensioni d’anzianità a tutti i lavoratori (incluso quelli del settore informale)… Questo spiega l’appoggio popolare che ha sempre avuto Chávez, e le recenti vittorie elettorali di Nicolás Maduro.

Perché allora le proteste? Non dimentichiamo che il Venezuela chavista – che custodisce le principali riserve di idrocarburi del pianeta – è stato (e sarà) sempre oggetto di tentativi di destabilizzazione e di campagne mediatiche sistematicamente ostili.

Nonostante si sia unita sotto la leadership di Henrique Capriles, l’opposizione ha perso quattro elezioni in successione. Di fronte a questo fallimento, la sua frazione più di destra, legata agli Stati uniti e diretta dal golpista Leopoldo López, punta ora su un colpo di stato a lenta combustione. E applica le tecniche del manuale di Gene Sharp.

In una prima fase: creare lo scontento mediante l’accaparramento massiccio dei prodotti di prima necessità; far credere nell’incompetenza del governo; fomentare manifestazioni di scontento; e intensificare la persecuzione mediatica.

Dal 12 febbraio, gli oltranzisti sono passati alla seconda fase, propriamente insurrezionale: utilizzare lo scontento di un gruppo sociale (una minoranza di studenti) per provocare proteste violente, e arresti; organizzare manifestazioni di solidarietà con i detenuti; introdurre tra i manifestanti pistoleri con il compito di provocare vittime da ambedue i lati (la perizia balistica ha stabilito che gli spari che hanno ucciso a Caracas, il 12 febbraio, lo studente Bassil Alejandro Dacosta e il chavista Juan Montoya provenivano dalla stessa pistola, una Glock calibro 9 mm); incrementare le proteste e il loro livello di violenza; raddoppiare l’attacco mediatico, con l’appoggio delle reti sociali, contro la repressione del governo; fare in modo che le grandi istituzioni umanitarie condannino il governo per l’uso smisurato della violenza; ottenere che i governi amici lancino avvertimenti alle autorità locali.…

Siamo in questa tappa. E dunque: è a rischio la democrazia in Venezuela? Sì, perché è minacciata, una volta di più, dal golpismo di sempre.

Certamente è importante analizzare e capire anche quali cambiamenti in Venezuela sono necessari. Nello stesso numero di «Le Monde dipolomatique» in un articolo intitolato «Nuovi strumenti per gli obiettivi rivoluzionari» Jaques Sapir afferma che contro la destabilizzazione tentata dalla destra e dall’élite si impongono, in campo monetario e di bilancio, nuove misure economiche di breve e lungo periodo. Ma è prioritaria la difesa e il sostegno della rivoluzione bolivariana, per quello che significa per Venezuela, America Latina e il mondo intero, contro il golpismo interno e l’imperialismo degli Stati Uniti.

Voi che avete intitolato il circolo a Sankara sapete bene quanto sia feroce l’imperialismo contro chi osa ribellarsi

Grazie per l’attenzione.

Un caro saluto e buon lavoro,

Francesco Cecchini

(*) Mentre scrivevo questa nota il vento della crisi ha investito l’Arci, mettendo in rilievo le contraddizioni fra una concezione istituzionale e una movimentista dell’organizzazione. Ne può nascere un reale rinnovamento dell’Arci e una sua maggiore presenza nel fronte delle lotte politiche, sociali e culturali. Leggendo «il manifesto» del 18 marzo ho appreso che l’Arci sostiene il legittimo governo del Venezuela. Dell’iniziativa del circolo Thomas Sankara di Messina, intitolata «CARACAS BRUCIA», ho saputo perché invitato. Dissento da un’ impostazione che non prende una chiara e netta posizione a favore della rivoluzione bolivariana; l’oratrice ufficiale Elizabeth Ramirez accusa apertamente il governo di Maduro di essere una dittatura. Da qui la mia lettera aperta. Segnalo anche per chi volesse sentire una campana diversa dai media italiani tutti schierati contro la rivoluzione bolivariana:

– un ottimo articolo di Marina Correggia: «L’ ALBA, HUGO CHAVEZ E L’AFRICA», dove si accenna anche a Thomas Sankara; mi piacerebbe che fosse letto sabato a Messina per onorare sia la memoria di Hugo che quella di Thomas.

http://www.comitatobolivariano.info/index.php?option=com_content&view=article&id=1171:lalba-hugo-chavez-e-lafrica&catid=51:internazionale&Itemid=41

 

– le riflessioni di Valerio Evangelisti Venezuela, la repubblica degli accattoni

pubblicate il 9 marzo 2014 nella rivista «Carmilla» (http://www.carmillaonline.com)

 

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