La Patagonia argentina nella morsa del petrolio

Due depositi di rifiuti petroliferi nel raggio di pochi chilometri potrebbero compromettere la salute degli abitanti ed essere nocivi per l’ambiente

di David Lifodi

Il nord della Patagonia argentina rischia di tramutarsi in un deposito di rifiuti petroliferi. La provincia di Neuquén, dove si trova la ditta di stoccaggio Comarsa, è insorta contro l’impatto ambientale devastante del sito di rifiuti e la costruzione di un nuovo deposito nella città di Catriel, nella provincia di Río Negro, non solo non risolve il problema, ma rischia di accentuarlo. Ancora una volta, si torna a parlare delle industrie estrattive e dei loro effetti nocivi.

Catriel fino al 1959 era una piccola cittadina che poi è cresciuta fino ad avere circa trentamila abitanti a seguito della scoperta di un giacimento petrolifero sul suo territorio. Per la prima volta, nel 2016, il municipio annunciò l’intenzione di costruire un deposito di rifiuti speciali, in gran parte petroliferi, nei dintorni della città, nonostante la Carta Orgánica Municipal sia stata recentamente modificata affinché Catriel venga considerata una “zona protetta” dove è vietata la costruzione di depositi di residui petroliferi. Tuttavia, il sindaco ha chiesto che la Carta Orgánica Municipal tornasse alla sua disposizione originaria, quella che non conteneva la modifica relativa al divieto di stoccaggio ma, in attesa che la giustizia si pronunci in merito, gli attivisti dell’Asamblea Socio Ambiental de Catriel hanno denunciato che i funzionari del municipio hanno rifiutato di fornire loro una mappa della città con la zona dove dovrebbe sorgere il deposito.

Un altro aspetto relativo alla vertenza che vede contrapposti comune e comitati riguarda le eventuali modalità di ricezione dei rifiuti. Il municipio garantisce che saranno stoccati solo i rifiuti petroliferi di Catriel, ma gli ambientalisti temono che il deposito ospiti anche quelli provenienti da altre province del paese. Inoltre Catriel, ubicata nella cosiddetta Cuenca Nequina, si trova pericolosamente vicina a Vaca Muerta, uno dei depositi di residui petroliferi e gas non convenzionale tra i più grandi di tutto il paese. Il governo argentino, da tempo, ha scelto di scommettere sui giacimenti petroliferi, ma per farlo utilizza il sistema denominato fracking, traducibile letteralmente come “fratturazione idraulica”, che consiste nella perforazione all’interno di rocce contenenti idrocarburi per migliorare la produzione del petrolio o del gas naturale nei giacimenti e incrementarne il tasso di recupero. Secondo l’Observatorio Petrolero Sur il fracking genera rifiuti in scala molto maggiore rispetto allo sfruttamento convenzionale poiché le sostanze chimiche utilizzate per l’attività di perforazione provocano la fuoriuscita di materiali radioattivi che si trovano nel sottosuolo.

Sono almeno altri due gli aspetti poco convincenti di questa vicenda. Il primo riguarda la salute degli abitanti della zona, che temono fortemente le sostanze inquinanti che potrebbero uscire dal deposito di rifiuti, mentre il secondo è di natura politica. L’impresa che dovrebbe costruire il basurero è Crexell Soluciones Ambientales, il cui presidente Nicolás Crexell, è fratello di una senatrice eletta a Neuquén, Lucila Crexell (Movimiento Popular Neuquino) e cugino di Jorge Sapag, governatore della provincia fino al 2015.

Una cosa è certa: l’eventuale deposito costruito da Crexell Soluciones Ambientales supererà in estensione e grandezza quello di Comarsa e, con i suoi 300 ettari, si trasformerà nel più grande sito di rifiuti non convenzionali del Cono Sur. La forte opposizione della società civile al progetto deriva dall’esperienza dall’esperienza negativa di Vaca Muerta, nella Cuenca Nequina, trasformata nella nuova frontiera dello sviluppo petrolifero, ma soprattutto finita nelle mani delle transnazionali statunitensi Chevron e Dow Chemical, di Shell, Total ed Exxon Mobil. A quello che la Fundación Ecosur ha definito come neoestrattivismo ha contribuito, purtroppo, anche la ex presidenta Cristina Fernández e si somma alla presenza delle multinazionali, interessate a depredare il sottosuolo, ma del tutto indifferenti di fronte alla questione ambientale.

Non è di minore importanza nemmeno la salute dei cittadini. I rifiuti petroliferi sprigionati dal deposito e dovuti al fracking potrebbero favorire lo sprigionarsi di metalli pesanti o di materiali radioattivi provenienti dal sottosuolo e finora le imprese hanno mostrato di non essere capaci di risolvere il problema. La presenza di Comarsa e Crexell Soluciones Ambientales nel raggio di pochi chilometri potrebbe alterare gli equilibri ecologici della Patagonia e ad avere effetti molto pericolosi dal punto di vista della salute.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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