Fino alla vittoria (di chi?)

articoli e video di Franco Astengo, Roberto Buffagni, Loris Campetti, Lucio Caracciolo, Franco Cardini, Lorenza Carlassare, Giacomo Cervo, Claudio Conti, Giovanna Cracco, Massimo De Angelis, Manlio Dinucci, Matthew Ehret, William Engdahl, Enrico Euli, Manuela Foschi, John Bellamy Foster, Norberto Fragiacomo, Umberto Franchi, Gianandrea Gaiani, Alessandro Ghebreigziabiher, Federico Giusti, Giovanni Iozzoli, Luciano Lago, Flavio Lotti, Francesco Masala, Alberto Negri, Nicolai Lilin, Ennio Remondino, Michele Santoro, Matteo Saudino, Simone Siliani, Alessandro Marescotti, Peppe Sini, Danilo Tosarelli, Andrea Zhok, Vincenzo Costa, Fulvio Scaglione, Toni Capuozzo …

La grande scommessa – Francesco Masala

 

È stato meraviglioso scoprire l’America, ma sarebbe stato ancor più meraviglioso ignorarla – Mark Twain

 

I due imperi che parlano inglese si sono definitivamente riuniti e vanno alla conquista del mondo, hanno un dio che li sostiene (il motto della Corona del Regno Unito è Dieu et mon droit e quello degli Usa è In God we trust, forse lo stesso dio d’Israele, il dio degli eserciti)

 

Il primo obiettivo è la Russia (e tutte le sue risorse economiche sottoterra), poi toccherà alla Cina, all’India e al mondo intero, negli ultimi decenni hanno alzato la testa,dai un dito e si prendono il braccio, il loro posto è quello degli schiavi, nelle piantagioni, nelle fabbriche e in cucina.

Gli ostacoli (pochi e piccoli, a dire la verità) di origine europea (imperi di serie B) alla strategia degli imperi di serie A, sono stati spazzati in un attimo, gli stati europei sono stati ben felici di far crollare le loro economie (che masochisti!), di inviare armi per conto Usa e GB (in cambio di niente), di essere la ruota di scorta degli imperi che parlano inglese.

Prendete l’Italia per esempio, passa dal diavolo russo all’angelo egiziano, come se niente fosse, come se non ci fosse stato l’assassinio di Giulio Regeni.

In fondo è in Europa che è nata la psicoanalisi, ce ne sarà molto bisogno per scoprire perché gli stati europei sono così servili, cavoli loro.

Vista dal futuro la guerra in Ucraina era necessaria per arrivare alla Russia e conquistarla, tutti i paesi europei lo sapevano ed erano d’accordo, certo faranno i distinguo, diranno che non avevano capito bene, proprio degli idioti (utili o inutili non importerà più).

Dell’Ucraina non interessa niente a nessuno, ma un campo di battaglia e la carne da cannone servono sempre, si sa.

 

 

 

un servizio di Report, da Mariupol

 

Liquidare la Russia e isolare la Cina – Lucio Caracciolo

Big Game – Gli Stati Uniti definiscono le priorità del decennio sullo scacchiere internazionale, rafforzando le alleanze nel Pacifico e in Europa per aver ragione delle due altre potenze mondiali

/ 12.04.2021

 

Gli Stati Uniti hanno deciso di buttare fuori pista la Cina entro questo decennio. La Cina ha giocato la carta russa per impedirlo, stringendo una quasi inedita intesa con la Russia. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale gli americani si trovano quindi a fronteggiare due grandi potenze, la seconda e la terza del pianeta, in una partita che segue ormai la logica di guerra. Somma zero.

In questo schema triangolare, Washington ha due opzioni per evitare il possibile scontro contemporaneo con entrambe le rivali. La prima, elementare secondo la grammatica della potenza, è di giocare la più debole contro la più forte: Mosca contro Pechino. La seconda, più rischiosa, sta nel liquidare prima la Russia per poi chiudere il match con la Cina ormai isolata. Soffocandola nel suo angolo di mondo dove, senza più il vincolo con i russi, Pechino sarebbe completamente circondata: lungo i mari dalla linea India-Australia-Giappone teleguidata da Washington. Per terra da quasi tutti i vicini, India e Russia in testa.

È questa seconda ipotesi che comincia a circolare a Washington. E che Biden sta illustrando ai soci atlantici ed asiatici, perché certo da sola l’America non ce la può fare. Le risposte finora avute dai possibili o effettivi alleati sono abbastanza promettenti. Su tutti e prima di tutti, ovviamente i cugini britannici. Global Britain vive in simbiosi con gli Stati Uniti. La strategia geopolitica di Boris Johnson, appena licenziata, presenta quindi un profilo smaccatamente antirusso prima ancora che anticinese. Nella linea della tradizionale, atavica russofobia britannica. Ma con quel pepe in più che il Brexit e il conseguente allineamento totale a Washington impongono. Il «brillante secondo» ha risposto sì all’appello del Numero Uno: pronti a far fuori la Russia, con le buone o con le cattive.

Siccome lo scontro antirusso sarebbe tutto giocato in Europa, e più specificamente in quella parte mediana del continente che separa la Germania dalla Russia – sicché nella storia è stata spesso spartita fra i due imperi – il sì di polacchi, baltici e romeni è particolarmente squillante. Dopo aver inflitto nel 2014 una sconfitta storica a Putin, trovato con la guardia bassa in Ucraina e quindi ormai costretto nel ridotto crimeano e nel Donbas – dove le truppe di Mosca sostengono discretamente i ribelli anti-Kiev – i paesi della Nato baltica e russofoba sentono prossima la vittoria. Che per loro, come per gli americani, significa la disintegrazione della Russia. Sulle orme del collasso sovietico del 1991.

La pressione atlantica, diretta dagli americani e sostenuta dai britannici, si concentra su tre quadranti: Baltico, Nero e Caucaso.

Nel Baltico le basi americane e atlantiche sono rafforzate e ancor più lo saranno nel prossimo futuro. Per esempio in Polonia, dove non ci sarà più «Fort Trump» – una base avanzata americana intitolata all’allora presidente della Casa Bianca – ma ci saranno certamente dei «Fort Biden», di nome e/o di fatto. Intanto, per chiarire come stanno le cose, Washington è decisa a interrompere in un modo o nell’altro il progetto di raddoppio del gasdotto Nordstream, ormai quasi completato. Simbolo della cooperazione sotterranea – nel caso, sottomarina – fra Berlino e Mosca che ogni tanto emerge dai suoi percorsi carsici, e che per Washington come per Varsavia è il Male assoluto. La definizione che l’ex ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski diede di quel tubo subacqueo – «gasdotto Molotov-Ribbentrop» – fotografa questo punto di vista. Non per caso Washington ha inviato navi da guerra a pattugliare le acque dove quel vincolo energetico fra Russia e Germania sta finendo di materializzarsi.

Sul fronte del Mar Nero, gli ucraini stanno spostando armi e truppe verso il Donbas, mentre i russi stanno facendo lo stesso in direzione opposta e contraria. La tensione attorno alla Crimea ma anche nell’area di Odessa sta salendo. Per terra e/o per mare potrebbero accadere «incidenti» dagli effetti imprevedibili. Con i romeni pronti a farsi valere, e ad accogliere eventuali contingenti Nato (anche per risolvere la loro questione moldova-transnistriana, un pezzo di Romania che Bucarest considera intimamente proprio, solo provvisoriamente indipendente).

Tra Nero e Caucaso, dopo gli scontri per il Nagorno-Karabakh rischia di riesplodere anche la polveriera georgiana. Qui, fra l’altro, la filiera jihadista resta un fattore non trascurabile. Se necessario, americani e altri occidentali potrebbero eccitarla contro Mosca, sulla falsariga dell’Afghanistan negli anni Ottanta.

E la Russia? Non va troppo per il sottile. In caso fosse alle strette, Mosca sarebbe pronta alla guerra. Perché ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza. Nel frattempo, come da antico costume, si preoccupa di allacciare o riallacciare relazioni proficue con Germania, Francia e Italia, i tre principali paesi continentali, che non hanno mai condiviso la passione antirussa degli ex satelliti dell’Urss. I prossimi mesi ci diranno se questa crescente pressione americana, via Nato, sulla Russia, sarà contenuta o se, magari inavvertitamente, produrrà la scintilla di un conflitto dalle imponderabili conseguenze.

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qui si può guardare la rubrica di Manlio Dinucci

 

 

 

scrive Toni Capuozzo:

Non so se sia vero che i “resistenti” dell’Azovstal abbiano chiesto una tonnellata di cibo per ogni quindici civili da rilasciare: la fonte è russa, e ovviamente non farebbe loro onore. So quel che leggo sul Corriere della Sera di oggi , che li descrive come dei soldati Ryan da salvare, e paragona la loro canzone a Bella Ciao. Peccato che inneggi a Stepan Bandera, eroe del collaborazionismo con i nazisti. Non è l’unico equivoco: il Primo maggio dal concertone di Roma hanno spedito i saluti a Kiev, senza accorgersi che quella festività è abolita in Ucraina dal 2014.

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scrive Fulvio Scaglione:

…Gli Usa e l’Europa ora non puntano più a sorreggere l’Ucraina ma a sconfiggere la Russia. Con i quattrini, con le armi ma, a questo punto, anche e soprattutto con l’intelligence. Non è un caso se dal 24 aprile, giorno dell’affondamento dell’incrociatore russo «Moskva», si sono moltiplicati gli attacchi e gli attentati a strutture militari, laboratori di ricerca, depositi di carburante, non solo lungo il confine ma anche in pieno territorio russo. Per non parlare della vicenda del generale Valery Gerasimov, capo di stato maggiore delle forze armate russe, che gli ucraini hanno dato per ucciso o ferito in un loro attacco a Izyum, città occupata dai russi. Una serie di colpi che gli ucraini non avrebbero potuto portare da soli. Il nuovo orientamento occidentale è figlio, anche, della sorpresa per la resistenza del Cremlino, che per ora non cede alle sanzioni e al peso dello scontro ma, anzi, rilancia.

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scrive Vincenzo Costa:

Stiamo andando al macello come pecore. I movimenti di massa ci saranno, ma quando sarà troppo tardi.

Spero che gli illuminati depositari della ragione, dei valori e della libertà saranno contenti tra qualche mese.

Anche personaggi del calibro di schroder e scholz vengono bullizzati, ridotti al silenzio. Nessuno può non dico opporsi a questo processo, ma neanche rallentarlo.

Andiamo rassegnati dove ci stanno portando, verso una meta che non sappiamo.

Si diano pace i no pax e gli interventisti. Nei prossimi mesi tutti i loro desideri saranno realizzati.

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Le prime tre cose che un pacifista dovrebbe fare – Alessandro Marescotti

 

Il primo atto del pacifista non è quello di vincere, ma di comprendere.

Il secondo atto è quello di non farsi manipolare, ed è strettamente connesso con il primo.

Il terzo atto è di condividere una visione non manipolata della realtà.

Già facendo queste tre cose il vero pacifista si trova addosso tutte le critiche del potere industriale e militare che teme la creazione di un’opinione pubblica intelligente e ostile alla guerra. Quando il vero pacifista sarà attaccato e denigrato, allora dovrà essere consapevole di aver fatto un ottimo lavoro e di dover proseguire sulla strada della verità, con i mezzi della nonviolenza.

Il mio approccio al pacifismo è un approccio coerente con quello di Assange e di Pulitzer. Quest’ultimo scrisse: “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.

 

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Pessimi risultati – Enrico Euli

…A proposito di Kherson.

Unica città dell’Ucraina che, a quanto possiamo sapere da qui, è stata conquistata ed occupata quasi senza resistenza armata e si è opposta al nuovo regime con metodi di protesta nonviolenti.

Non ha accettato il sindaco collaborazionista, continua a manifestare in piazza, a boicottare le decisioni che spingono ad una russificazione forzata.

Resta molto isolata all’interno, per nulla sostenuta dall’esterno e quindi la sua resistenza risulta vulnerabile e debole.

Ma cosa sarebbe accaduto se in tutte le città ucraine fossero avvenute delle cose simili?

La guerra ha determinato la desertificazione delle città, producendo profughi e persone affamate, totalmente dipendenti dall’assistenza degli amici (i primi) e del nemico (i secondi).

Tutto questo fa solo il gioco dell’invasore, checché ne dicano i nostri opinionisti e strateghi da strapazzo.

Inutile, dentro la guerra, sperare in una tregua o in slanci di compassione tra le parti, ormai divenute ineluttabilmente, spietatamente e univocamente ‘nemiche’.

Chi finge di stupirsene o è stupido o è in malafede (o entrambe le cose).

Se la popolazione avesse rinunciato alle armi e si fosse organizzata per una difesa civile e non armata contro l’occupazione, la massima parte di quel che sta avvenendo non ci sarebbe stato e sarebbe avvenuto probabilmente molto altro: eventi non meno dolorosi forse, ma molto meno distruttivi e, almeno in prospettiva, più ‘umani’.

Solo questo sarebbe (stato) un primo buon risultato.

https://satur-nous.blogspot.com/2022/04/pessimi-risultati.html

 

 

 

 

 

Contro l’esercito comune europeo – Giacomo Cervo

In questi giorni si è tornati a parlare con insistenza di Esercito Comune Europeo. Non è una novità nel nostro dibattito pubblico, ma la guerra alle porte dei confini europei sembra per la prima volta porre il tema come un’assoluta esigenza: di fronte all’irrilevanza diplomatica dell’Unione Europea nelle trattative di pace, la corsa al riarmo e l’Esercito Comune sembrano le due risposte più logiche per smettere di essere vaso di coccio fra i vasi di ferro statunitense e russo. Ma una simile costruzione porta con sé insidie politiche e democratiche su cui vale la pena ragionare.

Una questione (geo)politica. La prima, più ovvia perplessità rispetto ad un Esercito Comune è come immaginare una forza militare condivisa fra Stati con interessi e politiche divergenti, se non concorrenti. Visegrad, Francia, Germania e Europa Meridionale mantengono interessi e zone d’influenza ben distinte, talvolta conflittuali. I nazionalismi dell’Europa Orientale hanno poi dimostrato tutta la loro pericolosità nel quadro del conflitto in Ucraina, fra la volontà di allegare il conflitto (Polonia) o legami con il sistema di potere putiniano (Ungheria). Per queste ed altre ragioni ad oggi una politica estera europea ha stentato a nascere. I momenti di rara unità operativa, come in occasione dell’esclusione della Russia dal sistema SWIFT, sono parsi imposizioni dal “fratello maggiore” statunitense più che una elaborazione europea autonoma…

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Un Esercito europeo per la guerra mondiale? Appunti per un dibattito urgente – Gregorio Piccin

La guerra in corso in Ucraina sembra segnare uno spartiacque. Non sarà questa guerra in sé ad aprire una nuova fase negli assetti globali ma di certo rappresenta il punto di arrivo di una traiettoria. Per il governo russo l’invasione è stata sia una chiara e rischiosa affermazione di potenza, copia-incolla su scala minore delle guerre scatenate dal blocco euro-atlantico, sia una “risposta” alle incontrovertibili provocazioni suscitate dall’espansione della Nato verso est.

L’invasione russa dell’Ucraina è una palese violazione del diritto internazionale che si inserisce in una consolidata “abitudine”. Il diritto internazionale è stato infatti sistematicamente fatto a pezzi, al pari del ruolo dell’ONU e della stessa OSCE, in trent’anni di belligeranza euro-atlantica (Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria).

Lo scorso 21 marzo delegazioni politico-militari dei governi Ue si sono incontrate a Bruxelles per rilanciare la difesa europea incentrata sulla così detta “bussola strategica”. Ecco alcuni stralci della premessa del documento che è stato discusso ed approvato (https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-7371-2022-INIT/it/pdf?fbclid=IwAR1mNG-L5fhznrSIz68qwW6uDd10id11JzAhxa6J3YnXx4amlOdqtYXlqAs):

“…Viviamo in un’epoca di competizione strategica e di complesse minacce alla sicurezza. Nel nostro vicinato e oltre assistiamo a un aumento dei conflitti, degli atti di aggressione e delle fonti di instabilità, oltre che a un incremento delle forze militari, che causano gravi sofferenze umanitarie e sfollamenti. Aumentano anche le minacce ibride, sia in termini di frequenza che di impatto. L’interdipendenza è sempre più improntata alla conflittualità e il soft power è trasformato in un’arma: i vaccini, i dati e gli standard tecnologici sono tutti strumenti di competizione politica. L’accesso all’alto mare, allo spazio extra-atmosferico e alla dimensione digitale è sempre più conteso. Ci troviamo ad affrontare crescenti tentativi di coercizione economica ed energetica.
(…)
Un’UE più forte e capace nel settore della sicurezza e della difesa contribuirà positivamente alla sicurezza globale e transatlantica ed è complementare alla NATO, che resta il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri.
(…)
Con la crisi del multilateralismo si osservano sempre più spesso relazioni transazionali tra Stati. Lo spettro delle minacce è oggi più diversificato e imprevedibile. I cambiamenti climatici agiscono da “moltiplicatore della minaccia” e ci riguardano tutti. Dopo trent’anni di forte interdipendenza economica, che avrebbe dovuto ridurre le tensioni, il ritorno alla politica di potenza e persino all’aggressione armata rappresenta il cambiamento più significativo intervenuto nelle relazioni internazionali.
(…)
L’attuale realtà internazionale è basata sulla combinazione di dinamiche caratterizzate da un numero crescente di attori che cercano di ampliare il proprio spazio politico e di sfidare l’ordine di sicurezza…”

Il “nostro” ordine di sicurezza

A cosa corrisponde esattamente questo “ordine di sicurezza” insidiato dalle pretese altrui e soprattutto chi lo ha stabilito? Nel documento per la “bussola strategica” approvato lo scorso 21 marzo ci si riferisce ad aggressioni, violazioni delle regole internazionali, politiche di potenza che accompagnano la rivendicazione di sfere d’interessi, riarmo e corsa agli armamenti da cui l’Europa sarebbe minacciata e quindi messa nelle condizioni di dovere “reagire” riarmandosi e serrando i ranghi atlantici…

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L’ALTA LEZIONE CIVICA ED ETICA DEL PRESIDENTE MATTARELLA – FRANCO CARDINI

Un 25 aprile davvero fondamentale e innovativo. Per capire a fondo quanto lo sia, basti citare alla lettera, intendere a fondo e commentare in modo adeguato la Parola del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Oggi c’è tra gli storici concordia nell’assegnare il titolo di resistente a tutti coloro che, con le armi o senza, mettendo in gioco la propria vita, si oppongono a un’invasione straniera, frutto dell’arbitrio e contraria al diritto, oltre che al senso della dignità”.
Righe esemplari, di altissimo tenore. Siamo tutti grati, onorati e commossi per averla ricevuta. Tuttavia, il Signor Presidente ci consentirà alcune ovvie, banali chiose alla Sua magistrale lezione:

  1. Che gli storici siano concordi nel fornire, a proposito del “titolo di resistente”, l’interpretazione ch’egli viene dal proporci, francamente non ci risulta.
  2. Ammettendo in ogni caso, sulla fiducia che al Presidente è dovuta, che il Suo parere sia esatto, ci permettiamo di osservare com’esso chiuda definitivamente le porte a un’interpretazione assolutamente ed esclusivamente antifascista del movimento di resistenza che conosciamo come squisitamente tale, quello coevo alla e coincidente con la seconda guerra mondiale. E ci sia consentito di aggiungere che, stando alla scelta di campo della NATO e dell’Occidente a proposito del conflitto attualmente in corso, che vede combattere – e, va riconosciuto, valorosamente – a fianco dei resistenti ucraini anche i neonazisti del reparto “Azov”, nel Giudizio del Signor Presidente appare implicito anche un positivo riconoscimento dell’azione di tale reparto come resistente: il che chiude irreversibilmente, ci sembra, ogni possibilità d’interpretazione del movimento di resistenza come movimento di tipo antifascista (quanto meno se si accetta la corrente e francamente un po’ sbrigativa interpretazione del fascismo e del nazismo come sinonimi).
  3. Inoltre, alla luce dell’Alta parola del Signor Presidente, “resistenti” risultano a buon diritto confermati i seguenti popoli: gli irakeni nel 1991 e quindi ancora nel 2003 e anni successivi; i serbi nel 1999; gli afghani nel 2001 e anni seguenti; gli irakeni nel 2003 e anni seguenti; gli osseti meridionali nel 2008; i libici e i siriani nel 2011; gli yemeniti sciiti a più riprese; a parte i seviziati nella prigione di Abu Ghraib a Baghdad e i “supposti terroristi” illegalmente imprigionati senza prove e trattenuti senza processo nella base navale statunitense di Guantanamo (isola di Cuba, quindi extraterritoriale). Questo elenco è costituito da persone vittime tutte dell’aggressione statunitense, diretta o tramite NATO, il che colpevolizza anche i paesi complici e satelliti della NATO stessa. Fra tali paesi c’è l’Italia. Come cittadino italiano, come pubblico funzionario della Repubblica Italiana e come ufficiale dell’Arma Aeronautica italiana in congedo illimitato, mi vergogno di esser costretto a considerare me stesso come complice di questi crimini; e non dubito che, a fortiori, tale sentimento sarà altamente condiviso anche dal Signor Presidente. Così come mi vergogno che l’Alta Corte di Giustizia dell’Aja, che appare tanto sollecita nei confronti della Russia e di Putin, non si sia mai occupata di questi crimini.

Questo, purtroppo, è tutto.

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Pace e Resistenza seduti al tavolo con i venditori di morte – Alessandro Ghebreigziabiher

Ecco la lista della spesa o delle solidali donazioni belliche, si valuti poi:
Il governo USA ha approvato la vendita agli Ucraini di “munizioni non standard” – a Kiev hanno fucili vecchi, sai – per un valore di 165 milioni di dollari, oltre a 800 milioni di assistenza militare, gli Stinger, i sistemi anticarro Javelin e altri mezzi.
Gli inglesi inviano veicoli corazzati dotati di punti di lancio dei missili antiaereo di tipo Stormer.
Pezzi d’artiglieria da 155 millimetri arrivano dalla Nato, tra cui i sempre generosi americani e anche i francesi.
A ogni modo si calcola che i transalpini abbiano già dato il loro apporto di armamenti per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.
La Polonia non si tira indietro e fa recapitare tank T-72 di fabbricazione sovietica.
E il nostro paese? L’invio è garantito da chi di dovere, ma il contenuto pare sia un segreto per non mettere a rischio il paese. Della serie – vecchia di un secolo e anche più – ci siamo e non ci siamo, un leit motiv imperdibile per i tipi dello stivale.
Al contempo la Germania ha spedito mitragliatrici, visori notturni e dispositivi di protezione, nonché aumentato fino a 2 miliardi di euro la dotazione di un fondo per aiutare i Paesi colpiti dalle crisi ad investire nel settore militare (una cosa che scritta così mi fa venire la pelle d’oca…).
L’Olanda promette di far consegnare materiali più pesanti, inclusi veicoli blindati.
Inoltre di nuovo l’America assicura che nei prossimi giorni arriveranno armi a lungo raggio come obici, sistemi antiaerei, missili antinave, droni armati, camion blindati, veicoli per il trasporto di personale e carri armati.
A questa lista vanno aggiunte anche la Lettonia, la Lituania, la Slovacchia con i jet MIG-29 e l’EstoniaTallinn, in particolare, avrebbe fornito aiuti per 240 milioni di euro.
Ma il primato di investimento nella solidarietà militare alla causa ucraina lo detiene la Repubblica Ceca

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Guerra in Ucraina. Lo spettro di uno scontro diretto Russia-Nato. Intervista a Alberto Negri

L’escalation ormai non è solo nelle parole ma nei fatti e gli eventi purtroppo fanno pensare che sia da escludere la via diplomatica, almeno in tempi brevi

Nella serata del 27 aprile si è tenuto il colloquio a Mosca tra il segretario generale dell’Onu Guterres e il presidente russo Putin. Intesa solo sulla creazione di un gruppo di contatto umanitario in collaborazione con la Croce Rossa per assistere gli abitanti di Mariupol.

Poco prima l’incontro con Lavrov a cui Guterres ha rivolto un appello per il cessate il fuoco. Secca la risposta di Putin: non ci sarà pace finchè Crimea e Donbass non torneranno alla Russia.

Alla base Usa di Ramstein, in Germania, Biden ha riunito ieri i ministri della Difesa di 40 paesi alleati e li ha sollecitati nell’invio di armamenti all’esercito ucraino. Il cancelliere tedesco Scholz ha ceduto alle pressioni interne ed esterne: invierà a Kiev 50 panzer modello Gepard.

Proprio sull’invio di armi e sul loro utilizzo ieri è salita ulteriormente la tensione. “L’Ucraina resta in bilico, l’Occidente si riarmi”, ribadisce la ministra degli Esteri britannica Liz Truss, rilanciando una cosiddetta “strategia della deterrenza”. Lo stesso governo britannico ieri ha definito “legittimo” l’eventuale utilizzo da parte di Kiev, di armi offensive occidentali per colpire obiettivi sul territorio russo. Una posizione contro la quale Mosca minaccia attacchi e rappresaglie contro obiettivi dei paesi Nato. Intanto l’esercito russo afferma di aver distrutto proprio stamattina una “grande quantità” di armi consegnate a Kiev dagli Stati Uniti e dai Paesi europei in un attacco con missili di precisione Kalibr nel sud-est, vicino Zaporizhia.

Sul campo, nella notte in fiamme un deposito di munizioni in Russia, vicino al confine con l’Ucraina. L’esercito di Kiev ha effettuato anche un raid sull’Isola dei Serpenti, sulla quale i russi hanno piazzato missili Stena-10. L’esercito russo, invece, continua ad attaccare le regioni orientali e meridionali del paese. Bombardati nella notte il villaggio di Zaitseve e la comunità di Svitlodarsk, nella regione di Donetsk.

Gli insediamenti di Marinka, Krasnohorivka, Vuhledar e Lyman sono stati continuamente bombardati con sistemi di artiglieria. Nuovi attacchi missilistici anche sul ponte sull’estuario Bilgorod-Dnistrovskyi nella regione di Odessa. Nessun corridoio umanitario oggi a Mariupol, dove continuano i bombardamenti sull’acciaieria Azovstal, nella quale rimangono asserragliati gli ultranazionalisti del battaglione Azov, i marines ucraini e alcuni civili.

Su questi aspetti è intervenuto con un articolo sulle pagine de “Il Manifesto” Alberto Negri, che abbiamo intervistato. Ascolta o scarica

Il presidente ucraino Zelensky ha affermato, sempre ieri sera 27 aprile, che la conquista da parte della Russia della centrale nucleare di Chernobyl nella fase iniziale dell’invasione dell’Ucraina ha spinto il mondo sull’orlo del disastro, un pericolo a suo giudizio tutt’altro che supereato.

Ieri, “nell’anniversario di Chernobyl, la Russia ha lanciato tre missili su tre centrali nucleari ucraine”, ha detto Zelensky, aggiungendo che “c’è bisogno di un controllo globale sulle dotazioni e sulla tecnologia nucleare” russe. Secondo il consigliere di Zelensky Oleg Arestovych, la guerra potrebbe durare fino all’inizio dell’anno prossimo. “L’eventuale fine della fase attiva nel Donbass non rappresenterà la fine della guerra. – ha detto – Ci saranno ancora azioni tattiche, raid aerei, guerra… È una lunga storia e potrebbe essere molto lunga, potrebbe durare fino al nuovo anno. Tutto dipende da una serie di circostanze”.

La commissaria ai Diritti umani del parlamento ucraino Denisova ha fatto sapere che sono 400 le denunce contro soldati russi per violenza sessuale a donne e bambini, arrivate nella prima metà di aprile al numero istituito dal Parlamento ucraino per presentare segnalazioni e ricevere assistenza psicologica. Denisova ha detto che dopo aver messo a disposizione dei cittadini il numero pubblico, le segnalazioni continuano a crescere.

Tre attacchi in 24 ore hanno colpito ieri la Transnistria, l’autoproclamata Repubblica filorussa non riconosciuta dall’Onu e ufficialmente parte della Moldavia, azioni non rivendicate su cui gli Stati Uniti indagano e di cui la Russia si dice preoccupata. Il leader della Transnistria punta il dito contro Kiev, la Moldavia teme “provocazioni” finalizzate ad espandere la guerra in Ucraina sul proprio territorio e ha già messo in allerta le sue forze di sicurezza, alzando al massimo l’allarme terrorismo.

da Radio Onda d’Urto

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Navigare nel mare del nostro scontento – Giovanni Iozzoli

 

C’era una volta un reame felice e pacifico, guidato da un presidente-giullare. Un giorno un re-orco, che dominava su un vicino regno barbarico, decise di invadere il paese felice…

Dentro il contesto terribile che stiamo attraversando, la cosa più importante è cercare di cogliere e interpretare le correnti sotteranee che orientano la coscienza collettiva – soprattutto su una webzine che si occupa di politiche dell’immaginario. Lo schieramento pro-Nato e anti russo, in Italia, è stato particolarmente solerte, univoco e organizzato, fin dall’inizio delle ostilità: praticamente tutte le testate giornalistiche e le agenzie di coumicazione hanno abbracciato simultaneamente – a mò di stormo – la stessa versione farlocca e ipersemplificata dei fatti di Ucraina. Il simpatico comico con elmetto, il dittatore pazzo, la barbarie asiatica contro la civiltà europea: una specie di favola post-moderna, raccontata mediante cospicui investimenti in termini di uomini e mezzi. Un flusso potentissimo di immagini, commenti, invettive, inchieste, emozioni a distanza, che non ha molti precedenti.

Alla base di questa onda di comunicazione unidirezionale, c’è l’osso di una schema narrativo che gli italiani stanno subendo da 2 mesi, nel quadro di una strategia di infantilizzazione del cittadino-spettatore, che ormai è diventata prassi collaudata. Quando si parla di “infanzia abbandonata” non si dovrebbero compiangere solo i piccoli ucraini preda di trafficanti al confine polacco, ma anche i destini dello spettatore italiano medio, ridotto ad una condizione puerile, senza guida, privato di ogni capacità di giudizio, senza quei minimi elementi di conoscenza che possono permettere l’esercizio delle prerogative dell’età adulta.

Anche al confine delle nostre coscienze si sono installati trafficanti di ogni genere – conduttori, editorialisti, politicanti, esperti vari – che si impongono come i guardiani della soglia del politicamente corretto: una volta stabilito il limes invalicabile, neutralizzano e infangano qualsiasi tentativo di “problematizzare” una vicenda geopolitica oggettivamente complicata.

Inutile dire che si tratta del medesimo schema comunicativo usato in due anni di governo pandemico della società, traslato pari pari – dalla sera alla mattina, come se nulla fosse – dal terreno dell’emergenza sanitaria a quello della guerra. Così come con la stessa nonchalance si è passati dalla chiusura di uno stato di emergenza all’apertura di quello successivo, senza alcun dibattito parlamentare, ostentando un doveroso distacco da sentimenti e opinioni del paese reale. Dentro la crisi democratica dei sistemi tardo-liberali, chi è al governo assume la guida solitaria del paese, in totale indipendenza dalla società civile, dai suoi corpi intermedi e persino dal parlamento repubblicano. Questo è ormai il paradigma della governance in Italia – piena autonomia delle funzioni esecutive, rivendicata e giustificata da condizionalità poste come dogmi: ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede la scienza, ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede il “sistema di alleanze in cui siamo inseriti”…

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La guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina – John Belamy Foster

Parlando della guerra in Ucraina, la cosa essenziale da riconoscere in primo luogo è che questa è una guerra per procura. A questo proposito, nientemeno che Leon Panetta, che è stato direttore della CIA e poi segretario alla difesa sotto l’amministrazione Obama, ha recentemente riconosciuto che la guerra in Ucraina è una “guerra per procura” degli Stati Uniti, sebbene la cosa venga raramente ammessa. Per essere espliciti, gli Stati Uniti (appoggiati dall’intera NATO) sono impegnati da lungo tempo in una guerra per procura contro la Russia, con l’Ucraina come campo di battaglia.

Secondo questa visione il ruolo degli Stati Uniti, come ha insistito Panetta, è quello di fornire sempre più armi e sempre più velocemente, con l’Ucraina che combatte, sostenuta da mercenari stranieri.

Allora come è nata questa guerra per procura? Per capirlo dobbiamo guardare alla grande strategia imperiale degli Stati Uniti risalendo al 1991, quando l’Unione Sovietica si sciolse, o addirittura agli anni ’80. In questa grande strategia imperiale ci sono due fronti, uno è l’espansione e il posizionamento geopolitico, incluso l’allargamento della NATO, l’altro è la spinta degli Stati Uniti per il primato nucleare. Un terzo fronte riguarda l’economia, ma non sarà qui considerato…

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Voglia di militarismo – Federico Giusti

Se vuoi la pace inizia a smilitarizzare il territorio dove vivi. Questa è la parola d’ordine con la quale il comitato No Camp Darby ha aderito al presidio, organizzato da Una Città in Comune, contro la decisione governativa di costruire una cittadella militare a Coltano, in un’area marginale ma comunque all’interno del Parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli.

La decisione è stata presa dal Governo e dal Ministro della Difesa Guerini a metà gennaio, prima che esplodesse il conflitto in Ucraina.

La denuncia del consigliere comunale Auletta di Una Città in Comune ha portato alla luce l’ennesima militarizzazione del territorio con la nascita della  “nuova struttura funzionalededicata per il Gruppo intervento speciale del 1° Reggimento Carabinieri paracadutisti Tuscania e del Centro cinofili, centri di eccellenza dell’Arma dei Carabinieri, impegnati nell’attività antiterrorismo e nella sicurezza delle rappresentanze diplomatiche a rischio, nonché nelle attività delle forze speciali e delle forze per operazioni speciali delle Forze armate”.

Interrogato in Parlamento, il Governo ha risposto che le attuali sedi del Tuscania e del Centro cinofili non sono adeguate al loro uso. Per questo avrebbero scelto Coltano, giudicando, al pari dell’Arma dei Carabinieri, praticamente nullo l’impatto ambientale, anche se, in realtà, le costruzioni sarebbero vietate nell’area del parco coinvolta. Davanti alle proteste provenienti anche dai partiti di maggioranza (Pd, Lega e Movimento 5 Stelle) c’è stato un tentativo di retromarcia dell’ultima ora, cercando una sede alternativa a Coltano. Ma, al di là degli ordini del giorno, restano i documenti ufficiali del Governo, come si evince anche dalla risposta a un’interpellanza parlamentare. I prossimi giorni saranno decisivi per capire l’effettiva volontà del Governo di accogliere o meno le richieste provenienti dalla comunità pisana.

Dai documenti ufficiali si evince che il Governo giudica questa nuova infrastruttura militare “un’opera destinata alla difesa nazionale”, facendo ricorso alle solite procedure semplificate per non discutere della decisione in Parlamento. Pratica che viene messa in atto ormai da lustri, per cui ogni volta entrano in gioco presunti interessi internazionali legati alla difesa e alla cosiddetta lotta al terrorismo…

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Scontro diretto Nato-Russia, incubo dell’errore – Alberto Negri

Comando Usa in Europa

Mentre la Nato a Ramstein decideva ieri l’invio di nuove armi pesanti (tra cui quelle tedesche) il ministro delle forze armate britanniche, James Heappey, spiegava che gli alleati forniscono all’Ucraina armi con gittate che permettono a Kiev di colpire in territorio russo e che la Gran Bretagna considera «perfettamente legittime eventuali azioni ucraine in Russia “per “prendere di mira in profondità le linee di rifornimento». Quasi una dichiarazione di guerra: armiamo gli ucraini per colpirvi in casa, ha detto sostanzialmente Heappey.

Provocazione e reazione

La replica di Mosca è stata immediata: Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo ha risposto su Facebook che la Russia, con la stessa logica, potrebbe ritenere altrettanto legittimo colpire «in profondità le linee di rifornimento ucraino nei Paesi che trasferiscono armi a Kiev». Il rischio di un allargamento del fronte di guerra è tangibile. Anche se il ministro della Difesa Shoigu ha poi corretto il tiro minacciando infatti non di attaccare il territorio di Paesi Nato – il che farebbe scattare la clausola di difesa contro l’aggressore – ma «consiglieri» presenti nei «centri decisionali» di Kiev. Finora Mosca ha colpito i convogli dell’Occidente in Ucraina solo dopo che erano entrati nel territorio di Kiev.

Assaggi di sconfinamento

Oltre alle parole pesano comunque i fatti. I russi denunciano nuovi attacchi nella regione di Belgorod, dove accusano gli ucraini di aver colpito più volte. Mentre in Transnistria sarebbero state abbattute due antenne usate per ritrasmettere la radio russa. Ma nei giorni scorsi sono state diffuse le immagini dell’incendio dell’Istituto per la difesa aerospaziale a Tver, a circa 150 chilometri da Mosca. Il centro ha progettato i missili Iskander e S-400 ed è anche il luogo dove sono stati ideati quelli intercontinentali. L’origine dell’incidente è dubbia ma non è mai stato smentito quanto pubblicato da “Air Force Magazine”, ovvero che l’intelligence Usa e Nato stanno fornendo informazioni tattiche agli ucraini attraverso i satelliti, gli aerei Awacs, che volano su Polonia e Romania, e i droni di Sigonella. La guerra cibernetica e di hackeraggio su strutture militari è pronta a un salto di qualità…

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Da Fincantieri a Leonardo: l’illogica imprenditoria che alimenta la guerra – Simone Siliani

La guerra è il regno dell’illogico umano. Essa si nutre di contraddizioni e di assurdi logici, in contrasto con il pensiero umanitario entrato da quasi un secolo anche nel diritto internazionale, oltre che da un paio di millenni nella concezione del mondo di un numero crescente di autorità morali a cui tutti – almeno in Occidente – guardiamo con ammirazione come Maestri. L’adagio latino “Si vis pacem, para bellum”, che per secoli ha regolato le relazioni fra popoli e potenze, appare formalmente come un residuato di epoche lontane. Eppure anche le guerre di oggi, in Ucraina come negli altri trenta luoghi del mondo dove si combatte apertamente un conflitto, ci consegnano una logica opposta, quella dell’economia e di potenza che, per l’appunto, è disumana, contraria alla logica umanitaria: con la pretesa di costruire la pace e la giustizia, si prepara attivamente la guerra. Anzi, le guerre. Cos’altro è, se non questo, la decisione di aumentare le spese militari fino al 2% del PIL? Decisione di un Parlamento quasi unanimemente conquistato dall’illogica idea che costruire e spargere ai quattro angoli della terra un numero maggiore di armi sempre più efficienti (dove per efficienza si deve leggere “maggiore precisione e forza distruttiva di infrastrutture e, fatalmente, di esseri umani”) sia l’unico modo per garantire pace e giustizia…

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Giostra geopolitica: il mondo che conoscevamo e quello che forse sarà – Ennio Remondino

Una nuova ‘disciplina strategica’

«Una nuova “disciplina strategica” nascerà dalle ceneri del conflitto», titola sul Sole 24 Ore Ugo Tramballi, amico e campione nella non diffusissima schiera di chi prima studia e analizza e poi scrive. La premessa su cui ragionare è che, dopo la guerra in Ucraina, il mondo non sarà più come prima. «È davvero quello che ci aspetta? A meno che una sconfitta non spinga Vladimir Putin a usare l’atomica, il conflitto non si limiterà invece a provocare qualche modifica, non a rivoluzionare l’assetto internazionale che già conosciamo?». Belle domande, difficili risposte.

Lettura del mondo all’americana

Con Tramballi scopriamo che Stephen Wertheim, storico delle origini e affermazione della potenza americana, suggerisce che dalla guerra nascerà una nuova “disciplina strategica”. La descrizione che ne esce non è delle più convincenti. «Un’Europa coesa terrà a bada la Russia nel vecchio continente; gli Stati Uniti si dedicheranno a garantire la sicurezza dell’Asia». Se voi credete a queste affermazioni, invidia per le vostre certezza, perché noi abbiamo invece forti dubbi. Prima di tutto sulla ‘compattezza europea’ che già scricchiola sul fronte gas. Poi l’obiettivo Asia da parte americana già annunciato da Obama, a contenderlo alla Cina.

Il vero rischio del fronte occidentale

«Più di una vittoria o una sconfitta di Putin in Ucraina, a frantumare il fronte occidentale sarebbe il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, nel 2024. La minaccia non è ipotetica», ammonisce Ugo Tramballi, risparmiandoci i guai politici dell’amministrazione Biden che noi spesso vi segnaliamo. Trump come «Minaccia più concreta di un’alleanza fra Russia e Cina; e più di uno scontro geopolitico fra mondo democratico e illiberale: questioni comuni come mutamenti climatici, energia, controllo degli arsenali nucleari, commerci, pandemia, governance digitale costringeranno sempre i due fronti a interagire».

Russia e Cina tanto vicine?

I dubbi di molti sulla vicinanza politica e strategica reale tra Russia e Cina. Secondo il notista del Sole 24, «L’aggressione all’Ucraina è più un disturbo che un vantaggio per le ambizioni di Xi Jinping in Asia. E’ la Russia, economicamente declinante, ad aver bisogno della Cina, non viceversa». Ma resta il fatto che la Russia, Putin o meno, continuerà ad avere circa 5mila testate nucleari, 1.500 delle quali in linea, cioè pronte per un uso immediato. «Forte o indebolita, è nella natura della Russia sentirsi potenza: non ha mai abdicato a questo ruolo ne mai farebbe il socio minore di un’alleanza con la Cina»…

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Come si svolgerà la fase tre delle ostilità in Ucraina? – Roberto Buffagni

Boris Johnson al “Financial Times”: “La Russia può vincere, mandiamo tank in Polonia”.

In vista del probabile successo della prossima offensiva russa e della conseguente neutralizzazione delle FFAA ucraine, i britannici, che hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione delle ostilità, preparano la fase tre della guerra: finiti gli ucraini, facciamo entrare in campo i polacchi e i baltici.

La fase tre della guerra in Ucraina tra Russia, USA e NATO, si svolgerebbe così.

  1. La prossima offensiva, in cui la Russia impiega la sua superiore potenza di fuoco, neutralizza il grosso delle FFAA ucraine oggi fortificate nel Donbass. L’Ucraina non è più in grado di resistere efficacemente. Termina la fase due delle ostilità.
  2. Inizio della fase tre. Su richiesta di aiuto militare del governo ucraino (eventualmente rifugiato in esilio) al governo polacco e ai governi baltici, entrano in Ucraina truppe regolari polacche e baltiche, e un contingente di mercenari finti e veri. I mercenari veri sono forniti dalle aziende che forniscono contractors. I mercenari finti sono militari di paesi NATO che si dimettono dalle loro FFAA per non coinvolgere giuridicamente come belligeranti i propri paesi, e vanno a combattere senza mostrine. In Polonia si sta già raccogliendo un contingente che da quanto mi risulta conta già circa 120.000 uomini. Ingenti aiuti finanziari e materiali stanno affluendo in Polonia da USA e NATO.
  3. Il contingente polacco-baltico combatte i russi in Ucraina. I russi possono rispondere sul territorio ucraino, ma non possono colpire i centri di comando e logistici del contingente, situati in Polonia e nei paesi baltici, per non entrare in un conflitto diretto con la NATO.
  4. Le ostilità in Ucraina tra USA, NATO e Russia, combattute tra FFAA polacche e baltiche e FFAA russe, diverrebbero così interminabili, perché l’afflusso di truppe in Ucraina potrebbe continuare per anni, e la Russia non potrebbe colpirne la sorgente senza entrare in conflitto diretto con l’intera NATO.
  5. Lo scopo della fase tre delle ostilità sarebbe: aprire una ferita immedicabile nel fianco della Russia + isolarla politicamente + sfinirla economicamente con il costo delle ostilità che si aggiunge alle sanzioni. In sintesi: dissanguamento della Russia in vista della sua disgregazione politica…

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La metamorfosi dell’Impero e le sue vittime – Andrea Zhok

1. Il riflusso dell’imperialismo globalista USA

Nella frenesia angosciosa degli ultimi due anni, prima con la pandemia e ora con la guerra russo-ucraina, molti processi stanno accelerando e prendendo forme inedite.

Per comprendere gli eventi recenti bisogna partire da una constatazione, ovvero dall’esaurimento della spinta globalizzante dell’economia capitalistica mondiale. Come noto, il sistema capitalistico si conserva in equilibrio soltanto se e nella misura in cui può garantire ai detentori di capitale (investitori) una crescita futura del proprio capitale. Uno stato stazionario perdurante equivale senza resti ad un collasso per il sistema capitalistico, a partire dal fallimento degli istituti finanziari, che possono esistere soltanto sulla base di questo assunto di crescita.

La globalizzazione è stata la forma principale della crescita capitalistica (e delle promesse di crescita) a partire dagli anni ’70 del XX secolo. Dopo la caduta dell’URSS l’espansione globalizzante ha iniziato ad accelerare.

La globalizzazione tuttavia non è semplicemente un moto acefalo del capitale, per quanto essa esprima tendenze strutturali del capitalismo in quanto tale. Nell’ultimo mezzo secolo la globalizzazione è stata la forma presa dall’espansionismo “imperiale” americano.

La narrazione liberista per cui l’ampliamento e l’intensificazione degli scambi creerebbero automaticamente benessere per tutti i transattori è soltanto una fiaba per gonzi, che nasconde un punto cruciale: in ogni scambio è sempre decisivo il rapporto tra i poteri contrattuali dei contraenti.

Chi ha maggior potere contrattuale è in grado di estrarre dallo scambio un profitto molto maggiore; chi estrae maggior profitto rafforza ulteriormente il proprio potere contrattuale futuro; e ciò che conta nel sistema è la gerarchia di potere che ne emerge (il capitale è potere).

Quando l’asimmetria di potere contrattuale conferito dalla capitalizzazione è grande, la parte “perdente” nello scambio è di fatto in condizioni di dipendenza totale, non dissimile da quella di uno schiavo nei confronti del padrone. Ciò accade negli scambi tra individui non meno che in quelli tra nazioni. In uno scambio tra poteri contrattuali massivamente asimmetrici la parte debole è disponibile a fornire qualunque servizio pur di evitare il collasso. Nel sistema mondiale degli scambi, all’indomani della caduta dell’URSS c’era un solo paese in cima alla piramide alimentare: gli USA, mentre un gran numero di paesi, soprattutto africani, in parte asiatici e sudamericani, fornivano la base della piramide, in condizioni di dipendenza totale.

In questa fase gli USA hanno alimentato la globalizzazione attraverso istituzioni internazionali (World Bank, International Monetary Fund, World Trade Organization) e hanno controllato il rispetto dei patti, dei contratti internazionali, e delle proprie aspettative, con l’esercito più forte del mondo.

Con il nuovo millennio è iniziata una fase caratterizzata da due principali fenomeni.

Il primo fenomeno è la comparsa sulla scena mondiale di un protagonista capace di sfruttare le occasioni offerte dalla globalizzazione in modo più efficace degli USA, battendoli proprio sul punto che la teoria predicava come qualificante: la capacità di produrre meglio a costi minori. La Cina, diversamente da altri paesi, aveva caratteristiche politiche, geografiche e demografiche tali da non essere senz’altro ricattabile e assoggettabile da parte americana. E sotto queste condizioni peculiari, invero uniche al mondo, il libero commercio ha operato effettivamente come capacità di trasferimento di capitali verso il produttore migliore. La Cina ha inoltre anche iniziato a fare affari con le parti più sfruttate del mondo, fornendo condizioni di scambio migliori, e così ha esteso la propria influenza insieme economica e geopolitica.

Il secondo fenomeno, parzialmente legato al primo, è stata la crescente fragilità di catene produttive sempre più estese e complesse. Quanto più estese e complesse, tanto maggiore la possibilità che eventi locali, guerre, epidemie, rivolgimenti politici, bolle finanziarie, ecc. creassero bruschi crolli delle aspettative di profitto.

La crisi subprime del 2007-2008 ha segnato qui la svolta, coinvolgendo l’intero pianeta, ma in maniera particolarmente dura l’Occidente a guida americana e i suoi satelliti. Dal 2008 il sistema finanziario e produttivo occidentale è stato tenuto artificialmente in vita con somministrazioni massive di denaro. Queste somministrazioni non hanno però avuto carattere “keynesiano”, anticiclico. Il denaro “stampato” dalle banche centrali è stato destinato direttamente o indirettamente allo stesso sistema finanziario che aveva creato la crisi, entrando solo in minima percentuale nell’economia reale. Dopo il 2008, a causa di queste politiche di trasferimento dalle banche centrali al sistema finanziario, il rischio di una bolla inflattiva senza crescita (stagflazione) era sempre più forte. Questo processo non poteva durare indefinitivamente e ha dato ripetuti segni di essere sulla strada di un nuovo tracollo (l’ultimo grave segno fu la crisi di liquidità bancaria del settembre 2019).

La fase in cui siamo entrati è quella in cui la “globalizzazione imperiale” americana è entrata in fase di riflusso. I vertici del complesso politico-finanziario-militare americano devono ripensare il proprio ruolo, modificando il modello propagandato negli ultimi decenni e riposizionando il proprio potere, mentre le catene produttive si accorciano.

Tutto ciò che ci sta succedendo da due anni a questa parte ricade nella cornice definita da questa inversione di una tendenza storica, inversione che ha una portata storica simile a quella della ritrazione dell’Impero romano dalla propria fase di massima espansione dopo il II secolo d.C. Un sistema come quello romano sul piano militare, o come quello americano sul piano economico, che può prosperare solo crescendo, quando inizia a decrescere deve cambiare pelle e, nel lungo periodo, natura.

Questa fase di transizione può essere lunga o breve, ma in ogni caso non può non essere traumatica…

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“Opacità sulle scelte: l’invio di armamenti è incostituzionale”. Intervista a Lorenza Carlassare

(di Silvia Truzzi)

Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova, risponde al telefono con una certezza a fare da premessa: “La Costituzione italiana è pacifista”. E poi: “La retorica bellicista, a giornali e reti unificati, è insopportabile. Quando non si parla della guerra ‘santa’, c’è il telefilm che santifica Zelensky”.

Professoressa, partiamo dall’articolo 11, così bistrattato in queste settimane.

L’Italia ripudia la guerra: il verbo ‘ripudia’, che nella prima bozza era ‘rinuncia’, è stato voluto dai Costituenti perché esprime un rifiuto assoluto della guerra, anche con un valore morale, non solo politico. C’è stata, nella votazione, quasi l’unanimità. L’ispirazione pacifista della Costituzione dunque è nettissima, anche per come è formulata la seconda parte dell’art. 11 quando afferma che l’Italia ‘consente, in condizione di parità con gli altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni’. In definitiva: la guerra difensiva è l’unica consentita, le controversie internazionali vanno risolte per via negoziale, una via in questo momento completamente assente; non esistono ragioni diverse dalla necessità di rispondere a un attacco armato sul proprio territorio che possano legittimare la guerra.

A proposito dell’aumento delle spese militari, cosa pensa?

Che in Italia ci sono 5 milioni e mezzo di famiglie in povertà assoluta. E che prima di spendere soldi in armi dovremmo assicurarci di non venire meno agli obblighi di solidarietà sociale che impone la Costituzione.

La vendita di armi a un Paese in guerra è consentita?

Assolutamente no. In passato, i giuristi “giustificazionisti” hanno tentato di salvare la partecipazione ai vari interventi armati travestiti da missioni di pace (per non dire della guerra nei Balcani in cui siamo intervenuti direttamente) come adempimento di obblighi derivanti dalla adesione a “organizzazioni internazionali” con le “limitazioni” conseguenti, usando la seconda parte dell’art. 11 contro la prima. Ma non ci sono due parti divise: l’art. 11 è una disposizione unitaria che va letta nella sua unità. Aggiungo che i trattati sono subordinati all’art. 11, non viceversa. La Corte costituzionale (sent. 300/1984) ha chiarito che le “finalità” cui sono subordinate le limitazioni di sovranità sono quelle stabilite nell’art. 11, non le finalità proprie di un trattato che, anzi, “quando porta limitazioni alla sovranità, non può ricevere esecuzione nel paese se non corrisponde alle condizioni e alle finalità dettate dall’art.11”. Il discorso è importante anche perché il ripudio della guerra non vieta solo la partecipazione a conflitti armati ma pure l’aiuto ai paesi in guerra: il commercio di armi con tali paesi è illegittimo. Ora tra l’altro non si tratta nemmeno più di armi per difendersi, ma armi, come ha detto Boris Johnson, “anche per colpire in territorio russo”…

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Quarantaquattro gatti – Loris Campetti

Qualcuno ricorderà un disegno di Vauro dei tempi andati, prima del vapore, direbbe Francesco De Gregori, quando si correva per rabbia o per amore. Erano tempi di caccia ai cattocomunisti, con i maître-à-penser terrorizzati dal cocktail tra diavolo e acquasanta. Nel disegno del nostro vignettista c’era un gatto con il pugno chiuso e la firma “gattocomunista”. Per carità, c’erano anche i gatti perbene, quelli che facevano divertire i bambini invece di mangiarseli, marciando “in fila per sei col resto di due”. Roba da prima, o al massimo da seconda repubblica quando le decisioni politiche si prendevano in Parlamento. Quando l’Italia ripudiava la guerra con poche eccezioni, al massimo qualche bombetta intelligente su Belgrado e sui treni di profughi in fuga dal Kosovo in fiamme.

Ma anche oggi che il Parlamento non deve sapere, discutere e votare sull’invio di armi a un paese in guerra perché c’è un Lui che pensa a tutto, i gatti giocano il loro ruolo in trincea. Soprattutto i mici russi che con salto felino si lanciano contro militari e civili ucraini. Sarà per questo che quei geni della Federazione internazionale felina (Fife) hanno comunicato urbi et orbi la loro decisione di bandire da tutti i concorsi internazionali i gatti russi? Macché, mica scemi: “Gli animali non hanno colpe”, precisano, il fatto è che gli allevatori russi vendono molto bene in Europa i loro gioielli a quattro zampe. Dunque, quei gatti vanno trattati come i tennisti, gli atleti, le ballerine, i tenori e le soprano, i musicisti colpevoli del reato peggiore: essere russi. Si decapitano le statue, si mettono all’indice i più straordinari compositori di tutti i tempi, perché escludere il feroce felino dalle sacrosante sanzioni seguite alla criminale invasione dell’Ucraina da parte di Putin? Se Zelensky dice che non solo Putin e il suo governo sono criminali di guerra ma anche l’intera popolazione russa, che senso ha risparmiare i gatti del Cremlino?…

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L’Occidente totalitario getta la maschera – Norberto Fragiacomo

…Per Biden e i suoi tirapiedi – fra i quali ricomprendiamo il commissario liquidatore dell’Italia e la sua claque, impostici da volontà esterne – il Presidente Putin resta però un cancro da estirpare: non perché abbia commesso ipotetici crimini, semplicemente per il fatto che si ostina, da buon governante russo, a opporsi alle prepotenze della NATO, vale a dire degli USA. Sono in molti, purtroppo, a credere nel mito fasullo della “superiorità morale” di un Occidente che, per occultare l’oggettiva nefandezza delle proprie azioni, si è premurato di pescare il meglio del vocabolario: tutti costoro si lasciano volentieri indottrinare, e i più entusiasti seguirebbero docilmente leader che Orsini ha definito “disprezzabili” fino alla prova di forza finale.

Questa prospettiva non può che essere rifiutata da persone raziocinanti e libere che, oltretutto, si richiamano alla nobile tradizione socialista: non solo perché, a causa della condotta scellerata di Stati Uniti, Gran Bretagna&co, il Day after è dietro l’angolo, ma anche per il fatto che, oltre ad aver pieno diritto all’autotutela e a ricoprire un ruolo di primo piano nel mondo contemporaneo, la Federazione Russa intacca con la sua stessa esistenza l’assoluto predominio di Washington sulle nostre società, che all’interno di un modello rigidamente unipolare appaiono difficilmente scalfibili (figuriamoci se “rivoluzionabili”) da movimenti popolari.

Chi, attraverso la sempre più massiccia fornitura di armamenti al regime di Zelensky, persegue la rovina della Russia è un nostro nemico, al pari di coloro che esaltano una siffatta politica di aggressione imperialistica.

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Lo spettacolo della guerra – Giovanna Cracco

Debord e McLuhan per capire dove siamo: ben oltre la propaganda, la costruzione di un mondo e di una nuova modalità di vita che dobbiamo consumare

“‘Seppellite il mio cuore a Wounded Knee’, che vuol dire? / Wounded Knee è dove morì il generale Custer con tutti i suoi. / Sì, ma che aveva combinato per finire così? / Beh, esattamente io… / Aveva trucidato migliaia di indiani. Quindi lei conosce il personaggio ma non ha una visione globale della vicenda. E sa perché? / Perché? / Per i film che ha visto. Ecco perché siamo qui. / Capisco. / Le faccio altri esempi: la bambina vietnamita; la V di vittoria; i cinque marines che innalzano la bandiera sul monte Suribachi. Fra cinquant’anni anni avrà scordato quelle guerre ma non quelle immagini. / Vero. / Guerra del Golfo: un missile intelligente si infila in un camino. 2.500 missioni al giorno per oltre 100 giorni: sono bastate le immagini di una sola bomba e gli americani hanno accettato quella guerra. La guerra è spettacolo. Ecco perché siamo qui.” Wag the dog, regia di Barry Levinson, 1997

“Là dove il mondo reale si cambia in semplici immagini, le semplici immagini divengono degli esseri reali, e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico.” Guy Debord, La società dello spettacolo

“Il medium è il messaggio perché è il medium che controlla e plasma le proporzioni e la forma dell’associazione e dell’azione umana.” Marshall McLuhan, Capire i media. Gli strumenti del comunicare

Raccontata dai principali media italiani (carta stampata, televisione e radio), la guerra in Ucraina è – fin dai primi giorni – massacri, pioggia incessante di bombe e stragi di civili; a margine, andando a cercare soprattutto in rete, si riescono a trovare analisi differenti. Il 22 marzo Newsweek – una testata che non può certo essere accusata di ‘simpatie putiniane’ – pubblica un articolo dai toni molto diversi (1).

“Dallo scorso fine settimana, in 24 giorni di conflitto, la Russia ha fatto circa 1.400 missioni di volo e lanciato quasi 1.000 missili (per contrasto, gli Stati Uniti hanno fatto più missioni e bombardato di più nel primo giorno della guerra in Iraq del 2003)” scrive William M.Arkin intervistando – sotto garanzia di anonimato – analisti della Defense Intelligence Agency (DIA) statunitense. “Una parte di questi attacchi ha danneggiato e distrutto strutture civili e ucciso e ferito civili innocenti, ma il livello di morte e distruzione è basso rispetto alla capacità della Russia” continua l’articolo. E ancora: “Il cuore di Kiev è stato appena toccato. E quasi tutti gli attacchi a lungo raggio sono stati mirati a obiettivi militari” afferma una fonte della Difesa USA, “le autorità cittadine di Kiev dicono che circa 55 edifici sono stati danneggiati e che 222 persone sono morte dal 24 febbraio. È una città di 2,8 milioni di persone”. “Se ci limitiamo a convincerci che la Russia sta bombardando indiscriminatamente, o che non riesce a infliggere più danni perché il suo personale non è all’altezza del compito o perché è tecnicamente inetto, allora non stiamo vedendo il vero conflitto”, conclude l’analista della DIA.

A novembre scorso l’Onu stima a 377 mila le vittime della guerra in Yemen, in sette anni: il 60% a causa di effetti indiretti del conflitto, come scarsità di acqua, cibo e cure. Sempre l’Onu, il 4 aprile, riporta 1.417 vittime civili in Ucraina in 40 giorni e 2.038 feriti (2). La guerra di invasione dell’Iraq del 2003, lanciata da Stati Uniti e Gran Bretagna sulla base di quella che la storia ci ha consegnato come una deliberata menzogna – la presenza di armi chimiche di distruzione di massa – ha prodotto 209 mila morti tra i civili (marzo 2003-febbraio 2017) secondo Iraq Body Count (3), e non rappresenta la stima più pessimistica. In occasione della “lotta al terrorismo”, dell’“esportazione della democrazia” e delle “missioni di pace”, le nostre coalizioni occidentali, nei loro vertici politici e militari, ci hanno redarguito sul fatto che un civile armato è un “insorto” ed equivale a un soldato e come tale i militari occidentali lo trattano, e che i cittadini che non rispettano il coprifuoco in una zona di guerra lo fanno a proprio rischio e pericolo. L’esperienza ci ha inoltre insegnato che un civile si può armare solo là dove c’è abbondanza di armi distribuite tra la popolazione: come è avvenuto in Ucraina fin dai primi giorni del conflitto.

La guerra è morte e distruzione. Non è un concetto complicato da recepire. E non si tratta di voler fare una ben macabra conta, di voler ‘pesare’ i morti; ma è proprio ciò che sta facendo l’informazione italiana dallo scoppio della guerra in Ucraina. Nessun conflitto ha monopolizzato le prime pagine, i telegiornali e i programmi televisivi per settimane, prima di oggi; nessuna guerra è stata raccontata, gestita politicamente e mediaticamente in questo modo. Probabile che non tutti i cittadini italiani sappiano dove sia lo Yemen, ma ora tutti sanno esattamente dov’è l’Ucraina. Cosa sta accadendo?…

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Alla canna del gas, davvero. Non era un bluff… – Claudio Conti

E’ scattata la guerra del gas

I giocatori di poker sanno che c’è un solo modo per scoprire se uno degli avversari bluffa: “andare a vedere”. Ossia puntare i soldi necessari a far calare le carte sul tavolo. Il rischio è ovviamente quello di perdere l’intera puntato, se il bluff non c’è.

E’ proprio quello che avvenendo in questi giorni in Europa, dove tutti i leader euro-atlantici avevano garantito che Mosca non avrebbe mai fermato l’erogazione del proprio gas verso i paesi Ue, perché “è troppo importante per la Russia, non possono rinunciare a quelle entrate”.

Questa litania è risuonata anche dopo che Mosca aveva disposto che Gazprom accettasse soltanto rubli in cambio del gas, a partire dal primo maggio.

“Bluffa!”, gridavano da von de Leyen a Mario Draghi, dicendosi certi che ci saperebbe stato tutto il tempo necessario per diversificare le forniture di gas di cui l’Europa ha un disperato bisogno, non possedendo riserve proprie di dimensioni significative.

Curioso modo di ragionare, se ci è consentito. Un insieme di paesi importatori dichiara guerra (economica, per ora) al paese fornitore, nel mentre imbottisce di armi il paese che quello ha invaso. Decide delle sanzioni per l’importatore e mette in moto i rapporti politico-economici con mezzo mondo per trovare in tempi ragionevolmente rapidi forniture alternative.

Per quale cavolo di motivo il fornitore “nemico” – la Russia, insomma – dovrebbe continuare a rifornirti di gas fin quando non hai trovato altrove i quantitativi che ti servono? Solo perché gli dai dei soldi nella tua moneta?

E’ risaputo che la guerra cambia radicalmente le cose, e anche le relazioni economiche. E quindi Mosca è partita in contropiede assai prima che i paesi dell’Unione Europea fossero pronti a gas change.

Lo ha fatto anche con una certa ironia, visto che per ora ha chiuso i rubinetti soltanto a Polonia e Bulgaria, due dei paesi vicini e più dipendenti dai propri prodotti energetici, ma anche più “invasati” nel chiedere di più contro la Russia. Ma per ora nha lasciato i rubinetti aperti per il resto d’Europa…

Un avvertimento, insomma, verso i “clienti” più grandi – Germania e Italia in testa – che ancora si cullavano sull’impressione del bluff.

L’annuncio di Gazprom che interromperà unilateralmente la consegna del gas ai clienti in Europa è l’ennesimo tentativo della Russia di utilizzare il gas come strumento di ricatto” e “questo è ingiustificato e inaccettabile. E mostra ancora una volta l’inaffidabilità della Russia come fornitore di gas“.

Queste le parole con cui la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha risposto all’annuncio di Gazprom. Si potrebbe ricordarle che Mosca fin qui, era stato il più affidabile e il meno caro dei fornitori, grazie ai numerosi gasdotti costruiti nei decenni scorsi granzie anche ai buoni rapporti con il governo tedesco, compresi quelli di cui proprio von der Leyen aveva fatto parte (alla famiglia, al lavoro e alla difesa…)…

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Diserzione, guerra e comando sul mondo –  Massimo De Angelis

…questi giochi strategici attorno al comando sul mondo siano come il riarrangiare la disposizione delle sedie sul ponte del Titanic, mentre questo sta per affondare. Per tornare alle nostre preoccupazioni iniziali, cosa significa quindi disertare la guerra alla luce del comando sul mondo, delle dinamiche interne a questo comando, alla lotta per l’egemonia su di esso? In questo ambito, disertare la guerra significa disertare questo comando, e poiché questo è l’ambito del comando verticale sulla cooperazione sociale dal quale in fondo dipendiamo, disertare questo comando vuol dire specularmente creare cooperazione sociale che non dipenda da e non sia sottomesso a questo comando, cioè creare comune, progettare comune che ci offra quanto più possibile riparo dal comando e dai suoi effetti devastanti. In piccolo, è l’immagine del soldato disertore che scappa dal suo reggimento, la cui vita dipende dal comune che instaura con chi gli da del cibo e un tetto. Un’immagine che può evocare anche quella dell’“abbandono di ogni campo di battaglia, sopravvivenza ai margini di una società che si sta disfacendo, autosufficienza nell’esilio dal mondo” come scrive Franco (Bifo) Berardi. Ma anche una sopravvivenza ai margini di questo mondo e quindi del suo comando non può evitare di costruire un altro mondo, anche se marginale. Allo stesso modo, abbandonare completamente ogni campo di battaglia in questo mondo, non può evitare che il comando di questo mondo sposti il campo di battaglia ai confini dell’altro mondo, soprattutto se si tiene in mente la logica espansiva del capitale. Cosa rimane dunque del disertare la guerra? Rimane, spero, un’ambivalenza produttiva. Il fatto che la diserzione sia un momento, una fase necessaria, nella costruzione di un’altro mondo, mentre sopravvive forte anche la consapevolezza che molto di questo mondo ci appartiene e può, e deve essere, riappropriato nella costruzione dell’altro mondo.

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La strage censurata. ONU: 23 milioni di yemeniti hanno bisogno di assistenza immediata

Non vedendo sui balconi bandiere con il colore dello Yemen, concerti, appelli dedicati per il dramma del popolo yemenita si potrebbe pensare che in questo paese, il più povero del mondo arabo, sia tornata la pace, la serenità.

Invece no, su questo conflitto, è la normalità il silenzio mediatico, perché l’aggressore dello Yemen è un alleato dell’Occidente, si chiama Arabia Saudita, e le armi per distruggerlo sono sempre occidentali.

Migliaia di morti causati dall’occidente, normale che debba calare il silenzio. Anzi, quando se ne parla di questi conflitto lo si presenta come una guerra per procura fra Iran e Arabia Saudita. Senza contare la sproporzione delle armi usati in questa guerra che ha provocato direttamente o meno centinaia di migliaia di vittime.

Per quanto si possa nascondere questo dramma, i fatti hanno la testa dura, ed ecco che, inesorabilmente, l’Onu, presenta dati allarmanti.

Per quanto occultati restano sempre la cattiva coscienza dell’occidente.

“L’aggravarsi della crisi umanitaria in Yemen è una realtà che dobbiamo affrontare con urgenza “, ha avvertito il Coordinatore delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari nello Yemen, William David Gressly, in una dichiarazione rilasciata sabato scorso.

Noterete che da due gironi nessuno commenta queste affermazioni, tantomeno si mobilita.

Il funzionario ha definito “sbalorditivi” i numeri che mostrano l’aumento delle persone in crisi, nello specifico circa tre milioni dal 2021. “Quasi 23 milioni di persone già affrontano livelli di bisogno acuto”, a causa delle ripercussioni della guerra, ha ricordato.

Ci sono circa 161.000 persone che affrontano “la fame più estrema”. “I bambini continuano a soffrire in modo orribile”, con 2,2 milioni di persone gravemente malnutrite, di cui oltre mezzo milione a livelli gravi. L’accesso limitato ai servizi critici continua a peggiorare le condizioni dei gruppi più vulnerabili, compresi donne e bambini.

Questa guerra di aggressione dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati dura da sette anni, è la peggiore catastrofe umanitaria del mondo, è un esempio di come l’occidente usi due pesi e due misure nei conflitti.

Provate a chiedere in giro a persone che conoscete e non, quanti di loro conoscono il dramma della popolazione yemenita.

Purtroppo, questa guerra non è diversamente funzionale all’occidente.

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Onu, 3.193 civili uccisi da inizio conflitto (in Ucraina)  –  14:56 – 3 maggio 2022

Sono quasi 3.200 i civili uccisi in Ucraina dal 24 febbraio. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, dall’invasione russa dell’Ucraina, sono 3.193 le vittime accertate fra i civili, compresi 72 bambini, 71 ragazze, 84 ragazzi e 734 donne. I feriti sono 3.353.

 

GLI STATI UNITI STANNO SOSPINGENDO L’UCRAINA AD ATTACCARE LA RUSSIA – Luciano Lago

Il problema attuale della guerra sono gli USA e il Regno Unito che cercano la rovina dei paesi europei

Commando speciali delle forze speciali britanniche M-16 per attuare sabotaggi selettivi sono già in Ucraina per estendere la guerra sul territorio della Federazione Russa.
Da Washington si annuncia la fornitura di armi con gran potenziale offensivo, incluso si annuncia la consegna di missili con una portata di 500 Km. ,mentre la Russia considera che queste armi sarebbero un coinvolgimento degli USA in una guerra diretta.
L’avvertimento inviato dalla Russia è quello che sono state oltrepassate tutte le linee rosse.
Maria Zakarova, la portavoce della Cancelleria russa ha avvertito di questo ed ha pubblicato i dati pubblicati dal Ministero della Difesa russo, quelli che provano lo stretta coordinamento tra USA e Ucraina e segnalano che Washington, in collaborazione con i soci della NATO, ha passato la tappa finale delle provocazioni in Ucraina e tutto al fine di convincere la comunità mondiale che la Federazione Russa presumibilmente avrebbe usato agenti di guerra top secret chimici e biologici. La ragione è chiara e si sono rivelati dettagli importanti della cooperazione illegale fra Washington e Ucraina nella creazione di armi batteriologiche con la scoperta inevitabile di questa attività criminale e la comprensione è tanto ovvia che Washington ha iniziato a prepararsi in anticipo, come ha scritto Zakarova su Telegram.

Inizialmente gli USA volevano attuare pressioni economiche sulla Russia ma poi hanno compreso che era una cattiva tattica e da quel momento hanno oltrepassate le linee tattiche e si sono situati al di là di tali linee, tanto che la Zakarova ha avvertito che Russia e NATO sono sul bordo di un conflitto diretto.
Sarà per questo che alcuni paesi europei, fiutando il pericolo, iniziano a rifiutare le forniture di armi all’Ucraina come avviene per la Bulgaria e Svizzera
D’altra parte l’apparizione delle forze speciali SAS britanniche sul territorio ucraino si percepisce come un intervento diretto del Regno Unito in guerra contro la Russia, a Mosca questo si intende come un atto di aperta ostilità verso Russia e si stima parlando della presenza di almeno 3 dozzine di forze speciali del servizio aereo speciale, come ha informato Ria Novosti tramite i servizi di intelligence.
I britannici arrivati in Ucraina sono divisi in più gruppi e sono specialisti in sabotaggi, colpi di stato attentati, proteste di massa, reclutamento di agenti e altro e sono a disposizione della 16a brigata dell’Esercito ucraino. Questi britannici sono arrivati dall’Inghilterra, da Hereford, dove si trova la base del 22 reggimento SAS.
Questi non sono forze ordinarie ma sono specialisti coordinati direttamente dal Ministero della Difesa Britannico e hanno compiti speciali top secret.

Qualche cosa è uscito male dal programma della NATO in Ucraina e questo si rivela dalle ultime dichiarazioni del premier Johnson il quale ha dichiarato di ritenere inevitabile, allo stato attuale, la vittoria della Russia in Ucraina e per questo i britannici stanno studiando nuove iniziative di attacco e di sobillazione sul territorio della Federazione Russia.

Un percorso che potrebbe innescare una reazione molto dura della Russia con utilizzo di armi non convenzionali, così come il presidente Putin aveva avvertito poco tempo fa. Voler spingere nell’angolo la Russia con un attacco a tutto campo potrebbe essere il colpo definitivo verso un conflitto mondiale.

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BIDEN USA CINICAMENTE L’UCRAINA PER COPRIRE IL SABOTAGGIO ALIMENTARE – F. William Engdahl

Sembra sempre più probabile che alcuni perfidi attori stiano deliberatamente dandosi da fare per garantirci una prossima crisi alimentare globale. Tutte le misure che gli strateghi dell’amministrazione Biden hanno preso per “controllare l’inflazione dei prezzi dell’energia” stanno danneggiando le forniture o gonfiando il prezzo del gas naturale, del petrolio e del carbone. Questo sta avendo un enorme impatto sul costo dei fertilizzanti e sulla produzione alimentare. Il processo era iniziato ben prima della crisi Ucraina. Ora sembra che gli uomini di Biden siano intervenuti per bloccare il trasporto ferroviario dei fertilizzanti proprio nel momento più critico per le semine primaverili. Entro questo autunno gli effetti saranno diventati esplosivi.

Mentre negli Stati Uniti è arrivato il momento per la semina primaverile, CF Industries di Deerfield, Illinois, il più grande produttore statunitense di fertilizzanti azotati, nonché di un additivo vitale per i motori diesel, ha rilasciato un comunicato stampa in cui si afferma che “Venerdì 8 aprile 2022, la Union Pacific ha informato senza alcun preavviso CF Industries che stava ordinando a certi spedizionieri di ridurre il volume di carri merce privati sulla sua rete ferroviaria con effetto immediato.” La Union Pacific è una delle quattro grandi compagnie ferroviarie che, complessivamente, garantiscono circa l’80% di tutto il trasporto ferroviario agricolo degli Stati Uniti. L’amministratore delegato di CF Industries, Tony Will, ha dichiarato: “Il tempismo di questa azione della Union Pacific non potrebbe arrivare in un momento peggiore per gli agricoltori. Non solo il fertilizzante sarà ritardato da queste restrizioni alle spedizioni, ma gli ulteriori quantitativi di fertilizzante necessari per completare gli interventi primaverili potrebbero non essere in grado di raggiungere gli agricoltori. Imponendo questa restrizione arbitraria solo su un ristretto gruppo di spedizionieri, la Union Pacific sta mettendo in pericolo i raccolti degli agricoltori e aumentando il costo del cibo per i consumatori,” CF Industries ha lanciato appelli urgenti all’amministrazione Biden affinché risolva la situazione, finora senza alcun riscontro positivo.

Sabotaggio diretto

CF Industries ha fatto notare di essere una delle trenta società colpite da queste severe restrizioni, tra l’altro a tempo indeterminato. L’azienda utilizza per le proprie spedizioni le linee ferroviarie della Union Pacific, principalmente dagli stabilimenti di Donaldsonville in Louisiana e di Port Neal nello Iowa, per servire i più importanti stati agricoli, Iowa, Illinois, Kansas, Nebraska, Texas e California. Il divieto riguarderà i fertilizzanti azotati, l’urea, il nitrato di ammonio ureico (UAN) e anche l’additivo per motori diesel DEF (chiamato AdBlue in Europa). Il DEF è un prodotto per il controllo delle emissioni richiesto oggi per i veicoli a gasolio. Senza di esso i motori non possono funzionare. Viene prodotto con l’urea. CF Industries è il più grande produttore di urea, UAN e DEF del Nord America e il suo complesso di Donaldsonville è il più grande impianto di produzione per questi prodotti nel Nord America.

Allo stesso tempo, la banda Biden ha annunciato un falso rimedio per i prezzi record della benzina alla pompa. Washington ha annunciato che l’EPA [l’agenzia per la protezione dell’ambiente] permetterà entro l’estate un aumento del 50% della produzione di biodiesel ed etanolo a base di mais. Il 12 aprile il segretario all’agricoltura aveva annunciato un a “audace” iniziativa dell’amministrazione USA per aumentare l’uso di biocarburanti a base di mais-etanolo prodotti a livello nazionale. Il segretario Tom Vilsack aveva affermato che la misura “ridurrà i prezzi dell’energia e affronterà l’aumento dei prezzi al consumo causato dall’Aumento dei Prezzi di Putin (sic), portando ad un futuro forte e luminoso per l’industria dei biocarburanti, utilizzati nelle auto, nei camion e nei settori ferroviario, marittimo e aereo e incrementando l’utilizzo del carburante E15 entro l’estate.”

Il fatto è che l’Aumento dei Prezzi di Putin, scritto pure in maiuscolo, non è il risultato delle azioni russe, ma della politica verde di Washington, volta ad eliminare gradualmente il petrolio e il gas naturale. L’inflazione dei prezzi dell’energia è destinata a salire moltissimo nei prossimi mesi a causa delle sanzioni economiche degli Stati Uniti e dell’UE sull’esportazione di petrolio russo e, probabilmente, anche di gas. Tuttavia il punto centrale è che, negli Stati Uniti, ogni acro di terreno agricolo dedicato alla coltivazione di mais per i biocarburanti sottrae quella produzione alla catena alimentare, per bruciarla come carburante…

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IL PROGETTO PER UN NUOVO SECOLO AMERICANO E L’ERA DELLE ARMI BIOLOGICHE: 20 ANNI DI TERRORISMO PSICOLOGICO – Matthew Ehret

Poco più di 20 anni fa, il North American Aerospace Defense Command (NORAD) aveva condotto un’esercitazione militare che prevedeva uno “scenario ipotetico” di aerei dirottati che si schiantavano contro il Pentagono e contro il World Trade Center.

Un anno dopo, il 24-26 ottobre 2000, si era svolta un’altra “ipotetica” esercitazione militare, con un aereo di linea che si schiantava contro il Pentagono uccidendo 341 persone, seguita, nel maggio 2001, da un altro “scenario ipotetico” previsto dal Dipartimento della Difesa, in cui centinaia di operatori medici venivano addestrati per l’eventualità di un “missile guidato camuffato da aereo di linea 757 dirottato” che si schiantava contro il Pentagono.

Quello che era emerso dal fumo e dalle macerie dell’11 settembre 2001 non era quello che si aspettavano le masse addormentate o la comunità internazionale.

Per la popolazione lo shock era stato così traumatico che, all’improvviso, i cittadini si erano sentiti disposti a rinunciare alle loro libertà in patria, acconsentendo a qualsiasi azione di ritorsione all’estero messa in atto dal loro governo. La portata dell’orrore era stata così grande che la comunità internazionale, sulla scia della tragedia, si era unita e aveva mostrato il proprio amore e la propria solidarietà nei confronti dell’America, con veglie a lume di candela in Asia, Medio Oriente, Africa, Russia e Sud America. La naturale tendenza dell’umanità ad abbracciare e ad aiutare il prossimo in tempi di crisi si era espressa come una luce splendente in un mondo di tenebre confuse e una speranza per una pace duratura si era risvegliata nei cuori di molti.

Purtroppo, come il mondo avrebbe scoperto da lì a non molto, quella speranza sarebbe durata molto poco.

I neoconservatori conquistano l’America

Le misure da Stato di polizia erano state rapidamente incrementate con il Patriot Act di Ashcroft del 2001. Tuttavia, sarebbe un errore attribuire ad Ashcroft questo disegno di legge, dato che era stato nientemeno che Joe Biden a rimarcare che la proposta di legge Ashcroft altro non era che un suo disegno di legge omnibus sul terrorismo del 1995, redatto sulla scia dei primi attentati al WTC. Biden non si era minimamente vergognato quando aveva pubblicamente affermato: “Avevo redatto un disegno di legge sul terrorismo dopo l’attentato di Oklahoma City. E il disegno inviato da John Ashcroft era un mio progetto.”

Mentre all’estero veniva portato avanti un nuovo tipo di guerra per il cambio di regime, [allo stesso tempo] si applicavano i pericolosi protocolli di Cheney per la “Continuità di governo” e, con queste procedure, venivano create nuove applicazioni per la legge marziale che amplificavano i poteri, il finanziamento e il dispiegamento delle capacità militari statunitensi “in condizioni di crisi,” sia all’interno che nel resto del mondo. Non c’era voluto molto perché i cittadini iniziassero a rendersi conto dei forti parallelismi con il vecchio auto-attentato nazista del 1933, quando era stato incendiato il Reichstag di Berlino ed erano stati incolpati i comunisti.

Governi che non avevano alcun collegamento con l’11 settembre erano stati rapidamente presi di mira utilizzando false prove, come quella dello “yellow cake,” confezionate nei sotterranei dell’MI6, ed era stato avviato quel sistematico accerchiamento della Russia e della Cina che il presidente Putin aveva brillantemente denunciato nel suo famoso discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007.

Naturalmente, questo non avrebbe dovuto essere una sorpresa per chiunque si fosse degnato di leggere il manifesto del Project for a New American Century [Progetto per un nuovo secolo americano, ndt] pubblicato nell’ottobre 2000 e intitolato ‘Rebuilding America’s Defenses’ (RAD)…

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Intervista a Nikolai Patrushev

Intervista al Segretario del Consiglio di Sicurezza: “Affinché un sistema finanziario nazionale possa essere sovrano, i suoi mezzi di pagamento devono avere un valore intrinseco e i prezzi devono essere stabili, senza essere ancorati al dollaro”. Nikolai Patrushev a tutto campo: dall’intervento militare in Ucraina, ai neonazi. Dal futuro dell’Europa a quello della Russia

Lei ha definito “pirateria” lo stile anglo-americano di interazione con il mondo. Ora l’Occidente sta facendo una simile incursione piratesca contro la Russia. E a questo proposito si pone la domanda: quanto era giustificata la decisione di collocare fuori dai confini nazionali le riserve di oro e di valuta estera?

Nikolai Patrushev: Questa decisione si è rivelata ingiustificata dal punto di vista della sicurezza finanziaria dello Stato. Un’altra considerazione è che, così facendo, l’Occidente sta colpendo non solo la Russia, ma anche se stesso. L’attuale sistema finanziario globale è costruito esclusivamente sulla fiducia, anche negli Stati Uniti come emittente della valuta di riserva mondiale. Mezzo secolo fa l’oro era un fattore che occorreva tenere in considerazione, ma nel 1971, gli Stati Uniti avevano slegato la loro moneta dal prezzo dell’oro e questo aveva reso possibile l’emissione di denaro in modo praticamente incontrollato.

Cercando di sostenere la loro economia, continuamente in condizione di pre-crisi, gli Stati Uniti inondano le loro banche, le imprese e la popolazione con denaro garantito da obbligazioni statali. Il risultato in America e in Europa è un alto tasso di inflazione. Allo stesso tempo, il debito estero degli Stati Uniti ha superato i 30 trilioni di dollari. Eppure, per qualche insondabile motivo, gli Americani stanno discutendo di un possibile default della Russia. È però giunto il momento del loro default. Per superare le conseguenze negative delle politiche passate e creare nuove opportunità di arricchimento, gli Stati Uniti stanno creando una crisi globale. Cioè, vogliono risolvere i loro problemi a spese del resto del mondo e, tra l’altro, soprattutto a spese dell’Europa.

Secondo me, questo non preoccupa affatto gli Europei.

Nikolai Patrushev: Al contrario, sono felici di camminare verso quell’abisso che gli Stati Uniti hanno scavato per loro. In questo senso, molto è cambiato dalla Guerra Fredda. Allora gli Europei resistevano a Washington con più fiducia. Forse a causa del fatto che le vecchie generazioni di politici realisti non erano ancora diventate un ricordo del passato. A quel tempo, il muro era a Berlino, ma l’attuale élite europea il muro ce l’ha in testa.

Negli anni ’80, nel tentativo di indebolire l’economia sovietica, gli Stati Uniti avevano cercato di vietare alle compagnie europee di comprare idrocarburi da Mosca. A quel tempo l’Europa non era d’accordo con Washington. Gli Stati Uniti avevano anche vietato alle proprie aziende di vendere tecnologie di perforazione offshore all’URSS, e questo aveva danneggiato decine di aziende americane e giapponesi. Washington aveva fatto ricorso alla disinformazione per ritardare la costruzione da parte dell’Unione Sovietica di un gasdotto verso l’Europa. Le ricorda qualcosa?”

E cosa dobbiamo fare per garantire la sovranità del rublo?

Nikolai Patrushev: Affinché un sistema finanziario nazionale possa essere sovrano, i suoi mezzi di pagamento devono avere un valore intrinseco e i prezzi devono essere stabili, senza essere ancorati al dollaro. I nostri esperti stanno lavorando, su un progetto proposto dalla comunità scientifica, per creare un sistema monetario e finanziario a doppio circuito. In particolare, si propone di determinare il valore del rublo facendolo sostenere sia dall’oro che da un paniere di materie prime e di allineare il tasso di cambio del rublo con la reale parità di potere d’acquisto.

Idee simili erano state sollevate in precedenza. Ma molti esperti avevano sostenuto che andavano contro le teorie economiche…

Nikolai Patrushev: Non contraddicono le teorie economiche, ma piuttosto i libri di testo di economia occidentale. L’Occidente ha stabilito unilateralmente un monopolio intellettuale sulla struttura ottimale della società e lo usa da decenni. Permettetemi di ricordare che le riforme shock degli anni ’90 nel nostro paese erano state realizzate rigorosamente secondo le direttive americane…

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DALLA GUERRA IN UCRAINA ALLA GUERRA MONDIALE ? – Umberto Franchi  

GLI USA ARMANO L’UCRAINA PERCHE’ SONO I DIFENSORI DELLA DEMOCRAZIA E DELA PACE?

Una recente intervista del ministro degli esteri Russo Lavrov, rilasciata ad una televisione italiana, ha sollevato una “bufera politica” , con  partiti che parlano “di un’onta per l’Italia” , di parole deliranti ed insultanti, di un comizio da  propaganda Russa… ma a parte la scivolata sulle origini ebraiche di  Zelensky ed alle presunte stesse origini di  Hitler , sul resto non mi sembra che abbia detto cose deliranti, a partire dal fatto che il Ministro degli estri Russo ha detto che in guerra ci siamo anche noi.

In particolare credo che sia vero che Gli Stati Uniti/Nato,  sono la causa principale della crisi in Ucraina ed il conflitto Russia/Ucraina affonda le sue radici nell’espansionismo della Nato… Lo dice pure il Papa quando in una recente intervista al Corriere della Sera sostiene : “forse l’abbaiare della Nato alle porte della Russia, ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. Un’ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata si.”

Non è forse vero che anche nel   2014, gli USA   sostennero il golpe di Maidan cacciando il presidente eletto Viktor  Janukovyc , considerato filorusso. ?

Da 8 anni,  prima della attuale guerra con la Russia, che gli USA    hanno  armato l’ucraina con 8,7 miliardi di dollari in armamenti ed hanno piazzato  in quel Paese i propri istruttori militari in chiave antirussa .

Non è forse vero che prima dell’inizio dell’aggressione Russa all’Ucraina , il Presidente Zelensky  respinse una ipotesi d’accordo presentato dal Cancelliere Tedesco Scholz ? Ipotesi  che sarebbe stata accettata anche dalla Russia, la quale prevedeva  l neutralità ed il non ingresso nella Nato da parte dell’Ucraina, ma Zelensky sostenne  che l’Ucraina essendo un Paese sovrano, voleva entrare nella Nato ?

In sostanza i russi stanno reagendo al tentativo di USA/NATO di fare dell’Ucraina un baluardo occidentale e membro della Nato. Che dal punto di vista russo , ciò rappresenterebbe una minaccia esistenziale. Quindi i questo quadro i Russi sono determinati a vincere e gli USA sono determinati a vincere , con tutte le armi possibili e con gli USA che cercano di sabotare ogni possibilità di accordo.

Anche secondo il Generale italiano Bartolini, Zelensky è caduto nella trappola della NATO/USA, con la UE che gli fa da sponda…  e quando il presidente dell’Ucraina sostiene che la guerra finirà solo quando i russi se ne andranno anche dal Donbass e dalla Crimea , significa proprio che potrebbe andare avanti anche per 20 anni… e che fa il gioco degli USA .

La realtà odierna  negli ultimi due mesi di guerra, vede  gli Americani che  hanno  spedito armi all’Ucraina otto volte, con aiuti militari dal valore che sfiora i 3,7 miliardi di dollari americani.

In data 29 aprile 2022,  il Presidente  USA Biden , ha chiesto al suo Congresso di approvare ulteriori 33 miliardi di aiuti, di cui 20 miliardi di armamenti tecnologicamente avanzati e pesanti per “attaccare, indebolire e sconfiggere la Russia” .

In questo contesto la guerra ha già creato circa 30.000 morti tra i militari Russi ed Ucraini, alcuni migliaia di morti civili , la distruzione di alcune città Ucraine, ed  oltre 5 milioni di rifugiati ucraini si sono riversati nei paesi europei .

Gli USA di fronte alla peggiore crisi di rifugiati in Europa dalla seconda guerra mondiale, hanno detto di essere disposti ad accogliere “100.000 profughi”, ma i rifugiati accertati dall’Onu in USA sono solo 120.

I dirigenti politici statunitensi e le SIM (società Imperialiste Multinazionali) hanno bisogno di boicottare ogni forma di mediazione politica che porti ad un compromesso ed un accordo tra Russia ed Ucraina, perché più a lungo si trascina il conflitto russo-ucraino, meglio sarà per il loro paese. Il loro scopo è di prosciugare l’Ucraina, indebolire la Russia, gettare l’Europa nel caos e generare enormi guadagni per il proprio complesso industriale, petrolifero, militare, finanziario.

In questo contesto, gli USA hanno anche chiesto ed ottenuto nel mese di aprile 2022,  l’estradizione dal Regno Unito , dove è incarcerato dal 2019 senza alcun motivo, del giornalista Australiano  Julian Paul Assange , colpevole secondo gli USA,  di avere rivelato documenti Statunitensi riguardanti i crimini di guerra commessi dagli USA in un gran numero di Paesi in tutto il Mondo… e secondo la “giustizia Statunitense”,  Assange potrebbe essere condannato a morte oppure a ben 170 anni di carcere.

Come sempre nel passato , gli Stati Uniti parlano di disastro della guerra quando viene provocata da altri e  di mancanza di diritti umani in Russia, in Cina, a Cuba, in Venezuela , ecc… ma non dicono niente di quello che loro hanno fatto e fanno,   in violazione della  sovranità di altri paesi e del loro calpestare i diritti umani di altri paesi… dalla ex Jugoslavia, Afganistan,  all’Iraq alla Siria, alla Libia, allo Yemen..  da Cuba al Venezuela,  all’Iran, ecc…

Gli Stati Uniti hanno esportato guerre atroci ed   abusano di sanzioni sotto la bandiera della cosiddetta “democrazia”, dei “diritti umani” e della “libertà” per mettere in atto in realtà un’idea estrema di egemonia imperialista .

In Italia le basi e strutture USA/NATO , sono circa 120, con armi anche atomiche, con 13.000 soldati Statunitensi ed altrettanti civili Americani. In sostanza l’Italia è diventata una colonia Usa, con una sua  lunga base strategica sul mediterraneo a loro disposizione.

In Italia la CIA e la Nato, hanno sempre complottato al fine di non fare andare al governo l’allora PCI e sono stati i manovratori e registi di TUTTE LE SOTTOELENCATI STRAGI ED UCCISIONI ECCELLENTI , CHE SONO AVVENUTE SOTTO  QUASI SEMPRE   SERVENDOSI DI APPARATI DELLO STATO ITALINAO E  DI MANONODOPERA FASCISTA  :

La strage di Portella della Ginestra ; Piazza Fontana; Strage di Gioia Tauro; Strage di Peteano; Strage Questura di Milano; Strage di Piazza della Loggia ; Strage dell’Italicus ; Strage di Alcamo Marina ; La strage di Ustica ; Strage stazione di  Bologna; Uccisione di Enrico Mattei; Uccisione di Aldo Moro; Strage funivia del Cermis ; Tentativi di Golpe: De Lorenzo nel 1967,  Borghese nel 1970, trame Licio Gelli P2.

Inoltre, Nel 2001, gli Stati Uniti hanno lanciato una guerra in Afghanistan sotto la bandiera della “lotta al terrorismo”. In due decenni la guerra ha provocato più di 100.000 vittime civili afgane e circa 11 milioni di profughi.
Ad agosto dell’anno scorso, gli Stati Uniti hanno ritirato in fretta e furia le loro truppe dall’Afghanistan, ma la loro mano, macchiata di sangue afgano, non ha allentato la presa sul paese

Secondo le valutazioni delle agenzie internazionali, più di 23 milioni di persone in Afghanistan hanno urgente bisogno di aiuti alimentari. Inoltre, sono oltre 4 milioni gli afghani che hanno dovuto lasciare le loro case.

In questo contesto , la Commissione dei  diritti Umani dell’ Onu (“difensori dei diritti umani”) attraverso 14 esperti indipendenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani,  hanno rilasciato una dichiarazione congiunta chiedendo al governo degli Stati Uniti di sbloccare miliardi di dollari di beni Afgani e della Banca centrale afgana.

Ma incredibilmente, la risposta del governo  americano è stata quella di   firmare  un ordine esecutivo per dividere in due i beni congelati della Banca centrale afgana di circa 7 miliardi di dollari statunitensi negli Stati Uniti, con la metà dei quali , che sarà impropriamente  utilizzata per risarcire le vittime Usa, degli attacchi dell’ “11 settembre”. Un vero esproprio di risorse altrui per continuare ad affamare il popolo Afghano !

E’  evidente che i politici americani che minano l’ordine internazionale e calpestano le regole internazionali , non sono qualificati per parlare di “democrazia” e “diritti umani.

Quindi, non si tratta di giustificare l’Aggressione Russa all’Ucraina, ma come non vedere che  ancora una volta, in Ucraina,  siamo in presenza dell’imperialismo Americano  che cerca la sicurezza assoluta e l’egemonia attraverso una fonte di disordine e caos per il mondo ?

Oggi è evidente che   le armi all’Ucraina non sono per difendere una nazione aggredita,  ma   il motivo reale sta nel fatto che gli USA vogliono sconfiggere ed indebolire economicamente la Russia come ha dichiarato il Presidente Biden… tanto che la Russia definisce criminali di guerra tutti coloro che forniscono armi all’Ucraina per sconfiggere la Russia.  Quindi rispetto a due mesi fa, il contesto è cambiato, ed il Presidente del Consiglio dei Ministri Draghi  anziché andare a prendere ordini in USA, dovrebbe spiegare al Parlamento, perché l’Italia continua a mandare armi all’Ucraina.

Ecco credo che la stampa italiana , i nostri politici favorevoli all’invio di armo all’Ucraina,  ma soprattutto il Presidente del Consiglio Draghi,  dovrebbero riflettere attentamente su queste verità… cercare di capire che per fermare la guerra bisogna che si fermi l’escalation militare… sviluppare la diplomazia, chiedere all’ONU di favorire subito una tregua e mettere in campo una Conferenza Internazionale, per cercare un negoziato che garantisca la neutralità dell’Ucraina, l’autonomia del Donbass  della Crimea, lo scioglimento delle bande naziste Ucraine…. ed invece  i nostri governanti guerrafondai,  guidati da Draghi, oggi permettono alla Nato non solo di abbaiare ma di mordere con una guerra che sta diventando sempre più mondiale .

Ma in Italia e nel Mondo  c’è una grande marea di popolo che protesta! Che potrebbe  effettuare uno sciopero generale…. che dice basta all’invio delle armi in Ucraina perché non fa che alimentare la guerra !

ESTREMISMO ATLANTISTA E DEMOCRAZIA EUROPEA – Franco Astengo

A proposito del sesto pacchetto di sanzioni deciso dall’UE e fermato al momento dal veto ungherese Federico Fubini conclude un suo articolo ( “Corriere della Sera” 5 maggio): “Se l’Unione Europea vuole conservare il sostegno della sua opinione pubblica, ora deve reagire con un salto di qualità politico come la durante la pandemia”.

Nello stesso tempo il segretario del PD Letta incalza “L’Europa si blocca quando regole come quelle attuali consentono a un singolo Paese di esercitare il diritto di veto“. e aggiunge “Serve subito una Confederazione Europea allargata all’Ucraina” (Repubblica.it 5 maggio).

Nella dichiarazione di Letta non si può non rilevare un alto indice di pericolosità perché, in questo momento, la sua proposta si muove nel solco dell’esigenza di gettare in un unico calderone, quello del “gendarme della democrazia”, gli interessi degli USA, il ruolo della NATO e quello dell’Unione Europea.

E’ il caso allora di riepilogare brevemente come si è arrivati all’attuale funzionamento del meccanismo decisionale dell’Unione e di cercare di capire dove si collocano i punti di difficoltà.

Un’Unione Europea nella quale l’economia è il tema dominante nelle politiche comunitarie.

L’instabilità politica ed economica interna e l’allargamento a 28 (27 senza il Regno Unito) hanno reso sempre più difficile adottare delle vere e proprie politiche comunitarie , soprattutto su temi delicati come quelli dell’immigrazione.

Nel frattempo analizzando la storia dei  grandi processi di globalizzazione, ci accorgiamo che questi hanno sempre portato all’accentuarsi dei fenomeni del populismo e del  sovranismo sfruttando paure e disuguglianze, al punto da far chiedere a larghe fette di popolazione il ritorno a chiusure di tipo nazionlistico.

In realtà posizioni come quelle esposte da Letta rischiano di rinvigorire e allargare questi fenomeni che incrociano anche la vera e propria emergenza causata dalla disintermediazione e dalla crisi della rappresentanza democratica.

Non a caso siamo in una fase che potrebbe essere definita, per molti versi, di post democrazia e di politica ridotta nelle mani di potentati economici e di professionisti esperti in tecniche di comunicazione: ed è questa “riduzione dell’agire politico” il vero punto non analizzato di difficoltà dell’Unione.

Se precedentemente altri periodi di crisi erano stati risolti dallo stesso “sistema Europa”; adesso l’intreccio pandemia / guerra e le conseguenze economiche che ne stanno derivando anche in continuità con la crisi del 2008 ha riaperto spazio per i sovranisti del Nord Europa ed i populisti dell’Europa meridionale che hanno attaccato i partiti tradizionali indeboliti da una profonda crisi di rappresentanza e ormai, in molte situazioni, ridotti ai minimi termini cancellando, in pratica, il concetto di internazionalismo.

Si è così aperta la strada all’espansione di quelle che sono state definite “democrature”.

È quanto successo in Ungheria con Viktor Orban che ha accentuato le sue posizioni oltranziste grazie all’euroscetticismo ed ancora quanto accaduto con la Polonia, mentre il sostegno alla Brexit ha assunto sicuramente forti venature populiste mettendo a rischio anche la stessa unità nazionale (Scozia, Irlanda del Nord).

C’è molto materiale su cui riflettere per un eventuale ipotesi di costruzione politica che, cercando di realizzare una dimensione sovranazionale, intendesse mettere al centro della propria azione un discorso di “democrazia europea” superando forme di euroscetticismo che pure hanno albergato e albergano a sinistra.

C’è da riflettere ma anche da opporsi subito a soluzioni dettate dall’estremismo atlantista.

Un estremismo fortemente negativo per la democrazia europea almeno quanto il già ricordato combinato-disposto tra sovranismo e populismo.

BREVE E FRANCA UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, AFFINCHE’ VOGLIA FINALMENTE ADOPERARSI PER LA PACE CHE SALVA LE VITE – Peppe Sini

Gentilissima Presidente von der Leyen,
mi perdoni l’ingenuita’ di scriverle da semplice cittadino.
Ma lei guida la Commissione che prende cruciali decisioni per l’intera Unione Europea, ed essendo io un cittadino di uno dei paesi dell’Unione, lei di fatto prende decisioni anche per me, che non l’ho delegata.
E poiche’ alcune decisioni prese recentemente dall’Unione Europea mi sembrano semplicemente sciagurate e fin catastrofiche, le scrivo per chiederle di revocarle e di promuovere invece una diversa politica, che sia rispettosa delle vite umane, protesa a salvare le vite umane, e coerente con le carte dei diritti dell’Onu, della stessa Unione Europea, dei singoli paesi che l’Unione compongono.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

Mi muove a scriverle unicamente l’intento di sollecitare l’impegno suo e dell’Unione Europea per far cessare la guerra scatenata dal folle e criminale governo russo contro la popolazione ucraina, per salvare tutte le vite che e’ possibile – e doveroso – salvare.
Tragicamente mi sembra che fin qui l’Unione Europea non si sia affatto adoperata per la pace e per salvare le vite, quanto per effettualmente fomentare e favoreggiare la guerra e le stragi. L’Unione Europea ha infatti preso decisioni gravissime, ingiuste e insensate, dagli esiti palesemente delittuosi.
Beninteso: l’Unione Europea ha preso anche alcune decisioni giuste.
E’ giusta e benemerita la decisione – che dovrebbe essere ovvia – di soccorrere, accogliere, assistere la popolazione ucraina in fuga dalla guerra (e la stessa decisione dovrebbe essere presa nei confronti di tutte le altre persone anch’esse in fuga dalla guerra, dalle distruzioni, dalle violenze e dalla fame: purtroppo invece l’Unione Europea fin qui ha condotto una politica disumana, neocolonialista e razzista, tra i cui esiti vi e’ la strage degli innocenti nel Mediterraneo che tuttora perdura).
E’ giusta e benemerita la decisione – che dovrebbe essere ovvia – di adoperarsi per aiuti umanitari e per la ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture distrutte dalla guerra.
E’ giusta e benemerita la decisione – che dovrebbe essere ovvia – di condannare l’invasione, la guerra e le stragi (la stessa condanna andava peraltro espressa anche nei confronti delle guerre, delle stragi e delle azioni terroriste commesse dalla Nato, dagli Stati Uniti d’America e da alcuni governi europei negli scorsi anni).
E’ giusta e benemerita la decisione – che dovrebbe essere ovvia – di invocare il rispetto del diritto internazionale, della democrazia, dei diritti umani.
Ma a queste giuste decisioni si sono affiancate fino a sovrastarle, e schiacciarle, e denegarle, altre decisioni, tragiche e abominevoli decisioni, in flagrante contraddizione con esse; altre decisioni, tragiche e abominevoli decisioni, che hanno favoreggiato e stanno tuttora favoreggiando la guerra, le stragi e le devastazioni di cui e’ vittima la popolazione ucraina.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

Mi permetta di richiamare la sua attenzione su cio’ che mi sembra sostanziale.
Dinanzi alla decisione folle e criminale del governo russo di invadere l’Ucraina, dinanzi alle stragi e alle distruzioni che il governo russo sta commettendo contro la popolazione ucraina, l’Unione Europea avrebbe dovuto adoperarsi innanzitutto per salvare innumerevoli vite innocenti, per fermare la guerra e le stragi, per condurre a un tavolo negoziale il governo del paese aggredito e il governo aggressore.
Invece l’Unione Europea ha fatto l’esatto contrario.
L’Unione Europea non si e’ minimamente preoccupata di salvare innumerevoli vite innocenti, ma ha alimentato la guerra, continua ad alimentare la guerra che ogni giorno uccide altri esseri umani.
L’Unione Europea non si e’ minimamente preoccupata di salvare innumerevoli vite innocenti, ma sta contribuendo a far si’ che l’Ucraina sia ridotta in macerie.
L’Unione Europea non si e’ minimamente preoccupata di salvare innumerevoli vite innocenti, ma  sta contribuendo a far si’ che la guerra divenga mondiale e nucleare, col rischio della distruzione dell’intera umanita’.
E valga il vero.
L’unione Europea doveva promuovere il cessate il fuoco e negoziati di pace: ha fatto il contrario, ha soffiato sul fuoco, ha preso decisioni che l’hanno precipitata nel conflitto, ha avallato la follia dei governi che inviando armi contribuiscono ad intensificare ed estendere le stragi in Ucraina, ad allargare la guerra ad altri paesi.
L’Unione Europea aveva la possibilita’ di indurre il governo russo a una trattativa: ha fatto il contrario, ha rotto i ponti, ha sabotato la via diplomatica, ha imposto decisioni bellicose e belliciste che hanno effettualmente favoreggiato la criminale e folle politica d’invasione, di guerra e di stragi del governo russo.
L’Unione Europea poteva promuovere una politica di pace e di ritorno al rispetto del diritto internazionale: ha fatto il contrario, con le sue decisioni avalla la guerra e la barbarie.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

Mi consenta anche di entrare nel merito di alcune specifiche scelte concrete e cogenti.
La stoltissima e sciagurata politica delle cosiddette “sanzioni” favoreggia la guerra e allontana la pace, fa proseguire le stragi e le distruzioni in Ucraina, oltre ad impoverire tutti i popoli europei e gettare nella disperazione le classi popolari di tutti i paesi d’Europa.
La stoltissima e sciagurata politica di riarmo di molti paesi europei che l’Unione Europea non solo avalla ma promuove, favoreggia la guerra e allontana la pace, fa proseguire le stragi e le distruzioni in Ucraina, oltre ad impoverire tutti i popoli europei e gettare nella disperazione le classi popolari di tutti i paesi d’Europa.
La stoltissima e sciagurata politica di acquiescenza e di vero e proprio fiancheggiamento all’organizzazione terrorista e stragista della Nato ed alle sue criminali ed eversive attivita’, favoreggia la guerra e allontana la pace, fa proseguire le stragi e le distruzioni in Ucraina, oltre ad impoverire tutti i popoli europei e gettare nella disperazione le classi popolari di tutti i paesi d’Europa.
La stoltissima e sciagurata politica di asservimento dell’Europa alle volonta’ del governo degli Stati Uniti d’America (e quindi del complesso militare-industriale di quel paese, di cui il governo e’ trista e miseranda espressione), la cui politica e’ palesemente finalizzata a massimizzare le stragi e le distruzioni nell’Europa centro-orientale e a ridurre in condizioni di miseria e dipendenza tutto il continente, favoreggia la guerra e allontana la pace, fa proseguire le stragi e le distruzioni in Ucraina, oltre ad impoverire tutti i popoli europei e gettare nella disperazione le classi popolari di tutti i paesi d’Europa.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

La guerra, le stragi, le devastazioni proseguono.
Ogni giorno altri esseri umani innocenti vengono uccisi. Vite che possono essere salvate, che devono essere salvate.
L’Unione Europea puo’ molto, moltissimo. Fin qui in questo tragico frangente ha fatto molto male. Ma puo’ anche fare finalmente del bene.
Chieda il cessate il fuoco dichiarando l’impegno unilaterale dell’Unione Europea all’immediata revoca di tutte le sanzioni.
Chieda il cessate il fuoco dichiarando l’impegno unilaterale dell’Unione Europea al disarmo, a cominciare da quello atomico.
Chieda il cessate il fuoco dichiarando l’impegno unilaterale dell’Unione Europea a denunciare i crimini della Nato e ad operare per lo scioglimento della Nato, “conditio sine qua non” per poter realizzare una politica comune di sicurezza europea.
Sostenga un’azione straordinaria dell’Onu consistente nell’invio in Ucraina di ingentissime forze di interposizione nonarmate e nonviolente ovunque necessario.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

L’Unione Europea ascolti la voce del vescovo di Roma che in questi mesi di orrore ha saputo dire le verita’ necessarie, ascolti la voce dei popoli, ascolti la voce dell’umanita’ che invoca pace, pace, pace, che chiede di salvare le vite umane inermi e innocenti che la guerra stritola e divora.
L’Unione Europea si adoperi per l’immediato cessate il fuoco e l’immediata apertura di negoziati di pace.
Occorre promuovere subito la necessaria trattativa, non per avallare un’aggressione, ma per contrastarla realmente nell’unico modo efficace: facendo tacere le armi e dialogando in negoziati di pace.
Occorre promuovere subito la necessaria trattativa, non per avallare un’aggressione, ma per fermare la guerra assassina e onnicida.
Occorre promuovere subito la necessaria trattativa, non per avallare un’aggressione, ma per salvare le vite della popolazione ucraina innocente.
Occorre promuovere subito la necessaria trattativa, non per avallare un’aggressione, ma per impedire la terza guerra mondiale che distruggerebbe l’intera civilta’ umana.
Occorre promuovere subito la necessaria trattativa, per fermare la guerra e le stragi: per tutto il resto vi sara’ tempo dopo.
Solo la trattativa ferma la guerra. E fermare la guerra e’ l’unico modo per salvare tante vite innocenti in pericolo.
Tutti i governi che si oppongono alla trattativa, tutti i governi che eseguono atti di guerra o forniscono armi alla guerra, tutti i governi che fomentano la guerra e l’odio, sono complici della guerra scatenata dal folle e criminale governo russo contro la popolazione ucraina, sono complici della guerra e delle stragi di cui la guerra consiste.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

Gentilissima Presidente von der Leyen,
vorra’ scusarmi per la franchezza, e l’amarezza, di queste righe. Le ho scritto per cercare di persuaderla a fare la cosa giusta: ad adoperarsi per salvare tante vite innocenti, le vite umane che giorno dopo giorno il mostro della guerra annienta.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Augurandole con tutto il cuore ogni bene,

Peppe Sini

 

Cari amici, care amiche,

il 24 aprile, decine di migliaia di persone, famiglie, associazioni, scuole ed enti locali hanno camminato da Perugia ad Assisi generando uno straordinario movimento di cittadini per la pace. Raccogliendo l’appello di Papa Francesco abbiamo testimoniato la nostra opposizione alla guerra gridando a gran voce “Fermatevi! La guerra è una follia”. All’indomani di questa importante manifestazione di pace, mentre ringraziamo tutte le persone e le istituzioni che in brevissimo tempo hanno contribuito a realizzarla dimostrando grande senso di responsabilità civile, vogliamo condividere alcune proposte improntate al dovere sempre più urgente di fare la pace.

Oggi più che mai, non basta dire “pace, pace”. Occorre essere pronti a farla, in prima persona. Il pericolo è sempre più grande. Condividiamo tutti una responsabilità. Se non sapremo opporre alla guerra una “decisa volontà della pace” verremo travolti.

L’alternativa alla guerra esiste ma serve la volontà politica di realizzarla. Per spingere i governi sulla via della pace deve crescere dal basso un grande movimento di cittadini e istituzioni per la pace.

Con questo spirito, vi invitiamo a raccogliere queste proposte e a sostenerle con creatività, nei modi che riterrete più opportuni.

La Marcia PerugiAssisi ha indicato la via della pace. Facciamo in modo che sempre più persone e istituzioni scelgano di incamminarsi al più presto su questa strada. Ci aspetta un gran lavoro!

Fateci sapere!

Fraternamente

Flavio Lotti, Comitato promotore Marcia PerugiAssisi

continua qui

 

Perugia-Assisi con Alex Zanotelli e Don Luigi Ciotti – Manuela Foschi

Ho partecipato alla marcia straordinaria per la Pace PerugiAssisi del 24 aprile con la bandiera dell’Anpi di Cervia ed eravamo gli unici ad avere la bandiera dell’Associazione Partigiani, nonostante alcune decine di Anpi locali ed anche l’Anpi Nazionale avessero aderito al Comitato Promotore. Forse perché il giorno prima il Presidente Pagliarulo ha detto a Bari che l’uso delle armi è legittimo nel caso dell’Ucraina? Alcune persone infatti ci hanno chiesto perché avevamo quella bandiera. Ho risposto che l’Anpi di Cervia fino ad allora è stata d’accordo sulla partecipazione alla marcia per la Pace. Alla partenza della marcia a Perugia c’erano tante ragazze e ragazzzi tra cui la rete degli studenti medi, l’Udu – l’Unione dei studenti delle Università e anche le bambine e i bambini delle scuole primarie. Sindacati come la Cgil, la Uil, la Fiom, i lavoratori metalmeccanici, la rete Slow Food italiana di Petrini, la Rete del Disarmo e tante ong, tra cui Emergency, Un Ponte Per ecc. A chiudere le delegazioni di diverse città tra cui Bologna, Marzabotto, Modena, Perugia, Gioia del Colle e tante altre. Sotto la porta storica della PerugiAssisi adiacente ai Giardini del Frontone luogo dell’appuntamento del popolo della Pace incontro Don Luigi Ciotti. Gli chiedo cosa ne pensa delle polemiche interne ed esterne all’Anpi riguardo la contrarietà ad inviare armi in Ucraina. Don Luigi Giotti sostiene che: “l’Anpi non deve perdere la sua radice. Deve continuare ad essere una Resistenza quella di ieri e quella di oggi per la Giustizia, per l’Ambiente, per la Pace e per i Diritti. Dobbiamo tutti continuare a lottare perché la Pace ha bisogno di lottatori e l’Anpi deve essere molto chiara, deve ritrovare quest’anima, queste radici e questa forza.

Una volta arrivati nella magica Assisi davanti al palco si forma una folla di persone fitta fitta dove prevalevano le bandiere della Pace, di Emergency, i cartelli “Fermatevi” degli studenti, quelli della Caritas “Io ho Cura”. Tanti sono stati gli interventi dopo quello di Flavio Lotti il coordinatore della Marcia, i rappresentanti della Caritas, dei sindacati, il giudice Gherardo Colombo, i Rettori di alcune Università italiane mentre per ore un fiume di persone attraversava i portici di Piazza San Francesco per defluire verso la Piazza della Pace di fronte alla Basilica Superiore. Dietro il palco vedo Padre Alex Zanotelli avvolto nella bandiera della Pace solo e pensieroso appoggiato alla ringhiera del palco. Chiedo agli organizzatori di parlare con lui per fargli una domanda. Si è precipitato giù dal palco e ho chiesto anche a lui cosa pensava dell’Anpi: “Cavoli l’Anpi, ha fatto bene a dire quello che ha detto va sostenuto questo: non possiamo dare armi a chi è in Ucraina per gettare benzina sul fuoco.” Chiarissima la sua posizione.

La lettera al Pontefice: mandi un’ambasceria

C’ è la proposta di inviare un’ambasceria informale a Mosca e Washington, al centro della lettera al Papa, primo firmata- rio il giornalista Raniero La Valle («Chiesa di tutti Chiesa dei poveri») per sostenere Francesco nel suo impegno per la pace. Destinatari dell’ambasceria Putin e Biden cui sollecitare «un patto di non negoziabile e irrevocabile coesistenza nel pianeta che è a tutti comune» a partire, «da un’istantanea cessazione del fuoco». A firmare la lettera decine di no- mi, del mondo ecclesiale e laico, tra cui, per citare i primi nell’elenco, Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto, Domenico Gallo «Costituente Terra», Gustavo Zagrebelsky presidente emerito della Cpnsulta, monsignor Domenico Mogavero vescovo di Mazara del Vallo, Giovanni Traettino, pastore evangelico, Marco Travaglio direttore de “Il Fatto quotidiano”, Mario Dogliani, costituzionalista, padre Alex Zanotelli missionario comboniano, Marco Revelli, Paolo Maddalena, vice- presidente emerito della Consulta.

LETTERA AL PAPA: “MANDI UN’AMBASCERIA”

Santità, Papa e Pastore, Padre e Fratello nostro Francesco o come ognuno di noi preferisce chiamarla da diverse sponde culturali e religiose,

conoscendo i suoi strenui sforzi per la pace e uniti all’ansia di milioni di persone che anelano a costruire un mondo di giustizia concordia e diritto, desideriamo esprimerle la nostra angoscia per la cattiva e letale forma di convivenza che si sta stabilendo a livello globale, non solo per la guerra in corso, contro le speranze di un mondo più prospero e sicuro che erano nate sul finire del secolo scorso. Metà di quel secolo lo abbiamo vissuto col terrore della bomba atomica e delle sue ulteriori degenerazioni, ma se il terrore era un cattivo sentimento il suo effetto positivo è stato di prevenire e impedire una guerra nucleare, essendo diventata cultura comune la novità enunciata dal suo predecessore Giovanni XXIII che la guerra stessa, per questa ragione, fosse diventata del tutto irragionevole. Tuttavia la ragione non è l’unico movente dell’agire umano, e talvolta fallisce o può essere tradita, sicché oggi quell’impedimento alla guerra, e tanto più alla guerra totale, sembra non più cogente e affidabile. Una guerra in più, oltre alle molte già patite, si è oggi scatenata con effetti imprevisti e gravissimi, e se provoca un inedito spavento, suscita il pianto alla vista di ogni singola persona o casa o opera travolta dalla devastazione e dalla morte.

Il sentimento impellente è che il mondo debba essere salvato, ma nonostante le buone volontà che pure sono presenti, non sembra che ve ne siano oggi le premesse, anzi il pericolo per la condizione umana va di giorno in giorno crescendo. Noi sentiamo che per uscirne ci vorrebbe una grande conversione di culture e di politiche che coinvolgesse grandi moltitudini, ma siamo pure convinti che, grazie alla infinita dignità e alle potenzialità di ogni singolo essere umano, anche una sola persona, in date circostanze, può essere lo strumento perché il mondo sia salvato.

Le chiediamo di essere Lei a prendere l’iniziativa di un tale tentativo. Siamo ammirati per la Sua disponibilità a recarsi perfino a Mosca per fermare la guerra, Ma già prima che ciò possa realizzarsi, pensiamo che si possa stabilire, anche fuori dei circuiti istituzionali, un rapporto tra persone che per la loro responsabilità in ordine alla situazione attuale potrebbero fermare subito la guerra e rovesciare, anche per il futuro, il corso oggi nefasto e fatale delle cose. Tutti conosciamo le cause e le responsabilità vicine e lontane della guerra, tutti sappiamo che in molti modi abbiamo sbagliato. Ma oggi non è il momento di giudicare, il problema oggi non è di avere o non avere ragione nell’assolvere o nel condannare. C’è un tempo per giudicare e c’è un tempo per capire, c’è un tempo per intimare e un tempo per interrogare e interrogarsi, c’è un tempo per la certezza e c’è un tempo per il dubbio, c’è un tempo per la severità e c’è un tempo per la misericordia. Le chiediamo di voler umilmente attivare questo processo, dando mandato per esercitarlo a una persona di sua fiducia. Si tratterebbe di mandare al presidente Biden e al presidente Putin, che sicuramente  hanno in  mano, per la forza e le idee che mettono in campo, l’avvenire del mondo, un’ambasceria informale in cui si chieda loro, accantonata ogni ragione di anche legittimo risentimento,  di stipulare un patto di non negoziabile e irrevocabile coesistenza nel pianeta che è a tutti comune; un patto che garantisca la vita da vivere insieme e lo sviluppo dei loro popoli e con loro di tutti i popoli, arrestando istantaneamente, a cominciare da una cessazione del fuoco, l’attuale concatenazione di offese e minacce per ogni possibile e diverso agire e destino futuro.

In un mondo poliedrico e complesso come l’attuale non tutti i rapporti devono essere eguali, possono essere improntati a maggiore o minore amicizia o corrispondenza di interessi, ma comunque devono essere compatibili e vitali.

Siamo certi che Lei deciderà per il meglio riguardo a questa proposta e alla persona che potrebbe esserne investita; per parte nostra ci permettiamo di suggerire che quella più indicata per adempiere a questa missione nelle due capitali possa essere la ex Cancelliera tedesca Angela Merkel, una donna che ha una grande esperienza e conoscenza di persone, di eventi e di politiche, un grande prestigio internazionale per il servizio a lungo prestato nelle responsabilità di potere nel suo Paese e in Europa, e oltre tutto è una sua sorella di fede. Ella, non certo solo per questo, ma anche per il suo essere donna è particolarmente indicata per questo incarico, se non altro per la circostanza da Lei, Francesco, ricordata, che fu una donna, secondo i Vangeli, a farsi portatrice di quel grande annuncio di un nuovo inizio e di una nuova pace che doveva cambiare la storia del mondo. Forse da alcuni luoghi in cui oggi sono maggiori gli stridori delle armi e di guerre apparentemente inevitabili, da una donna potrebbe venire il barlume di una notizia di pace e di riconciliazione. Nello stesso tempo il popolo della pace, che è diffuso in tutto il mondo, potrebbe ovunque riunirsi in molteplici forme e manifestazioni, nell’attesa della buona notizia e nella volontà di promuovere una realtà migliore e un altro mondo possibile.

Ci scusi per averle esposto questa singolare idea, ma ci pare che in un tempo così difficile come questo si debba pensare e tentare l’impensabile.

Con gratitudine per quanto sta facendo e ha fatto per procurare al mondo la pace, per la sua opera e con vera amicizia

Se non ora, quando? – DANILO TOSARELLI

Per chi come il sottoscritto, è contrario a qualsiasi dogmatismo, il NO ALLA GUERRA è l’unico dogma che riesco ad accettare.

Non c’è da discutere.

Si potrebbe disquisire infinitamente.

Lo sto facendo da tempo, senza mai smettere di documentarmi e quindi con grande consapevolezza.

Certamente non mi faccio ingannare da quanto ci propinano quotidianamente i maggiori mezzi di informazione nazionale.

Non sopporto un’informazione veicolata a senso unico.

Adesso però è finito il tempo di stare a guardare.

È finito il tempo di assistere ad una guerra iniziata il 24 febbraio 2022.

Non è un videogame.

Adesso la guerra in Ucraina bussa alla nostra porta.

Vorrei che ognuno di noi se ne rendesse conto.

Perché solo questa piena consapevolezza può far ben sperare.

Sperare in una mobilitazione delle coscienze contrarie alla guerra.

Una mobilitazione che non deve avere confini.

So benissimo che non esiste solo la guerra in atto in Ucraina.

Al 21 marzo 2022 vi sono nel mondo ben 59 conflitti armati.

Lo riporta ACLED, una ONG specializzata in questa triste mappatura.

Africa, Asia, Europa, Medio Oriente, Americhe ne sono coinvolte.

In ognuna di queste guerre, arrivano armi e ciò significa profitti.

I principali esportatori di armi nel mondo hanno un nome.

Usa, Russia, Francia, Germania, Cina e persino Italia.

Anche se i valori sono molto diversi fra loro.

Gli Usa sono in costante aumento, il 38,6% di vendite internazionali.

La Russia il 18,6%, Francia 10,7%, Germania 4,5%, Cina 4,6%.

Anche il nostro bel Paese dovrebbe vergognarsene, con il suo 3,1%.

Papà Francesco ha il pregio di parlare con grande franchezza.

“Tutti vogliamo la pace. Ma guardando questo dramma della guerra…

Io mi domando: chi vende le armi a questa gente per fare la guerra?

Ecco la radice del male”.

Anche un grande socialista come Sandro Pertini la pensava così.

“Si svuotino gli arsenali e si riempiano i granai”.

Peccato, che anche chi ne esalta la saggezza, poi la contraddice.

Mi riferisco a chi ha condiviso la scelta di incrementare le spese militari.

Dai 25 miliardi all’anno, agli attuali 38 miliardi.

Non più 68 milioni al giorno, bensì 104 milioni. Il 2% del PIL.

Giova precisarlo, a chi parla bene, ma razzola male.

Sono i miracoli del governo Draghi.

Tutto ciò, andava detto e ricordato ad ogni italiano di sani princìpi.

Le mie precisazioni non sono casuali.

Dopodiché, è la guerra di oggi in Ucraina che non mi fa dormire.

Mai come ora, l’ipotesi di una possibile terza guerra mondiale.

Una guerra certamente atomica e quindi letale.

È accettabile, che chi è contro la guerra stia a guardare?

Landini, segretario CGIL è contro la guerra, ovviamente.

Il 25 aprile ha fatto dichiarazioni forti ed impegnative.

Non si può lavorare per la pace, scegliendo di inviare armi.

Le forze in campo oggi sono impari.

L’Ucraina non può competere militarmente con la Russia.

E chi sostiene che L’Ucraina vincerà la guerra…

O è cieco e pazzo, oppure ha interesse che la guerra prosegua.

Secondo me gli Usa ci marciano e chi li segue è irresponsabile.

L’Ucraina potrebbe vincere questa guerra, solo con appoggio Nato.

Ma un eventuale appoggio Nato,  significherebbe guerra totale.

L’Ucraina non vincerebbe nessuna guerra.

Perderemmo e moriremmo tutti.

Non è catastrofismo. Vorrei ne fossimo consapevoli.

La CGIL con i suoi oltre 5 milioni di iscritti, deve scendere in campo.

Rivolgo questo appello a Landini, ma anche agli altri sindacati.

Mi rivolgo a tutti coloro scelgano di mettere al primo posto la pace.

Mi rivolgo ad ANPI, sigle extraconfederali e partiti contro la guerra.

Non si deve pensare agli equilibri imposti dal governo Draghi.

Ogni partito va richiamato al suo senso di responsabilità.

E dato che i partiti guardano ai numeri elettorali, occorre snidarli.

Credo che in questo momento, solo la CGIL possa incidere.

La CGIL deve farsi promotore di una grande manifestazione di massa.

Un NO ALLA GUERRA oceanico e se necessario, trasversale.

Chiunque chieda uno stop alle armi e trattative ad oltranza.

So bene che tutto ciò non è semplice, ma un sindacato può tentarci.

La CGIL ha il peso e l’autorevolezza per poterlo fare.

Deve scendere in campo il mondo del lavoro.

Naturalmente, senza farsi imbalsamare da un PD che marca male.

Rivendicando autonomia, in quanto rappresentante dei lavoratori.

Landini l’ha detto bene il 25 aprile.

Adesso occorre dare gambe e coerenza a quei principi.

La situazione sta diventando di giorno in giorno, più drammatica.

Se non ora, quando?

 

Lettera a Scholz: no all’invio di armi all’Ucraina

La lettera aperta al cancelliere Olaf Scholz con la richiesta di resistere alla pressione di mandare armi pesanti al governo dell’Ucraina, lanciato dal centro femminista tedesco “Emma” e sottoscritto da 140.000 persone.

Caro cancelliere Olaf Scholz,

ci rallegriamo del fatto che lei abbia finora considerato così attentamente i rischi: il rischio che la guerra si estenda all’interno dell’Ucraina; il rischio che si estenda a tutta l’Europa; anzi, il rischio di una terza guerra mondiale.

Speriamo quindi che riconsideriate la vostra posizione originale e non forniate, direttamente o indirettamente, altre armi pesanti all’Ucraina. Al contrario, vi esortiamo a fare del vostro meglio per garantire che un cessate il fuoco possa essere raggiunto il più presto possibile; un compromesso che entrambe le parti possano accettare.

Condividiamo il verdetto sull’aggressione russa come una violazione della norma fondamentale del diritto internazionale. Condividiamo anche la convinzione che esiste un dovere politico e morale di principio di non ritirarsi dalla violenza aggressiva senza reagire. Ma tutto ciò che può essere derivato da questo ha dei limiti in altri precetti dell’etica politica.

Siamo convinti che due di questi limiti sono stati raggiunti: in primo luogo, il divieto categorico di accettare un rischio manifesto che questa guerra degeneri in un conflitto nucleare.

La consegna di grandi quantità di armi pesanti, tuttavia, potrebbe rendere la Germania stessa una parte della guerra. E un contrattacco russo potrebbe poi innescare la clausola di assistenza reciproca prevista dal trattato NATO e quindi il pericolo immediato di una guerra mondiale.

La seconda linea di confine è il grado di distruzione e di sofferenza umana tra la popolazione civile ucraina. Anche la resistenza giustificata contro un aggressore è ad un certo punto insopportabilmente sproporzionata rispetto a questo.

Mettiamo in guardia contro un duplice errore: in primo luogo, che la responsabilità del pericolo di un’escalation verso un conflitto nucleare sia solo dell’aggressore originale e non anche di coloro che, con gli occhi aperti, gli forniscono un motivo per agire in modo eventualmente criminale.

E in secondo luogo, che la decisione sulla responsabilità morale dell’ulteriore “costo” in vite umane tra la popolazione civile ucraina è di esclusiva competenza del loro governo. Le norme moralmente vincolanti sono di natura universale…

continua qui

 

 

La soluzione non è militare, ma solo politica – Giulio Marcon

Ci stiamo avvicinando alla fine del terzo mese di guerra e le cose in questo periodo non hanno fatto che peggiorare. All’intensificazione criminale della aggressione di Putin ha corrisposto un demenziale atteggiamento dei paesi occidentali e della NATO tutto rivolto a conseguire la “vittoria militare” sull’aggressore piuttosto che a raggiungere un “cessate il fuoco” per un compromesso accettabile da tutti.Si continua a pensare – nei circoli occidentali – che la soluzione alla guerra in corso sia militare (la sconfitta sul campo di Putin), mentre può essere solo politica: la ricerca di un accordo per il “cessate il fuoco” sulla base del quale costruire le condizioni di una pace possibile che dia stabilità e sicurezza all’intera regione. L’invio delle armi invece non accelera la fine della guerra, ma la prolunga, rischia di estenderla e di renderla più feroce.

continua qui

 

 

 

Violenza sessuale e tratta in relazione all’invasione dell’Ucraina – Maria Grazia Giammarinaro    https://www.questionegiustizia.it/articolo/violenza-sessuale-e-tratta-in-relazione-all-invasione-dell-ucraina

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