Anche il fumetto contro i femminicidi

di Fabrizio Melodia

Ripercorrendo una lunga storia italiana e i dati dell’Istat per arrivare ad alcuni consigli di “nuvole parlanti” contro la violenza sessista e il patriarcato.

Scrivo a poche ore dal funerale di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, che non sopportava – per sua stessa ammissione al pm – che la ragazza non fosse più «sua».

Un sipario di rabbia, dolore e impotenza. Ma se ne sta aprendo un altro, mai visto per nessun femminicidio avvenuto in questa zona. Sì, perché di femminicidi nel veneziano, dove vivo io, o nel padovano ne sono avvenuti molti. Troppi. Persino più crudeli, Come quello della povera Sabrina, accoltellata più volte e crivellata dai proiettili: il marito, «irreprensibile» poliziotto, non accettava il divorzio.  

Un po’ di storia? Partiamo da 67 anni fa. Era ancora in vigore lo «ius corrigendi»: l’uomo aveva il diritto di «educare» i comportamenti della moglie e dei figli anche con l’uso della violenza. E 60 anni fa le donne non potevano diventare magistrate perché si pensava che il periodo mestruale potesse compromettere le capacità di giudizio.  

Altre “perle”:

52 anni fa in Italia l’uso della pillola anticoncezionale era illegale; 48 anni fa esisteva «la patria potestà», cioè l’uomo era capo famiglia (la responsabilità genitoriale non era condivisa, la moglie era obbligata a seguire il marito in qualunque nuova residenza);

42 anni fa esisteva ancora il delittto «d’onore» con il matrimonio «riparatore» ovvero gli uomini che uccidevano mogli, figlie, sorelle accusate di aver compromesso la loro «reputazione» potevano avere uno sconto di pena e lo stupratore evitava il carcere se sposava la vittima;

27 anni fa la violenza sessuale non era considerata reato contro la persona ma contro la morale pubblica e il buon costume, era cioè un atto che danneggiava il pudore della collettività e non la libertà personale;

fino a 14 anni fa lo stalking non era reato, mancando una tutela legale per chi subiva atti persecutori;

fino a 10 anni fa non c’era una legge per la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere;

e fino a 4 anni fa non esisteva il reato di diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso dell’altra persona e neppure quello di deformazione dell’aspetto di una persona per lesioni permanenti.

Tuttora in discussione, in linea puramente teorica, un reato per diffusione di immagini di nudo esplicito ottenuto con la modifica delle foto prese sui social grazie ad applicazioni e software che producono deep fake nude: ovvero sono programmi che spogliano la persona in maniera realistica e vengono condivisi con la messaggistica istantanea o sui social. Si ipotizza il reato contro alla persona ma è solo “teoria” per ora.

Femminicidi e violenza sessuale sono l’apice di comportamenti, abusi e discriminazioni che ancora oggi non si vogliono riconoscere. Sarebbe importantissimo, vitale saperlo fare.

La violenza di genere è ogni forma di abuso, potere e controllo che si può manifestare in modo fisico, psicologico, verbale, economico; non frutto quindi di un raptus del momento ma di una struttura socio-culturale in cui tutti gli strumenti del patriarcato sono considerati legittimi e accettati anche tacitamente.

Secondo dati Istat il 10, 2% degli italiani trova accettabile (sempre o in alcune circostanze) che un uomo controlli lo smartphone della compagna; il 39,9% di uomini è convinto che una donna sia sempre in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero lo vuole (così pensa anche il 29,7% delle donne.) L’Istat rende noto che a a un 11% di donne è stato proibito di lavorare dal partner. Il 14% delle donne non vengono consultate dal partner prima di prendere decisioni finanziarie.

Il 49% delle donne denuncia di aver subìto almeno una volta nella vita la violenza economica.

Un 16% degli uomini (e un 6 per centodi donne) crede giusto che in casa sia il maschio a comandare.

Il 15% degli italiani ritiene che la violenza sia frutto di comportamenti provocatori delle donne. E il 27% ritiene che la violenza debba essere affrontata e risolta all’interno della coppia.

I funerali di Giulia saranno ricordati come un momento di coscienza e di rivolta contro il patriarcato.

Un passaggio di controcultura si ritrova anche in alcune letture “fumettiste”.

Inizio con la graphic novel «Bezimena. Anatomia di uno stupro» di Nina Bunjevac: con una costruzione allucinante e visionaria, racconta la storia di Benny, guardiano di uno zoo, ossessionato dal sesso fin da ragazzino. Un giorno, dopo aver ammirato con insistenza una bella visitatrice, ne ritrova il taccuino. Si convince di essere al centro di un gioco di seduzione ma è solo nella sua testa: la fantasia di una mente malata che sfogherà in una serie di stupri brutali e animaleschi. Lo trovate in edizioni Rizzoli Lizard, 224 pagine per 20 euro.

Consiglio anche «Io sono Una» firmato da Una… cioè una di molte. E’ una ragazza di dodici anni che vive nello Yorkshire, dove sta agendo lo Squartatore, un serial killer che miete vittime fra le donne. E cosa fanno le “autorità”? Dicono alle donne di vestire in modo non appariscente. «Una» però non cala la testa e non si nasconde: pensa con la sua testa ed è appassionata di musica, suona la chitarra. Dopo che subisce uno stupro, l’opinione pubblica la metterà in croce, accusandola di aver “causato” lei la violenza con comportamenti inadeguati. «Una» si convince di essere guasta e comincia a dare credito a queste accuse. Dovrà essere forte per uscirne, combattendo un mondo malato che non l’ascolta e la colpevolizza. Una storia potente e autobiografica, vincitrice del premio Best Memoir 2016: Add Editore, 208 pagine per 19,50 euri. 

«Troppo non è mai abbastanza» di Ulli Lust racconta una vicenda che ricorda un pò il film «Thelma & Louise» ma qui un sogno di libertà si trasforma in un incubo per le protagoniste Edi e Ulli. Agli inizi degli anni ‘80, due ragazzine berlinesi “punkettare” decidono di partire per un bel viaggio in Italia: in autostop da Verona a Roma, fino in Sicilia. Nel nostro “ridente” Paese saranno aggredite, molestate, umiliate dai tanti uomini che incontreranno. Un viaggio all’ inferno che nonostante tutto lancia un grido alla libertà e alla indipendenza. Lo trovate in edizioni Coconino Press, 464 pagine a 29 euro.

Originalissima è la graphic novel «Helter Skelter» di Kyoko Okazaki, dove si parla di occhi neri, stupri e femminicidi ma anche di una violenza più subdola che si concretizza nella pressione ad alterare il proprio corpo per avere successo, nell’esigenza di essere belle a tutti i costi: quelle molestie nell’industria dello spettacolo che a lungo sono state nascoste e fatte passare come inevitabile gavetta per avere successo … perché funziona così. Kyoko Okazaki con essenzialità e maestria narra la storia della supermodella Ririko che “deve” mantenere il proprio status: Edizioni Dynit, 320 pagine a 18,90 euro.

«Io sò Carmela» di Alessia Di Giovanni e Monica Barengo è una graphic novel nostrana. Narra di Carmela, 13 anni, che si suicida gettandosi da una finestra. Era stata violentata da più uomini. La polizia non l’aveva protetta. I suoi stupratori sono rimasti in libertà. Lei invece era finita in un centro di recupero. Il suo diario, ritrovato dopo la morte, racchiude un grido rimasto inascoltato. Torna in mente lo stupro di massa avvvenuto di recente a Palermo, con una madre a proteggere il figlio e le vittime colpevolizzate perché troppo sexy mentre a essere travolto da polemiche era il cantautore Ermal Meta, che si era apertamente schierato dalla parte della ragazza usando parole durissime contro gli stupratori; e proprio lui aveva raccontato con forza gli abusi e le ripetute violenze che suo padre impose a sua madre. «Io sò Carmela» è un pugno nello stomaco. Edita da Beccogiallo: 160 pagine a 15 euro.

Concludiamo con «Inès» di Loic Dauvillier e Jerome d’Aviau. I dati citati sopra ci ricordano che in Italia circa 3,7 milioni di donne hanno interrotto una relazione a causa di violenze da parte del partner, ma si stima che più del 90% non denunci le aggressioni. «Inès» descrive l’angoscia delle violenze domestiche, attraverso gli occhi della protagonista: è una donna bloccata con la sua bambina in una prigione casalinga, il marito lascia cadere la maschera che conserva per la società e fa uscire il mostro dentro di lui. Trovate il libro in edizioni ReNoir: 112 pagine per 12 euro.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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